il fenomeno

Cyberbullismo: cos’è, la normativa, quando è reato e come difendersi. Il quadro tra legge e psicologia

Cos’è il cyberbullismo, le caratteristiche a livello giuridico e psicologico; le diverse tipologie. Cosa prevede la legge del 2017. Come difendersi. I numeri e le fattispecie penali di un fenomeno in allarmante crescita

Pubblicato il 07 Ott 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

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Con l’evolversi e la crescente ubiquità del digitale e dei dispositivi connessi, il fenomeno generale del bullismo ha assunto nuove forme, riconducibili all’espressione inglese “cyberbullismo” (bullismo elettronico) che indica appunto l’utilizzo di informazioni elettroniche e dispositivi di comunicazione per molestare in qualche modo una persona o un gruppo.

Cos’è il cyberbullismo, una definizione legale

Il fenomeno del cyberbullismo viene così definito nella legge “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”entrata in vigore il 18 giugno 2017:

“Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo. (Art.1) e indica misure di carattere preventivo ed educativo nei confronti dei minori (qualunque sia il ruolo nell’episodio) da attuare in ambito scolastico, e non solo”.

Caratteristiche e psicologia del cyberbullismo

Il cyberbullismo possiede una serie di caratteristiche specifiche:

  • la pervasività (il cyberbullo è sempre presente sulle varie tecnologie usate),
  • l’anonimato, la volontarietà dell’aggressione (non sempre gli effetti negativi sono provocati da un’azione mirata, in quanto non potendo osservare le reazioni della vittima, si commettono atti persecutori non comprendendo che ci si è spinti troppo oltre) e
  • l’ampiezza di portata (i messaggi e i materiali inviati sono trasmessi, ritrasmessi e amplificati oltre la cerchia dei conoscenti).

Altro fenomeno tipico del cyberbullismo è l’attivazione di meccanismi di disimpegno morale, come la minimizzazione (gli atti che si sono compiuti etichettandoli come “solo uno scherzo”) e la diffusione della responsabilità (“Non è colpa mia. Lo facevano tutti” oppure “Io non ho fatto niente, ho solo postato un messaggio che mi era arrivato”).

Il mettere un video in rete è inoltre un modo per amplificare le proprie imprese, ottenere apprezzamenti da una platea molto vasta e sentirsi dei leader. Inoltre c’è un aspetto importante da valutare nel cyberbullismo: esso non si manifesta in contatto diretto, faccia a faccia, il bullo non è una presenza fisica, ma un nickname. Ciò favorisce una mancanza di visibilità.

Inoltre, il cyberbullo non riceve il feed-back immediato e tangibile della vittima, non vede il dolore e i danni che la propria condotta può aver causato e non può cogliere le conseguenze delle proprie azioni.

Tipologie di cyberbullismo

Per delineare un panorama più chiaro di questo fenomeno vediamo, inizialmente, quanti tipi di bullismo esistono sul web (Smith et al., 2006). Si può parlare di:

  • Flaming: si tratta di messaggi online violenti e volgari che si trovano spesso sui forum, sui gruppi online che servono per aizzare, provocare e ovviamente umiliare i malcapitati.
  • Impersonation: è conosciuto come lo scambio di persona. In pratica si mandano messaggi fingendosi altro da sè stessi per mandare messaggi online o pubblicarli ingannando la persona.
  • Trickery: Si cerca di ottenere la fiducia di un ragazzo o una ragazza per poi fare uno scherzo crudele.
  • Cyberstalking: come lo stalking, qui si parla di molestie ripetute sul web e di minacce vere e proprie per provocare la paura. Si parla, anche nel caso del web, di un’ossessione pericolosissima.
  • Doxing: è la diffusione via internet di dati personali e sensibili
  • Denigration: sparlare di qualcuno è davvero troppo diffuso sul web ed è anche questa una forma di emarginazione ed esclusione di una cattiveria inaudita. In pratica, tramite messaggi o social network si denigra una persona al fine di provocare dolore gratuito e danneggiala pubblicamente.
  • Cyberbashing: è quando un gruppo di ragazzi maltratta o picchia un coetaneo, ma si aggiunge qualcuno che riprende il tutto facendo un video dell’aggressione e pubblicandolo su internet. Il video viene poi visualizzato da tantissime persone.
  • Harassment: con questo termine si indicano vere e proprie molestie via web. Ferire qualcuno, e in alcuni casi, si arriva persino alle minacce di morte. È il noto caso della Blue Whale.

Cyberbullismo, un fenomeno in allarmante crescita

Non serve essere grandi “navigatori” nella rete per trovare filmati di insulti, di professori umiliati anche con atti osceni, di portatori di handicap picchiati, di ragazze riprese in bagno, fatti da studenti che si divertono un mondo a mettere in difficoltà persone indifese o ignare di riprese che violano la loro privacy. In particolare le tendenze che maggiormente si stanno diffondendo in ambiente scolastico riguardano il bullismo omofobico. Inoltre si può dire che tali atti non risultano appannaggio solo della popolazione scolastica maschile, ma si nota la tendenza da parte delle ragazze ad assimilare molti comportamenti violenti.

I recenti casi di cronaca hanno evidenziato una diffusione crescente di atti che vengono denominati di cyberbullismo tra i giovanissimi.

Secondo una ricerca condotta da Save The Children tre ragazzi su dieci sono testimoni di comportamenti violenti in rete e il 72% degli adolescenti vede il cyberbullismo come il fenomeno sociale più pericoloso del momento.

Il numero delle vittime di comportamenti violenti e minacciosi sui social network, via mail o altro, sarebbe in forte aumento. Spesso questi ragazzi vengono presi di mira per futili motivi, l’aspetto fisico, il presunto orientamento sessuale, le relazioni sentimentali, il modo di vestire e di pensare diverso dal branco. Le conseguenze di queste prese in giro ripetute e pubbliche sono gravissime: isolamento (secondo il 65 per cento dei giovani intervistati), rifiuto della scuola (50 per cento), depressione (48 per cento).

Oggi il 34% del bullismo è online, in chat, sui social network, complice anche l’anonimato e l’apparente sicurezza di potersi nascondere dietro allo schermo del pc.

La risonanza che ha il web è implacabile: le foto, i messaggi di chat o gli sms possono essere visti da tutti, stigmatizzando la vittima, marchiandola e umiliandola.

Cyberbullismo, rimozione dei contenuti e garante privacy

La legge del 2017 prevede che il minore vittima di cyberbullismo (se ha più di 14 anni; altrimenti i genitori per suo conto) può chiedere al gestore del sito internet o del social media o al titolare del trattamento di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in Rete oggetto della pratica. Se non si provvede entro 48 ore, l`interessato può rivolgersi al Garante della privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore chiedendo questo intervento.

Il modulo per il Garante privacy è scaricabile da qui e deve essere inviato a: cyberbullismo@gpdp.it. Come spiegato da un referente del Garante al convegno organizzato sul tema da Assodata, il 24 ottobre 2019 a Firenze, sono circa 100 le richieste che arrivano ogni anno, di cui una trentina gravi.

Cosa prevede il Digital Service act per il Cyberbullismo

Il nuovo Regolamento europeo in materia di servizi digitali – DSA non affronta direttamente il tema del cyberbullismo.

Sono tuttavia previste tutele generali, applicabili anche a questa fattispecie: garanzie efficaci per gli utenti, compresa la possibilità di contestare le decisioni di moderazione dei contenuti delle piattaforme e introdotte misure di trasparenza per le piattaforme sugli algoritmi utilizzati.

In altri termini, dato che i contenuti vengono rimossi (o non vengono pubblicati) sulla base di algoritmi, le piattaforme dovranno rendere accessibili almeno i criteri con cui decidono di rendere visibile o meno o di rimuovere un determinato contenuto.

E se le moderazioni non saranno efficaci, le autorità garanti nazionali avranno la possibilità di intervenire in modo tempestivo, mediante le procedure previste in caso di inerzia di piattaforme, portali o social network.

Non è da escludere ed è, anzi, altamente probabile, che motori di ricerca e social network si doteranno, ben prima del primo gennaio 2024 (data ultima in cui è prevista l’entrata in vigore del Digital Service Act) di autonomi mezzi di segnalazione degli utenti.

Google, ad esempio, ha già una procedura abbastanza immediata per chiedere la deindicizzazione di contenuti violenti o sessualmente espliciti.

Ci si deve quindi aspettare che vengano creati dei modelli di filtro a monte (ossia algoritmi che valutano immediatamente la pubblicabilità o meno di un contenuto, una sorta di censura, insomma) ed a valle (procedure di rimozione semplificate) per ovviare al problema della trasparenza degli algoritmi di moderazione.

L’implementazione di strumenti di questo tipo potrebbe rendere la vita veramente difficile per i cyberbulli.

Difendersi dal cyber bullismo: ammonimento al questore

La vittima e i genitori possono scegliere la via amministrativa per affrontare il problema, proprio come si fa con lo stalking. Invece di sporgere denuncia e querela, chiedere esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando allo stesso tempo richiesta di ammonimento al questore, nei confronti dell’autore dell’atto di cyberbullismo. Si può fare se questo ha più di 14 anni.

Il questore valuta il caso e può decidere di convocare quest’ultimo per ammonirlo, paventando conseguenze più gravi in caso di reiterazione. Al compimento della sua maggiore età, dell’ammonimento non resta più traccia (si “estingue”).

Questa è la via amministrativa per affrontare il problema.

Quali reati comporta e cosa si rischia

L’altra via prevede il ricorso all’autorità per una tutela penale, che per i fatti di cyberbullismo è differenziata a seconda delle condotte. Le pene sono così varie, andando da 6 mesi a 5 anni per un maggiorenne e 6 mesi per un minorenne (o 516 euro di ammenda). A questo si somma eventuale risarcimento in sede civile.

Si ha diffamazione ex art. 595 cod. pen. nelle ipotesi di denigration, flaming ed impersonation.

Flaming e impersonation possono astrattamente arrivare ad integrare il reato di minaccia di cui all’art. 612 cod. pen.

Il cosiddetto trickery, di per sé, non costituisce reato, ma può essere l’antefatto non punibile di altre condotte penalmente rilevanti.

Il cyberstalking rientra nell’ambito del reato di atti persecutori ex art. 612 bis cod. pen. e le condotte persecutorie sono costituite materialmente da molestie. Laddove l’ipotesi non sia di per sé grave, potrebbe essere integrata la contravvenzione di molestie ex art. 660 cod. pen.

Il doxing è sanzionato dall’art. 167 del D.lgs. 196/2003, laddove vengano diffusi dati di un soggetto contro – o senza – il suo consenso e da tale condotta derivi un danno alla persona offesa. La tutela è di molto affievolita dall’esigenza di un profitto per l’agente: nella maggioranza dei casi le ipotesi di doxing non sono poste in essere per l’ottenimento di un profitto, quanto piuttosto per umiliare la vittima.

Se la diffusione illecita avviene su larga scala sarà applicabile l’art. 167 bis del D.lgs. 196/2003.

Il Cyberbashing è un’ipotesi che può rientrare nelle percosse ex art. 581 cod. pen. o nelle lesioni di cui agli artt. 582 cod. pen., fino ad arrivare, nelle ipotesi più gravi, all’omicidio preterintenzionale di cui all’art. 584 cod. pen.

L’harassment (molestie) è un’ipotesi problematica; fermo restando che ogni ipotesi è a sé stante e la condotta è molto ampia, si può affermare che l’harrasment possa integrare, nelle casistiche più gravi, il reato di cui all’art. 580 cod. pen., ossia l’istigazione al suicidio.

Tribunale dei minori e cyberbullismo

Quando, come spesso accade in questi casi, i reati sono commessi da minori tra 14 e 18 anni, a giudicare è il Tribunale per Minori che in sede civile si attiva su ricorso dell’interessato o del pm minorile (su segnalazione da forze dell’ordine, scuole ecc) e in sede penale via procura minorile per episodi di (cyber)bullismo con rilevanza penale.

Episodi di bullismo sono perseguibili a querela entro tre mesi dall’accaduto: lesioni lievi (582 cp), minacce (612 cp), ingiurie (591 cp), diffamazione (595 cp).

Obblighi per scuola e responsabilità dei genitori

La normativa prevede che ogni scuola individui un responsabile al cyber bullismo (un insegnante) e faccia formazione.

Se la famiglia della vittima non è avvisata, la scuola commette reato di omessa denuncia (art 328 cp). C’è obbligo di denuncia per presidi e docenti.

Se si assiste a episodi di bullismo senza intervenire, si può rispondere in sede penale e civile.

Anche i genitori del carnefice minore sono imputabili per culpa in educando.

Su questo tema il Miur ha attivo un tavolo di lavoro con le parti interessate.

Come difendersi dal cyberbullismo

A parte quanto spiegato sopra, sulla scorta delle norme, i consigli comuni e di lunga data, per internet – che valgono contro i cyberbulli come contro i troll – è di non rispondere ai messaggi provocatori e arrivare a bloccarne gli autori (su social, whatsapp ecc).

E’ bene fare copia di qualche messaggio emblematico per una successiva denuncia.

Sui social è possibile anche segnalare il contenuto e l’autore alla piattaforma, che può così intervenire cancellando il primo e bloccando il secondo.

E’ consigliabile anche limitare la privacy dei propri contenuti e foto e controllare chi ci possa taggare (limitando questa funzionalità).

Per contenuti persecutori sul web, è possibile chiedere a Google la rimozione dal motore, così come al gestore del sito e al suo hosting provider (rilevabile via Whois.

Il passo successivo è denunciare il comportamento e un giudice può tra l’altro, anche in via cautelativa, ordinare ai provider internet di oscurare quel contenuto illecito.

Conclusioni

Il cyberbullismo è un fenomeno sociale che si sta imponendo come manifestazione tipica della criminalità minorile. Data la difficoltà – e, spesso, la poca efficacia – della repressione per mezzo della giustizia penale, è necessaria un’opera di sensibilizzazione dei minori a livello scolastico.

E’ altresì necessario che le vittime possano essere sostenute nella denuncia dei fatti, non tanto per la sanzione dei responsabili, quanto piuttosto per far cessare le condotte che, usualmente, possono aggravarsi per la mancanza di controllo.

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