Era il 28 ottobre 2021 quando Mark Zuckerberg aveva annunciato il cambio di nome di Facebook in Meta, durante l’evento annuale Facebook Connect, presentando la nuova identità del gruppo, e spiegando che il cambio di nome rifletteva l’ambizione di andare oltre il social network per costruire il metaverso: un insieme di spazi virtuali condivisi, persistenti e immersivi in cui le persone possano interagire, lavorare, giocare e socializzare.
Le promesse erano imponenti: rivoluzione tecnologica, nuove economie digitali, una fusione tra reale e virtuale senza precedenti. Ma come spesso accade con le grandi innovazioni annunciate, la realtà ha preso una piega diversa.
Nel 2025, parlare di metaverso significa confrontarsi con un concetto profondamente cambiato. L’euforia iniziale ha lasciato spazio a un’attenta rilettura dei fatti, tra disillusioni tecnologiche, crisi di fiducia e ridefinizioni strategiche. Non è più l’oggetto del desiderio delle Big Tech né il centro delle narrazioni futuristiche da prima pagina. Ma non per questo è scomparso. Al contrario: si è trasformato. È sceso dal piedistallo del “prossimo grande paradigma” per diventare, più silenziosamente, una parte – seppur selettiva – dell’economia digitale contemporanea.
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Il metaverso oggi: che cos’è e cosa sta diventando
Il termine “metaverso” continua a riferirsi a un ecosistema composto da spazi virtuali tridimensionali, persistenti e interoperabili, all’interno dei quali gli utenti possono interagire tra loro e con elementi digitali attraverso rappresentazioni personalizzate. Questi ambienti digitali, spesso accessibili mediante visori di realtà virtuale o aumentata, sono pensati per offrire esperienze immersive che replicano – o reinventano – dinamiche del mondo reale. Tuttavia, rispetto al periodo di massimo entusiasmo registrato tra il 2021 e il 2022, il panorama attuale è decisamente cambiato. La retorica visionaria e spesso gonfiata dell’epoca ha lasciato spazio a un approccio più concreto e orientato all’utilizzo pratico delle tecnologie immersive.
Oggi il metaverso è meno un fenomeno di tendenza e più una componente infrastrutturale, soprattutto in ambiti specifici come il mondo aziendale, l’istruzione, la formazione professionale, nonché alcune esperienze culturali e sociali. È qui che le sue potenzialità stanno trovando una prima vera applicazione, non più come mero intrattenimento o speculazione futuristica, ma come strumento funzionale e strategico.
L’idea originaria era ambiziosa: costruire un universo digitale parallelo in cui svolgere attività quotidiane come lavorare, studiare, fare acquisti, socializzare, partecipare a eventi o persino progettare e abitare immobili virtuali. Un’integrazione complessa tra realtà virtuale (VR), realtà aumentata (AR), tecnologie blockchain e intelligenza artificiale (AI), che prometteva di rivoluzionare la nostra percezione dello spazio e del tempo online.
Quella visione, seppur ancora viva in alcune narrazioni, ha assunto oggi forme più frammentate e concrete: invece di un unico “metaverso” globale, stiamo assistendo alla proliferazione di una molteplicità di ambienti digitali – i cosiddetti “mini-metaversi” – ognuno con finalità ben definite, spesso verticali e altamente specializzate. Più che utopia, si tratta di ecosistemi digitali costruiti attorno a bisogni specifici, dove la tecnologia non serve più a stupire, ma a risolvere problemi reali o a migliorare esperienze già esistenti.
Crisi o ricalibrazione? Cosa è successo dal 2022 a oggi
Dopo l’euforia iniziale e gli ingenti investimenti da parte delle Big Tech — Meta in testa, seguita da Microsoft, Google e Apple — il 2023 ha segnato l’inizio di una brusca frenata per l’universo del metaverso. Se nel biennio precedente si fosse parlato di rivoluzione imminente e nuova sarebbe stato digitale, gli sviluppi successivi hanno raccontato una realtà ben diversa. Il 2023 è stato un anno di disimpegno strategico: Microsoft ha chiuso AltspaceVR, una delle sue scommesse più ambiziose sulla socialità immersiva; Disney ha smantellato il suo team dedicato ai progetti metaversici; persino Meta, pur non abbandonando del tutto il settore, ha spostato il baricentro dei suoi investimenti sull’intelligenza artificiale, oggi considerata la nuova frontiera competitiva. Reality Labs, la divisione interna di Meta dedicata al metaverso, è ancora attiva, ma il focus pubblico e mediatico si è nettamente spostato altrove.
Dietro questa ritirata, si celano motivazioni economiche e tecnologiche ben precise. La congiuntura post-pandemica, segnata da inflazione crescente, aumento dei tassi d’interesse e instabilità geopolitica, ha imposto alle grandi aziende una revisione delle priorità. In un contesto di incertezza e razionalizzazione, il metaverso è apparso sempre più come una scommessa a lungo termine dai ritorni incerti, difficilmente giustificabile nel breve periodo. Ma c’è anche un problema strutturale: le esperienze offerte dal metaverso non sono state all’altezza delle aspettative. La tecnologia, ancora acerba, ha deluso. I visori VR, costosi e ingombranti, faticano a imporsi tra il grande pubblico, mentre le piattaforme virtuali continuano a offrire ambienti graficamente limitati e scarsamente interattivi.
Un esempio lampante è rappresentato dal declino di Decentraland e The Sandbox, un tempo simboli dell’entusiasmo per i mondi virtuali decentralizzati. Dopo aver attratto milioni in investimenti durante il boom degli NFT e delle criptovalute tra il 2021 e il 2022, nel 2024 entrambe hanno visto un crollo significativo degli utenti attivi e una drastica perdita di valore degli asset digitali. Secondo i dati più recenti di DappRadar, le transazioni settimanali su queste piattaforme sono diminuite di oltre il 70% rispetto ai picchi del 2022, segno di un raffreddamento generale dell’interesse sia da parte degli utenti che degli investitori.
Nel frattempo, l’attenzione delle Big Tech si è spostata altrove: l’intelligenza artificiale generativa, spinta dal successo di strumenti come ChatGPT, Gemini e Copilot, è diventata il nuovo epicentro dell’innovazione. Le risorse economiche, le campagne marketing e le roadmap industriali sono oggi fortemente orientate verso l’AI, lasciando il metaverso in una fase di ricalibrazione silenziosa. Non si tratta necessariamente di una fine, ma piuttosto di una pausa riflessiva: la tecnologia continua ad evolversi, ma con aspettative più realistiche e con un’attenzione rivolta più ai possibili usi concreti che alla pura visione futuristica.
Il metaverso nel 2025: chi lo usa davvero
A dispetto del ridimensionamento mediatico che ha seguito l’hype iniziale — da molti definito una vera e propria “bolla” — il metaverso non è scomparso, ma ha trovato nuovi spazi di consolidamento in settori specifici. Alcune nicchie hanno continuato a evolversi in modo stabile e proficuo, puntando su casi d’uso concreti e funzionali piuttosto che sull’effetto novità.
Formazione e simulazione professionale
L’ambito educativo e quello della simulazione avanzata rappresentano oggi due dei contesti in cui il metaverso sta mostrando maggiore maturità. Università, enti di ricerca, istituzioni militari e grandi aziende utilizzano ambienti virtuali per creare esperienze di apprendimento altamente interattive. Corsi universitari si svolgono in aule virtuali tridimensionali, dove studenti e docenti interagiscono tramite avatar e manipolano oggetti digitali.
In campo sanitario, ingegneristico e aerospaziale, le simulazioni immersive permettono di esercitarsi in scenari complessi con un realismo sempre più sofisticato. I motori grafici Unity e Unreal Engine continuano a essere gli strumenti principali per sviluppare questi ambienti su misura, grazie alla loro versatilità e al supporto per la realtà virtuale e aumentata.
Eventi, fiere e intrattenimento immersivo
L’organizzazione di eventi ibridi, che combinano il mondo fisico con quello virtuale, è diventata una prassi diffusa. Fiere internazionali, conferenze, mostre e concerti si svolgono sempre più spesso anche nel metaverso, aprendo la partecipazione a un pubblico globale. Piattaforme come Spatial, Stageverse e Roblox for Business stanno emergendo come hub per eventi virtuali ben curati e interattivi. Tra gli esempi più emblematici si possono citare il concerto in realtà virtuale dei Muse e la Biennale d’Arte Virtuale 2024, che ha raccolto artisti digitali da tutto il mondo in un’esperienza espositiva completamente immersiva.
Retail e moda nel mondo digitale
Il settore del commercio e della moda ha sperimentato con decisione l’adozione di tecnologie metaversiche, cercando nuovi modi per coinvolgere i consumatori. Marchi di lusso come Gucci, Balenciaga e Nike hanno investito in progetti innovativi che combinano prodotti fisici con le loro controparti digitali — i cosiddetti “digital twins” — permettendo agli utenti di provarli e acquistarli all’interno di ambienti 3D immersivi. L’integrazione con NFT ha reso possibile la creazione di oggetti esclusivi e collezionabili, aumentando il valore percepito del brand. Inoltre, si stanno diffondendo sempre più i cosiddetti “phygital store”, spazi commerciali che integrano esperienze reali e digitali in un unico percorso di acquisto.
Lavoro collaborativo e spazi virtuali aziendali
Anche il mondo del lavoro ha trovato nel metaverso un alleato per innovare le modalità di collaborazione. In particolare, settori come il design industriale, l’architettura e la produzione stanno sfruttando ambienti virtuali per facilitare il lavoro in team a distanza. Piattaforme come Microsoft Mesh e Horizon Workrooms offrono spazi virtuali realistici in cui i partecipanti possono incontrarsi tramite avatar, condividere lavagne, prototipi 3D e strumenti interattivi.
Questo tipo di interazione risulta particolarmente utile quando il lavoro richiede visualizzazione spaziale, modellazione o brainstorming intensivo. Anche se l’adozione non è ancora uniforme, il trend è in costante crescita tra le aziende più orientate all’innovazione.
Le tecnologie del metaverso: cosa funziona davvero
Nel 2025, parlare di “metaverso” come di una singola piattaforma omnicomprensiva appare ormai superato. Più realisticamente, ci si riferisce a un insieme eterogeneo di ecosistemi immersivi, ognuno costruito su misura per specifici casi d’uso e alimentato da un’integrazione fluida di tecnologie complementari. Il concetto stesso di metaverso si è frammentato in una pluralità di ambienti interoperabili, spesso verticalizzati su settori come la formazione, il design, l’intrattenimento o il commercio. A fare la differenza, oggi, non è tanto l’esistenza di un “mondo virtuale” unico, quanto la solidità e la maturità delle tecnologie sottostanti.
Il cuore dell’esperienza immersiva rimane rappresentato dai dispositivi di realtà aumentata e virtuale. Modelli di nuova generazione come il Meta Quest 3, l’Apple Vision Pro e il Pico 5 hanno segnato un netto salto di qualità rispetto ai predecessori. Grazie a una maggiore risoluzione, un campo visivo più ampio, e soprattutto al tracciamento oculare integrato, questi visori permettono un’interazione molto più intuitiva e naturale. Il passthrough AR — ovvero la possibilità di vedere l’ambiente reale circostante con sovrapposizione di elementi digitali — si è evoluto fino a diventare una funzionalità chiave per applicazioni miste, come riunioni in ambienti aumentati o progettazione collaborativa. La portabilità e il miglioramento dell’ergonomia li rendono sempre più accessibili anche per un utilizzo quotidiano o prolungato.
Invece, sebbene abbiano perso parte del clamore che le circondava nel biennio 2021-2022, blockchain e NFT (token non fungibili) restano elementi chiave per alcune funzionalità del metaverso. In particolare, la blockchain continua a garantire l’autenticità e la proprietà digitale di oggetti, terreni virtuali e contenuti personalizzati. Gli NFT, pur meno centrali nella narrativa dominante, sono tuttora utilizzati per rappresentare identità persistenti, creare collezionabili digitali unici e gestire le economie interne delle piattaforme immersive, specie nei contesti ludici o artistici.
Affinché l’interazione immersiva sia davvero fluida, però, la latency (latenza) dev’essere ridotta al minimo. È qui che entrano in gioco le reti di nuova generazione come il 5G e le architetture di edge computing, che consentono l’elaborazione dei dati in prossimità dell’utente, evitando i colli di bottiglia delle infrastrutture centralizzate. Questo è essenziale soprattutto per applicazioni real-time come il gaming competitivo in VR, il rendering collaborativo o la formazione su macchine digitali in ambienti industriali.
Un altro elemento che ha reso l’esperienza immersiva più naturale è l’evoluzione delle interfacce multimodali. Il controllo vocale, un tempo limitato a comandi basilari, ora è potenziato dall’integrazione con modelli linguistici avanzati che permettono dialoghi complessi e contestuali. Parallelamente, i sensori avanzati rilevano movimenti delle mani, delle dita e perfino delle espressioni facciali, rendendo possibile un’interazione diretta con gli oggetti virtuali, senza bisogno di controller fisici. Questo avvicina ulteriormente l’esperienza digitale a quella sensoriale del mondo reale.
L’economia del metaverso: una crescita selettiva ma significativa
Nel 2022, l’entusiasmo per il metaverso aveva alimentato previsioni ottimistiche, con stime che ipotizzavano un potenziale valore economico di trilioni di dollari. Tuttavia, con il passare del tempo e una maggiore consapevolezza delle complessità tecnologiche, regolamentari e sociali legate allo sviluppo di questi ambienti virtuali, le proiezioni si sono fatte più caute. Nonostante ciò, il settore continua a mostrare segnali concreti di crescita, soprattutto in ambiti specifici. Secondo un recente rapporto pubblicato da McKinsey nel 2024, il mercato globale del metaverso potrebbe raggiungere un valore compreso tra i 700 e i 900 miliardi di dollari entro il 2030. Si tratta di una cifra ancora considerevole, che riflette un’evoluzione meno euforica ma più radicata nei casi d’uso reali e nelle applicazioni concrete.
In particolare, tre aree sembrano catalizzare gran parte degli investimenti e delle prospettive di sviluppo economico: la formazione e la simulazione, con un valore stimato attorno ai 200 miliardi di dollari, si confermano ambiti d’elezione per l’utilizzo di ambienti virtuali immersivi, capaci di offrire esperienze didattiche realistiche e coinvolgenti, tanto in contesti aziendali quanto in ambito accademico; il retail esperienziale, con un potenziale di 180 miliardi, sta rivoluzionando il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti, proponendo spazi virtuali personalizzati in cui esplorare prodotti, servizi e brand in modo interattivo e immersivo; infine, l’infrastruttura tecnologica – inclusiva di reti, dispositivi, piattaforme e software – rappresenta un pilastro essenziale per l’intero ecosistema, con un valore previsto di circa 150 miliardi di dollari.
Anche in Italia si registra una crescita, seppur più contenuta, sostenuta da una combinazione di fattori pubblici e privati. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza o PNRR sta giocando un ruolo cruciale nel promuovere la digitalizzazione, in particolare nella pubblica amministrazione, mentre settori come il turismo culturale, l’istruzione e l’industria creativa stanno progressivamente integrando soluzioni immersive per migliorare l’engagement e ampliare l’accessibilità. Un esempio emblematico di questo fermento è rappresentato da Coderblock, startup italiana in forte espansione, che offre soluzioni personalizzate per la creazione di ambienti virtuali aziendali, facilitando la collaborazione, l’organizzazione di eventi e la gestione di spazi di lavoro digitali.
Il futuro: verso il Web 4.0?
L’idea di metaverso che aveva dominato il dibattito pubblico e tecnologico nel 2021 – con le sue promesse di mondi virtuali persistenti e universi digitali condivisi – oggi appare superata. Tuttavia, non è scomparsa: si è trasformata, ha evoluto la propria forma, lasciando spazio a una nuova fase dello sviluppo di Internet. Quella che era un’utopia dai contorni ancora incerti è oggi il fondamento su cui si sta costruendo il cosiddetto Web 4.0.
Questa nuova fase della rete non è più solo bidimensionale e testuale, ma tridimensionale, immersiva, intelligente. Si basa su un’interazione più profonda, naturale e spaziale con i contenuti digitali, in cui la presenza dell’utente non è più confinata a clic e scroll, ma si manifesta attraverso avatar, ambienti interattivi e forme di interazione sempre più realistiche. Il Web 4.0 si prefigura come un ecosistema digitale in cui intelligenza artificiale, ambienti immersivi e identità virtuali si fondono con la vita quotidiana, influenzando in modo significativo la sfera lavorativa, l’istruzione, le relazioni sociali e l’economia.
In altre parole, il metaverso non è morto. Ha semplicemente smesso di essere una moda passeggera o una parola d’ordine e ha iniziato a diventare qualcosa di più concreto, più silenzioso ma profondamente radicato. È maturato. E mentre molti hanno smesso di nominarlo – forse per delusione o disillusione – altri, con meno clamore e più determinazione, stanno effettivamente lavorando per costruire il prossimo Internet. Un Internet che non sarà solo più connesso, ma più esperienziale, più integrato e, soprattutto, più umano.