La denuncia

Ebook italiani inadempienti sull’accessibilità

Parla Rosanna Consolo della Sapienza, esperta di inclusione digitale. La Pa stessa va verso la digitalizzazione soprattutto a forza di scansioni elettroniche, i cui risultati sono immagini non fruibili dalle tecnologie assistive

Pubblicato il 26 Giu 2013

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A partire dall’anno scolastico 2014-2015 il decreto Profumo (26/03/2013) prevede l’obbligo di introduzione di testi scolastici in versione digitale, o mista, per abbandonare definitivamente il libro cartaceo. Tuttavia, i libri digitali non rispettano tutti i requisiti di accessibilità. Accessibilità che costituisce un tema di grande rilievo soprattutto in riferimento alla tutela della disabilità.

Le tecnologie ICT possono rappresentare una grande opportunità per realizzare una maggiore integrazione sociale ma in Italia su molti fronti, compreso quello della pubblica amministrazione, si è inadempienti anche rispetto alle norme stabilite.

“Gli editori nel loro ricorso al Tar – spiega Rosanna Consolo, dottore di Ricerca in Scienze della Comunicazione e assegnista di ricerca sull’inclusione digitale presso il Dipartimento di comunicazione e ricerca sociale (CoRiS) della Sapienza Università di Roma – esprimono ragionevoli motivi di contrasto al decreto Profumo che presenta il limite di non tener adeguatamente conto della situazione della scuola italiana in termini di dotazione ICT e di relative competenze del corpo docente. L’Italia è agli ultimi posti nella graduatoria dei paesi dell’Ocse (vedi rapporto “Review of the Italian Strategy for Digital Schools”) quanto a introduzione di tecnologia nelle scuole ed è difficile pensare che in un solo anno si possa compiere il passaggio verso contenuti a predominanza digitale”.

Gli editori hanno comunque assunto un atteggiamento via via più favorevole verso il libro digitale soprattutto per le prospettive di business che si possono aprire con l’avvento sul mercato di quelli che la Consolo chiama i “lettori digitali, una quota attuale e potenziale di persone che va oltre, includendole, le persone con disabilità”.

“Queste ultime – continua – possono avvalersi di un testo digitalizzato il cui rilevante vantaggio è di essere duttile, fruibile in modo multicanale poiché personalizzabile sulle propria modalità di accesso multisensoriale. Uno stesso documento di testo può trasformarsi in audio e venir letto tramite uno screen reader, può diventare una stampa in Braille, cambiare nelle dimensioni e nei contrasti, diventare ‘mobile’ e portatile dentro a tablet e smartphone con sintesi vocale, interfacciarsi con ausili informatici di diverso tipo e così via ma esclusivamente a patto che sia progettato in modo accessibile secondo le note linee guida sviluppate dal World Wide Web Consortium (W3C)”.

Perciò una volta adottati testi scolastici digitali “gli editori devono tener conto in fase progettuale delle esigenze dei bambini e dei ragazzi con disabilità diverse in modo da fornire loro supporti interoperabili con le tecnologie assistive e non protetti da formati da queste illeggibili”.

Il tema della disabilità è spesso sottovalutato e le statistiche ufficiali non fanno emergere tutta la sua ampiezza. La legge Stanca del 2004, che richiama il principio di uguaglianza per favorire la tutela del “diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili”, ha una straordinaria importanza nel panorama legislativo italiana ma la sua osservanza è purtroppo stata rimessa alla buona volontà di pochi e ciò può ricondursi anche alla percezione che la disabilità sia questione riguardante un numero ristretto di soggetti.

Le cose non stanno così e le rilevazioni dell’Istat sottostimano il fenomeno (allo stato si parla di un 13% della popolazione italiana considerando almeno due limitazioni nello svolgere un ADL – Activity Daily Living) a causa di una mancata assunzione dei nuovi criteri stabiliti dall’OMS. L’Istat inoltre ancora non censisce i bambini sotto i 6 anni né le persone residenti in strutture socio-sanitarie che stima in almeno 200.000 in una sua indagine.

Il rischio – specifica la Consolo è che “sottorappresentando il problema si possa ostacolare la diffusione di una cultura dell’esigibilità dei diritti dei disabili”. Questione dei diritti che diviene particolarmente pregnante in rapporto al tema dell’accesso ai siti Internet della Pubblica Amministrazione nel momento in cui il processo di digitalizzazione trasferisce sul web servizi e attività essenziali, connessi all’esercizio della cittadinanza.

Le persone con disabilità hanno un “diritto di accesso ai documenti, agli archivi, alle informazioni e ai servizi a maggior ragione se si tratta di dati riferiti alla gestione e all’organizzazione della res publica. L’attuale configurazione dell’ICT, connessa con le assistive technologies usate per permettere o estendere le proprie possibilità di interazione da parte di diverse persone con disabilità, consente di realizzare questo diritto in modo innovativo e più facilmente attuabile, ma ciò soltanto a patto che la PA digitalizzi i contenuti in modo accessibile e realizzi portali e siti web in maniera conforme ai requisiti previsti dalle WCAG 2.0 (Web Content Accessibility Guidelines) del W3C”.

Questo aspetto è stato di recente rafforzato dalla Circolare 61/2013 dell’Agenzia per l’Italia Digitale che Rosanna Consolo, da dieci anni impegnata sull’e-Inclusion, ha contribuito ad elaborare. E’ un documento che interviene chiarendo alcune parti della Legge 4/2004, esplicitando il carattere obbligatorio dell’accessibilità dei siti web e dei documenti in essi contenuti o comunque digitalizzati, e ciò sia per la PA che per privati che ricevano fondi pubblici o eroghino pubblici servizi. Realizzare queste misure significa attuare diritti collegati alla cittadinanza, dimensione che non può essere lesionata nei processi di digitalizzazione, altrimenti si corre il rischio di favorire la discriminazione.

“Un esempio di processo digitale accessibile – specifica la Consolo – è “quello degli archivi digitali. Le pubbliche amministrazioni stanno digitalizzando migliaia di documenti sia per renderli consultabili on line sia per alleggerire gli scaffali di molti uffici”.

Se ne potrebbe dedurre che la PA stia andando verso processi di e-government, ma “in realtà se la digitalizzazione avviene solo scansionando i documenti – che è la prassi più diffusa e con la quale si ottengono immagini immodificabili – non rendendoli fruibili alle tecnologie assistive si manca un obiettivo di governo inclusivo e pubblica amministrazione digitale più vicina alle esigenze dei cittadini, costruendo un’altra barriera a svantaggio di tutti quegli utenti dei servizi e degli archivi che necessitano di un documento accessibile”.

La Circolare – aggiunge – “va nella direzione degli obiettivi introdotti dall’Agenda Digitale Europea anche verso “Europa 2020” che poggia sulle tre parole chiave “crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, parametri che l’Agenda Digitale Italiana vuole assumere pienamente. La Circolare 61/2013 prevede d’altro canto precisi obblighi per la PA e alcuni soggetti privati nonché relative responsabilità di procedura se inadempienti. Ma le amministrazioni devono essere messe in grado di ottemperare alle norme con idonee risorse e intervenendo mediante un vasta operazione informativa per cambiare la cultura della disabilità e contestualmente quella dell’accessibilità che riesce a garantire il diritto ai contenuti e all’informazione”.

L’istuzionalizzazione della figura del “disability manager”, secondo Rosanna Consolo, potrebbe essere un mezzo per far fronte al diffuso deficit di conoscenza della disabilità : “potrebbe essere utile la presenza diffusa di un manager esperto di disabilità e competente in materia normativa, in grado di parlare di diritti declinandoli e conducendoli verso la loro reale attuabilità ed esigibilità, coniugandoli anche ai doveri di cittadinanza, capace di dare puntuale informazione sulle fonti di finanziamento di progetti, sulle occasioni formative, operando nelle organizzazioni private e pubbliche, accompagnando le amministrazioni ad una maggiore presa di coscienza della disabilità come opportunità di cambiamento positivo per l’insieme della società”.

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