crisis management

Crisi dello Stato, cosa non ha funzionato in Italia durante la pandemia

Nel saggio “Lo Stato in crisi”, curato da Patrick Trancu, emerge come il nostro Paese non sia stato in grado di far fronte alle sfide scaturite dalla pandemia. Ora occorre avviare il cammino verso la pianificazione della gestione delle crisi partendo da 5 domande che ci impongono di riflettere sul tema della resilienza

Pubblicato il 12 Apr 2021

Federica Maria Rita Livelli

Business Continuity & Risk Management Consultant, BCI Cyber Resilience Committee Member, CLUSIT Scientific Committee Member, FERMA Digital Committee, ENIA Scientific Committee Member

lo stato in crisi

“Lo Stato in crisi” è un saggio curato da Patrick Trancu – noto esperto di gestione e comunicazione di crisi – appena pubblicato da Franco Angeli editore e che fornisce una cronistoria e analisi degli eventi e delle azioni compiute dagli attori che hanno gestito la crisi pandemica del nostro Paese.

Lo scenario descritto nella pubblicazione conferma quanto sia complessa la gestione della crisi (Crisis Management) e come spesso, ed a torto, venga confusa con la gestione dell’emergenza.

“Lo Stato in crisi”: cronistoria e analisi di che cosa non ha funzionato

Il saggio – che ha coinvolto 35 tra professionisti e accademici, provenienti da differenti ambiti – fornisce un’analisi della crisi Covid-19 nel nostro Paese e, al contempo, una riflessione sulle modalità di risposta delle istituzioni. Qualcosa non ha funzionato, soprattutto nella prima fase della pandemia (novembre 2019 – maggio 2020). Ovvero, abbiamo preso atto di un sistema di difesa e di risposta dello Stato che si presenta complesso, opaco e sostanzialmente inadeguato rispetto alle crisi sistemiche del XXI secolo.

Ne consegue che – in un contesto altamente articolato ed erratico come quello in cui ci troviamo – urge, quanto mai, diffondere sia una cultura della crisi e della resilienza sia attuare un’architettura organizzativa trasparente e conosciuta anche dalla popolazione che viene chiamata a partecipare attivamente alla gestione della crisi.

Dovremmo fare tesoro delle lessons learned scaturite dal Covid-19 in modo tale dal non farci trovare inadeguatamente impreparati in futuro. Si tratta di prendere coscienza che bisogna “costruire”, con largo anticipo, un sistema di gestione di crisi dello Stato efficiente ed efficace.

Di fatto, oltre alla crisi sanitaria, ci siamo trovati spesso a gestire anche eventi dirompenti causati da attacchi cyber che hanno messo a dura prova la sicurezza informatica dello Stato, le infrastrutture critiche e la cittadinanza: una situazione di crisi nella crisi che ha reso evidenti le vulnerabilità del sistema Paese.

Crisis Management e cultura della resilienza 

La gestione della crisi (Crisis Management) consiste nel coordinamento generale della risposta di un’organizzazione a una crisi con l’obiettivo di evitare o ridurre al minimo i danni alla redditività, alla reputazione o alla capacità di operare dell’organizzazione. Ne consegue che la gestione della crisi non può prescindere da un approccio olistico quale calibrata sintesi dell’implementazione dei principi di Risk Management, Business Continuity, oltre che Cyber Security, dato che viviamo in un contesto altamente digitalizzato ed automatizzato. Si tratta, di fatto, di garantire una risposta continua da parte di tutti i livelli dell’organizzazione. Infatti, i ruoli, le responsabilità e le azioni previste sono chiaramente definiti e compresi nelle funzioni di Risk Management, di Business Continuity, di Crisis Management e di Cyber Security. Tale approccio, di fatto, consente all’organizzazione di concentrarsi sulla ripresa in un lasso di tempo più breve, dato che l’evento dirompente è gestito da team ad hoc che aiutano a proteggere il “valore” dell’organizzazione (brand, reputazione, interessi degli stakeholder, ecc.).

La crisi è anche una questione di cyber security

Nel saggio viene evidenziato come la pandemia sia stato il primo grande esperimento “worldwide” di stress della rete a fronte di un considerevole aumento del traffico. In questo anno si è registrato, come abbiamo prima accennato, un incremento considerevole di attacchi hacker orientati sia al sabotaggio sia allo spionaggio industriale sia al furto di dati o al blocco dei sistemi a scopo estorsivo. A questi reati si sono aggiunte, non meno distruttive, le campagne di disinformazione capaci di destabilizzare il sistema democratico.

La pandemia ha dimostrato che, in un ecosistema digitale, la catena del valore si “allunga” e, pertanto è fondamentale garantirne la protezione e la resilienza in ogni passaggio. La crisi pandemica è diventata, conseguentemente, anche una gestione di crisi della sicurezza informatica, dal momento che è necessario garantire non solo la riservatezza, l’integrità e la disponibilità dei dati, ma anche essere in grado di attuare in modalità sicura e coordinata i piani di risposta (i.e. finanziari, politici e sanitari), nonché di salvaguardare la sicurezza dei cittadini.

In futuro sarà sempre più strategico e fondamentale rafforzare le misure di sicurezza atte a garantire la resilienza e l’affidabilità dell’infrastruttura IT degli operatori di servizi essenziali e strategici a livello locale, regionale, nazionale ed europeo sia a breve sia a medio-lungo termine. Tutto ciò sarà conseguibile mettendo in atto le necessarie azioni di trattamento, mitigazione e trasferimento dei rischi e predisporre i vari piani che garantiscano la resilienza organizzativa (i Piani di: Business Continuity, Risk Management, Disaster Recovery, Crisis Management, Emergency e Crisis Communication). Si tratta, quindi, di assimilare la cultura e stimolare l’attenzione per la crisi, tenendo presente che la sua gestione impatta sulla possibilità e sulla velocità di recupero dell’organizzazione.

La comunicazione nella crisi

Ne “Lo Stato in crisi” viene, altresì, evidenziata l’importanza della comunicazione durante la crisi (Crisis Communication), ovvero: “Non c’è gestione di crisi senza comunicazione di crisi. Ma nella gestione di crisi la comunicazione non è l’azione del comunicare, ma è comunicare l’azione. La comunicazione di crisi è quindi una comunicazione concreta di accompagnamento alle azioni intraprese dall’organizzazione e che mira anche ad indirizzare, modulare o trasformare i comportamenti nell’interesse comune”.

In altre parole, di fronte a una crisi non ci si può esimere dal comunicare: si deve sempre riconoscere il problema, facendo capire subito di essere coinvolti e disponibili a fornire informazioni; si deve assumere la propria responsabilità sociale, in quanto, non ammettendo, se ci sono, le proprie colpe o semplici défaillance, si rischia di compromette la credibilità dell’organizzazione; si deve dimostrare, altresì, serietà comunicando la volontà di approfondire e rimuovere le cause della crisi e gli eventuali provvedimenti correttivi.

Ne consegue che è quanto mai strategico e fondamentale offrire una risposta attiva alla crisi attraverso la creazione e la gestione di un flusso continuo di informazioni, trasmissione di messaggi – declinati e adattati per i diversi pubblici – unitamente a informazioni chiare e trasparenti in modo tale da trasformare la gestione della crisi in un’opportunità.

Cinque domande per una riflessione

Il saggio evidenzia come il nostro Paese non sia stato in grado di far fronte alle sfide scaturite dalla crisi pandemica; sono necessarie delle riflessioni e, soprattutto, urge attuare i necessari cambi di paradigma per essere preparati a “governare” le future crisi. A tal proposito, ne “lo Stato in crisi” vengono ricordate le parole dello scrittore Gianrico Carofiglio – tratte dal libro “Della gentilezza e del coraggio” e quanto mai emblematiche: “…il problema non sono gli errori: tutti ne commettiamo continuamente, essi sono segmenti naturali e inevitabili dell’agire umano, che, soprattutto quando percorre territori nuovi e sconosciuti, procede per tentativi e correzioni. Il problema sta nell’incapacità di individuare e ammettere gli errori, e dunque nell’incapacità di cambiare direzione, di assumersi le responsabilità”.

Ecco che si rende necessario predisporci ad avviare il cammino verso la pianificazione della gestione delle crisi partendo dalle seguenti cinque domande che il coordinatore del saggio Patrick Tranku ci sottopone:

  • La Costituzione e il sistema normativo ci assicurano la flessibilità necessaria per affrontare eventi critici inattesi?
  • La struttura organizzativa di gestione di crisi è adeguata a far fronte alle crisi del XXI secolo?
  • Come colmare il deficit di competenze e di immaginazione?
  • Come coinvolgere, responsabilizzare e aumentare la resilienza dei cittadini in tempo di pace?
  • Come elevare il senso di urgenza e di responsabilità della politica?

La risposta presuppone un’analisi di coscienza “collettiva” che ci impone di riflettere sul tema della resilienza. Questa implica una connotazione “trasformativa”, ovvero di ripensare alle scelte adottate e da adottare e convertirci in cittadini consapevoli ed in grado di trovare risposte adeguate alle vulnerabilità e all’inadeguata gestione di crisi che il saggio ha evidenziato.

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