Post verità e social

Vaccini covid: la lotta alle fake news sì, censura no

Nella storia delle vaccinazioni non si era mai vista una campagna così capillare su base planetaria e una scoperta così rapida come nel caso del Coronavirus. Lecito, quindi, farsi delle domande, senza per questo cedere alle sirene No Vax. Vediamo le misure adottate dai social contro la disinformazione e il ruolo dei media

Pubblicato il 31 Dic 2020

Ruben Razzante

docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma

FILE PHOTO: Vials with a sticker reading, "COVID-19 / Coronavirus vaccine / Injection only" and a medical syringe are seen in front of a displayed Pfizer logo in this illustration taken October 31, 2020. (Photo: REUTERS/Dado Ruvic/Illustration/File Photo/Wikipedia)

Dopo l’overdose di fake news sul Covid-19, che hanno spesso indotto comportamenti sbagliati rispetto ai comportamenti da tenere per contenere la diffusione del virus, ora è la volta delle bufale sui vaccini. Nelle ultime settimane, complice l’auspicata accelerazione nella somministrazione delle prime dosi di vaccini in alcune parti dell’Europa e del mondo, si sono susseguite comunicazioni più o meno ufficiali sulla presunte o reali affidabilità, sicurezza ed efficacia degli stessi.

Le dichiarazioni guardinghe e sospettose di alcuni virologi hanno scatenato reazioni di diffidenza in ampi settori dell’opinione pubblica, che esprimono riserve sui tempi strettissimi delle sperimentazioni dei vaccini in arrivo a gennaio anche nel nostro Paese. Nella storia delle vaccinazioni non si era mai vista una campagna così martellante e capillare su base planetaria e una scoperta così rapida di un vaccino come nel caso del Coronavirus. Lecito, quindi, farsi delle domande, senza per questo cedere alle sirene No Vax.

Disinformazione, le mosse “anti-bufale” dei social

Il bilanciamento tra diritto all’informazione e tutela della salute appare alquanto problematico, considerata l’attesa messianica che circonda il vaccino anti-Covid e le reazioni che si registrano di fronte a manifestazioni di scetticismo sulla sua capacità di farci uscire dalla pandemia.

Di certo un ruolo cruciale lo giocheranno le piattaforme social, territorio di esercizio di un sano pluralismo delle idee e delle opinioni, almeno in linea teorica, ma attualmente molto determinate nel supporto a campagne di sensibilizzazione circa l’importanza di vaccinarsi non appena possibile.

Muovendosi su scala planetaria, Facebook, Twitter e gli altri social sono in grado di canalizzare i flussi informativi in una direzione predeterminata che, nel caso di specie, è quella della selezione e rimozione di contenuti ritenuti falsi o quanto meno non supportati da evidenze scientifiche e non riconducibili a fonti istituzionali.

Facebook ha fatto sapere nei giorni scorsi che, nel tentativo di frenare la disinformazione on line, sta iniziando a “rimuovere le false informazioni sui vaccini che sono state confutate dagli esperti”. In concreto, la policy del social salva almeno in linea teorica la libertà degli utenti di scrivere e condividere determinati contenuti, ma prevede la censura di tutte le pubblicità che cercano di convincere le persone a non vaccinarsi. Tali azioni si inseriscono in una nuova campagna per la salute finalizzata a diffondere notizie autorevoli sulla profilassi antinfluenzale. E’ contemplata, quindi, la permanenza dei post no vax e delle discussioni sui vaccini, ma senza più la possibilità di accedere al servizio di promozione dei contenuti di Facebook.

Come hanno spiegato i vertici della compagnia di Mark Zuckerberg, il social applica politiche più rigide alle pagine e ai contenuti promozionali rispetto a quanto non faccia con gli utenti e i gruppi. Per questi ultimi infatti è attiva la funzione per segnalare come “notizia falsa” ciò che viene proposto nelle bacheche.

Il social sta lavorando con le istituzioni di igiene pubblico come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unicef per diffondere messaggi a favore del vaccino antinfluenzale su tutta la piattaforma, fornendo loro gli strumenti per raggiungere più persone possibile.

Non censura ma valorizzazione di notizie con valenza scientifica

Se gli interventi restrittivi dei colossi del web saranno contenuti entro i confini descritti, non si potrà parlare di censura ma semplicemente di valorizzazione di notizie e punti di vista suffragati da evidenze scientifiche e da ricerche di autorevoli istituzioni deputate alla difesa del diritto alla salute dei cittadini. Ove, per converso, quegli interventi straripassero rispetto alle barriere dichiarate, ci troveremmo di fronte a una soverchiante azione di compressione della libertà di espressione in Rete.

Sui vaccini esistono processi di certificazione imprescindibili, che ne comprovano l’affidabilità. Tuttavia ci si muove sempre e comunque sul terreno delle congetture, delle opinioni e delle interpretazioni. Non esistono verità assolute e un approccio dogmatico all’argomento rischia di rivelarsi fallace ed è pertanto sconsigliabile. Ecco perché sospendere il giudizio sul vaccino nell’attesa di ulteriori test, e chiarire che farlo non è un azzardo ma neppure una formalità, equivale a un atteggiamento di buon senso.

Vaccini e deontologia: le modifiche al TU dei doveri del giornalista

In ambito nazionale, per quanto riguarda la produzione di contenuti giornalistici sui vaccini e, in generale, sull’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, va segnalata una novità importantissima in materia di deontologia. Il 19 novembre scorso, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha aggiornato il Testo unico dei doveri del giornalista, integrando l’art.6, che prima si intitolava “Doveri nei confronti dei soggetti deboli” e che ora s’intitola “Doveri dei confronti dei soggetti deboli. Informazione scientifica e sanitaria”. Si riconosce, quindi, per la prima volta, una identità professionale specifica al giornalismo scientifico e sanitario, che soprattutto nei primi mesi della pandemia ha assicurato resoconti puntuali dai luoghi della sofferenza e della tragedia del Coronavirus, senza mai risparmiarsi.

La previsione specifica di un ruolo cruciale per questo segmento di informazione si ricava dalle integrazioni sostanziali che il testo dell’art.6 ha subìto il mese scorso e che si evidenziano in corsivo: “Il giornalista evita nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate avendo cura di segnalare i tempi necessari per ulteriori ricerche e sperimentazioni; dà conto, inoltre, se non v’è certezza relativamente ad un argomento, delle diverse posizioni in campo e delle diverse analisi nel rispetto del principio di completezza della notizia; c) diffonde notizie sanitarie e scientifiche solo se verificate con fonti qualificate sia di carattere nazionale che internazionale nonché con enti di ricerca italiani e internazionali provvedendo a evidenziare eventuali notizie rivelatesi non veritiere; d) non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorirne il consumo e fornisce tempestivamente notizie su quelli ritirati o sospesi perché nocivi alla salute”. Tali modifiche entreranno in vigore il primo gennaio 2021.

Conclusioni

Dunque in ambito medico-sanitario e di rappresentazione di situazioni di dolore e disagio, agli iscritti all’Ordine dei giornalisti è richiesto dal Testo unico dei doveri del giornalista del 2016 e da precedenti carte deontologiche (in particolare quella di Perugia del 1995) un saldo ancoraggio alle fonti istituzionali che fotografano evidenze scientifiche, una stabile attitudine alla verifica dei materiali e delle testimonianze a disposizione e una imperturbabile equidistanza da due eccessi ugualmente deprecabili: il sensazionalismo allarmista e l’euforia minimalista.

Il ruolo dei media, come emerge dalla corretta interpretazione dei principi deontologici, non è quello di alimentare pulsioni disfattiste e autodistruttive, né di legittimare comportamenti lassisti e di disimpegno rispetto alle norme dettate a protezione della nostra salute. Invece si è creata una sorta di polarizzazione tra due schieramenti estremisti: gli allarmisti in servizio permanente effettivo e i minimalisti sempre pronti a trovare spunti per paragonare il Covid-19 all’influenza e ad altre patologie del passato.

Visto che nessuno ha la verità in tasca, sarebbe anzitutto doveroso rispettare i punti di vista di tutti, senza però rinunciare a capire e a farsi delle domande. In democrazia il dubbio non è un reato, ma è indice di maturità. Sugli effetti del virus così come sulle vaccinazioni.

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