Sanità

Santoni (Cisco): “Superare le disparità digitali del territorio”

Disparità tecnologica significa disparità di opportunità; troppe differenze fra le singole regioni rallentano lo sviluppo e sottraggono servizi ai cittadini. Spingere su interoperabilità dei sistemi e su banda larghissima

Pubblicato il 08 Apr 2013

Agostino Santoni

VP Confindustria con delega al Digitale

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Il percorso verso la digitalizzazione del nostro paese ha segnato un’importante tappa con l’introduzione di normative specifiche inserite nel quadro della cosiddetta Agenda Digitale. Pur nella difficile situazione economica, sono state messe a disposizione alcune risorse finanziarie, ad esempio nel caso dei bandi Smart Cities & Communities; si sono poste le basi per la trasformazione di processi e servizi in molti settori della pubblica amministrazione; sono stati presi alcuni provvedimenti che iniziano – timidamente per la verità – ad affrontare la questione dello sviluppo dell’infrastruttura di rete di nuova generazione che manca ancora al nostro paese.

Nella lunga attesa che ha preceduto l’adozione a livello centrale di una strategia per l’Agenda Digitale, le pubbliche amministrazioni locali si sono mosse in modo individuale. Questo ha fatto sì che il panorama che si presenta oggi al nostro sguardo non sia affatto uniforme. A grandi fughe in avanti fanno riscontro situazioni di arretratezza e di non comprensione delle opportunità offerte dalle tecnologie; si riscontrano grandi differenze fra le regioni sia in termini di disponibilità delle infrastrutture, sia in termini di adozione di strumenti e funzionalità, e situazioni più gravi si registrano anche fuori dalle aree tradizionalmente meno sviluppate del paese.

In gennaio il CISIS – Centro interregioanle sistemi informativi, statistici e geografici – ha evidenziato chiaramente la questione nel suo secondo “Rapporto sull’innovazione nell’Italia delle regioni”. Ad esempio, il rapporto ha segnalato che solo alcune regioni hanno adottato programmi specifici con linee guida in materia di banda larga e ultralarga , con disparità importanti anche nell’entità degli stanziamenti per l’internet veloce; per il tema della tutela dei dati, solo in 11 regioni è presente una unità locale dedicata a regolare le normative di sicurezza per l’adesione al Sistema Pubblico di Connettività; strumenti di grande potenziale, quali la Carta Regionale dei Servizi, sono presenti in 14 regioni su 20 e non in tutte queste regioni sono attivate le funzionalità evolute.

Queste differenze, analizzate nell’ottica del sistema – paese, rappresentano un pesante fardello per lo sviluppo e possono mettere a rischio la riuscita complessiva delle iniziative di livello nazionale per l’Agenda Digitale. Esse intaccano la competitività e l’efficienza delle zone del paese che risultano più arretrate, e producono una disparità di opportunità per la popolazione, che non può avvantaggiarsi pienamente delle tecnologie oggi disponibili per migliorare la qualità della vita individuale, professionale e collettiva.

Un esempio molto chiaro, che ben si applica al sistema delle regioni, può venire dalla tecnologia applicata in campo sanitario.

L’agenda digitale europea dedica all’e-health un ampio capitolo, fissando alcuni obiettivi quali l’accesso online ai propri dati sanitari per tutti i cittadini entro il 2015 e concentrandosi in particolare sul tema della gestione di tali dati, fondamentale per la realizzazione di strumenti quali il fascicolo sanitario digitale . In Italia sono tre le regioni che hanno già adottato questo strumento; eccellenze che non si riescono a integrare con il sistema a livello nazionale e non si riescono a replicare, a causa in particolare della mancanza di interoperabilità e di omogeneità dei sistemi adottati nelle diverse amministrazioni regionali, e perfino nelle diverse ASL di una stessa regione.

Eliminando gli ostacoli alla comunicazione e integrazione fra i sistemi sarebbe possibile realizzare un vero “riuso” delle esperienze di successo aiutando le zone che sono rimaste più arretrate a rimettersi al passo, senza investimenti ridondanti di tempo e risorse; si realizzerebbe inoltre un importante risparmio economico, che Federsanità – Anci ha stimato in circa 12 miliardi di risparmio relativo alla sola parte amministrativa e gestionale. 12 miliardi l’anno che potrebbero invece essere utilizzati per i servizi di cura, migliorando e ampliando la qualità dell’assistenza.

Naturalmente, a monte di questa analisi resta la questione della diffusione capillare sul territorio di una rete di nuova generazione, sicura e intelligente, in grado di supportare sia i processi amministrativi e gestionali sia l’evoluzione degli strumenti di cura ed in particolare degli strumenti di tele-medicina.

Anche su questo aspetto persistono gravi disparità. Molte città completamente raggiunte da reti in fibra ottica o reti mobili ultraveloci sono circondate da zone periferiche e rurali condannate ad un relativo digital divide tecnologico, mitigato appena dalla disponibilità di connessioni XDSL, e si stima che in Italia vi siano ancora circa 3 milioni di persone residenti in aree di completo digital divide.

In questa situazione, non è possibile immaginare una diffusione che non sia “a macchia di leopardo” di strumenti evoluti che permettono già oggi, ad esempio, di effettuare visite di prevenzione cardiologica e di controllo in remoto – e che potrebbero favorire un primo accesso a prestazioni di alto livello ovunque esse siano disponibili, riducendo il fenomeno assai diffuso della “migrazione sanitaria” che vede moltissimi pazienti spostarsi in regioni diverse dalla propria per curarsi.

La carenza infrastrutturale produce uno spreco di opportunità per migliorare la qualità dell’assistenza, e produce un grande spreco anche in termini di capacità di accogliere le esigenze e le aspettative dei cittadini, che – magari confusamente – sembrano percepire con più forza di coloro che li amministrano e offrono loro servizi le potenzialità del digitale.

Sempre restando in ambito sanitario, da una ricerca commissionata da noi a fine 2012 ad ISPO per indagare la conoscenza dell’Agenda Digitale degli italiani, è emerso che il 60% della popolazione italiana adulta si attende importanti miglioramenti nei servizi sanitari dalla digitalizzazione. Dati di questo tipo mostrano l’esistenza di un grande patrimonio di fiducia da parte dei cittadini nei confronti delle tecnologie. E’ una fiducia che tutti gli attori coinvolti nel processo di digitalizzazione dell’Italia devono saper cogliere e soddisfare, in primis facendo in modo che le disparità di sviluppo e di opportunità sul nostro territorio vengano appianate, e le iniziative locali siano armonizzate nel quadro di un percorso unico e coerente che porti alla realizzazione dell’Agenda Digitale in tutto il nostro paese.

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