oltre l'emergenza

Dalla pandemia, una nuova visione di futuro possibile

Se c’è una cosa che dobbiamo evitare ora è immaginare un ritorno alla “normalità” pre-crisi. Se bisogna cambiare, dobbiamo avere il coraggio di sostenere un piano di rilancio globale visionario e lungimirante, che offra la possibilità di uscire dal guado in cui i tanti anni di politiche miopi ed egoiste ci hanno condotto

Pubblicato il 22 Apr 2020

Giuseppe Pirlo

Delegato dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro per la Terza Missione e i Rapporti Territoriali Direttore del laboratorio nazionale del CINI su Competenze Digitali, Formazione, Certificazioni

Photo by Drew Beamer on Unsplash

Se la grande storia vive di eventi straordinari non potrà non tener conto della pandemia che stiamo attraversando. Certamente è questo, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il primo evento planetario. A oggi sono infatti oltre 200 gli stati che combattono la pandemia e in tutto il mondo sono oltre 2.300.000 le persone infettate con oltre 160.000 decessi ufficiali. Questa situazione, di per sé terribile, diventa spaventosa se si considerano le cifre ufficiose che pure stanno emergendo e che disegnano un quadro mondiale ancora più drammatico e che può avere conseguenze addirittura catastrofiche nei tanti paesi con strutture sanitarie inefficienti se non inesistenti.

Disegnare un futuro migliore

Eppure, è stata proprio la pandemia da Covid-19 a offrire l’opportunità di un ripensamento della società e dell’economia sia a livello globale che locale, un ripensamento quanto mai necessario, considerato che il modello di sviluppo pre-pandemia aveva già da lungo tempo dimostrato tutte la sua criticità e la sua totale incapacità a traghettare l’umanità verso un futuro di sviluppo equo e sostenibile.

Se questo è il quadro nel quale ci muoviamo, la pandemia potrebbe essere allora considerata come quell’evento tragico ma “abilitante” per disegnare un futuro migliore. Essa dovrebbe almeno servire come “trigger” utile per rinnovare i nostri obiettivi di sviluppo, le direttrici sulle quali rimodulare impegni sociali ed economici, anche ripensando agli strumenti innovativi che le moderne tecnologie mettono a nostra disposizione e che mai come in questo momento hanno dimostrato di poter essere strumento utile alle comunità, in termini culturali ed economici, di coesione e inclusione sociale.

Semplificare la Pubblica amministrazione

Quello che fino a ieri sembrava inimmaginabile oggi è possibile. Oggi e solo oggi abbiamo la straordinaria opportunità di agire per semplificare davvero la macchina amministrativa, rendendo la PA quello che deve essere, ovvero uno straordinario strumento di sviluppo sociale ed economico, al servizio di cittadini e imprese. Oggi forse è ora che la PA comprenda fino in fondo che dare flessibilità al lavoro, anche attraverso strumenti di “smart working” è necessario non solo per ridurre il distanziamento sociale e quindi evitare ulteriori contagi in tempo di pandemia, ma anche per offrire l’opportunità ai propri dipendenti di recuperare una dignità perduta, la dignità che deriva dal poter agire con la necessaria autonomia, sia pure in rete con gli altri e sotto il necessario coordinamento, la dignità di poter vivere il lavoro come dimensione fondamentale della propria vita ma che non escluda altre dimensioni altrettanto importanti come quella famiglia, spesso limitata quando non resa incompatibile con i ritmi del lavoro quotidiano. Una PA dunque moderna e innovativa, in grado di offrire lei per prima le risposte concrete di cui il Paese necessita in un’ottica di reale sviluppo sostenibile attraverso l’adozione di strategie che consentano la riduzione del traffico urbano e quindi dei consumi e dell’inquinamento, con la riduzione di tutti i problemi di salute che ne derivano.

Ammodernare la scuola

Oggi possiamo, in maniera tangibile e efficace, ammodernare le nostre istituzioni scolastiche che hanno sperimentato, spesso guidate dagli studenti che hanno fatto da “tutor” ai loro professori, le potenzialità delle piattaforme per la didattica a distanza e l’e-learning. Certo nessuno vuole una scuola che sia priva del rapporto personale tra docenti e studenti, che limiti la formazione a una trasmissione di saperi, ma proprio per questo bisogna consentire che la scuola e le università siano anche in grado di “uscire” dalle aule per promuovere azioni integrate che le molteplici modalità di espressione e di comunicazione entrate oramai da tempo nella vita quotidiana di ciascuno, che è anche digitale, superando infinite limitazioni burocratiche spesso legate solo alla più inutile tradizione. I giovani laureati in queste settimane attraverso sistemi online non sono da meno, neanche un poco, a quelli che per anni e anni hanno discusso la loro tesi in presenza. È cambiato lo strumento non il senso di quello che si fa, e forse anche l’uso di questi nuovi strumenti tecnologici aiuterà gli studenti ad essere più indipendenti e responsabili, e certamente a farsi trovare più pronti rispetto alle richieste di un mercato del lavoro che i sviluppa a velocità sorprendenti su fronti spesso imprevedibili.

Dall’emergenza a un piano di rilancio globale

Se c’è una cosa che quindi dobbiamo cercare di evitare è proprio quella di immaginare di dover rientrare nella “normalità” (che di “normale” non aveva nulla) precedente alla crisi. Se bisogna cambiare dobbiamo farlo non di certo per tornare alla “normalità” inutilmente complicata e fallimentare alla quale ci eravamo in qualche modo assuefatti prima della crisi, e che con la crisi ha chiaramente mostrato tutte le sue profonde criticità sia politiche che funzionali, ma dobbiamo avere il coraggio di cambiare sostenendo un piano di rilancio globale visionario e lungimirante, che offra la possibilità di uscire con un “battito d’ali” dal guado in cui i tanti anni di politiche miope ed egoiste ci hanno condotto.

In vari modi, nella gestione dell’emergenza, il nostro Paese si sta distinguendo a tutti i livelli – rispetto ad altri Paesi europei e extracontinentali – per qualità professionali e doti umane. Si pensi al lavoro straordinario svolto da medici e infermieri del sistema sanitario nazionale, dai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, dai lavoratori delle filiere agroalimentari, dagli insegnanti del mondo della scuola e delle università ma anche degli studenti, che hanno dimostrato una eccezionale maturità e capacità di adattamento. Nell’emergenza le qualità della nostra gente ancora una volta sembra siano emerse e stanno facendo la differenza.

Mai come in questo momento appare dunque necessaria la task force istituita dal Premier, per superare le grandi difficoltà che l’epidemia ha generato e per il rilancio del nostro Paese. A questa task force sbaglieremmo a chiedere solo di “uscire” dalla crisi. Uscire dalla crisi, rientrando nella “normalità”, significherebbe non aver capito la straordinarietà del momento e l’opportunità che abbiamo dinnanzi, una opportunità che diventa opzione obbligata visto che la “normalità” a cui eravamo abituati era già emergenza.

Quello che la task force dovrà fare, e vista l’autorevolezza degli esperti coinvolti e le loro indubbie capacità ed esperienze, siamo sicuri che saprà fare nel migliore dei modi, è quella di disegnare una nuova visione di futuro possibile, un futuro autenticamente sostenibile e inclusivo, che sappia utilizzare appieno gli strumenti del digitale per la promozione delle persone e il rilancio dell’economia, e che sia pienamente coerente con i principi fondamentali della nostra cultura, impressi nella carta costituzionale, sui quali richiamare il Paese ad uno sforzo collettivo al quale, siamo certi, saprà rispondere con maturità e coraggio.

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