I consigli degli esperti

Nota di credito fattura elettronica, quando richiederla

Nota di credito: non sempre è consigliato richiederla al proprio fornitore. Per eliminare i dubbi relativi alla procedura in questi primi mesi dall’avvio dell’obbligo di fatturazione elettronica, un vademecum utile per comprendere quando avanzare la richiesta e quando è meglio non farlo, alla luce della normativa

Pubblicato il 17 Mar 2020

Barbara Maria Barreca

Dottore commercialista e Valutatore di impatto Sociale

Luca Benotto

Dottore Commercialista

fattura

Ci arrivano tante domande sull’emissione note di credito per la fattura elettronica, a seguito delle più svariate richieste ricevute nei casi in cui la fattura elettronica emessa non fosse esattamente come ci si aspettava di riceverla. Ecco dunque qualche chiarimento.

La normativa: cosa fare in caso di errata fatturazione

In caso di

fattura elettronica sbagliata fondamentale è ricordare che l’avvento della FE non ha in alcun modo modificato la normativa relativa alle note di variazione contenuta nell’articolo 26 del DPR n. 633/1972 (in ultimo modificato dalla Legge n. 232/2015, articolo 1 e in vigore dal 1 gennaio 2017).

Si ricorda che, mentre l’emissione di una nota di variazione in aumento dell’IVA originariamente versata è obbligatoria in tutti i casi in cui l’imponibile e l’IVA vengano ad aumentare per qualsiasi motivo, l’emissione di una variazione in diminuzione (nota di credito) è:

  • facoltativa (cfr. C.m. 77/2000),
  • circoscritta alle casistiche previste dall’articolo 26, comma 1 nel caso in cui quando un’operazione per la quale sia stata emessa fattura venga meno in tutto o in parte, o se ne riduca l’imponibile in conseguenza di:
    • nullità,
    • annullamento,
    • revoca,
    • risoluzione,
    • rescissione o simili,
    • mancato pagamento in tutto o in parte a causa di:
      • procedure concursuali,
      • procedure esecutive individuali rimaste infruttuose,
      • accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del RD 16/03/1942 n. 267,
      • piano attestato ai sensi dell’articolo 67, c.3, lettera d), RD 267/1942
  • applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.

Tralasciando quindi le casistiche sopra descritte, nel seguito vorremmo concentrarci sull’utilizzo della nota di credito quale strumento relativo alla correzione delle fatture elettroniche inviate al Sistema di Interscambio a fronte di errata compilazione materiale. Infatti, mentre nel 2018 la fattura cartacea poteva essere corretta e re-inviata al cliente permettendo una risoluzione degli errori più banali, nel 2019 la modalità elettronica di formazione del documento e il relativo invio al Sistema di Interscambio preclude tale possibilità.

Come comportarsi in caso di errata fatturazione elettronica

Se si incorre in fattura elettronica errata appare utile ricordare che il contenuto obbligatorio della fattura elettronica è descritto nel Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 89757 del 30/04/2018 “Regole tecniche per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato e per le relative variazioni, utilizzando il Sistema di Interscambio …” che al punto 1.2 specifica che “la fattura elettronica contiene obbligatoriamente le informazioni stabilite dall’articolo 21 del DPR 633/1972 … nonché le altre informazioni indicate nelle specifiche tecniche di cui all’Allegato A del presente provvedimento” (attualmente risulta in vigore la versione 1.4.1 del 29/03/2019).

Limitandoci alla fattura ordinaria, ricordiamo che gli elementi essenziali da indicare in fattura, di cui all’articolo 21 del DPR 633/1972 sono:

  • data di emissione;
  • numero progressivo che la identifichi in modo univoco;
  • ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cedente o prestatore, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;
  • numero di partita IVA del soggetto cedente o prestatore;
  • ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cessionario o committente, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;
  • numero di partita IVA del soggetto cessionario o committente ovvero, in caso di soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento; nel caso in cui il cessionario o committente residente o domiciliato nel territorio dello Stato non agisce nell’esercizio d’impresa, arte o professione, codice fiscale;
  • natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione;
  • data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura;
  • corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compresi quelli relativi ai beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono di cui all’articolo 15, primo comma, n. 2;
  • corrispettivi relativi agli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono;
  • aliquota, ammontare dell’imposta e dell’imponibile con arrotondamento al centesimo di euro;
  • data della prima immatricolazione o iscrizione in pubblici registri e numero dei chilometri percorsi, delle ore navigate o delle ore volate, se trattasi di cessione intracomunitaria di mezzi di trasporto nuovi, di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
  • annotazione che la stessa è emessa, per conto del cedente o prestatore, dal cessionario o committente ovvero da un terzo.

Quando richiedere al fornitore la nota di credito

Ricordiamo che, al fine di poter esercitare il diritto alla detrazione IVA, occorre la coesistenza del presupposto sostanziale (ovvero l’effettuazione dell’operazione) e del presupposto formale (il possesso di una valida fattura di acquisto). Si rileva che, con l’avvento della fatturazione elettronica, il presupposto formale si considera soddisfatto con il ricevimento della fattura nella propria area riservata all’interno del Portale Fatture e Corrispettivi (come precisato nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate 1/E/2018). La registrazione di una fattura elettronica ricevuta, ma errata, può (oppure no) pregiudicare il diritto alla detrazione dell’IVA a seconda degli errori in essa contenuti, quindi si consiglia di prestare massima attenzione al contenuto della fattura ricevuta. Nel caso in cui l’errore riguardi uno degli elementi obbligatori di cui all’articolo 21 è fortemente consigliato richiedere al fornitore l’emissione di una nota di credito a storno totale o parziale della fattura originariamente emessa.

Ci si riferisce al caso in cui l’errore commesso riguardi l’imponibile, l’aliquota dell’imposta, la partita IVA o il codice fiscale delle parti, la data di effettuazione dell’operazione o la descrizione dell’operazione qualora l’errore possa portare ad una differente qualificazione fiscale dell’operazione effettuata. Stesso consiglio per errori commessi in relazione ad elementi obbligatori previsti da altre norme imperative (es: normativa sulle accise o sulla tracciabilità alimentare).

Ma cosa fare se il nostro fornitore ha commesso un errore materiale relativo all’indicazione di una denominazione o di una sede errata delle parti (elementi comunque previsti dall’articolo 21)? Si rileva che l’articolo 21 attualmente in vigore è stato emanato pensando alla modalità di compilazione di un documento cartaceo e che, al momento, non sono intervenute modifiche per adeguarlo alla modalità elettronica di formazione del documento. Nonostante questo, non ci sembra che un errore materiale compiuto in relazione alla denominazione sociale o alla sede legale delle parti possa (da solo) pregiudicare il diritto alla detrazione dell’IVA, pur violando il contenuto obbligatorio dell’articolo 21.

Tali errori in fattura si possono verificare proprio perché il Sistema di Interscambio non effettua controlli su tali campi ma solo in relazione all’esistenza del codice fiscale o della partita IVA delle parti, dunque la fattura pur contenente elementi errati, viene considerata emessa e produttiva di effetti per entrambe le parti in quanto ne permette l’identificazione univoca. Sul punto non ci risultano pronunce ufficiali dell’Agenzia delle Entrate che sarebbero quantomai opportune.

Quando non richiedere al fornitore la nota di credito

Ricordiamo che i presupposti per l’emissione di una nota di credito sono distintamente elencati nell’articolo 26 DPR 633/1972 e che, pertanto, in caso di verifica, l’Agenzia delle Entrate potrebbe disconoscere le note di credito emesse in assenza di tali presupposti e sanzionare tali comportamenti. Vi sono poi altre tipologie di errore differenti da quelle precedentemente indicate quali ad esempio:

  • l’indicazione di un IBAN diverso da quello del conto sul quale si vuole ricevere il pagamento;
  • la compilazione di campi “facoltativi” della FE, quali il numero d’ordine o i dati della consegna richiesti dal cessionario committente per la registrazione automatica del documento sui propri sistemi gestionali;
  • l’indicazione di un errato indirizzo Pec o del codice destinatario nel caso in cui il Sistema di Interscambio abbia ricevuto la fattura, in quanto l’obbligo dell’emittente nel caso specifico è solo quello di avvertire il proprio cliente che la fattura è reperibile nell’area riservata del portale Fatture e Corrispettivi. L’emittente può inviare al cliente il file XML e i metadati relativi alla fattura emessa per dimostrare la regolarità dell’operazione anche per evitare problemi commerciali con il cliente in questione;
  • qualora siano corretti l’imponibile e l’IVA indicati in fattura, errori commessi in relazione all’importo totale della fattura, ritenuta d’acconto e/o il totale da pagare non invalidano la regolarità della fattura ricevuta. In questo caso infatti il ricevente registrerà gli elementi obbligatori (imponibile e imposta) rideterminando autonomamente gli altri dati.

Per i casi sopra descritti, si consiglia di informare tempestivamente per iscritto (mail, Pec, raccomandata) il fornitore circa l’errore riscontrato (senza richiedere emissione di nota di credito) conservando la documentazione inviata e ricevuta relativa alla fattura errata.

Conclusione: come gestire al meglio una fattura sbagliata con la nota di credito

La conoscenza delle normative e la corretta collaborazione tra cliente e fornitore, da un lato aiuteranno le parti a risolvere eventuali problemi di carattere commerciale circa le operazioni poste in essere e dall’altro lato eviteranno la proliferazione di comportamenti potenzialmente dannosi per una o entrambe le parti senza coinvolgere inutilmente il Sistema di Interscambio.

È comunque nostra opinione che, almeno nel periodo iniziale di entrata in vigore della fatturazione elettronica, l’emissione di note di variazione al di fuori dei casi descritti nell’articolo 26, non verrà attivamente sanzionata. Non possiamo, però, giustificare l’utilizzo di tale presumibile tolleranza iniziale per adottare incondizionatamente comportamenti improntati ad un ingiustificato formalismo pur se conseguente ad un eccesso di faciloneria di alcuni operatori economici. Appare dunque opportuno che tutti gli operatori economici acquisiscano la necessaria familiarità e consapevolezza dei requisiti normativi della FE al fine di andare verso una più fedele compliance fiscale, ma anche e soprattutto verso una più efficiente gestione dei processi amministrativi.

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