Fattura Elettronica, The Day After: tutte scelte da fare

Come devono agire, imprese e PA, per trarre vantaggi dall’avvento della Fatturazione Elettronica verso la PA? Diamo qualche indicazione

Pubblicato il 03 Apr 2015

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L’ora X è scattata e ormai, per fatturare alle PA del nostro Paese le imprese italiane devono fare la Fatturazione Elettronica. I fornitori devono inviare alle PA loro clienti esclusivamente Fatture Elettroniche: file XML scritti secondo il formato del Tracciato FatturaPA, firmati digitalmente e da conservare in digitale per i prossimi 10 anni. Le PA, dal canto loro, avranno modo di ricevere, pagare e poi conservare sempre in digitale, solo le Fatture Elettroniche.

Questa innovazione porterà risparmi concreti, opportunità culturali prima ancora che tecnologiche, ma – sì, c’è un “ma” – anche una fase di transitorio. Un transitorio per traghettare le abitudini, le procedure e le modalità di gestione di imprese e PA dal modello precedente, tipicamente cartaceo, a quello attuale: elettronico e strutturato.

Alle imprese, questo transitorio deve servire per “capire” la Fatturazione Elettronica. Capire in profondità, per cogliere implicazioni reali e opportunità: per formarsi una visione consapevole su come affrontare questo cambiamento e anticipare tutte le implicazioni che derivano dalla scelta su come dotarsi della corretta soluzione digitale per fare “Fatturazione Elettronica verso la PA”. Meglio dotarsi di un modulo software da agganciare al mio ERP? E poi come è più efficace gestire la Conservazione Digitale? Sarà forse meglio orientarsi su uno dei molteplici servizi “pay-per-use”, che spesso contemplano anche la Conservazione? Oppure può essere opportuno adottare una delle soluzioni gratuite che AgID ha messo a disposizione delle realtà più piccole e con rapporti sporadici verso la PA? E se invece dessi tutto al mio commercialista, così non ci penso più?

Dietro a ciascuna di queste domande se ne deve celare – consapevole o meno – un’altra: “qual è la soluzione più efficace per il mio business?” Invece spesso capita di trovare solo la più superficiale: “ma che differenza c’è, l’importante è trovare un modo per fatturare alla PA, no?” No. Perché dalle decisioni che si prendono oggi può dipendere il valore dei benefici della Fatturazione Elettronica che un’impresa riuscirà a fare propri nel prossimo futuro, così come la durata stessa del transitorio e la possibilità di estendere ulteriormente analoghi benefici anche ad altre fasi della relazione con i clienti. Un’impresa che non affronta seriamente queste domande, se ne troverà altre, quasi senza accorgersene. Per esempio: “quanti sezionali sto creando?” oppure “dove sono finite le mie fatture archiviate in digitale?” o anche “quanti archivi digitali sto gestendo?”…

Se queste domande sono indice di un processo di digitalizzazione “subito”, piuttosto che “governato”, ben diverse potrebbero essere quelle che, già tra qualche mese, inizieranno a fare capolino nei pensieri di chi ha “capito” che cosa sta effettivamente facendo: “perché non mi organizzo per avere un solo modello per la gestione dell’intero ciclo attivo, che vada bene per PA e imprese?” oppure “perché non risparmiare ancora qualcosa e provare a digitalizzare anche i DDT, dopo le Fatture?” o ancora “perché non chiedo ai miei fornitori di ricevere fatture in formato elettronico strutturato (magari come quelle che si mandano alla PA), per fare efficienza anche nel mio ciclo passivo, proprio come sta facendo la PA?”.

Per la verità, alcune imprese queste riflessioni positive le hanno già fatte, altre le stanno facendo: le ricerche dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione le hanno già trovate. La speranza concreta, quindi, è che questo percorso di consapevolezza contagi rapidamente un numero crescente di aziende, affinché siano in molte quelle che riescono a scrollarsi di dosso una struttura di costo pesante e ormai “competitivamente non più giustificabile”.

Ma non solo le imprese, anche le PA ora devono gestire il loro transitorio per andare rapidamente a regime con le Fatture Elettroniche. E lato PA ciò che conta è dotarsi degli strumenti (e delle procedure interne) indispensabili per gestire in digitale la Fattura Passiva. Il rischio, su questo fronte, è che, per provare a minimizzare l’impatto iniziale, si preferisca dare vita a orripilanti processi ibridi (veri e propri mostri), in cui sulla solida – ma vecchia e moribonda – impalcatura del modello di gestione tradizionale delle fatture cartacee, si innesti forzatamente la neonata Fattura Elettronica: dando vita a sciagurate “procedure-Frankenstein”. Questi approcci “ibridi” non solo non minimizzano l’impatto e non portano benefici, ma rischiano di veder crescere in modo incontrollato i tempi e i costi della gestione amministrativa. Le Fatture Elettroniche, invece, devono essere gestite necessariamente con strumenti digitali che le accompagnino lungo l’intero “ciclo di vita”: dalla fase di protocollazione, alla riconciliazione, all’autorizzazione al pagamento, fino alla conservazione. Questi strumenti sono da tempo ampiamente disponibili e consentono sia la gestione degli iter approvativi attraverso workflow digitali (addirittura via Mobile: una vera novità per molte PA), sia l’accesso e la consultazione delle fatture (che dovrebbe avvenire in digitale non solo da parte delle PA ma anche di chi con le PA lavora, come per esempio i professionisti o i revisori) sia la conservazione, digitale, a norma e per 10 anni.

Per tutto quanto esposto in queste poche righe, quindi, l’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la PA rappresenta, per imprese e PA, molto di più che un ennesimo adempimento per cui è richiesta un’improbabile quanto ignota tecnologia: è invece un’occasione (forse unica) per fare un salto culturale. Anzi, nel consiglio stesso di “capire” che cosa comporta la Fatturazione Elettronica verso la PA, vi è anche la speranza che avvicinarsi all’innovazione digitale possa affievolire quell’atavica sensazione di inadeguatezza che troppo spesso, tanto nel pubblico quanto nel privato, emerge quando si parla di tecnologie digitali (peraltro, senza per questo doversi trasformare in tecnici). Attraverso questo percorso di crescita in consapevolezza, all’interno di quelle PA e di quelle imprese che non sono dotate dei necessari sistemi, sembrerà più naturale dare una rinnovata e diversa priorità al “digitale”, che oltre alla consapevolezza richiede anche le “giuste” risorse.

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