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Concordato preventivo biennale, come funziona: la guida



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Il concordato preventivo biennale consente ai contribuenti di stabilire un livello di tassazione predeterminato per due anni, proteggendoli da futuri controlli fiscali: sebbene opzionale e non applicabile ai fini IVA, prevede condizioni specifiche per l’adesione e cause di decadenza. Ma conviene?

Aggiornato il 29 nov 2024

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista



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Con l’adesione al concordato preventivo fiscale [1] al contribuente è attribuita l’opzione per la determinazione del reddito in misura pre-concordata ed indipendente dall’imponibile fiscale che risulterà a consuntivo:  è essenzialmente un contratto col Fisco col quale si hanno due certezze:

  • la conoscenza anticipata del carico tributario (o meglio, del reddito) delle annualità “concordate”;
  • il carico tributario sarà indipendente dalla capacità contributiva, tranne nella ipotesi – praticamente e statisticamente improbabile – in cui dovesse realizzarsi perfetta coincidenza tra il reddito “concordato” e quello effettivo.

L’adesione è opzionale, non esplica effetti ai fini IVA, e mette al riparo il soggetto che vi ha aderito da successivi controlli[2].

Concordato preventivo fiscale, le novità

Dalle prime notizie sui dati in possesso di ADE in relazione alle dichiarazioni dei redditi tempestivamente presentate, risulta che la previsione di gettito non è stata raggiunta, e non sembra che ci siano i presupposti perché essa possa essere ottenuta neppure ai “tempi supplementari”.

Per rendere più appetibile l’adesione al concordato preventivo il legislatore ha previsto anche  la possibilità di effettuare un ravvedimento speciale[3], per le annualità dal 2018 al 2022 col pagamento di una imposta sostitutiva applicata su un incremento del reddito dal 5% al 50% in funzione proporzionale alla “infedeltà” rispetto agli ISA. Questa possibilità è offerta solo a coloro che aderiranno al CP.

Il legislatore ha anche adottato una serie di accorgimenti per incentivare il ricorso al CPB e, di recente, è stata disposta la riapertura dei termini per aderire al CPB entro la data del 12 dicembre prossimo[4]; ciò è avvenuto in forza di un Decreto Legge, che, per la sua intrinseca natura, lascia (ahimè) aperta la porta alla possibilità di ulteriori modifiche al momento della sua conversione in legge.

In definitiva, a sommesso parere di chi scrive, ci troviamo in presenza di esempio di inciviltà giuridica, assolutamente fuori luogo per contenuti e per tempi, gradita certamente a chi, a scapito dell’Erario e col placet del legislatore, potrà sottrarsi alla tassazione ordinaria.

Le ragioni che hanno indotto il legislatore ad adottare il CPB

Il legislatore ha adottato il CPB mosso da due certezze: che il concordato potrà aumentare il gettito tributario, e che l’adesione dei contribuenti sarebbe stata massiva. Ma il legislatore  – dimostrando una conoscenza molto parziale  della realtà economica nazionale – non si è reso conto che le due finalità indicate sono fra di loro confliggenti, perché il contribuente non è così sciocco da aderire ad un regime di pre-determinazione del reddito senza avere la ragionevole certezza che il reddito effettivo sarà di gran lunga superiore a quello concordato. Quindi, nella generalità dei casi, ritengo che chi ha aderito al concordato possa appartenere a due macro categorie: chi ha valutato che l’adesione sarà conveniente per lui perché avrà redditi più alti di quelli prevedibili sulla base degli ISA 2023[5], oppure chi, pur avendo punteggi ISA bassi, ha un tasso di evasione così alto che qualunque pur alta previsione di reddito concordato sarà di gran lunga inferiore rispetto al reddito effettivo[6].

A questi possibili ragionamenti dei contribuenti fa da cornice una implicita ammissione di impotenza da parte dello Stato, che, incapace di contrastare l’evasione, si accontenta di una crescita del gettito certa, anche se ciò si tradurrà in una rinuncia ad un gettito maggiore che però avrebbe potuto realizzare solo con una seria ed organizzata attività di contrasto all’evasione.

La struttura del concordato preventivo biennale

I provvedimenti normativi

Il Concordato Preventivo biennale (appresso in sigla CPB)[7] è stato progettato ed attuato a più riprese, con una serie di provvedimenti adottati quasi tutto oltre i ragionevoli tempi in cui avrebbero dovuto vedere la luce del sole.

Il primo tassello fu fissato dall’articolo 17, comma 1, lettera g), punto 2), della legge 9 agosto 2023, n. 111, che previde la emanazione di misure idonee ad incentivare l’adempimento spontaneo dei contribuenti attraverso l’introduzione del concordato preventivo biennale a cui avrebbero potuto accedere i contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo. La forma scelta dal legislatore fu quella della delega al Governo per la revisione del sistema tributario contenuta all’articolo 1 della citata Legge 11/2023. Il Governo ha esercitato la delega emanando il decreto legislativo n.13 del 12 febbraio 2024, che ha regolamentato la materia, rinviando tuttavia a successivi provvedimenti Ministeriali la approvazione della metodologia[8], considerato che il concordato si attiva con una proposta che deve tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli ISA e delle risultanze della loro applicazione. Il decreto è stato approvato il 14 giugno 2024.

Il 15 giugno è stato reso disponibile dalla Agenzia delle Entrate il software, battezzato “Il tuo ISA 2024 CPB” che consente di compilare la bozza di proposta da trasmettere all’Agenzia delle Entrate. Contrariamente a quanto sembra poter dedurre dal nome dell’istituto, di “concordato” c’è ben poco; se non c’è l’adesione alla proposta che verrà elaborata tramite il predetto software. In pratica la proposta dell’Agenzia delle Entrate non è soggetta ad alcun contraddittorio, è un contratto “per adesione”.

Il provvedimento originario ha subito rilevanti modifiche ad opera del Decreto legislativo del 5/8/2024 n. 108 ed infine con il Decreto legge del 14 novembre 2024 n. 167, resosi necessario per riaprire i termini, fissati originariamente al 31/10/2024, al 12 dicembre 2024[9].

Debiti tributari o contributivi superiori a 4.999 euro e concordato

Possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti che, avendone i requisiti, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate o debiti contributivi. I debiti di cui al primo periodo rilevano se definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Possono comunque accedere al concordato i contribuenti che, prima  nel termine di scadenza di adesione al CPB, hanno estinto i debiti di cui sopra se l’ammontare complessivo del debito residuo, compresi interessi e sanzioni, è inferiore alla soglia di 5.000 euro. Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili.

La predisposizione della proposta di Concordato preventivo fiscali

L’impostazione del concordato è che la proposta debba essere elaborata dall’Agenzia delle Entrate sulla dei dati immessi dai contribuenti con l’applicazione “Il tuo ISA 2024 CPB” e delle altre basi di dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate, a cui vengono applicate le rivalutazioni che vanno dall’adeguamento per massimizzare a 10 il punteggio di affidabilità fiscale alla rivalutazione dei ricavi in base alle caratteristiche del settore, alla sua posizione fiscale degli ultimi anni e alle proiezioni macroeconomiche della crescita ipotizzata del PIL per gli anni 2024 e 2025.  Per effetto di ciò, anche i contribuenti che dovessero avere  degli ISA per l’anno 2023 anche pari a 10 riceveranno (nella generalità e salvo casi particolari) una proposta “al rialzo”; ai contribuenti che invece avessero indici di affidabilità storici inferiori a 10, verrà proposta la possibilità di adeguarsi progressivamente alla massima affidabilità, sempre con riferimento ai redditi 2024/2025, per cui il maggior reddito determinato applicando la metodologia ISA, per l’anno 2024 sarà rilevante per il 50%, per poi passare al 100% nell’anno 2025.

Tra le modifiche “estive” della normativa sul CPB, si annovera l’introduzione del “Regime opzionale di imposizione sostitutiva sul maggior reddito concordato per i soggetti che applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale”[10], che comporta la possibilità, per la parte di reddito d’impresa o di lavoro autonomo derivante dall’adesione al concordato, che risulta eccedente rispetto al corrispondente reddito dichiarato nel periodo d’imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta, dell’assoggettamento ad una imposta sostitutiva del

  • 10% se nel periodo d’imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta presentano un livello di affidabilità fiscale pari o superiore a 8;
  • del 12%  se nel periodo d’imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta presentano un livello di affidabilità  fiscale pari o superiore a 6 ma inferiore a 8;
  • del 15%, se nel periodo d’imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta presentano un livello di affidabilità fiscale inferiore a 6.

A regime, la data per la opzione al CPB sarà quella del 30 giugno.

Dal reddito “concordato” al reddito imponibile

Al reddito di impresa o di lavoro autonomo (IRPEF/IRES) o del valore della produzione (IRAP), determinati mediante la procedura di adesione al CPB, devono sommarsi algebricamente le plusvalenze e le sopravvenienze attive[11] e le minusvalenze[12], nonché i redditi o le quote di redditi di partecipazione[13]

Appare degna di nota la previsione contenuta al comma del dell’articolo 16 del decreto legislativo 13/2024, secondo cui le perdite fiscali conseguite dal contribuente nei periodi di imposta precedenti riducono il reddito determinato in adesione al regime del CPB. Tuttavia c’è da valutare se sarà più conveniente compensare le perdite pregresse oppure pagare l’imposta sostitutiva. Se per esempio il reddito di riferimento (2023) è pari a 100 e il reddito concordato sarà 150, i 50, avvalendosi della opzione prevista dal citato articolo 20-bis, potranno essere assoggettati ad imposta sostitutiva (assumiamo l’aliquota massima, 15%), quindi le imposte dovute saranno pari a 7,5. In mancanza di opzione, le imposte dovute sarebbero 2,4, (ossia (50 – 40)  x 24%) a cui però dovrebbe sommarsi il “sacrificio” di aver utilizzato la perdita, rinunziando a risparmi futuri per 9,6, con un onere totale quindi di 12. Quindi appare evidente come, avendo la ragionevole certezza di poter in futuro compensare le perdite, convenga avvalersi dell’assoggettamento all’imposizione sostitutiva, vantaggio ancora maggiore in caso di punteggi ISA più elevati.

Il pagamento delle imposte

Per il primo anno di applicazione sono stati necessari slittamenti in avanti dei versamenti delle imposte, ovviamente influenzati dalla adesione al concordato. Attualmente l’unica proroga riguarda il la scadenza del versamento delle imposte a saldo 2023 e in acconto 2024, che dovrebbe interessare “I soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze”, come previsto dall’articolo 37 comma 1 del Decreto legislativo 13/2024. Stante il tenore letterale della norma, si ritiene che lo slittamento dal 30 giugno al 31 luglio, senza maggiorazione dello 0,40%, dovrebbe riguardare tutta la platea dei soggetti potenzialmente interessati al Concordato Preventivo Biennale, e non solo coloro che aderiranno al concordato, tenuto presente che a regime il termine di adesione sarà il 30 giugno di ciascun anno, mentre per il primo anno di applicazione il termine è diventato sarà il 12 dicembre 2024. Quindi sembra poco plausibile che i potenziali aderenti al CPB debbano versare gli acconti senza avere la certezza che aderiranno o meno al CPB.

Il pagamento degli acconti sui redditi relativo ai periodi d’imposta oggetto del concordato e’ determinato secondo le regole ordinarie tenendo conto dei redditi concordati.

Per il primo periodo d’imposta di adesione al concordato:

a) se l’acconto è determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 10 per cento ovvero al 3 per cento nel caso di cui all’ all’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2014, n. 190[14], della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo d’imposta precedente;

b) se l’acconto é determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo in corso, la seconda rata di acconto è calcolata come differenza tra l’acconto complessivamente dovuto in base al reddito concordato e quanto versato con la prima rata calcolata secondo le regole ordinarie.

La predetta maggiorazione deve essere versata entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata dell’acconto.

Le cause di esclusione, cessazione e decadenza dal CPB

Non possono accedere al CPB i contribuenti per i quali sussiste almeno una delle seguenti cause di esclusione:

– mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo a effettuare tale adempimento;

– condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dall’articolo 2621 del codice civile[15], nonché dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1[16] del codice penale, commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato;

– con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, aver conseguito, nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni, redditi o quote di redditi, comunque denominati, in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40 per cento del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o di arti e professioni;

– adesione, per il primo periodo d’imposta oggetto del concordato, al regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014;

– nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato la società o l’ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l’associazione di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 è interessata da modifiche della compagine sociale[17].

Il concordato cessa di avere efficacia a partire dal periodo d’imposta in cui:

  • Il contribuente modifica l’attività rispetto a quella svolta l’anno precedente l’adesione al CPB, a meno che la nuova attività non rientri nel medesimo ISA dell’attività precedente;
  • Il contribuente cessa l’attività, per cause volontarie o involontarie;
  • il contribuente aderisce al regime forfetario;
  • la società o l’ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società  o l’associazione è interessata da modifiche della compagine sociale;
  • il contribuente dichiara ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all’, di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici sintetici di affidabilità fiscale maggiorato del 50 per cento.

Le cause di decadenza si verificano al realizzarsi delle seguenti fattispecie:

  1. Se a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30 per cento dei ricavi dichiarati, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità[18] ;
  2. Se a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato;
  3. se nella dichiarazione dei redditi sono indicati dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato;
  4. in presenza delle cause/circostanze che impedirebbero l’accesso al CPB[19];
  5. se non vengano versate le imposte dovute a seguito della adesione a seguito dell’attività di controllo automatizzato ex art. 36-bis del DPR 600/1973. Rappresenta comunque circostanza esimente nel caso in cui il contribuente abbia regolarizzato la propria posizione mediante ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sempreché  la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento  delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.

Gli obblighi e i vincoli per i contribuenti e le circostanze eccezionali

L’accettazione della proposta impegna il contribuente per un biennio a dichiarare gli imponibili “concordati” e  non comporta alcun esonero o semplificazione dagli adempimenti civilistici e fiscali. Tuttavia il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha previsto[20] anche altre ipotesi di cessazione del concordato per il verificarsi di circostanze eccezionali  che determinano minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi, eccedenti la misura del 50 per cento rispetto a quelli oggetto del concordato, a partire dal  periodo di imposta in cui tale differenza si realizza:

  1. eventi calamitosi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi degli articoli 7, comma 1, lettera c), e 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1;
  2. altri eventi di natura straordinaria che hanno comportato:
  3. danni ai locali destinati all’attività d’impresa o di lavoro autonomo, tali da renderli totalmente o parzialmente inagibili e non più idonei all’uso;
  4. danni rilevanti alle scorte di magazzino tali da causare la sospensione del ciclo produttivo;
  5. l’impossibilità di accedere ai locali di esercizio dell’attività;
  6. la sospensione dell’attività, laddove l’unico o principale cliente sia un soggetto il quale, a sua volta, a causa di detti eventi, abbia interrotto l’attività;
  7. liquidazione ordinaria, liquidazione coatta amministrativa o giudiziale;
  8. cessione in affitto dell’unica azienda;
  9. sospensione dell’attività ai fini amministrativi dandone comunicazione alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura;
  10. sospensione dell’esercizio della professione dandone comunicazione all’ordine professionale di appartenenza o agli enti previdenziali e assistenziali o alle casse di competenza.

Per l’anno d’imposta 2024 il citato provvedimento del Ministro delle finanze del 14/6/2024, al fine di tenere presente eventuali eventi straordinari che si fossero verificati prima della adesione alla proposta di concordato, ha previsto che il reddito d’impresa o di lavoro autonomo e, eventualmente, il valore della produzione netta ai fini IRAP[21] siano ridotti:

a. in misura pari al 10%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo compreso tra 30 e 60 giorni;

b. in misura pari al 20%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo compreso tra 61 giorni e fino a 120 giorni;

c. in misura pari al 30%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo superiore a 120 giorni.

Il CPB è davvero una scelta vincolante ?

Alcune circostanze che potrebbero determinare la cessazione “non violenta” del CPB appaiono meritevoli di riflessioni e probabilmente di precisazioni. A parte le ipotesi di eventi calamitosi e danni oggettivi, previsti alle lettere a) e b) del decreto del 14/6/2024, vi sono almeno due casi, ossia quello della liquidazione ordinaria e della cessione in affitto dell’unica azienda, che essendo atti volontari[22], potrebbero rappresentare un modo per consentire una exit strategy a coloro che dovessero rendersi conto – a posteriori – di aver sbagliato i conti.

Si pensi al caso di una impresa individuale che decidesse di affittare l’azienda ad una neocostituita srl familiare, o, al limite, che di fronte alla eccessiva onerosità (o anche di fronte alla costatazione di un vantaggio inferiore rispetto a quello atteso), la società possa anche aver eroso il capitale sociale e fosse “costretta” ad avviare la fase di liquidazione, salvo revocarla dopo aver trovato i fondi per poter ricostituire il capitale sociale. Sono casi difficilmente sindacabili da parte della Amministrazione Finanziaria.

Come valutare la convenienza di aderire al CPB

Il CPB valorizza gli ISA come metodo di determinazione del reddito dei titolari di impresa e di lavoro autonomo, basato sui criteri di “normalità”. Il legislatore ha avuto sempre il pallino di trasformare un elemento selettivo in uno strumento di accertamento, ma questo atteggiamento è inadeguato in un paese in cui la propensione all’evasione non ha connotati solo omissivi, ma anche commissivi, nel senso che l’evasione o la elusione sono gestiti spesso mediante generazione di modelli strategici suscettibili di generare una apparenza di massima affidabilità contabile e fiscale, alla quale tuttavia non corrisponde analoga fedeltà di condotta. Questa ragione ha fatto si che i sistemi di calcolo della congruità tributaria talvolta si trasformino in una trappola per gli onesti e in uno schermo per i disonesti. Non si vede quindi la ragione per cui questo concetto non debba valere anche per il CPB.

L’articolo 34 comma 2 del decreto Legislativo 13/2024 rappresenta il fiore all’occhiello di uno Stato che si definisce “civile”, oltre che patria del diritto: “L’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità  operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono[23]. In sostanza – almeno a parole – i contribuenti si trovano a dover scegliere se pagare tasse ingiuste, in più o in meno, oppure essere ostaggio di una Amministrazione Finanziaria che sembra aver perso la mission  istituzionale di individuare la effettiva capacità contributiva.

La convenienza alla adesione al concordato dipende da diverse variabili che devono costituire oggetto di specifica valutazione da parte dei potenziali fruitori. Come sopra già detto, le variabili che potrebbero influenzare positivamente un contribuente ad aderire al CPB sono:

  • la ragionevole certezza di conseguire ricavi e redditi crescenti nel biennio 2024/2025 rispetto agli anni precedenti;
  • l’aver conseguito negli anni precedenti punteggi ISA elevati;
  • il voler raggiungere una “tranquillità fiscale” e porsi al riparo da accertamenti[24];

Quanto più alto è il punteggio ISA degli anni pregressi, tanto minore sarà la forbice rispetto ai nuovi ricavi da CPB.

I vantaggi

Tra i vantaggi che si possono ascrivere alla adesione al CPB c’è da considerare anche l’accesso di diritto ai benefici premiali specifici del regime Isa, vale a dire:

  • esonero del visto di conformità per la compensazione dei crediti che non superano i 70 mila euro per l’Iva e i 50 mila euro per imposte dirette e Irap
  • esonero dall’apposizione del visto di conformità o della garanzia, per i rimborsi che non superano i 70 mila euro annui
  • esclusione dell’applicazione della disciplina delle società non operative (articolo 30 della legge n. 724/1994)
  • esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici
  • anticipazione di almeno un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento
  • esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo a condizione che quello accertabile non ecceda di due terzi il dichiarato.

E’ evidente come l’adesione al CPB dipenda quasi esclusivamente da una valutazione economica. Abbiamo anche visto che le vie d’uscita, sia pure non agevoli, esistono; certo, molto dipenderà dalla prassi, ma la furbizia e la ingegnosità dei contribuenti è stata sempre una spanna sopra quella del fisco.

Conclusione

Ecco quindi che sorge spontanea una domanda: che senso ha per lo Stato e per la collettività rinunziare ad introiti o alla possibilità di accertarli, posto anche che una evasione sino al 30% dei ricavi “concordati” è persino tollerata e non comporta la decadenza dal concordato[25] [26]?

A questo dobbiamo anche aggiungere che una adesione preventiva non sembra coerente col principio costituzionale previsto dall’articolo 53[27], perché dalla sua applicazione ne consegue, in qualunque ipotesi, una evidente violazione, posto che il reddito da CPB sarà certamente diverso da quello effettivo. Il CPB, sotto il profilo della “prevenzione”,  è un novus nel sistema tributario italiano. Vero è che esiste un istituto finalizzato alla stipula di “accordi preventivi per le imprese con attività internazionale”, previsto nell’articolo 31-ter del DPR 600/1973, ma è cosa ben diversa perché l’accordo non è sugli imponibili da dichiarare, ma sui metodi di calcolo dei trasfer price e sulla applicazione delle norme, posto che una impresa che opera in ambito mondiale non può permettersi i rischi “interpretativi” a cui le imprese italiane sono soggette.

In un momento storico in cui il consenso popolare sembra essere diventato il lavacro di qualsiasi azzardo politico, non vorrei tuttavia che il CPB fosse visto come alibi nei confronti di una Amministrazione Finanziaria incapace di contrastare seriamente l’evasione.

L’augurio non può quindi che essere

  • che via sia una decisiva inversione di rotta verso la valorizzazione della sana e organizzata amministrazione e tenuta della contabilità, di fatto naturalmente proiettata già da tempo verso criteri di trasparenza, tracciabilità, oggettività e precisione, oltre che di correttezza;
  • che l’Amministrazione Finanziaria utilizzi i sistemi di determinazione della “normalità” per individuare i soggetti da sottoporre ai controlli e non come sistema di accertamento o, peggio, come metodo di determinazione della base imponibile.

Note


[1] Il nome attribuito all’istituto (oggi conosciuto anche come CPB) appare poco felice, poiché crea un parallelismo lessicale col concordato preventivo previsto dal CCRI come strumento per la risoluzione dell’insolvenza e della crisi d’impresa.

[2] Salva, come verrà meglio appresso indicato, la ipotesi in cui il contribuente sottragga alla tassazione una quota di ricavi superiore al 30% rispetto a quelli “concordati” o commetta alcune gravi irregolarità previste dall’articolo 22 del Decreto legislativo 13/2024.

[3] Con l’articolo 2-quater del Decreto-legge del 09/08/2024 n. 113

[4] Questa proroga, richiesta dalle categorie professionali ma negata per ragioni tecniche, è stata accolta male perché – salvo casi eccezionali – i professionisti avevano verosimilmente già effettuato nei termini assegnati uno screening dei clienti per verificare la convenienza/opportunità alla adesione al CPB.

[5] Evidentemente esclusi i forfettari, per cui non si applicano gli ISA

[6] Se aggiungiamo che i forfettari non applicano l’IVA, avere la possibilità di emettere fatture senza alcun aggravio di imposte diretto o indirette è una provvidenza di non poco conto.

[7] Il CPB si applica, mutatis mutandis, anche ai soggetti forfettari ma non ha valenza biennale; l’esame della normativa di riferimento non fa parte di questo intervento.

[8] Articolo 9, comma 1

[9] La riapertura dei termini non si applica ai soggetti forfettari perché avendo l’opzione durata annuale e non biennale, sarebbe poco logico parlare di “preventivo” ad anno quasi concluso.

[10] Articolo 20-bis del Decreto legislativo del 12/02/2024 n. 13, introdotto dal Decreto legislativo del 05/08/2024 n. 108 Articolo 4

[11] Di cui agli articoli 58, 86, 87 e 88 del TUIR

[12] Di cui all’articolo 101 TUIR

[13] Ai sensi dell’articolo 5 del citato testo unico, o a un Gruppo europeo di interesse economico GEIE di cui all’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, ovvero in società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, del TUIR.

[14] Forfettari soggetti alla riduzione dell’imposta al 5% per i primi 5 anni in caso di avvio di nuova attività

[15] False comunicazioni sociali

[16] Reati di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio

[17] Occorrerebbe chiarire meglio il significato di “modifiche della compagine sociale” e ciò potrebbe avvenire in sede di conversione del D.L. 14 novembre 2024 n. 167. Sembra consolidarsi comunque l’orientamento secondo cui per modifica della compagine sociale debba intendersi una variazione qualitativa e non quantitativa. Così come sembrerebbe che la causa di cessazione sarà attivata solo in caso di solo aumento della compagine sociale, con l’eccezione che il subentro di due o più eredi in caso di decesso di un socio/associato. Occorre d’altronde evitare che le clausole che determinerebbero la cessazione degli effetti del CPB possano essere strumentalmente attivare per attuare una exit strategy. Infatti, nella versione attuale emendata in attesa di conversione, l’ingresso di un solo socio anche con una percentuale irrisoria determinerebbe la cessazione degli effetti del CPB.

[18] Articolo 22 del decreto legislativo 13/2024: “Con riferimento alla lettera a) del comma 1, sono di non lieve entità:

a) le violazioni constatate che integrano le fattispecie di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato;

b) la comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30 per cento;

c) le violazioni, relative agli anni oggetto del concordato, di cui:

1) agli articoli 1, comma 1, 2, comma 1, e 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471;

2) all’articolo 6, commi 2-bis e 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, contestate in numero pari o superiore a tre, commesse in giorni diversi;

3) all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471;

4) all’articolo 11, commi 5 e 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nonché all’articolo 2 della legge 26 gennaio 1983, n. 18.

[19] Articolo 13 decreto legislativo 13/2024: comma 1: soggetti a cui non si applicano gli ISA, comma 2: soggetti che con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti tributari ovvero, nel rispetto dei termini previsti dall’articolo 9, comma 3, hanno estinto quelli che tra essi sono d’importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili.

[20] Con provvedimento del 14/6/2024

[21] Si ricorda che a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2022 l’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap), disciplinata dal decreto legislativo n. 446 del 15 dicembre 1997, non è più dovuta dalle persone fisiche che esercitano attività commerciali esercenti arti e professioni indicati nelle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 3 dello stesso decreto legislativo n. 446/1997.

[22] E volendo anche reversibili

[23] Se dichiarazione programmatica dovesse essere realmente attuata, vi sarebbe un implicito incoraggiamento alla adozione di strategie atte al perseguimento di una affidabilità formale, come appena accennato.

[24] Ma in questo caso il contribuente probabilmente si sarebbe adeguato, preventivamente o a consuntivo, agli ISA

[25] C’è da segnalare che la genericità al riguardo sembra abbia poca efficacia deterrente nei confronti della propensione alla evasione tributaria.

[26] C’è anche da chiedersi per esempio per un soggetto forfettario quale sia l’utilità di non emettere fattura, posto che le sue operazioni non sono soggette ad IVA. L’unica ragione potrebbe essere l’esigenza di mascherare acquisti in nero, che potrebbe bene effettuare risparmiando – quanto meno – l’IVA.

[27] Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

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