L'analisi

Open Innovation nella PA, come fare: ecco il modello di Sogei

Nel 2019 Sogei ha puntato su un modello di open innovation: il paradigma dell’innovazione collaborativa può aiutare le PA a costituire un ecosistema di valori e obiettivi comuni tra gli stakeholder, garantendo lo sviluppo anche in aderenza alle previsioni del PNRR

Pubblicato il 05 Ott 2021

Leonardo Bertini

Open Innovation Program Manager di Sogei

Monica Gabrielli

Head of Digital eXperience di Sogei

rete innovazione

L’innovazione aperta e collaborativa rappresenta il terreno fertile per la costituzione di una Open innovation community della PA quale ecosistema dell’innovazione in cui identificare valori e obiettivi condivisi e convincenti riconosciuti da tutti gli stakeholder (PA, enti di ricerca e università, aziende pubbliche partecipate o controllate, fondazioni delle società pubbliche quotate) per garantire allineamento e motivazione. Un ecosistema che dovrebbe rappresentare una delle 20 community of practice previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per sviluppare e contaminare best practice all’interno della PA.

Vediamo un caso interessante di implementazione di Open innovation nella PA, quello di Sogei.

PA innovativa, le esigenze prioritarie

Va precisato che la PA, operando in un regime di “monopolio”, non ha particolari stimoli all’innovazione al pari di quelli esistenti in un mercato concorrenziale e investe solo marginalmente in innovazione, preferendo, invece, puntare sulla sicurezza, resilienza e stabilità dei servizi erogati. Negli ultimi anni, è stata interessata, sempre di più, a rispondere concretamente alle innumerevoli istanze provenienti dalle diverse articolazioni del nostro sistema Paese.Tali istanze sono, ad esempio:

  1. Rispondere ad aspettative di cittadini e imprese (es. utilizzo omnicanalità, interoperabilità);
  2. Aumentare l’efficienza del back office, razionalizzare e ottimizzare fattori produttivi;
  3. Migliorare la trasparenza e la tracciabilità di organizzazioni e processi (es. ingegnerizzazione flussi);
  4. Essere rendicontabili e aperti (es. cruscotti con indicatori di successo, open data);
  5. Supportare la sostenibilità e l’abbattimento della carbon footprint;
  6. Supportare cambiamenti normativi che modifichino processi o organizzazioni;
  7. Allinearsi a standard e livelli di servizio del settore privato (es. a quello bancario);
  8. Aumentare l’efficacia del front office (es. accessibilità, Citizen eXperience);
  9. Migliorare la gestione dei rapporti con fornitori (eProcurement), stakeholder, partner, ecc.
  10. Rispondere a fasi di emergenza (es. Covid-19 e smartworking);
  11. Rispondere a vincoli esogeni (es. di relazioni con organismi internazionali o di altri Paesi);

Appare, quindi, evidente che l’adesione a processi strutturati di Open Innovation nella PA non può che portare ad un aumento di performance e di livelli di servizio.

Open Innovation: come funziona

Se inseriamo le parole “Open Innovation” su un motore di ricerca web, si ottengono oltre 900 mila risultati e tantissime pagine disponibili, senza considerare il rimando a decine di migliaia di annunci di lavoro per esperti della tematica. Ma cosa significa Open Innovation? Chesbrough definisce Open Innovation come “un processo di innovazione distribuita basato su flussi di conoscenza intenzionali che attraversano i confini dell’organizzazione, utilizzando meccanismi basati su incentivi pecuniari o non-pecuniari, e in linea con il modello di business dell’organizzazione stessa”.

Questi flussi di conoscenza possono essere di tre tipi:

  1. Outside-in (inbound): l’innovazione arriva dall’esterno verso l’interno, come input;
  2. Inside-out (outbound): l’innovazione viene ceduta all’esterno come output;
  3. Modello misto: con flussi di innovazione sia verso l’interno, sia verso l’esterno, laddove si creano partnership (es. alleanze, joint venture, ecosistemi, piattaforme) che si interscambiano la conoscenza per un obiettivo comune.

Altra parola chiave che si ritrova nella definizione è “intenzionale”, nel senso che l’innovazione può essere internalizzata o esternalizzata non casualmente, bensì intenzionalmente attraverso processi strutturati. Infine, un terzo elemento chiave riguarda il modello di business che utilizza le idee interne ed esterne per creare valore e, successivamente, catturarlo.

Open innovation nella PA centrale: il caso Sogei

Nel 2019 Sogei ha deciso di implementare un modello di Open Innovation. Le ragioni della scelta di orientarsi verso questo paradigma si possono così riassumere:

  1. Volontà di sperimentare internamente un modello di Open Innovation, riconoscendone l’efficacia sullo sviluppo di innovazione ormai evidente a livello internazionale;
  2. Favorire un processo di innovazione maggiormente strutturato e partecipativo;
  3. Verificare la possibilità di estendere la sperimentazione di un modello di Open Innovation nella PA Centrale dello Stato presso i clienti e partner;
  4. Supportare il posizionamento di Sogei come attore chiave e partner strategico dell’innovazione tecnologica e digitale nella PA.

Nella seguente figura sono illustrate le fasi del processo di Open Innovation di Sogei:

Analisi della domanda: Co-Creation

La fase di analisi della domanda di innovazione ha avuto l’obiettivo di identificare i bisogni e le aspettative dei partner e stakeholder e, più in generale, della Pubblica amministrazione centrale dello Stato (PAC), in termini sia di tecnologie sia di modelli organizzativi da soddisfare in un orizzonte temporale di medio termine. Il metodo che si è scelto è stato quello bottom-up, partecipativo e collaborativo, con il coinvolgimento dei principali stakeholder, in particolare partner e clienti. L’approccio utilizzato è stato il risultato dell’applicazione di modelli di co-creazione e co-design fondamentali per abilitare partecipazione e collaborazione, tramite un workshop per generare soluzioni concrete su bisogni reali.

Il risultato finale è stato quello di identificare 5 ambiti e tematiche da indagare:

  1. Internet of Things (IoT);
  2. Citizen eXperience (CX);
  3. Cybersecurity;
  4. Intelligenza Artificiale e Etica Digitale (AI);
  5. Cultura digitale e del cambiamento

Consolidamento dell’offerta: call for solution

La seconda fase è stata sviluppata secondo un processo partecipativo rivolto all’esterno, orientata a consolidare il portfolio di offerta di innovazione attraverso una Call for Solution, coinvolgendo key player dell’ecosistema esterno dell’innovazione secondo la dinamica outside-in del modello di Open Innovation per identificare proposte di soluzioni tecnologiche in grado di rispondere efficacemente alle sfide e alla domanda di innovazione e, contemporaneamente, sviluppare un ecosistema dell’innovazione a chilometro zero.

Incontro tra domanda e offerta: bootcamp

Con l’obiettivo di “mettere a terra” tutto il processo di Open Innovation”, nella terza fase si è cercato di far incontrare la domanda e l’offerta di innovazione, al fine di definire e lanciare dei progetti pilota per le soluzioni alle sfide emerse.

Procurement dell’innovazione

Il D. Lgs. 16 luglio 2020 n. 76 “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” ha affidato a Sogei il ruolo di Innovation Procurement Broker, attraverso il quale potrà rispondere alla domanda di innovazione della PA anche con gli strumenti di acquisto tipici degli appalti di innovazione (vedi figura 2) che arricchiranno il modello di consolidamento dell’offerta.

Figura 2: Tipologie di procurement per acquisire innovazione

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