L'analisi

Dal metaverso al metacapitalismo: un nuovo stadio del capitalismo della sorveglianza?

Tattica diversiva o scenario distopico? Il metaverso abiliterà il metacapitalism? Un’analisi dei processi in corso e delle questioni aperte per un’evoluzione a misura di umani

Pubblicato il 11 Gen 2022

Mauro Lombardi

Università di Firenze, BABEL - Blockchain and Artificial intelligence for Business, Economics and Law

Le quattro dimensioni del Metaverso - metaverse - regolamentazione metaverso

Il metaverso porterà al metacapitalism? “Siamo all’inizio di un nuovo capitolo per Internet, e lo è anche per la nostra azienda”: con questo incipit della “Founder’s letter” del 29 ottobre scorso, Mark Zuckenberg ha annunciato il cambiamento di Facebook (Fb) in Meta. Un cambiamento che indica l’ingresso in un nuovo mondo, con piattaforme molto differenti da quelle attuali.

Capitalismo della sorveglianza, come salvarci dalle nuove derive dell’economia globale

Prima di illustrare alcuni elementi essenziali di ciò che viene denominato Metaverse (Metaverso), è opportuno tenere presente che Fb è di fronte ad una situazione difficile, la quale induce alcuni analisti a ritenere di essere di fronte a una tattica diversiva rispetto allo scenario problematico.

Argomenteremo come il quartier generale a Menlo Park debba davvero affrontare problemi non banali di varia natura, ma al tempo stesso vi siano fattori che inducono a ritenere probabile l’innesco di una dinamica orientata a generare un universo fisico-cibernetico con peculiarità distopiche, sulle quali bisogna riflettere fin da subito, onde evitare che esse prendano il sopravvento su caratteristiche potenzialmente positive.

Metacapitalism: tutte le questioni aperte di Menlo Park

Critiche all’operato della piattaforma di Zuckerberg non sono mancate nel corso degli ultimi anni, sia sulla gestione dell’enorme quantità di informazioni raccolte e organizzate, sia sul modello di business impiegato, come sintetizza molto bene in un’intervista il venture capitalist Roger McNamee[1].

McNamee chiarisce come alla base del successo di Fb vi siano due elementi:

1) capacità di promuovere contenuti ad alta intensità emozionale, al fine di coinvolgere profondamente le persone;

2) abilità nel personalizzare con elevata precisione e quindi impiegare meccanismi attrattivi molto efficaci.

Uno degli effetti dei social organizzati su queste basi è che anche idee tradizionalmente marginali (supremazia razziale, anti-vax, visioni politiche estremizzate) hanno beneficiato di potenti dispositivi amplificatori di natura immateriale, creando anche l’apparenza di una centralità in realtà infondata. Tutto questo è stato poi accentuato al massimo dall’imperativo che ha costantemente ispirato la piattaforma: “perseguire il profitto ad ogni costo”.

McNamee mette anche in luce un ulteriore aspetto fondamentale: il coinvolgimento emozionale profondo di rilevanti quote di popolazione genera un inevitabile confitto con la democrazia.

Come se questo non bastasse, poi, Fb ha ricevuto ad agosto una denuncia rinnovata (amended complaint)[2] da parte della FTC – Federal Trade Commission per comportamenti anti-competitivi. L’imputazione si incentra sull’aver fatto ricorso a illegali pratiche anti-competitive quali, ad esempio, il “comprare” o “schiacciare” le imprese concorrenti, prima che diventassero troppo forti[3]. L’esercizio di un vero e proprio potere monopolistico si è manifestato in comportamenti di cui viene fornita evidenza statistica: controllo dei prezzi, esclusione di competitors, alti shifting costs, acquisto di imprese ritenute una potenziale minaccia.

Zuckerberg e il suo team di legali sono sicuri di poter dimostrare l’infondatezza delle accuse, ma un altro evento ha reso estremamente problematico il futuro di Fb, cioè la pubblicazione dei cosiddetti “Facebook Papers” da parte di un consorzio di 17 società che si occupano di informazioni (CNN, Politico, Washington Post, Wired, CNBC, The Guardian, ecc.). Una ex impiegata della società (Frances Hagen) ha testimoniato davanti ad una Commissione del Congresso USA, rendendo pubbliche decine di migliaia di pagine contenenti documenti interni, storie, scambi social tra operatori a vari livelli societari, resoconti scritti di pratiche aziendali, presentazioni ricerche, discussion threads, appunti strategici. È una montagna di materiale, parte del quale è stato anticipato dal Wall Street Journal, mentre altre componenti sono state esaminate e pubblicate dalle 17 entità editoriali aderenti all’accordo collettivo.

Dalle prime pubblicazioni emergono fatti di indubbia gravità, aggiuntivi rispetto a quelli oggetto dei rilievi della FTC. Innanzitutto, appare un divario enorme tra le enunciazioni pubbliche dalle strategie e la pratica effettiva. Contrariamente alle prime, infatti, i comportamenti deleteri diffusi nella piattaforma sono stati puntualmente tracciati mentre venivano amplificati, trascurando le indicazioni degli operatori interni circa gli effetti dannosi che ne sarebbero seguiti per comunità vulnerabili[4]. Il quadro diviene ancora più inquietante se si pensa che, contrariamente alle dichiarazioni ufficiali di Zuckerberg, documenti interni affermano il contrario su temi molto rilevanti, come nel caso della sua testimonianza davanti al Congresso, nel corso della quale egli ha affermato che l’azienda rimuove il 94% dei post di istigazione all’odio, mentre ricerche interne stimano che le rimozioni non raggiungono il 5%. La difesa del portavoce ufficiale della società è che i documenti sono parziali e decontestualizzati (Washington Post).

Un altro “inconveniente”, per così dire, dell’operato di Fb attiene alla sua condotta nel periodo precedente la “insurrezione di Capitol Hill”. Nonostante fosse perfettamente al corrente – grazie al tracciamento sistematico- del movimento “Stop to Steal” (“la vittoria di Biden è un furto perpetrato ai danni di Trump”), la piattaforma era impreparata e non ha fatto nulla per contenere il processo di disinformazione, intervenendo tardivamente, quando tutto era già successo. Subito dopo l’evento, peraltro, il COO – Capo delle funzioni operative di Fb ha ufficialmente minimizzato le loro responsabilità nel caso[5]. La condotta di Fb è stata molto carente non solo negli USA, ma anche in molti Paesi del mondo, dove l’azione è stata molto più debole (per esempio in Italia, Francia, India). In quest’ultimo Paese poi, già scosso da divisioni etnico-religiose, il comportamento “rilassato” ha creato margini minimi contro la disinformazione e la diffusione di istigazioni all’odio.

Per quanto riguarda il terreno strategico, le enunciazioni di Zuckerberg hanno escluso l’intento a persuadere le persone all’acquisto di quanti più loro servizi possibile, ma i documenti interni mostrano orientamenti esattamente opposti.

Da questo breve elenco di punti emerge chiaramente la situazione critica che Fb deve affrontare, mentre alcune delle sue difese appaiono deboli, come quella di aver investito 13mld di dollari dal 2016 in miglioramenti della piattaforma sul piano della sicurezza e del controllo della disinformazione e dell’incitamento all’odio. Si noti che il fatturato nel 2020 è stato di 85 mld, con profitti pari a 29 mld di dollari.

Non è semplice valutare se Fb sia di fronte ad una crisi epocale[6], ma la gravità è certo evidente, perché coinvolge fondamentali aspetti strategici e operativi, disvelando principi e comportamenti contraddittori, il più delle volte con effetti molto dannosi per la democrazia e il vivere civile.

Se poi a tutto questo si aggiunge un elemento che attiene al “core business” (per così dire) di Fb, si ottiene un quadro decisamente fosco. Il social network più grande al mondo è, infatti, di fronte a una “crisi esistenziale: l’invecchiamento dell’età media degli utilizzatori della piattaforma”[7] . È in atto un declino globale della componente più remunerativa del mercato pubblicitario, dal momento che i teenager sono diminuiti del 13% dal 2019 ed è previsto un ulteriore decremento del 45% nei prossimi due anni, come risulta dai Facebook Papers su cui si basa anche un articolo del Wall Street Journal[8], dove ci sono estratti dai Papers quali: “We are not actually doing what we say do publicly”; “Facebook routinely faces exceptions for powerful actors”; “This problem is pervasive, touching almost every area of the company”.

Tornando ai Papers, Fb tenta in tutti i modi di arginare la perdita di appeal sui giovani di età inferiore a 30 anni, in diminuzione dal 2012, con decrementi significativi tra i teenager e addirittura tra i “pre-teens”, il che significa perdita delle prossime generazioni. Non a caso sono stati fatti tentativi (Messenger app for kids e altri strumenti), senza risultati apprezzabili, anzi l’erosione è stata accentuata a favore di Tik Tok e Snapchat, largamente più usati di Instagram. Da slides e documenti consultati dal Wall Street Journal risulta che tra i più giovani è in calo la reputazione del brand, che riflette le preferenze di una generazione più “anziana” (prevalenza di testi scritti, invettive, riflessioni noiose). Il tutto sulla base di tracciamenti sistematici e profilazioni dettagliate, fino a individuare la propensione del 61% dei giovani utilizzatori di Instagram, che preferiscono iniziare con profili privati su ambienti limitati, mentre tra i più giovani sta esplodendo il ricorso ai finsta, gergo per indicare la presenza iniziale e talvolta duratura di finti profili, anche per evitare ciò che lamenta il 7% degli utilizzatori ufficiali: esperienze negative e vere e proprie attività di “bullizzazione”.

Dagli elementi finora addotti deriva una cosa certa: essendo il punto di condensazione di una serie di dinamiche sfavorevoli, Fb deve cambiare profondamente ed è proprio quanto Zuckerberg ha anticipato con l’annuncio di quello che è molto più di un semplice cambiamento di nome. In realtà Fb stava preparando da tempo qualcosa di nuovo, anche se non è necessariamente vero che Zuckerberg ci pensasse fin da quando stava definendo la sua creatura odierna, come ha recentemente affermato in un’intervista. Cerchiamo allora di descrivere cos’è il Metaverse sulla base delle sue dichiarazioni e soprattutto di quelle di uno dei creatori della realtà virtuale, cioè Matthew Ball, di cui abbiamo letto i capitoli contenuti in “Metaverse. A Primer”, la cui pubblicazione -certamente arricchita- è prevista per luglio 2022.

Metacapitalism: come Facebook è arrivata al Metaverso

Il termine “Metaverso” è stato introdotto, com’è noto, nel 1992 da Neal Stephenson nel romanzo sci-fi “Snow Crash” (Bentham Books, p. 25) per indicare un mondo a tre dimensioni, da cui le persone possono uscire ed entrare a loro piacimento per interagire con altri in tempo reale. Il libro è diventato un cult nella Silicon Valley, dove è stato anche interpretato come anticipazione dell’’evoluzione di Internet. È appunto il caso di Zuckerberg, che definisce una Metaverse company, come si accinge a diventare Fb, “the ultimate expression of social technology”[9].

In realtà Fb si stava preparando da tempo per questo passaggio, se fin dal 2014 ha rilevato per 2mld di dollari la società Oculus, produttrice di cuffie (headset) per la VR (virtual reality) nei videogames, dove con il sostegno di Fb ha raggiunto una posizione dominante, pari al 60% del mercato. L’investimento in VR non è isolato, essendo stato creato il Facebook Reality Lab (FRL), dove circa 10.000 persone lavorano con tecnologie VR e AR (augmented reality). Il FRL ha reso pubblici alcuni progetti, tra cui il Project Aria, il cui obiettivo è creare mappe 3D live di spazi pubblici, e ha recentemente lanciato occhiali da sole integrati con camere a 5 megapixel e controllo di voce[10]. Queste iniziative, insieme al controllo di Whatsapp, Instagram inducono a ritenere i due autori dell’articolo citato a sostenere ragionevolmente che siamo in presenza di step all’interno di una direttrice strategica verso la creazione di una infrastruttura per il Metaverso immaginato da Zuckerberg, che afferma: “I think it really makes sense for us to invest deeply tp help shape what I think is going to be the next major computing platform”.

In realtà Metaverse non è ancora un’idea bene definita[11], ma ciò non impedisce a Microsoft di annunciare che è uno dei suoi ambiti di investimento più importanti per i prossimi anni, con una focalizzazione prevalente sugli uffici, per il momento.

Cerchiamo allora di esporre alcune caratteristiche essenziali di quello che si profila un nuovo spazio di interazione tra entità differenti, che si muovono in un mondo tridimensionale, anziché in quello bidimensionale dello schermo di pc, smartphone, gaming console. Il retroterra cruciale e dinamico per lo sviluppo del nuovo virtual space è l’area dei videogames, dove si fa un uso sempre più ampio e dinamico di AR e VR e i cui protagonisti hanno guardato con ostilità l’ingresso di Fb attraverso la rilevazione di Oculus.

Il Metaverso, almeno nelle intenzioni di partenza, è uno spazio di interazioni sociali in 3D, dove si muovono avatar sotto molteplici forme: agenti artificiali, bots, e altre creazioni di AI. Gli avatar possono svolgere qualsiasi attività e coinvolgere altri in discussioni, lavori, attività fisica, e così via. Questo mondo virtuale è sempre aperto a chiunque intenda frequentarlo e quindi è il risultato in continua evoluzione degli input creati dai partecipanti: oggetti reali di qualsiasi tipologia (edifici, ambienti specifici dove peraltro si può prendere la residenza); ambiti di diffusione e apprendimento di contenuti; attività di ogni tipo.

In breve, un mondo che si alimenta con le continue creazioni degli agenti reali e non solo di essi (in prospettiva), mentre qualche versione già si basa su rappresentazioni virtuali di realtà effettive. Ad esempio, è possibile far volare un drone nel Metaverso per manovrare un drone nel mondo reale, situazione definita da alcuni “digital twin” (Benford, cit.). Possiamo quindi ritenere fondato che l’obiettivo di chi investe nel Metaverso è quello di creare, attraverso una serie di tecnologie, una integrazione dinamica tra mondi reali e virtuali sulla base della creatività di agenti reali e artificiali. A questo punto è opportuno esporre la visione esplicitata dallo stesso Zuckerberg, per passare poi al framework definito da Philip Ball, uno dei creatori della VR e ai pareri di specialisti, che rilevano fattori distopici di non poco rilevanza.

La visione di Zuckerberg: il Metaverso come embodied Internet

La visione di Zuckenberg, esplicitata in una intervista a The Verge[12], è di una embodied internet, dove “non vedi il contenuto, ma sei il contenuto”. Il Metaverso non è solo VR né videogames, anche se l’intrattenimento sarà ovviamente una parte rilevante e ineliminabile di esso. In realtà saremo in presenza di una fusione di differenti piattaforme (AR, VR, PC, dispositivi mobili, game console), in modo da realizzare un “ambiente persistente, sincrono”, dove coesistono elementi 3D e 2D, consentendo alle persone di entrare ed uscire senza soluzione di continuità, mentre lavorano o si divertono e agiscono insieme dove e come preferiscono. Occorre superare i limiti della bidimensionalità di uno schermo luccicante e al tempo stesso far sì che le persone si sentano in presenza fisica rispetto a ciò che stanno vivendo, realizzando “il Sacro Graal dell’interazione sociale”, da lui agognato –a suo dire- ben prima di partire con Fb.

È chiaro che per raggiungere questo nuovo mondo, con peculiarità spaziali e tangibili efficacemente simulate, occorrono nuovi insiemi di piattaforme computazionali perseguendo questi obiettivi:

1) Superare gli ingombranti elementi della VR;

2) Spingere ulteriormente nella miniaturizzazione di supercomputer;

3) Realizzare qualcosa che sia molto prossimo al teletrasporto, al fine di conferire un senso condiviso di spazio, unita ad una percezione uditiva dello spazio stesso (del tipo “parla alla mia destra”), grazie a nuove tipologie di ologrammi;

4) Incrementare la produttività, creando un ambiente ideale, definito “infinite office”, dove il multitasking è molto più facile, praticamente spontaneo.

Il progetto Horizon di Fb va in questa direzione e tende proprio a creare un ecosistema inclusivo, al cui interno ciascun partecipante possa trovare opportunità e individuare potenzialità per la propria realizzazione personale. Nella visione di Zuckerberg l’ipotizzato appiattimento delle distanze favorirà la creazione di comunità più intense, stimolando per tale via la creatività personale nel generare nuovi contenuti da inserire nello spazio interattivo fisico-digitale, dando così origine ad un’economia basata su “creatori di contenuti” (UGC, user generated content). In breve, si tratterebbe di uno spazio inesauribile, popolato di creators (creator economy enunciata da Zuckerberg nell’intervista citata).

Metacapitalism: il metaverso secondo Ball e Stephenson

Il venture capitalist Matthew Ball, analista del mondo dei videogame, ritiene che non possa esserci una definizione sola, in grado di delineare tutte le caratteristiche del Metaverso. Sulla base di una sintetica analisi di precedenti dinamiche innovative del passato più e meno recente (elettricità, internet mobile), la cui evoluzione ha assunto forme imprevedibili, grazie all’apparire di set di innovazioni complementari, frutto delle interazioni socio-economiche e tecnico-scientifiche, è a suo avviso impossibile prevedere con precisione come evolverà il Metaverse, “quasi-successore dell’internet mobile”[13].

Sarebbe comunque fuorviante pensare che esso sia VR, la quale è solo una forma di esperienza nel Metaverso. Identificare quest’ultimo con la VR è come identificare un’app con Internet. Nemmeno è fondato considerarlo come una piattaforma per un mondo virtuale, perché anche in questo caso equivarrebbe a ritenere che Facebook o Geocities siano Internet. Analogamente è sbagliato assimilare il Metaverso ai videogames, che sono progettati per un dominio specifico (purpose-specific), non sono integrati tra loro, sono temporanei (ogni gioco viene resettato dopo ogni sessione) e hanno limiti nel numero di partecipanti al gioco, ma si tratta sempre di giochi nel Metaverso, non del Metaverse.

Ball propone una definizione di Metaverso[14] ed esplicita la tesi che una visione completa di esso non può che essere l’esito di processi che dureranno diversi anni e riguarderanno otto “categorie”:

  1. Hardware (VR headset, telefonia mobile, dispositivi in grado di dare sensazioni tattili, sistemi di proiezione e tracciamento, sensori per lo scanning). C’è da dire che, nel lasso di tempo che intercorre tra gli scritti di Ball e le ultime settimane, vi sono stati in questo ambito due annunci di un certo rilievo. Mojo Vision, una startup californiana, ha annunciato di aver messo a punto lenti a contatto per AR, in grado di sostituire occhiali e cuffie per visioni 3D. Si tratterebbe di un prototipo di lenti rigide, personalizzate, con un microdisplay molto più potente di uno smartphone e capace di proiettare direttamente su una piccola porzione della retina nella parte posteriore dell’occhio, così che si consuma meno energia e occorre meno luce. Informazioni ed energia sono al momento trasmesse da un dispositivo al polso, ma sono allo studio firm-like batteries dentro le lenti, che potrebbero comunicare attraverso una propria tecnologia (Mojotooth)[15]. Altre novità importanti riguardano gli ologrammi, in merito ai quali la ricerca avanza e si susseguono annunci da Sci-fi. Due venture-backed società (ARHT Media a Toronto, la startup PORTL.INC a Los Angeles) hanno iniziato a vendere tecnologie similari per il teletrasporto di ologrammi (holoportal systems). Sono armadi delle dimensioni di una cabina telefonica, posti in uno studio; in entrambi i casi un conduttore può apparire nelle sue dimensioni reali in lifelike 3D form, interagendo con chiunque nel mondo si aggrega con un dispositivo simile alla rete delle due società. C’è inoltre un’altra potenzialmente interessante novità. Se il Metaverso è proposto come un superamento della bidimensionalità con la generalizzata rappresentazione in 3D, alcuni studiosi hanno sviluppato una ricerca che aumenterebbe le dimensioni interattive, in particolare aggiungendo la dimensione tattile, molto importante nelle interazioni umane. Il team diretto dal prof. Dahiya ha pubblicato un articolo in cui dimostra di aver realizzato un dispositivo, basato su un metodo chiamato arohaptic, che consente di ottenere feedback tattile mediante il convogliamento di aria controllata verso specifiche aree della mano dell’utilizzatore[16].
  2. Networking, che significa la predisposizione di appropriate ampiezze di banda per connessione così complesse in real time, oltre alla funzionalità di dorsali idonee per la trasmissione decentralizzata dei dati, così come servizi per l’”ultimo miglio” dei dati agli utilizzatori.
  3. Compute. È superfluo sottolineare la necessità di crescente capacità computazionale per una serie numerosa di funzioni essenziali (calcoli fisici, rendering, sincronizzazione per evitare latenze, e così via).
  4. Piattaforme virtuali. Sarà imprevedibile e avverrà su una molteplicità di piattaforme lo sviluppo intenso e diversificato di tecnologie immersive, come quelle prima indicate e altre ancora da inventare, che oltre tutto devono consentire una tendenzialmente inesauribile creazione di contenuti nuovi negli ambiti più disparati.
  5. Interchange Tools and Standard. Il Metaverso non potrà esistere in assenza di tools, protocolli, interoperabilità tra essi e tra le piattaforme, proprio per favorire le interazioni multidimensionali e complesse tra aree ed entità estremamente dinamici.
  6. Payments. Ovviamente, secondo Ball, anche pagamenti e servizi finanziari assumeranno forme in parte prevedibili (moneta digitale, cryptomonete, fiat on-ramps, cioè servizi per lo scambio di fiat money -monete ufficiali-.
  7. Metaverse Content, Services, and Assets. Si tratta della creazione di un insieme di servizi per la progettazione distribuita, la vendita e lo storage di asset digitali connessi a dati e identità individuali. Sulla base di quanto affermato in precedenza, i contenuti sono creati per il Metaverso e non per piattaforme specifiche.
  8. User Behaviors. È chiaro che l’evoluzione dei comportamenti degli utilizzatori sarà un elemento cruciale e rifletterà le interazioni tra molteplici dimensioni, insieme alle risultanti del confronto tra le strategie delle varie tipologie di agenti che opereranno nel Metaverse.

Un aspetto che Ball non focalizza appieno è quello del consumo energetico del Metaverso, specie se occorrerà una potenza computazionale distribuita molto maggiore. Il panorama in merito è ancora nebuloso, anche perché è probabile che si susseguiranno innovazioni risparmiatrici e vi saranno nuovi meccanismi generatori di energia, come si può arguire dall’esempio delle lenti a contatto.

Tutti questi aspetti problematici non impediscono a una serie di riviste di sostenere che il Metaverso è ormai prossimo[17] e che bisogna prenderlo sul serio[18].

Nel terminare questo paragrafo non si può prescindere da un’intervista rilasciata a Vanity Fair da Neal Stephenson, inventore del termine Metaverse[19]. Dopo aver chiarito che la Silicon Valley lo ha trasformato in anticipatore di processi innovativi, mentre in “Snow Crash” aveva ironicamente connesso la vita “iperaccelerata” degli operatori della Gig Economy con elementi di natura tecnico-scientifica, egli sottolinea due punti importanti:

1) Differenza di fondo tra AR e VR. Con l’AR “you are where you are”, mentre vengono aggiunte informazioni, che possono arricchire la conoscenza e le interazioni con il mondo reale. La VR, invece, ti porta in “a completely different fictional place”, uno spazio completamente costruito, di cui non si possono ora prevedere gli sviluppi se non inventando, come ha fatto lui nel suo romanzo.

2) Nel rispondere al quesito sulla possibilità che si crei una ulteriore polarizzazione e le grandi corporation (Apple, Samsung, Facebook, ecc. ) acquisiscano ancora maggior potere, Stephenson risponde che “qualsiasi cosa viene inventata ottiene dei risultati, ma alcuni di quelli che sono previsti non si realizzano” per una semplice ragione: non vi sono processi del tutto prevedibili e di cui è possibile anticipare lo sviluppo, perché in ultima analisi tutto dipende dai fondamenti etici e sociali degli individui, quindi –aggiungiamo- da come evolvono i procedessi decisionali individuali e collettivi, alimentati da strutture interattive multi-scala nell’iperconnesso mondo odierno.

È a questo punto opportuno prendere in considerazione alcune riflessioni critiche sul Metaverso da altri punti di vista, al fine di mettere in risalto quale configurazione potrebbero assumere, nell’ipotetico nuovo scenario tecno-economico, le peculiarità del “capitalismo della sorveglianza” analizzato da Soshana Zuboff e discusso in un precedente contributo.

Dal capitalismo della sorveglianza al “Metacapitalism”?

Iniziamo con una riflessione dello stesso Zuckerberg che, nel corso dell’intervista a The Verge, ha risposto in modo un po’ evasivo ad una domanda sull’eventualità che nel nuovo spazio virtuale le persone finiscano per essere “meno ancorate fisicamente”, cioè alla realtà: “But I think we’re probably just going to go more in that direction. I think we will evolve, or at least figure out how to come t an equilibrium on, the cohesion point. But I think overall, we should be celebrating the fact that this is going to, I believe, create more opportunity for people, not just in all places in the US but around the world”.

Illuminante nella sua vaghezza! Non è accettabile, specie se proveniente da un esponente di uno dei Techno-Giants dominatori dell’attuale sfera digitale, che circonda e permea i processi biofisici dell’intero Pianeta[20].

Non sorprende, allora, la severità di giudizi critici sul presente e sul futuro di Fb, come quello contenuto nell’analisi di INC[21]. Ivi sono enumerate tutte le defaillances di Fb in campi essenziali per il Metaverso: anche se il modello di business è efficace, grazie ai suoi sistemi algoritmici di orientamento dei consumatori, in quattro campi (essenziali per la nuova esplorazione virtuale) è un disastro e causa gravi inconvenienti.

1) Fb non è eccellente nell’hardware, come si evince da un esame del Portale, ad esempio nelle video call (Facetime), nonostante la pandemia abbia spinto molti a usarlo.

2) Non va molto meglio nel software, anche se 3 mld di persone usano Fb, perché le principali App non sono “user-firedly or well designed”. Fanno eccezione Instagram e Whatsapp, in quanto gli operatori di Fb non sono ancora riusciti a creare confusione).

3) La capacità moderare i contenuti è “orribile”, tema discusso precedentemente

4) Quando Fb interviene a cambiare le App, come è avvenuto nel caso di Instagram, l’esperienza per gli utilizzatori diviene più difficile.

Da una prospettiva differente, un altro tecnologo[22] pone in rilievo che il deep algorithmic tracking, poderoso dispositivo, favorisce e al tempo stessa danneggia il business: da un lato rende più agevoli le campagne pubblicitarie, dall’altro crea un senso di ripulsa da parte dei consumatori, progressivamente infastiditi da meccanismi intrusivi nella loro privacy.

Una critica molto più radicale è sviluppata dall’inventore dell’AR[23], Louis Rosenberg. La tesi argomentata è che i social agiscono già da filtro per le esperienze a cui siamo ammessi o da cui siamo esclusi, in tal modo favorendo la polarizzazione e il diffondersi di false verità, accreditate dal consenso ottenuto senza solido fondamento se non quello emozionale.

L’AR e il Metaverso, attraverso l’integrazione di molteplici fonti informative (suono, vista, emozioni, altri meccanismi di simulazione sensoriale) possono alterare il nostro sistema percettivo multimodale e quindi costituire una potenziale minaccia di alterare “il nostro senso della realtà”. Il pericolo che Rosenberg prefigura non è dovuto all’hackeraggio e altri disegni di sequestro delle nostre emozioni; egli teme soprattutto il legittimo uso dell’AR da parte di potenti piattaforme che hanno il controllo dell’infrastruttura. È del tutto condivisibile la sua riflessione che già viviamo “vite mediate” da una serie di veri e propri “livelli tecnologici”, a loro volta sotto il controllo di corporation, che valorizzano per propri fini la propensione umana a cercare attività di relax e di comunicazione a vari livelli. La spinta verso questo salto nella virtualizzazione totale (“Metaverso”) è potenzialmente distruttiva, perché esso “potrebbe alterare il nostro senso della realtà”, in quanto con AR e VR, mentre oggi possiamo ancora spegnere il telefono e chiudere il pc per avere esperienze reali, “the last bastion of reliable reality could completely disappear. And when that happens, it will only exacerbate the social divisions that threaten us”.

Lo scenario così delineato porta a ipotizzare la possibile affermazione di quello che è stato definito “metacapitalism” o “capitalism on steroids”[24].

È a questo punto legittimo porre l’interrogativo: è questa una traiettoria tecno-economica inevitabile? Come è possibile evitarla oppure condizionarne l’evoluzione?

Forse il percorso non è obbligato se si pensa che la costruzione del Metaverso dovrà misurarsi con le specificità antropologiche ed economico-territoriali, che interagiscono con modalità differenti alla “digitalizzazione totale”, per cui la morfologia evolutiva può essere molto diversificata in relazione ai contesti[25] socio-tecnici. Analogamente è fondato ritenere che il fenomeno della servitizzazione, ovvero del management delle funzionalità dei prodotti di cui si mantiene la proprietà[26], possa generare potenzialità rilevanti in molti ambiti, come indicato nel recente libro di Siagri (vedi nota 6), con iniziative forse riconducibili implicitamente alla creator economy a cui fa generico riferimento Zuckerberg.

È altresì chiaro che il percorso è accidentato e, generalizzando quanto sottolinea l’ultimo Rapporto Censis riferito all’Italia, è probabile che l’irrazionale “si insinui” e venga amplificato nel Metaverso fino a generare deviazioni dannose da sentieri socio-economici più sicuri. Di qui deriva una ragione in più per affermare che la risposta agli interrogativi posti richiede l’approfondimento di ulteriori, aspetti importanti della dinamica tecno-economica e l’elaborazione di strumenti per azioni strategiche efficaci, nel tentativo di imprimere svolte human-centered.

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Note

  1. CNN-Business, J. Chatterey, “Former Zuckerberg adviser: Facebook’s problem is its business model”, 26-10-2021
  2. Rinnovata in seguiti alle obiezioni di un giudice in merito alla prima.
  3. FTC, “Facebook resorted to Illegal Buy-or-Bury Scheme to Crush Competition After String of Failed Attempt to Innovate”, 19-8-2021
  4. Washington Post, C. Lima. “Facebook Papers explained”, 26-10-2021
  5. CNN-Business, D. O’Sullivan, “Not Stopping ‘Stop the Steal’: Facebook Papers paint damning picture of the company’s role in insurrection”, 24-10-2021
  6. CNN-Business, C. Duffy, “The Facebook Papers may be the biggest crisis in the company’s history”, 25-10-2021
  7. The Verge, A. Castro, “Facebook’s Lost Generation, 25-10-2021
  8. J. Horwitz, “Facebook Says Its Rules Apply to All. Company Documents Reveal a Secret Elite That’s Exempt”, 13-9-2021
  9. The Conversation, D. Gronhy, “Mark Zuckerberg wants to turn Facebook into a ‘Metaverse company’- what does it mean?”, 20-7- 2021
  10. The Conversation, M. Carter e B.Engliston, “Facebook relaunches itself as ‘Meta’ in a clear bid to dominate the Metaverse”, 28-10-2021
  11. The Conversation, S: Benford, “Metaverse: five things to know – and what it could mean for you”, 4-11-2021
  12. The Verge, “Mark in the Metaverse”, intervista 22.7.2020
  13. Matthew Ball, Framework for a Multiverse. Foreword to “The Metawerse Primer”, https://.matthewball.vc
  14. “The Metaverse is a massively scaled and interoperable network of real-time rendered 3D virtual worlds which can be experienced synchronously and persistently by an effectively unlimited number of users with an individual sense of presence, and with continuity of data, such as identity, history, entitlements, objects, communications, and payments.”
  15. Per ulteriori dettagli si vedano: Financial Times, P. McGee, “Tech start-up develops augmented reality contact lenses”, 16-1-2020; Big Think, “These AR contact lenses could help us enter the metaverse”, 30-10-2021).
  16. A. Christou et al., “Pseudo-Hologram with Aerohaptic Feedback for Interactive Volumetric Displays”, Advanced Intelligent Systems, 2021, 2100090
  17. Technology Review, “The Metaverse is coming”, 1-10-2020
  18. The Economist, “Don’t mock the metaverse”, 17-11-2021
  19. Vanity Fair, “The Sci-fi guru predicted Google Earth explains Silicon Valley’s latest obsession”, 22-6-2021
  20. Lombardi, 2021, “Transizione ecologica e universo fisico-cibernetico”, Firenze University Press
  21. J. Ayen, “No One Is Talking About the Biggest Reason Facebook’s Metaverse Strategy Will Fail”, https://www.inc.com/jason-aten/no-one-is-talking-about-biggest-reason-facebooks-metaverse-strategy-will-fail.html
  22. J. Wallen, “Facebook and Google listening is more pervasive than you think”, Tech Republic 15-11-2021
  23. Big Think, L. Rosenberg, “Metaverse: AR reality inventor warns: it could be far worse than social media”, 6-11-2021
  24. The Conversation, P. Bloom, “Metaverse: how Facebook rebrand reflects a dangerous trend in growing power of tech monopolies!”, 4-11-2021. Il termine metacapitalism è stato introdotto da Means, G. & Schneider, D. (2000). “MetaCapitalism: The E-business Revolution & the Design of 21st Century Markets”, Wiley & Sons. Per una rassegna critica della letteratura sul tema si veda V. Michkail, “The Metacapitalism Model”, Journal of New Business Ideas & Trends Vol. 17 Iss.3, December 2019, 27-56.
  25. Una prima conferma delle diversità morfologiche può essere nelle analisi delle forme assunte da una sorta di neo-industrialismo diffuso, così come è descritto in A. Bonomi, “Oltre le mura dell’impresa. Vivere, abitare e lavorare nelle piattaforme territoriali”, Derive e Approdi, 2021.
  26. Sulla servitizzazione si vedano: R. Siagri, “La servitizzazione. Dal prodotto al servizio. Per un futuro sostenibile senza limiti alla crescita”, 2021, Guerini e Associati. Si vedano anche articoli su Agenda Digitale di M. Lombardi e M.Lombardi-C.Fadda, 2018.

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