Tecnologie per la cura

Robotica in sanità, come vengono impiegati nell’assistenza agli anziani: vantaggi e limiti

Non solo umanoidi, antropomorfi, androidi e software: i robot in ambito sanitario possono essere modulari, di servizio, sociali, mobili, autonomi. E ancora ospedalieri, chirurgici, nanorobot, esoscheletri, robot per l’assistenza. Impieghi, vantaggi e limiti di un settore in evoluzione

Pubblicato il 23 Apr 2021

robot di servizio sostenibilità robotica IAT

La robotica è uno dei settori tecnologici in cui la convergenza di Intelligenza Artificiale, 5G, IoT e materiali all’avanguardia, crea scenari non solo futuristici, ma anche adeguati alle nuove esigenze scaturite dalla pandemia.  I vantaggi dell’utilizzo dei robot sono diversi, soprattutto in una società dalla popolazione sempre più numerosa ed anziana, in cui il distanziamento sociale rappresenta, al momento, la più efficace difesa contro la diffusione di malattie contagiose e letali.

La robotica, infatti, può aiutare gli esseri umani a completare i compiti più rapidamente, con meno errori, e persino consentire loro di fare cose che altrimenti sarebbero impossibili, a maggior ragione in un ambito delicato come quello sanitario, dove è importante affiancare anche un risvolto umano di fondamentale importanza per il buon esito delle cure e dell’assistenza.

Eppure, da un punto di vista economico, la pandemia sembrerebbe aver causato un rallentamento nelle transazioni in ambito robotico. Il Robot Report ha registrato oltre 400 transazioni, per un totale di circa 26 miliardi di dollari, nel 2020, rispetto a 384 del valore di circa 45,8 miliardi di dollari nel 2019, con circa 60 fusioni e acquisizioni di società che si occupano di robotica nel 2020, rispetto alle 86 del 2019. Il numero totale di investimenti è stato più vicino, con 366 finanziamenti per un valore di 16 miliardi di dollari a fine novembre, rispetto ai 384 dell’anno precedente.

In Giappone, paese notoriamente votato al progresso e caratterizzato da una popolazione sempre più senescente, si è arrivati a teorizzare una nuova società, denominata Society 5.0, assolutamente Human-centered, derivante dalla convergenza avanzata tra il cyberspazio e lo spazio fisico, che consente all’I.A. basata su big data e robot di eseguire o supportare il lavoro e gli adattamenti che gli esseri umani hanno dovuto finora inventare. Il risultato libererebbe gli esseri umani dal lavoro quotidiano e dai compiti gravosi o per i quali non sono particolarmente adatti e, attraverso la creazione di nuovo valore, permetterebbe di fornire solo quei prodotti e servizi essenziali alle persone che ne hanno bisogno nel momento in cui sono necessari, ottimizzando così l’intero sistema sociale e organizzativo.

Robot nella sanità: quali sono e come vengono impiegati

La classica distinzione è tra robot umanoidi (come i famosi NAO e Pepper), robot antropomorfi, robot androidi e software robot.

Ma i robot in ambito sanitario possono essere inoltre: modulari, di servizio, sociali, mobili, autonomi.

I robot modulari potenziano altri sistemi e possono essere configurati per l’esecuzione di più funzioni; i robot di servizio alleviano il carico quotidiano degli operatori sanitari attraverso la gestione di attività logistiche di routine; i robot sociali interagiscono direttamente con gli esseri umani. I robot mobili operano all’interno di strutture sanitarie o domestiche, si muovono lungo percorsi predefiniti e possono aiutare a mantenere gli operatori sanitari al sicuro durante la pandemia distanziandoli dai pazienti, riducendo al minimo il numero di interazioni interpersonali necessarie durante il trattamento e abbassando, al contempo, il consumo complessivo di dispositivi di protezione individuale. I robot autonomi sono dotati di sistemi di rilevamento e misura della distanza a mezzo della luce (LiDAR), l’elaborazione visiva o le funzionalità di mappatura degli ambienti.

All’interno di queste categorie è quindi possibile individuare alcuni principali tipi di robot impiegati in ambito sanitario: robot ospedalieri, robot chirurgici, nanorobot, esoscheletri, robot per l’assistenza.

I robot ospedalieri possono svolgere un’ampia gamma di funzioni per alleggerire il carico di lavoro quotidiano di medici, infermieri e chirurghi eseguendo compiti come la distribuzione di farmaci, campioni di laboratorio e altri materiali sensibili in tutto l’ospedale. Alcuni esempi: il robot mobile autonomo chiamato TUG, sviluppato dall’azienda americana Aethon; il ROBOT-Rx della società sanitaria tedesca McKesson’s ROBOT-Rx, in grado di occuparsi della gestione dei farmaci (ovvero di selezionare, consegnare e rifornire automaticamente i farmaci).

I robot chirurgici, molto diffusi, sono dotati di bracci meccanici a cui si collegano una macchina fotografica e/o un’attrezzatura chirurgica. Vengono controllati da un chirurgo per eseguire procedure complesse con maggiore precisione e con un controllo supplementare. Qualche esempio:  il robot da Vinci di Intuitive Surgical, composto da quattro bracci meccanici, ciascuno dei quali può essere dotato di una serie di strumenti chirurgici; il sistema Senhance di TransEnterix, dotato di attacchi riutilizzabili.

I nanorobot si muovono invece nel corpo umano, attraverso i fluidi corporei: potrebbero essere utilizzati per fornire farmaci o altri soccorsi medici in modo altamente mirato. Ad esempio: il robot origami viene ingoiato, quando la capsula che lo contiene si scioglie nello stomaco del paziente può iniziare a muoversi nell’ambiente corporeo, controllata da un tecnico con l’aiuto di campi magnetici.  Può quindi ricucire le ferite nel rivestimento dello stomaco o rimuovere in modo sicuro oggetti estranei.

Gli esoscheletri utilizzano sensori posizionati sulla pelle per rilevare i segnali elettrici nel corpo del paziente e rispondere con il movimento alle sue articolazioni. Tra questi, l’azienda tecnologica giapponese Cyberdyne ha ottenuto l’approvazione della FDA per utilizzare l’esoscheletro ibrido per arti assistivi (HAL) nelle strutture mediche statunitensi. Anche la società tecnologica nordamericana Argo ha sviluppato il ReWalk – una tuta esoscheletrica assistiva controllata tramite un telecomando da polso.

Infine, i robot per l’assistenza, diversamente dalle precedenti categorie, possono fornire supporto a pazienti anziani o disabili direttamente nelle loro case, per svolgere funzioni semplici come aiutarli a entrare nell’abitazione e/o ad alzarsi dal letto. Un esempio è il Robear a forma di orso,  presentato nel 2015  e sviluppato dall’istituto di ricerca giapponese Riken e dall’azienda manifatturiera Sumitomo Riko. Un altro esempio è il robot di servizio chiamato Care-O-bot, sviluppato dal Fraunhofer Institute for Manufacturing Engineering and Automation IPA già nel 1998 e ora arrivato alla sua quarta generazione: Care-O-bot 4.

Robot e assistenza personale agli anziani: vantaggi e limiti

Proprio nel settore dell’assistenza personale agli anziani, sono ormai numerosi gli studi scientifici sull’efficacia dell’uso di robot a supporto di pazienti con demenza. Tali strumenti uniscono l’uso della sensoristica integrata per il monitoraggio di parametri vitali ed ambientali con sembianze accettabili che riducono la diffidenza verso l’uso della tecnologia e facilitano l’interazione collaborativa dell’utente.

Nel 2011, nell’ambito del Workshop organizzato da AAAI- Association for the Advancement of Artificial Intelligence, lo studio “Ethical Implications of Using the Paro Robot with a Focus on Dementia Patient Care”, di C. J. Calo, N. Hunt-Bull, L. Lewis e T. Metzler della Southern New Hampshire University e Oklahoma City University, ha esaminato la capacità di un tenero robot a forma di foca, il robot Paro, di migliorare la vita dei pazienti anziani affetti da demenza, applicando la moderna tecnologia alla medicina: ha concluso che i benefici dell’utilizzo superano i suoi potenziali rischi.

È sempre più complesso fornire assistenza per la demenza negli ospedali, la domanda cresce sempre più così come l’interesse nell’utilizzo di robot sociali in diversi contesti di supporto alla cura: lo studio “The benefits of and barriers to using a social robot PARO in care settings: a scoping review”, di L. Hung, C. Liu, E. Woldum, A. Au-Yeung, A. Berndt, C. Wallsworth, N. Horne, M. Gregorio, J. Mann and H. Chaudhury, pubblicato nel 2019 su BMC Geriatrics, si è concentrato sull’impatto della robotica in contesti assistenziali, ovvero, su cosa ha funzionato, in quali situazioni e come.

Sono stati identificati tre benefici chiave e tre barriere all’uso del robot Paro: i principali benefici riguardano la riduzione dei sintomi emotivi e comportamentali negativi, il miglioramento dell’impegno sociale e la promozione dell’umore positivo e della qualità dell’esperienza di cura. Le barriere riguardano invece i costi e il carico di lavoro, i problemi di infezione, stigma sociale e questioni etiche. Inoltre, lo studio ha evidenziato tre lacune: le esigenze e le esperienze degli utenti rimangono inesplorate, pochi studi indagano il processo di come utilizzare il robot in modo efficace per soddisfare le esigenze cliniche e la teoria dovrebbe essere utilizzata per guidare l’implementazione.

Nel 2020, lo studio “Rehabilitation care with Pepper humanoid robot: A qualitative case study of older patients with schizophrenia and/or dementia in Japan” (in Enferm Clin. 2020 Feb; 30 Suppl 1:32-36), di M. Sato, Y. Yasuhara, K. Osaka, H. Ito, M.J. S. Dino, I. L. Ong, Y. Zhao, T. Tanioka, ha descritto l’esperienza di cura riabilitativa per i pazienti anziani con schizofrenia e/o demenza nell’uso del robot umanoide Pepper. Lo studio sostiene che i robot umanoidi possono far eseguire istruzioni facili e individuali per attività semplici (ad esempio l’esercizio fisico) e iniziare la conversazione (domanda-risposta) con i suoi interlocutori. Tuttavia, è emerso che l’impiego di robot umanoidi nell’assistenza a lungo termine richiede numerosi miglioramenti della tecnologia robotica per suscitare un aumento della comunicazione e di altre attività fisiche, la motivazione e un senso di tranquillità da parte dei clienti.

Più recentemente, in tempi di pandemia, è stato pubblicato (sul Journal of Service Management, Vol. 31 No. 6, 2020) lo studio “Mitigating loneliness with companion robots in the COVID-19 pandemic and beyond: an integrative framework and research agenda”, di G. Odekerken-Schröder, C. Mele, T. Russo-Spena, D. Mahr, A. Ruggiero. Uno studio che sostiene come i robot di compagnia abbiano  il potenziale di mitigare i sentimenti di solitudine (cioè l’indicatore di benessere) e che sviluppa un quadro integrativo sui ruoli che i robot di compagnia possono svolgere per mitigare questi sentimenti di solitudine: assistente personale, coetaneo relazionale e amico intimo, con la costruzione di diversi tipi di relazioni di sostegno.

Le questioni aperte per un partenariato essere umano-robot

Boston Dynamics ha messo a disposizione kit di strumenti open source per la robotica sanitaria, per consentire alle piattaforme robotiche mobili di sfruttare lo stesso stack di hardware e software sviluppato per aiutare gli operatori sanitari in prima linea.

Grazie a questa mossa strategica, che ricorda un po’ quella di Apple quando rilasciò il CareKit in open source, dovrebbe consentire alla comunità di sviluppatori di creare prodotti robotici innovativi per l’assistenza agli anziani, bisognosi sia di sostegno morale ed emotivo sia di aiuti meccanici.

Ovviamente, tra tutte le tendenze e le derive possibili, bisogna governare il cambiamento ed indirizzare queste tecnologie nella giusta direzione della visione umano-centrica e di supporto, invece di rimanere prigionieri di esse; ciò deve avvenire anche attraverso una regolamentazione appropriata e ancora tutta da definire, e tenendo nella massima considerazione i risvolti etici e giuridici (ad esempio in tema di responsabilità per danni derivanti anche da cyber attacchi), assolutamente non trascurabili.

Al riguardo, il recente libro di Frank Pasquale, “New laws of robotics”, indica alcune regole sulla robotica che integrano quelle famose di Asimov e si pongono a favore del partenariato essere umano-robot, per non sostituire i professionisti con la robotica e non dimenticare che il robot falsifica l’umanità, fingendo il sentimento ed imitando le emozioni umane, che, in realtà, i robot non possono provare.

Da ciò Pasquale deriva, tra le altre, due nuove leggi dei robot: i robot dovrebbero essere complementari ai professionisti e non sostituirsi ad essi; i robot non dovrebbero imitare o fingere l’umanità.

Per concludere, se teniamo in considerazione la natura dei robot quali mere macchine guidate da un software che tra le altre funzioni ha quelle di elaborare i dati riguardanti gli assistiti e, quindi, di creare un profilo identificativo del soggetto assistito stesso, si potrà anche applicare l’art. 22 del GDPR sulle decisioni automatizzare (tali potendo essere considerate le scelte “imposte” dal robot attraverso la sua “intelligenza”) e la profilazione, norma europea che sempre di più si rivela pioneristica nell’ambito della regolamentazione della moderna tecnologia.

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