Competenze e competitività

PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università

Il PNRR prevede la creazione di cinque centri nazionali, undici ecosistemi dell’innovazione, riforme su mobilità dei ricercatori verso le imprese e semplificazione nella gestione dei fondi: ecco cosa è stato realizzato e quali sono i prossimi passi

Pubblicato il 26 Ago 2022

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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), articolato in sei missioni, prevede 30,88 miliardi di euro per la missione 4, dedicata a “Istruzione e Ricerca” L’obiettivo è rafforzare le condizioni per lo sviluppo di un’economia ad alta intensità di conoscenza, competitività e resilienza.

Le risorse sono destinate, in particolare, a migliorare e potenziare l’istruzione e ricerca per l’impresa, a colmare le carenze nell’offerta di servizi di educazione, il gap nelle competenze di base, lo skill mismatch tra istruzione e domanda di lavoro e ad aumentare la spesa in R&S.

PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità

Cosa prevedono le due componenti della Missione 4

La Missione 4 si suddivide in due componenti:

  1. M4C1 – Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università

Con uno stanziamento totale di 19,44 miliardi di euro, la Componente 1 prevede una linea di investimenti strutturali e di valorizzazione del capitale umano che coprono l’intera filiera dell’istruzione, con l’obiettivo di colmare o ridurre in misura significativa le carenze sistemiche che caratterizzano tutti i gradi di istruzione. Si articola in 10 riforme e 13 investimenti.

  1. M4C2 – Dalla ricerca all’impresa

Lo stanziamento complessivo di 11,44 miliardi di euro previsto per la Componente 2, mira a sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo, a promuovere l’innovazione e la diffusione delle tecnologie e a rafforzare le competenze

H2 I fondi per università e ricerca e lo stato di attuazione

Sono 15 miliardi le risorse destinate all’università e alla ricerca all’interno del Pnrr. In particolare, come spiega il ministero, i fondi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono destinati agli “investimenti per università, istituzioni Afam, ricerca fondamentale e applicata, per i processi di innovazione e trasferimento tecnologico previsti nella Missione 4 ‘Istruzione e ricerca’”.

A che punto siamo dell’applicazione del PNRR in questo settore chiave per il rilancio del sistema Paese?

Fonte: MUR

I cinque centri nazionali: dove sono e di cosa si occuperanno

Sono nati i cinque Centri Nazionali, che si occuperanno di:

  • simulazioni, calcolo e analisi dei dati ad alte prestazioni,
  • agritech,
  • sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA,
  • mobilità sostenibile
  • biodiversità.

L’investimento complessivo è di 1,6 miliardi di euro, 320 milioni per ciascuna area ritenuta strategica a livello paese.

I centri hanno un soggetto capofila nelle città di Modena-Reggio Emilia, Palermo, Napoli, Padova e Milano, coinvolgendo complessivamente 144 tra università, enti pubblici e imprese private.

Ciascun “Campione nazionale” riceverà una dote tra i 200 e i 400 milioni di euro e dovrà occuparsi della creazione e/o del rinnovamento di infrastrutture e laboratori di ricerca, della realizzazione e sviluppo di programmi e attività di ricerca, di favorire la nascita e la crescita di iniziative imprenditoriali a più elevato contenuto tecnologico come start-up e spinoff da ricerca, e della valorizzazione dei risultati della ricerca.

I Centri sono delle aggregazioni di università statali ed enti di ricerca, auspicabilmente organizzati come Fondazioni o Consorzi, che possono coinvolgere altri soggetti pubblici e privati, impegnati in attività di ricerca, altamente qualificati e internazionalmente riconosciuti, accomunati da obiettivi e interessi di ricerca strategici comuni, che si rifanno a tecnologie abilitanti, coerenti con le priorità del PNRR e dell’agenda strategica per la ricerca dell’Unione europea.

Il ruolo del CNR

Il CNR è il capofila del centro nazionale sulla biodiversità, che mira a mettere in campo la più poderosa iniziativa di ricerca e innovazione nel settore mai tentata in Italia.

Si fonda su virtuose sinergie tra Università, organismi di ricerca, fondazioni e imprese scelte in base alla loro comprovata leadership scientifica, tecnologica, etica e di mercato.

“L’atto formale di costituzione del Centro è un passo decisivo, conquistato grazie al grande lavoro di tutti i partner coinvolti e delle alte professionalità messe in campo”, ha commentato in una nota la presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza. “Il Centro potrà rappresentare, negli anni a venire, un punto di riferimento per la comunità globale, chiamata a reagire ed agire di fronte alle imponenti sfide imposte dal cambiamento climatico. Quello cui puntiamo è un obiettivo ambizioso e altamente significativo per il comparto della ricerca, con ricadute positive sul ruolo del nostro Paese sulla scena internazionale e sulle azioni di rilancio dell’economia nazionale”.

In tema di biodiversità, l’Unione europea ha fissato alcuni obiettivi per il 2030. Ad esempio, ridurre la perdita di biodiversità del 30% e recuperare per almeno il 15% gli equilibri ecosistemici mediante azioni di ripristino ecologico degli habitat.

Gli undici ecosistemi dell’innovazione

Gli undici ecosistemi dell’innovazione valgono invece 1,3 miliardi di euro.

Anche in questo caso, si sollecita la collaborazione tra pubblico e privato ma anche quella tra diversi atenei, secondo un modello in cui si disseminano punti di innovazione sul territorio, in modo che siano a portata di mano delle imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione.

“Gli ecosistemi sviluppano la collaborazione che già esiste sui territori in maniera più rapida ed efficiente aggregano ricerca, innovazione, sia nel pubblico sia tra pubblico e privato. È questa la nostra idea di ricerca di filiera” ha sottolineato il ministro Messa.

Gli ecosistemi di innovazione hanno l’obiettivo di agevolare il trasferimento tecnologico e accelerare la trasformazione digitale dei processi produttivi delle imprese in un’ottica di sostenibilità economica e ambientale e di impatto sociale sul territorio.

Le risorse a disposizione finanziano attività di ricerca applicata, di formazione per ridurre il disallineamento tra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dalle università, la valorizzazione dei risultati della ricerca con il loro trasferimento all’impresa, il supporto alla nascita e sviluppo di start-up e spinoff da ricerca, promuovendo le attività e i servizi di incubazione e di fondi venture capital.

Sono 11 gli ecosistemi finanziati dal MUR.

Le infrastrutture di ricerca e tecnologiche

Le infrastrutture di ricerca e tecnologiche – grazie a un investimento complessivo di 1,08 miliardi di euro – consentiranno alla comunità scientifica di avvalersi di impianti, risorse e i relativi servizi.

Per la ricerca si tratta finora di 24 progetti di potenziamento/creazione o networking con una dotazione di 931 milioni di euro assegnati a oggi, mentre altri 25 progetti riguardano le nuove tecnologie, con 500 milioni di euro di cui finora sono stati impegnati 330, per adottare strutture attrezzature, capacità e servizi per sviluppare, testare e potenziare la tecnologia, passando più rapidamente dalla fase di laboratorio all’ingresso del mercato competitivo.

Sono nove gli enti di ricerca e le università italiane che hanno proposto i 24 progetti di potenziamento/creazione o networking di Infrastrutture di Ricerca e che verranno finanziati per un totale di 931 milioni di euro.

I partenariati estesi

Infine, si è ancora in attesa della pubblicazione dei risultati del bando sui partenariati estesi.

Scopo del bando – con un budget di 1,6 miliardi di euro – è finanziare attività di ricerca e trasferimento tecnologico, insieme alla nascita di startup e spin-off da ricerca, attraverso la creazione di reti diffuse tra università, enti di ricerca pubblici, altri soggetti pubblici e privati.

I partenariati saranno creati rispetto alle seguenti tematiche, già indicate nelle Linee Guida del MUR di ottobre 2021:

  • Intelligenza artificiale;
  • Scenari energetici del futuro;
  • Rischi ambientali, naturali e antropici;
  • Scienze e tecnologie quantistiche;
  • Cultura umanistica e patrimonio culturale;
  • Diagnostica e terapie innovative nella medicina di precisione;
  • Cybersecurity;
  • Conseguenze e sfide dell’invecchiamento;
  • Sostenibilità economico-finanziaria dei sistemi e dei territori;
  • Modelli per un’alimentazione sostenibile;
  • Made-in-Italy circolare e sostenibile;
  • Neuroscienze e neurofarmacologia;
  • Malattie infettive emergenti;
  • Telecomunicazioni del futuro.

Il tema Attività Spaziali, previsto come 15esimo argomento dalle Linee Guida, sarà sostenuto attraverso un successivo bando di finanziamento adottato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

Le riforme su mobilità e semplificazione gestione dei fondi

Oltre agli investimenti, come noto, il PNRR implica una serie di importanti riforme; in particolare una riguarda la semplificazione e la mobilità fra il mondo universitario e quello della ricerca.

La riforma vuole superare l’attuale logica di ridistribuzione delle risorse favorendo un approccio di condivisione. È orientata, inoltre, alla semplificazione della burocrazia nella gestione dei fondi dedicati alle attività di ricerca pubblico-privata.

Attuata congiuntamente dal MUR e dal MiSE attraverso la creazione di una cabina di regia interministeriale, prevede l’emanazione di due decreti ministeriali:

  • uno in ambito mobilità, per aumentare e sostenere la mobilità reciproca (attraverso incentivi) di figure di alto profilo (es. ricercatori e manager) tra università, infrastrutture di ricerca e aziende;
  • uno in ambito semplificazione della gestione dei fondi per la ricerca

Il primo decreto nello specifico, pubblicato nel giugno 2022, consente a università ed enti pubblici di ricerca di stipulare con le imprese convenzioni dirette a disciplinare la mobilità temporanea di ricercatori e dipendenti di alta qualificazione che siano impiegati nel settore della ricerca e dello sviluppo.

L’obiettivo è realizzare specifici progetti di ricerca e attività di terza missione, oltre a promuovere il trasferimento tecnologico e le collaborazioni nell’ambito delle infrastrutture di ricerca.

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