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Open data nel piano triennale ICT PA: la prima strategia unica su riuso e valorizzazione

L’obiettivo dei dati aperti è quello di generare impatto sociale e/o economico. Se questo non avviene allora vuol dire che probabilmente stiamo sbagliando qualcosa. Ecco perché il nuovo piano triennale Agid sembra andare nella giusta direzione sui temi del riuso e della valorizzazione degli open data

Pubblicato il 18 Apr 2019

Vincenzo Patruno

Data Manager e Open Data Expert - Istat

direttiva open data

Un intero capitolo, per la precisione il capitolo 5 è dedicato ai dati (e open data) della pubblica amministrazione, nePiano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione 2019-2021.

E’ un punto importante, dato che l’efficienza del settore pubblico (e quindi la competitività del sistema Paese) passa dai dati. O per meglio dire: passa da un cambio di approccio ai dati pubblici.

Passa dalla capacità di andare oltre le logiche “a silos” che caratterizzano dati e servizi delle pubbliche amministrazioni. E se questo vale per il settore pubblico del nostro Paese, vale ovviamente anche a livello europeo.

Le parole d’ordine, nel piano triennale Agid, diventano quindi integrazione, interoperabilità e condivisione dati.

Per migliorare l’efficienza dei servizi pubblici esistenti, per confezionare nuovi servizi riducendo i costi di gestione, eliminando ridondanze e rendendo di fatto “istantanea” l’interazione di cittadini e imprese con la pubblica amministrazione e quella tra pubbliche amministrazioni diverse.

Vediamo allora come i temi legati ai dati e ai dati aperti vengono trattati nel nuovo piano Agid.

I dati della pubblica amministrazione nel piano triennale ICT PA 2019-2021

Con un approccio e un taglio sicuramente più “europeo”, all’interno del capitolo vengono sviluppate e affrontate alcune importanti questioni.

In particolare, parliamo delle due macroaree che sono state individuate dal piano e che consistono nelle Basi di Dati di Interesse Nazionale e nei Dati Aperti. Sono questioni che erano già state affrontate nel precedente piano triennale che però vengono collocate in un contesto che in qualche modo si è evoluto, in alcuni casi è un po’ più maturo e spesso con un quadro normativo più definito e robusto a fare da sfondo.

Le basi dati di interesse nazionale

Per quanto riguarda le basi di dati di interesse nazionale (il cui elenco viene mantenuto da AGID) quello che ritroviamo nel piano 2019-2021 è in stretta continuità con quanto riportato nel piano 2017-2019.

Viene ribadito il concetto che per poter rendere più efficiente i servizi delle pubbliche amministrazioni è necessario che una serie di basi di dati siano condivise tra le PA che utilizzano quei dati. Viene ribadito il concetto che le basi di dati di interesse nazionale sono l’infrastruttura per “supportare interazioni tra pubbliche amministrazioni” a livello nazionale e internazionale.

L’anagrafe unica

Le certezze al momento si chiamano ANPR, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, progetto ancora in corso ma che comunque ha subito una forte accelerazione nell’ultimo anno (è possibile monitorare in tempo reale lo stato di avanzamento) e IPA, l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni che nel corso del 2018 ha totalizzato numeri incoraggianti di utilizzo. Per il resto la sensazione che si ha è quella che tante cose siano ancora nella primissima fase iniziale. Tra gli obiettivi del triennio vengono infatti indicati la “necessità di avviare una strategia condivisa con le amministrazioni titolari delle basi di dati di interesse nazionale”, la predisposizione di linee guida, piani di sviluppo e cose del genere per consentire “l’utilizzo di dette basi di dati da parte delle altre amministrazioni“.

Vengono incluse tra le basi di dati di interesse nazionale anche il Repertorio Nazionale dei Dati Territoriali, il Catalogo dei Dati delle Pubbliche Amministrazioni e il futuro  Catalogo dei Servizi, anche se a mio avviso sarebbe stato il caso di collocarli in una sezione a parte. Tre cataloghi nazionali il cui scopo dovrebbe essere quello di censire, tracciare e documentare geodati, dataset pubblicati e servizi digitali erogati dalla Pubblica Amministrazione.

Gli open data

Ma passiamo ora agli Open Data. Nel nuovo Piano Triennale si preferisce utilizzare la loro traduzione in lingua italiana. Si parla pertanto di “Dati Aperti” e se ne parla in modo un po’ diverso rispetto a quanto fatto nel piano precedente. Mi riferisco in particolare al fatto che diventano centrali due aspetti che ritengo fondamentali e che ho sempre voluto far emergere non solo tutte le volte che ho scritto articoli su Open Data ma anche in occasione delle tante attività di formazione che ho avuto modo di effettuare o all’interno di eventi dedicati.

L’essenza dei dati aperti sta nel loro riuso e il riuso dei dati nasce nel momento in cui si comincia ad agire tenendo conto anche del lato della domanda. Sembra un concetto banale, ma quello che è successo fino ad ora è stato che le PA che hanno attivato iniziative Open Data hanno pubblicato “quello che hanno voluto e quando hanno voluto”.

Ovviamente abbiamo anche eccezioni, cioè pubbliche amministrazioni che hanno attivato processi stabili di pubblicazione dati di qualità interagendo anche con gli stakeholder di riferimento. Ma sono appunto eccezioni.

Una strategia complessiva per valorizzazione dei dati

Non è un caso che quindi la prima linea d’azione del piano, (io direi che questa è la madre di tutte le linee d’azione) sia quella di definire una Strategia complessiva per valorizzazione dei dati che vede coinvolti Dipartimento della Funzione Pubblica, AGID e Regioni per definire “una strategia finalizzata al riutilizzo dei dati aperti, in coerenza con le regole di implementazione della direttiva PSI, e le iniziative di collaborazione e confronto tra PA e stakeholders nel contesto delle azioni definite nell’ambito dell’Open Government Partnership (OGP)”.

Finalmente il tentativo di dare una strategia unica coinvolgendo tutti gli attori al momento attivi dal lato Pubblica Amministrazione. È forse l’ultima occasione per affrontare in modo concreto le varie criticità che ci sono sui Dati Aperti. Oggi infatti conosciamo bene cosa non ha funzionato così come conosciamo quello che invece ha funzionato meglio sia a livello nazionale che internazionale.

Non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo dei dati aperti è quello di generare impatto sociale e/o economico. Se questo non avviene allora vuol dire che probabilmente stiamo sbagliando qualcosa. Bisogna partire da qui. È una bella sfida. E non nascondo che in questa circostanza non mi dispiacerebbe affatto dare in qualche modo un contributo.

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