casi e sperimentazioni

Udienza telematica, ecco il futuro della Giustizia italiana

L’udienza telematica è una realtà possibile in Italia, tuttavia ancora poco diffusa rispetto alle sue potenzialità. Sul tema è in corso la sperimentazione di un protocollo per la gestione di questo genere di utenze, con lo scopo di alleggerire e non dematerializzare completamente la giustizia.

Pubblicato il 05 Mar 2019

Jacopo Ierussi

avvocato, Studio legale Salonia Associati

processo-penale

Con la diffusione della giustizia digitale, è davvero ancora attuale la presenza fisica in udienza per sostenere il processo? Ci si chiede se il rito non possa essere sostituito in toto da un’udienza telematica, una realtà possibile in Italia ma ancora poco diffusa, sebbene siano in corso sperimentazioni. In questo periodo storico, la tecnologia ha rivisitato il concetto di presenza personale in qualsiasi ambito di contatto sociale, portandolo da quello legato alla mera fisicità dei partecipanti a quello più ampio che comprende anche la sola interazione intellettuale.

D’altro canto, stiamo assistendo al progressivo aumento di tavoli sindacali volti alla stipula di accordi tra le Parti Sociali per la regolamentazione del cosiddetto lavoro agile – o smart working – da ultimo il verbale di accordo del 23 gennaio 2019 tra Poste Italiane e le organizzazioni sindacali, che, come ormai noto, consente al lavoratore di rendere la propria prestazione a distanza, senza dover garantire la presenza fisica in un determinato luogo di lavoro. I vantaggi sono polivalenti: per l’impresa vi è una riduzione dei costi relativi ai canoni di locazione, alle utenze ed alle attrezzature; per i dipendenti una maggior flessibilità ed una riduzione degli spostamenti casa – ufficio.

Le sperimentazioni sull’udienza a distanza

È lecito domandarsi, perciò, se, a prescindere dall’indubbia convenienza sul piano teorico, sia giuridicamente possibile tenere un’udienza a distanza, senza necessità per i difensori di recarsi fisicamente in aula, sfruttando software applicativi quali Skype, e, di conseguenza, favorendo ulteriormente una miglior conciliazione vita-lavoro per la categoria forense grazie ad una semplificazione delle incombenze quotidiane a carico di quest’ultima. Alla giocoforza riduzione dei tempi e dei costi per l’avvocatura tutta (si pensi a quelli inerenti gli spostamenti da un foro ad un altro), si deve affiancare l’incremento di accessibilità alla professione per quei professionisti affetti da disabilità o colpiti da patologie croniche, sicché la misura potrebbe assolvere anche ad una finalità di inclusione sociale.

Negli ultimi anni sono state avviate diverse sperimentazioni di fasi processuali gestite totalmente o anche soltanto parzialmente via Skype, come accaduto, a titolo esemplificativo, presso il Tribunale di Cremona e quello di Pistoia. Rispettivamente, nel primo caso, il processo si è svolto tramite un collegamento ad una piattaforma di videoconferenza che ha interconnesso tre aule per le udienze penali all’interno del palazzo di giustizia, mentre, nel secondo caso, è stata raccolta la prova testimoniale di un militare all’estero nel corso di una causa di divorzio. Tutto ciò a dimostrazione del fatto che la gestione telematica delle udienze non rappresenta una mera utopia, ma qualcosa di concretamente realizzabile.

Nell’ambito del processo penale è già contemplata l’ipotesi della partecipazione al dibattimento a distanza, regolamentata dall’articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, modificato dalla riforma Orlando del 2017. Nello specifico, è previsto che gli imputati detenuti abbiano l’obbligo di partecipare alle udienze dibattimentali a distanza laddove si proceda per i delitti di cui all’articolo 51, comma 3 bis, nonché ai sensi dell’articolo 407, comma 2, lettera A numero 4 del codice di rito (tra le quali, ad esempio, rientrano le fattispecie di reato di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di rifiuti, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione per delinquere). La ratio di questa previsione si rinviene tanto nella volontà di evitare che i detenuti, appartenenti ad un determinato regime, vengano a contatto con eventuali affiliati, quanto in quella di contenere i costi che le traduzioni carcere-tribunale/tribunale-carcere comportano per la spesa pubblica.

Un protocollo per la gestione telematica delle udienze

In tal senso, sono attualmente promotore di un protocollo per la gestione telematica delle udienze, sviluppato all’interno della boutique law firm Salonia Associati, e già stato posto all’attenzione di Antoniana Colli, giudice presso la IV Sezione Lavoro del Tribunale di Roma. Il progetto in questione è stato ideato avendo a riferimento proprio il rito speciale del lavoro di cui agli artt. 409 ss. c.p.c., poiché caratterizzato da un sistema di preclusioni e decadenze che si cristallizzano perlopiù al momento della costituzione delle parti in causa, oltre che da una maggiore flessibilità e speditezza processuale (vedi l’assenza dei termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c.). In virtù di ciò, il rito del lavoro si rivela particolarmente idoneo ad accogliere la sperimentazione (e la successiva introduzione) delle udienze telematiche, soprattutto qualora concernenti quelle fissate per la sola discussione, durante le quali i procuratori costituiti di frequente si limitano a riportarsi ai reciproci atti (è un dato di fatto la progressiva perdita del carattere dell’oralità nel rito lavoro, che, invece, ne dovrebbe essere il cardine).

Nondimeno, un simile strumento renderebbe più facile assicurare le esigenze di celerità cui è improntato il suddetto rito speciale, grazie ad un incremento di efficienza produttivo-gestionale, nonché ad una diminuzione dei costi di giustizia potenzialmente traducibile in politiche d’investimento sul personale amministrativo, su nuovi strumenti informatici, e sul numero di magistrati presenti in ogni circoscrizione. Il protocollo è interamente basato sull’utilizzo di Skype (proprio perché è un software gratuito), e vede la creazione di account professionali che permettono di identificare ab origine i difensori, nonché l’apertura di una chat di gruppo con i riferimenti della causa al momento della creazione del fascicolo d’ufficio.

In qualsiasi momento, il giudice potrà, a propria discrezione ed in base agli incombenti processuali, emettere un’ordinanza che preveda lo svolgimento di una o più udienze con modalità telematiche qualora ritenga che la causa abbia natura meramente documentale, e/o non necessiti della disposizione di alcun mezzo istruttorio. A tal ultimo riguardo, infatti, è bene evidenziare che, al momento, il protocollo non prevede la possibilità di assumere alcun mezzo istruttorio (compreso l’interrogatorio formale delle parti) nel corso di un’udienza telematica, essendo l’obiettivo precipuo dello stesso quello di alleggerire/efficientare, e non la dematerializzazione delle attività di giustizia.

Punto di forza di questo sistema, è l’assenza di aggravi economici per la finanza pubblica, fatti salvi i costi (esigui) di formazione per il personale amministrativo e la magistratura. Al contrario, un eventuale limite che potrebbe impedire un’applicazione immediata del Protocollo consisterebbe nella necessità di un’esplicita previsione normativa che equipari la presenza telematica a quella fisica in udienza. Un’interpretazione letterale e fedele alla coscienza (e non alla ratio) del Legislatore del 1940 vorrebbe questa prassi quale una modifica evolutiva dell’ordinamento processuale civile, che non potrebbe che essere regolamentata dal Legislatore contemporaneo.

Lo scenario futuro

Il protocollo rappresenta soltanto lo spunto per promuovere un nuovo modello di giustizia, che potrebbe ben inserirsi nell’ambito del processo ultra decennale d’informatizzazione della pubblica amministrazione di cui è stata una tappa fondamentale il D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale), che ha reso possibile l’implementazione del processo civile telematico, laddove la firma digitale, disciplinata dalla richiamata normativa, è il fondamento essenziale alla base di quest’ultimo.

Tra i possibili benefici di questa visione d’insieme si potrebbe prevedere, addirittura, una potenziale revisione delle circoscrizioni giudiziarie, seppur con finalità diverse rispetto a quelle di cui al D.lgs. 7 settembre 2012, n. 155 (cd. Taglia tribunalini), che determinò la soppressione di n. 31 tribunali, n. 31 procure e n. 220 sedi distaccate. Qui si sta discutendo, invero, seppur in un futuro lontano, della possibilità di accorpare a livello regionale le molteplici sedi fisiche dei palazzi di giustizia in una unica, rendendo la competenza territoriale meramente virtuale, e, anzi, assimilandola a quella “funzionale” che comporta la suddivisione del Tribunale piuttosto che della Corte d’Appello nelle singole sezioni specializzate (in questo caso avverrebbe per territorio, seppur all’interno del medesimo ufficio giudiziario).

Presenza telematica e sicurezza

Non preoccupano, inoltre, le modalità di accertamento dell’identità del procuratore costituito che presenzi telematicamente, posto che potrebbe essere indicato il proprio account personale già in atti (al pari della posta elettronica certificata), e che, ad oggi, è prevista la sostituzione in udienza da parte di un avvocato rispetto ad un altro in procura anche soltanto con delega orale, senza che il giudicante possa pretenderne una scritta. In tal senso, la Corte di Cassazione, I Sez. Penale, con sentenza 25 ottobre 2018, n. 48862, ha statuito di recente come “per effetto della legge n. 247 del 2012, il cui art. 14, intitolato «Mandato professionale. Sostituzioni e collaborazioni», prevede, tra l’altro, che l’avvocato possa nominare stabilmente uno o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario, depositando la nomina presso l’ordine di appartenenza (comma 4), ma possa altresì, in via contingente, farsi sostituire da un altro avvocato, o praticante abilitato, con incarico verbale nel primo caso, e scritto nel secondo”. È evidente, allora, come, sotto tale profilo, la presenza telematica effettuata tramite un account Skype indicato al momento della costituzione in giudizio sia persino più sicura rispetto a quella fondata su una presunta delega rilasciata oralmente.

È stata già sdoganata la concezione del processo civile telematico in Italia, e ad oggi è una realtà quotidiana, che, però, è rimasta circoscritta alle attività di cancelleria, laddove, invece, a voler tirare le fila del discorso, è stato spiegato come esistano sia le risorse che la tecnologia per giungere allo stadio evolutivo subito successivo, che potrebbe mettere piede nelle aule di udienza se soltanto esistesse una normativa di riferimento in materia. A questo punto la vera domanda da porsi è: quando?

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