il fenomeno

Baby Youtuber, opportunità e pericoli: il ruolo dei genitori e della scuola

Il fenomeno dei “baby YouTuber” è in forte ascesa e sono spesso i genitori a spingere i loro figli in questa direzione. Ma le insidie sono molte, in termini di privacy e di sicurezza, e non sempre i minori (o gli adulti) ne sono consapevoli. Facciamo il punto

Pubblicato il 05 Feb 2021

Antonio Guadagno

Ingegnere, consulente informatico, docente, formatore

youtuber

Il fenomeno dei “baby” YouTuber è in fase di assestamento e ancora sono ignoti gli effetti di questa attività, indipendentemente dal successo dei loro canali. Il problema è che sono bambini e a volte, dietro le loro performance, è molto palese un’ambizione narcisistica da parte dei genitori.

Approfondiamo le molte sfaccettature del fenomeno.

Definizione di YouTuber

YouTuber, chi era costui? La Treccani lo definisce così: “persona, di solito giovane, iscritta alla comunità del sito di condivisione YouTube, che carica video originali in cui si esibisce in una sorta di spettacolo personale, consistente nel commento più o meno scherzoso delle fasi del videogioco in cui è impegnata, nelle imitazioni di celebri cantanti pop e simili, ottenendo talvolta popolarità e successo commerciale”.

Tale definizione è ormai monca poiché non contempla il cosiddetto streaming live, in cui lo youtuber condivide un determinato evento in diretta, consentendo ai suoi followers di partecipare in tempo reale e poter anche interagire con lui.

Ma, oltre alla simpatia, al talento e al carisma intrinseco, cosa  accade veramente tramite un canale YouTube?

Il fenomeno degli youtubers è una tendenza sociale molto in voga negli ultimi anni e riguarda un target tra i 12 e i 25 anni, anche se l’età sia degli attori che dei fan tende a scendere esponenzialmente; gli youtubers possono accreditarsi come veri e propri influencers del video poiché, aprendo le porte della propria quotidianità riescono a ottenere approvazione sociale, sia quando trattano di tematiche importanti (più raramente) sia quando riescono a pilotare consumi e gusti dei loro “followers”

Come si diventa YouTuber

Ma come si diventa Youtuber?
Sostanzialmente esistono tre possibili alternative:

  • Il cosiddetto Unboxing, che consiste nell’aprire scatole contenenti gadget (per lo più giochi o videogiochi); dopo aver aperto il contenitore e mostrato il contenuto, si recensisce il tutto mostrando meraviglia o delusione a seconda delle situazioni.
  • Il tutorial, in cui è esplicitato un insieme di trucchi e/o consigli su determinati argomenti (giochi, moda, vita quotidiana). Nel caso ludico, ad esempio, si danno suggerimenti su come sconfiggere un avversario o scovare e superare un tranello.
  • Le ragazzate, in cui lo youtuber cerca di rendere unico il contenuto trasmesso esasperando alcuni atteggiamenti o azioni. Si pensi ad esempio a coloro che organizzano on line scherzetti tipici dell’adolescenza o a quelli che amplificano (acutizzano) i suoni e i rumori mentre mangiano cibi esotici.

Questa nuova modalità nei processi di comunicazione, chiaramente, può essere sia esaltante che devastante per il settore del marketing: una recensione positiva di un prodotto da parte di un personaggio popolare può essere un volano per la pubblicità, così come una recensione negativa può risultare un forte disincentivo.

Chi sono i baby YouTubers?

Per molti gli YouTuber bambini, o ragazzini, sembrano essere rare eccezioni; come Rayan Kaji, il bambino texano che, a furia di scartare regali (unboxing) ha messo da parte lo scorso anno circa 26 milioni di dollari di fatturato lo scorso anno; o la piccola Anastasia Radzinskaya, russa, nata con una patologia cerebrale che le impediva di parlare, che ha ottenuto un miliardo di visualizzazioni per un video di un paio di anni fa in cui gioca col papà; o il coreano Boram che ha potuto infatti comprare un edificio da 9,5 miliardi di won nel quartiere alla moda di Gangnam.
Un altro baby YouTuber è sicuramente l’americano Tydus (in Italia sarebbe in prima elementare), che è protagonista indiscusso sul canale di famiglia, con oltre i tre milioni di abbonati.

Anche in Italia sempre più bambini, affascinati dalla professione dello YouTuber, vengono affiancati dai familiari. Alcuni di loro raggiungono numeri interessanti, come Ameli una bimba di 8 anni, il cui canale Ameli TVIT ha raggiunto quasi quattro milioni di iscritti e più di un miliardo di visualizzazioni.

Il ruolo dei genitori

Sia chiaro che i bambini di età inferiore a 13 anni possono (potrebbero) esclusivamente utilizzare l’app YouTube Kids e nessun’altra app, funzionalità o sito web di YouTube. Spesso, quindi, sono gli stessi genitori a iscrivere i figli a loro nome, altre volte sono i figli, ancora sotto la soglia minima di età, ad aprire un loro canale a loro insaputa.

Secondo un recente studio di Pew Research Center, i video su YouTube che vedono protagonisti i bambini al di sotto dei 13 anni ottengono il triplo delle visualizzazioni rispetto ai video in cui non compaiono.
Per tale motivo, a inizio 2020 la piattaforma YouTube ha pensato di bloccare qualsiasi commento relativo ai video di minori, proprio per evitare qualunque approccio da parte di potenziali “disturbatori”.

Ma come comportarsi se un figlio volesse passare da semplice consumatore a creatore e protagonista di storie? E soprattutto come e perché negare questo comprensibile desiderio? Ogni YouTuber risulta attraente, poiché riesce a mettere insieme lavoro e divertimento, mostrandosi appassionato, entusiasta e molto competente nel proprio campo.

Bambini e adolescenti non hanno ancora un’idea precisa del concetto di privacy o delle conseguenze di un loro gesto davanti alla videocamera, inconsapevoli, e qui anche la scuola come comunità educante ha le sue responsabilità, dei loro diritti e doveri in rete.

Occorre una sana consapevolezza che guidi i ragazzi a un uso informato e cosciente della piattaforma, illustrandone le regole che la presiedono, in modo che i piccoli utenti, fruitori o creatori che siano, possano addentrarsi con adeguata consapevolezza. È fondamentale, quindi, spiegare bene ai propri pargoli cosa significa pubblicare un video che li ritrae ad esempio nella loro cameretta.

Gli adulti consapevoli dei rischi, poi, possono intervenire sia indirettamente, nella gestione delle “policy”, sia direttamente acquisendo in prima persona il controllo dell’account e quindi del canale.

Lorenzo Ostuni, in arte Favij, il più famoso YouTuber italiano, in una recente intervista ha dichiarato: “I social oggi ci permettono di mantenerci in contatto tra noi ogni secondo e ogni giorno, però non bisogna strafare”.

Anche Papa Francesco ha sottolineato come tutti gli YouTuber abbiano in fondo una grande responsabilità etica e sociale nei confronti di chi li segue, li imita e dà loro fiducia: deve essere considerato un patrimonio di credibilità e umanità che non deve essere disperso e che quindi deve essere usato per il meglio.

Il ruolo della scuola

La scuola, a partire dalla “Dichiarazione dei diritti in internet” redatta dalla Camera dei deputati nella XVII Legislatura e dal “Piano Nazionale Scuola Digitale”, pilastro fondamentale de La Buona Scuola, ha indirizzato l‘educazione a un uso positivo e consapevole dei media.

In tal senso, essa deve ancor di più promuove azioni volte a chiarire le differenze tra la sfera pubblica e quella privata, alla promozione di un’idea di Rete come bene comune digitale, spazio reale di collaborazione e condivisione, nel quale si negoziano inevitabilmente tutte le dinamiche umane.

Diventa allora indispensabile fornire alle giovanissime generazioni gli strumenti fondamentali per una piena consapevolezza delle implicazioni delle proprie interazioni in Rete, indipendentemente dal mezzo e dalla piattaforma utilizzata.

In particolar modo, per coloro che non intendono rimanere semplici “consumatori”, devono essere previste competenze e abilità per comprendere i meccanismi di produzione e circolazione delle informazioni anche in senso di creatività: linguaggi, dinamiche di rete, viralità, ipertestualità e transmedialità; caratteristiche dei media digitali di cui impadronirsi e allo stesso tempo da gestire con spirito critico.

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