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Digitale sostenibile, obiettivo 2050: i temi sul tavolo

Quali sono i benefici di un’organizzazione smart delle città e come realizzare un modello di governance che sappia gestire il cambiamento in modo efficiente, efficace ed inclusivo. La rivoluzione digitale è un pilastro dello sviluppo sostenibile, ma senza obiettivi globali condivisi si rischiano nuove diseguaglianze

Pubblicato il 18 Ott 2018

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Realizzazione delle smart cities e attuazione della rivoluzione digitale grazie alla quale conciliare il tema della sostenibilità con quello relativo alla diffusione delle nuove tecnologie.

Sono, queste, due delle sei trasformazioni fondamentali in grado di costruire una sostenibilità di lungo termine che vada oltre il 2050 indicate nel Rapporto Transformations to Achieve the Sustainable Development Goals (iniziativa The world in 2050) presentato dall’International Institute for Applied System Analysis – IIASA – nel luglio 2018 a New York, in occasione dell’High level political forum delle Nazioni Unite.

Ed è anche un tema affrontato a iCityLab 2018 in questi giorni.

Il rapporto tra sostenibilità e smart city

La riflessione sul rapporto tra sostenibilità e smart city è legata alla consapevolezza che nel 2050, circa i due terzi della popolazione umana vivrà nelle aree urbane e quindi sarà necessario garantire in queste aree servizi di connettività integrati, infrastrutture smart ed un ridotto impatto ambientale. Le città oggi ospitano circa il 55% della popolazione ed il 70% delle attività produttive a livello globale. Si prevede che entro il 2050, esse ospiteranno il 70% della popolazione e probabilmente l’85% delle attività. Le condizioni di vita delle città corrisponderanno dunque a quelle di una larga maggioranza della popolazione e le loro condizioni di sviluppo corrisponderanno in ampia misura al livello dello sviluppo globale del pianeta. Anche per questo motivo, moltissimi governi aderiscono agli obiettivi fissati dal Goal 11, dell’Agenda ONU 2030, riguardante la promozione di città sostenibili adeguate alla vita delle persone, caratterizzate da un tessuto produttivo sano, socialmente inclusivo e sostenibile dal punto di vista ambientale.

I benefici dell’organizzazione smart della comunità

L’organizzazione smart della comunità consente di incrementare il benessere collettivo e promuovere la condivisione dei possibili benefici, opportunità e modelli di cooperazione che nascono dall’innovazione. L’utilizzo di sistemi di digitalizzazione può rendere possibile l’uso di tecnologie intelligenti decentralizzate e la gestione dei Big Data, processi di geo-localizzazione che permettono di conoscere le dinamiche della città e di intervenire sui fenomeni eccezionali di ordine naturale e sociale, la gestione intelligente dei territori consente altresì la diffusione di energia pulita, la realizzazione di processi produttivi poco inquinanti fondati su modelli di economia circolare e su un minore e più efficiente consumo di risorse. “I processi di innovazione e digitalizzazione del sistema paese e delle comunità locali toccano aspetti tecnologici, economici, sociali, etici, gestionali e logiche di cooperazione” (IIASA, 2018, p. 8).

L’infrastruttura urbana dovrebbe avere un sistema efficiente di trasporti; l’accesso universale ad una rete di elettricità affidabile ed a basso costo; acqua e fognature sicure; una gestione sostenibile del sistema di raccolta e riciclo dei rifiuti; una connettività a banda larga, ad alta velocità ed a basso costo per supportare le imprese e l’erogazione di servizi pubblici. Ma nella realtà, spesso i contesti urbani non hanno un’organizzazione efficiente e sono vulnerabili a rischi di inquinamento, incendi ed allagamenti: fattori questi che gravano pesantemente sulla vita e sulle condizioni di benessere delle persone.

La spina dorsale di una smart city è legata dunque non solo a fattori specifici come le basse emissioni di carbonio, il sistema efficiente di trasporti, l’alta qualità dei servizi quali sanità, istruzione e servizi pubblici ma è legata soprattutto alla messa a punto di sistemi intelligenti che possano rappresentare la chiave di accesso ad un alto grado di interazione e di inclusione sociale. Le competenze chiave che entrano in gioco sono l’urbanistica e il design volti ad abilitare i driver del benessere sociale quali l’interazione e l’approccio partecipativo alla vita della città.

Quale governance per lo sviluppo sostenibile

La seconda trasformazione legata alla digitalizzazione ed indicata come fondamentale, dal Rapporto Trasformation to Achieve the Sustainable Development Goals, si fonda sul presupposto che le innovazioni scientifiche e tecnologiche potrebbero sia favorire che ostacolare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile – SDGs -. Queste innovazioni dovrebbero quindi essere orientate in maniera consapevole in modo da poter esercitare un’influenza positiva sull’evoluzione del lavoro umano, sulla coesione sociale e sulle generali condizioni di vita delle persone. E’ importante creare un modello di governance che sappia gestire il cambiamento in modo efficiente, efficace ed inclusivo. Se si considera poi che qualsiasi trasformazione può generare vincitori e vinti occorre progettare un percorso di cambiamento capace di mettere in qualche modo al riparo chi rischia di rimanere in una condizione di disagio o di marginalità (IIASA, 2018, p. 22).

La strategia generale di sviluppo sostenibile è costruire alleanze per il cambiamento, superare interessi particolari acquisiti, investire in capacità di governance e adottare delle politiche che facilitino i processi di orientamento dell’economia e della società verso le sei grandi trasformazioni sostanziali dello sviluppo sostenibile. Trasformazioni che, nella prospettiva dell’International Institute for Applied System Analysis, oltre alle smart cities ed alla rivoluzione digitale riguardano: le conoscenze demografiche e scientifiche per il miglioramento della salute, dell’educazione e delle condizioni di vita e di lavoro dei popoli; il consumo e la produzione per l’adozione di modelli responsabili soprattutto nei domini della mobilità, dell’edilizia e dell’agroalimentare; la decarbonizzazione e gli studi sull’energia per l’incremento delle rinnovabili e di energia pulita; il cibo, la biosfera e l’acqua per poter rispondere ai bisogni di una popolazione in aumento ed a limitare gli impatti ambientali.

Il principio guida per il raggiungimento della sostenibilità suggerisce di gestire le economie nazionali e l’economia globale come un insieme tenendo presenti gli obiettivi fissati per gli anni 2030 e 2050. Si tratta ovviamente di un processo molto complesso che richiede piani nazionali reciprocamente armonizzati per raggiungere una condivisione globale degli obiettivi. Al fine di affrontare le grandi sfide poste dallo sviluppo sostenibile è importante non concentrarsi su strumenti circoscritti come la politica monetaria e fiscale, il problema del carbonio, la trasformazione delle energie. Le grandi trasformazioni per la sostenibilità richiedono in realtà la conciliazione di diversi strumenti e di diverse politiche. Esse richiedono governance trasformativa, pianificazione integrata, diplomazia internazionale, collaborazione tra soggetti pubblici e privati, tra politica e società civile, l’intervento delle organizzazioni della conoscenza e di attori culturali, di incubatori di creatività e innovazione tutti driver essenziali della sostenibilità.

Rivoluzione digitale, sviluppo sostenibile e futuro del lavoro

A partire da questa prospettiva, la rivoluzione digitale finisce per configurarsi come un fattore prioritario di sviluppo sostenibile perché legato ad una molteplicità di fattori di progresso e di sviluppo quali l’intelligenza artificiale, la connettività, la digitalizzazione dell’informazione, l’internet of things, l’uso dei Big Data, il ricorso alla realtà virtuale, il machine learning, la blockchain, la robotica, l’informatica quantistica. In tal senso e rispetto agli effetti pervasivi che esercita sui diversi domini dell’economia e della società, la rivoluzione digitale rappresenta per la IV rivoluzione industriale quello che la macchia a vapore ha rappresentato per la I rivoluzione industriale (IIASA, 2018, p. 22).

La rivoluzione digitale può aprire tuttavia la strada a molti rischi e svantaggi che chiamano in causa la possibile perdita di posti di lavoro, l’aumento delle disuguaglianze e l’ulteriore spostamento del reddito dal lavoro al capitale. Un’importante conseguenza dei progressi dell’IA e della robotica sembra essere, infatti, la causa della riduzione della domanda di lavoratori meno qualificati. In merito alla domanda se la tecnologia crei posti di lavoro o li distrugga, osserva Luca De Biase (2017, p. 7), entrambe le risposte sono plausibili. Da un lato, c’è chi vede nelle tecnologie digitali una causa di distruzione di posti di lavoro. “… d’altro canto, la Commissione Europea fonda la sua policy sulla convinzione che il miglioramento nelle infrastrutture digitali è motivo di crescita: la modernizzazione delle connessioni è un gigantesco investimento che però produrrà quasi mille miliardi di euro di Pil in più e 1,3 milioni di posti di lavoro entro il 2025”.

Secondo Stefano Scarpetta, Direttore presso l’OCSE del dipartimento su occupazione, lavoro e affari sociali, la tecnologia non sarà di per sé alla base del miglioramento o del peggioramento dell’occupazione. “Alcuni lavori, forse il 10%, possono effettivamente essere destinati a venire sostituiti da macchine, ma la grande maggioranza dei lavori tenderà a trasformarsi. E gli effetti sociali di questa trasformazione saranno diversi nelle diverse economie, in base alle diverse policy che le guideranno” (De Biase, 2017, p. 7). Il tema del futuro del lavoro si traduce dunque essenzialmente nella definizione delle strategie per affrontare le grandi trasformazioni. La più solida garanzia di lavoro per lo sviluppo sostenibile delle economie e delle nazioni sembra legata in definitiva ad una formazione che consenta soprattutto alle giovani generazioni di acquisire: sia competenze strategiche e flessibili capaci di facilitare il loro adattamento ai continui mutamenti della realtà di riferimento, sia competenze digitali che sempre di più nel futuro diventeranno essenziali per ogni settore e per ogni professionalità.

Un modello di digitalizzazione delle comunità

Lo studioso di smart city Bas Boorsoma (2018, pp. 178 – 179) ha messo a punto un modello di digitalizzazione delle comunità fondato su alcune dimensioni chiave – le tecnologie, l’organizzazione, i valori ed i fondamentali – e su 20 elementi relativi sia a queste dimensioni che alle dinamiche evolutive della comunità così come ai suoi bisogni, alle sfide ai risultati che essa intende raggiungere. Gli elementi che disegnano l’evoluzione della comunità verso un modello smart sono evidentemente legati ai processi di evoluzione del lavoro, delle competenze, delle tecnologie, delle comunicazioni, dei modelli di intelligenza artificiale, di elaborazione ed uso dei Big Data; ma essi sono altresì legati ai valori, ai sistemi di governance e di leadership, alla vision, ai regolamenti smart ed ai principi interconnessione e di ecosostenibilità che definiscono un sistema fortemente interattivo (Boorsoma, 2018, p. 182).

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Boorsoma B. (2018), Un new deal digitale. Oltre le smart cities, Rainmaking, Naarden

Le analisi sull’evoluzione delle comunità e delle società verso modelli intelligenti non possono non considerare il rapporto causale tra alcune variabili fondamentali riguardanti le innovazioni, le tecnologie intelligenti, il lavoro, le competenze, i rapporti con l’ambiente. Alcune variabili, in particolare quelle legate alla digitalizzazione, esercitano un impatto significativo e ricorrente sulle altre influenzando le dinamiche dell’intero sistema. Così, ad esempio, le tecnologie intelligenti permettono in molti settori dell’economia e del lavoro l’utilizzo sostenibile delle risorse ed un maggiore rispetto dell’ecosistema. In agricoltura, l’utilizzo dei Big Data per la conoscenza dei terreni e delle culture consente di ridurre i pesticidi altamente inquinanti; nel settore dell’industria tessile, l’uso delle tecnologie intelligenti, delle nanotecnologie e delle stampanti 3D consente la produzione di tessuti e colori ecosostenibili, di risparmiare su risorse preziose come l’acqua, ma anche di realizzare prodotti che garantiscono maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro o in condizioni di rischio. Un ulteriore esempio di grande rilevanza per lo sviluppo dell’economia circolare, volto a riutilizzare materiale in difesa dell’ambiente, è il recupero della plastica dagli oceani e dai mari. Anche grazie alle nuove tecnologie, Come spiegato da Mauro Lombardi su agendadigitale.eu, si stanno sempre più diffondendo importanti progetti volti a recuperare la plastica che inquina i mari e la terra e ad utilizzarla, come è stato fatto a Kolding, in Danimarca, dopo averla arricchita con fibre di carbonio per la costruzione di ponti.

Bibliografia

ASviS (2017), L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile, testo accessibile al sito http://asvis.it/public/asvis/files/Rapporto_ASviS_2017/REPORT_ASviS_2017_WEB.pdf

Boorsoma B. (2018), Un new deal digitale. Oltre le smart cieties, Rainmaking, Naarden.

De Biase L. (2017), “Solo l’innovazione può creare I nuovi posti”, in Il Sole 24 Ore, 20 agosto, testo accessibile al sito: www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-08-19/innovazione-abbracciare-opportunita-184504.shtml?uuid=AEKsPvAC

De Biase L. (2018), Il lavoro del futuro, Codice, Torino.

Giovannini, E. (2018), L’utopia sostenibile, Laterza, Bari-Roma.

IIASA (2018), TWI2050 Report: Transformations to Achieve the Sustainable Development Goals testo accessibile al sito: www.iiasa.ac.at/web/home/research/twi/TWI2050_Report_web-small-071018.pdf

Ministero dell’ambiente e Mise (2017), Oltre Industria 4.0: come tornare a crescere con l’economia circolare, testo accessibile al sito http://consultazione-economiacircolare. minambiente.it/sites/default/files/verso-un-nuovo-modello-di-economia-circolare_HR.pdf

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