L'analisi

Blockchain per startup e PMI, lo stato dell’ecosistema italiano nel report OCSE

L’Italia è il primo Paese europeo ad aver finanziato uno studio sullo sviluppo della tecnologia blockchain e gli impatti su startup e PMI. Vediamo quali sono le opportunità da cogliere e le sfide da affrontare

Pubblicato il 18 Set 2020

Gianpiero Ruggiero

Esperto in valutazione e processi di innovazione del CNR

blockchain IoT

Mentre il gruppo degli esperti individuato dal MiSE, concluso il periodo di consultazione, è alle prese con la stesura finale della Strategia nazionale per la blockchain, lo stesso ministero ha affidato all’OCSE il compito di redigere uno studio sullo sviluppo dell’ecosistema blockchain italiano e le implicazioni che questa nuova tecnologia potrà avere sulle startup e PMI innovative. Dal Ministero fanno sapere che l’Italia è il primo Paese europeo a finanziare uno studio di questo tipo e il secondo al mondo dopo Israele. Per il Governo si tratta di un passo importante, anche in vista della terza edizione del Global Blockchain Policy Forum 2020 che l’OCSE sta organizzando per novembre e che vedrà riuniti Ministri e responsabili politici senior, leader del settore, accademici e altre soggetti interessati.

L’industria italiana della blockchain sta crescendo rapidamente con trend di sviluppo molto incoraggianti[1]. Un dato importante che conferma che il nostro Paese ha le carte in regola per partecipare allo sviluppo di un quadro di principi della politica blockchain. Ma come evolverà la blockchain? La tecnologia raggiungerà una maturità tale da essere in grado di portare trasformazioni visibili?

Blockchain per startup e PMI, il punto di vista dell’OCSE

In risposta a queste domande, nel rapporto dell’OCSE dal titolo Blockchain per Start-up e PMI in Italia si legge che “la diffusione delle soluzioni tecnologiche basate sulla blockchain avanza rapidamente e l’Italia ha il potenziale per essere un attore importante in questo mercato nascente. Con una base industriale ampia, diversificata e orientata all’esportazione e forti aziende competitive che operano nei mercati manifatturieri e dei servizi a livello nazionale e internazionale, l’Italia è ben posizionata per accedere ai vantaggi offerti dalle applicazioni e dalle infrastrutture di Distributed Ledger Technology (DLT)”. Il rapporto, in cui sono analizzate le caratteristiche e le dinamiche delle imprese che introducono servizi basati sulla blockchain, ha il pregio di saper cogliere le opportunità e le sfide per lo sviluppo del mercato italiano, i settori e le imprese interessate e la rilevanza per il miglioramento della digitalizzazione e della produttività della popolazione delle PMI in generale. Il rapporto illustra inoltre le recenti tendenze in materia di regolamentazione e politiche, fornendo utili sollecitazioni sulle politiche da adottare.

Secondo gli esperti OCSE, infatti, esistono importanti sfide sul piano delle politiche pubbliche che è necessario affrontare al fine di sfruttare appieno questa transizione tecnologica, soprattutto in relazione all’adozione delle tecnologie digitali da parte delle PMI. Per questo motivo il rapporto si conclude con una serie di raccomandazioni sulle politiche pubbliche che il Governo italiano farebbe bene ad adottare per sostenere la diffusione di DLT nel settore imprenditoriale. Esortazioni che in realtà il Governo ha già deciso di accogliere, avviando una serie di programmi per fornire alle imprese incentivi, finanziamenti, formazione e trasferimento di conoscenze. Dal 2018 il MiSE si adopera per creare un ambiente favorevole per gli imprenditori che operano nel settore, per esempio facilitando l’accesso ai finanziamenti, ai talenti, alle risorse e al mentorship, nonché semplificando le procedure burocratiche. Programmi che andrebbero ora monitorati e analizzati per valutarne l’efficacia e la coerenza d’insieme.

Blockchain in Italia: tra opportunità e ostacoli

Dal report dell’OCSE, a cui si rimanda per la lettura dei dati sul panorama imprenditoriale, emerge che la tecnologia blockchain, a livello globale, è in rapido sviluppo e l’Italia dovrebbe trarre vantaggio per assumere un ruolo di primo piano su scala internazionale. “L’economia italiana vasta, diversificata e orientata verso le esportazioni – si legge nel rapporto – offre un terreno favorevole per lo sviluppo, il collaudo e l’adozione di soluzioni basate sulla blockchain in una pluralità di settori. Diverse aziende innovative stanno testando soluzioni DLT con l’intento di metterle al servizio di questi settori e alcune stanno iniziando a commercializzarle”. Il riferimento è a quei settori per i quali l’origine dei prodotti (il “Made in Italy”) rappresenta un importante valore di mercato, che possono trarre un forte vantaggio dalle qualità di trasparenza, sicurezza e tracciabilità offerte dalla blockchain. Innovazioni interessanti anche nel settore finanziario, assicurativo e dei servizi di pubblica utilità. Le grandi società con partecipazione pubblica, gli istituti finanziari, le associazioni e gli attori di rilievo nel panorama tecnologico stanno sperimentando i registri distribuiti. Sono in corso, per esempio, progetti innovativi da parte della SIA, società controllata da CDP Equity (la “SIAChain”) o dell’Associazione bancaria italiana (ABI), che sta realizzando applicazioni specifiche per il mercato italiano basate sull’infrastruttura blockchain proposta dagli attori del mercato internazionale (“Progetto Spunta”).

Oltre alla vivacità imprenditoriale, il rapporto mette in evidenza un altro punto di forza. L’ecosistema italiano è caratterizzato dalla stretta collaborazione delle imprese del settore blockchain con le università italiane. “È di peculiare importanza riconoscere il ruolo centrale della rete delle università italiane nel sostegno allo sviluppo del settore, attraverso la conduzione di ricerca avanzata con possibili applicazioni industriali e la formazione di competenze qualificate. Considerato tuttavia che allo stato attuale la domanda di talenti nel settore da parte delle PMI è molto limitata, non è possibile prevedere se le esigenze del settore saranno soddisfatte una volta raggiunto il pieno sviluppo”. Se la blockchain è in rapido sviluppo, tuttavia è ancora troppo presto per individuare con certezza in quale direzione potrebbe evolversi un eventuale distretto blockchain italiano. Peraltro la sua diffusione sembrerebbe ostacolata da scarsa consapevolezza e trascinamento normativo. Le parole blockchain o crypto evocano immagini di criminali e di venditori che si arricchiscono rapidamente utilizzando questa nuova tecnologia per commettere frodi. Per i veri innovatori, la regolamentazione blockchain rappresenta di gran lunga l’ostacolo più significativo.

Secondo gli esperti dell’OCSE, rimangono numerose sfide da affrontare, sia a livello tecnico che di regolamentazione, per un uso più diffuso di questa tecnologia. Le imprese del settore, che hanno partecipato al sondaggio OCSE, hanno evidenziato le principali difficoltà che hanno incontrato: la conformità alle norme e la complessità delle procedure amministrative sono le barriere più significative, in particolare in materia di smart contract, codici hash e firme digitali. Al secondo posto tra gli ostacoli più significativi è stato indicato il reperimento di finanziamenti. Gli imprenditori intervistati hanno anche sottolineato la presenza di altre questioni specifiche che dovrebbero essere affrontate:

  • La complessità della normativa riguardante l’impiego della Distributed Ledger Technology e la mancanza di un quadro chiaramente definito sulle opportunità di finanziamenti pubblici a livello locale e nazionale rendono difficoltosi gli investimenti e l’adozione della nuova tecnologia da parte delle PMI;
  • La mancanza di un riconoscimento giuridico completo degli smart contract (per renderli legalmente vincolanti) impedisce alle imprese di sfruttare appieno il loro potenziale di innovazione;
  • Le difficoltà di procedura per la gestione e lo storage dei codici hash nei DLT pubblici e privati in conformità con il RGPD frenano l’innovazione;
  • Sarebbe necessario un ulteriore sforzo per assicurare un’interpretazione uniforme a livello europeo delle regole tecniche della seconda direttiva sui servizi di pagamento (Payment Service Directive 2 – PSD2) riguardante la condivisione delle API (Application Program Interface) tra le banche;
  • Nonostante l’introduzione del concetto del “work for equity[2]” e il maggior uso di stock option, che può essere fondamentale per lo sviluppo delle startup, gli imprenditori affermano che notai, consulenti fiscali e agenzie pubbliche hanno ancora un’insufficiente conoscenza di tali strumenti e ciò ne rende difficile l’impiego.

Le raccomandazioni di policy

Fino ad ora le varie istituzioni pubbliche che si sono occupate della diffusione delle DLT sembrano avere agito perlopiù in modo autonomo. Gli esperti dell’OCSE hanno osservato una separazione sostanziale tra le azioni delle autorità di vigilanza dei mercati finanziari (CONSOB, Banca d’Italia) e l’amministrazione fiscale (il MEF, compresa l’Agenzia delle Entrate), concentrate prevalentemente sugli asset virtuali (per esempio per garantire l’adempimento delle norme anti-riciclaggio e la conoscenza del proprio cliente) e sulla valuta digitale della banca centrale e, dall’altro lato, le attività del MiSE, impegnato a delineare una visione strategica per la diffusione delle DLT nell’economia reale. La prima raccomandazione perciò ha a che con un approccio più collegiale da parte delle diverse autorità, che potrebbe portare, come nel caso del “Comitato FinTech[3]“, notevoli benefici. Nel caso di Israele, per esempio, l’istituzione di un gruppo di lavoro interministeriale ha contribuito a fare in modo che i responsabili politici prendessero in considerazione il carattere trasversale di questa tecnologia.

Anche la cooperazione sopranazionale e multilaterale diventa perciò cruciale. “La possibilità di utilizzare un’infrastruttura a livello europeo con standard ben definiti potrà accelerare la diffusione di tecnologie Blockchain e Distributed Ledger, favorendo la nascita di ulteriori use case da poter implementare”. A tal proposito, la creazione a livello internazionale di un’infrastruttura blockchain paneuropea è uno sforzo che l’Italia dovrebbe compiere, sfruttando il turno di presidenza del Partenariato europeo per la blockchain, sostenendo, per esempio, l’adozione e la rapida diffusione operativa del sistema di identità digitale unica sviluppato nell’ambito della European Blockchain Service Infrastructure[4]. Oltre alla cooperazione, sono state individuate altre quattro aree oggetto di raccomandazioni.

Educazione e consapevolezza

Per quest’area la proposta è quella di estendere l’uso dei “voucher per l’Innovation Manager” ai progetti focalizzati sulle tecnologie di registro distribuito, che attualmente non sono menzionate in modo esplicito nell’elenco delle 14 tecnologie previste. Ciò motiverebbe inoltre gli esperti di blockchain a iscriversi all’elenco degli “Innovation Manager” e a contribuire alla crescita complessiva dell’ecosistema. Un’altra proposta è quella di sfruttare la rete dei Centri di competenze in tutto il Paese al fine di fornire specifiche formazioni e corsi sulle competenze DLT, particolarmente destinati alle PMI. A tale scopo il suggerimento è quello di creare un incentivo per la copertura totale o parziale delle spese sostenute a fronte di corsi online proposti sul tema.

Dati a supporto della definizione di politiche informate

Per quest’area la proposta è quella di condurre indagini sulla reale diffusione delle DLT nei processi aziendali e sulla consapevolezza degli impatti che le nuove tecnologie hanno a livello d’impresa. La raccolta di dati puntuali e aggiornati offrirebbe ai responsabili politici una comprensione più fine dell’adozione della blockchain da parte delle PMI e della relativa distribuzione geografica, compresa la possibilità di identificare ecosistemi di blockchain emergenti a livello regionale. In tal senso il suggerimento per le istituzioni preposte è di collaborare con istituti di ricerca per raccogliere informazioni dettagliate sullo sviluppo della tecnologia, sul monitoraggio e la valutazione dei programmi di incentivi che il Governo destina agli imprenditori e alle startup.

Erogazione di servizi pubblici alle PMI tramite un’infrastruttura DLT

Si propone di aumentare il numero di applicazioni basate su DLT utilizzate dal Governo per l’erogazione di servizi pubblici e l’adempimento delle formalità burocratiche[5]. In Italia un esperimento in tal senso potrebbe essere condotto nei settori di rilievo del Made in Italy, come quello tessile, alimentare e dei macchinari; oppure indire un appalto pubblico o un hackathon allo scopo di ottenere una soluzione basata su blockchain per uno specifico aspetto di policy (per esempio, la semplificazione della procedura per la richiesta di sostegno finanziario nell’ambito dei programmi del MiSE, in modo da renderla più trasparente ed efficace).

Finanziamento delle startup e PMI innovative

La proposta è quella di fornire alle startup e alle PMI informazioni chiare su tutti i canali di finanziamento a loro disposizione, puntando sul coordinamento dei programmi di incentivi promossi a livello locale dalle autorità e dagli enti e associazioni di categoria. ll progetto Smart&Start di Invitalia a livello nazionale, Innodriver della regione Lombardia e il voucher digitale della Camera di commercio, dell’industria, dell’agricoltura e dell’artigianato di Milano sono esempi significativi della frammentazione a cui devono far fronte le PMI senza un supporto specifico. In parallelo, al fine di rafforzare il finanziamento alle imprese innovative si potrebbe valutare l’opportunità d’includere la diffusione della blockchain tra gli obiettivi del “CDP Venture Capital SGR – Fondo Nazionale Innovazione” e del “Fondo per la crescita sostenibile” gestito dal MiSE.

Conclusioni

Se vogliamo che il sistema Paese compia un balzo in avanti nella modernizzazione dei suoi servizi digitali, il presidio sulle tecnologie emergenti non può che avvenire a livello nazionale, attraverso una struttura di coordinamento e di indirizzo stabilmente insediata sotto l’egida governativa. Per un Paese come l’Italia, che a fronte di un’amministrazione pubblica estremamente variegata, si presenta ancora con un basso indice di digitalizzazione e un’elevata frammentazione sul piano operativo, la sfida non può essere demandata unicamente alle iniziative sperimentali di singoli enti o alle pressioni di interessi privati. Questa nuova tecnologia richiede coraggio e presenta nuove sfide ai regolatori.

Questa tecnologia, perciò, può raggiungere definitivamente la sua maturità anche nel nostro Paese, diventando a tutti gli effetti un’enabling technology in grado di supportare la transizione digitale delle organizzazioni, se accompagnata da specifiche e coerenti azioni che il Governo dovrebbe adottare per sostenere la diffusione di DLT nel settore imprenditoriale. L’azione pubblica poi dovrà essere affiancata da quella del mondo produttivo. Le tecnologie emergenti si presentano come fattori cruciali per la trasformazione e riconfigurazione dei modelli operativi e organizzativi delle aziende, ma anche e forse soprattutto, dei loro modelli di business. Trasformazioni veicolate dalla blockchain o dalla intelligenza artificiale scateneranno, infatti, la digital disruption di tutti i settori, facendo diventare dominanti i modelli di business algoritmici[6]. Le aziende che per prime adotteranno tali tecnologie integrandole nelle proprie strategie aziendali creeranno un gap competitivo difficilmente colmabile dalle altre. Analogamente la prima giurisdizione ad abbracciare la blockchain e sviluppare appieno un modello normativo raccoglierà i frutti dell’occupazione e della crescita economica.

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Note

  1. Secondo una ricerca dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, l’Italia è nella top 10 globale per numero di progetti avviati e nel 2019 sono stati investiti 30 milioni di euro.
  2. Il concetto di work for equity è solitamente utilizzato per indicare quelle situazioni in cui il lavoro che è stato o sarà prestato a favore di una società è remunerato mediante l’assegnazione di quote, azioni, strumenti finanziari partecipativi o diritti aventi a oggetto l’acquisizione degli stessi.
  3. La legge n. 58/2019 di conversione del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 prevede l’istituzione presso il MEF del Comitato FinTech. Sono membri permanenti del Comitato il MEF, il MiSE, il Ministro per gli affari europei, la Banca d’Italia, la CONSOB, l’IVASS, l’AGCOM, il Garante per la protezione dei dati personali, l’Agenzia per l’Italia digitale e l’Agenzia delle entrate.
  4. L’European Blockchain Service Infrastructure (EBSI) è un’infrastruttura portata avanti da 28 Paesi UE per supportare molte applicazioni nella notarizzazione, nella gestione dei titoli di studio, nella “Self Sovereign Identity” (creare e controllare la propria identità in modo più flessibile, autonomo ed interoperabile) e nella condivisione affidabile di dati.
  5. In Danimarca, per esempio, l’Autorità marittima danese mira a utilizzare la blockchain per la registrazione delle navi, perché le spedizioni e il commercio marittimo sono essenziali per l’economia di quel Paese.
  6. Secondo una survey condotta dal World Economic Forum, “entro il 2027 il 10% del PIL globale sarà sviluppato su piattaforme Blockchain”.

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