L'analisi

Precompilata IVA 2021, il rischio che sia una semplificazione di facciata: luci e ombre

Dal primo gennaio 2021 è partito il programma sperimentale per la precompilata IVA, volta a facilitare il rapporto tra professionisti, imprese e Fisco: tuttavia, aspetti normativi e tecnici sembrano far apparire il piano come poco impattante

Pubblicato il 20 Gen 2021

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista

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La precompilata IVA, il cui programma sperimentale è partito il primo gennaio 2021, è pensata come una soluzione per rendere più facile il rapporto tra contribuenti e Fisco, tuttavia aspetti tecnici e normativi lasciano intuire che non si tratti di una reale semplificazione. Cerchiamo di fare chiarezza analizzando l’excursus legislativo e la coerenza con l’impianto normativo che ne è stato la fonte ispiratrice.

In particolare approfondiamo l’effettiva utilità e la congruità di una siffatta procedura con l’iter “digitale” che è stato avviato con la introduzione della fattura elettronica e che avrebbe dovuto comportare l’abbandono del concetto di “registro” ma, soprattutto, l’abbandono dell’approccio mentale analogico e la sua sostituzione con quello digitale, secondo cui non dovrebbero più esistere libri e registri.

Precompilata IVA, perché non è una vera semplificazione

Innanzitutto, ricordiamo che da inizio anno è stato avviato un programma di assistenza previsto dall’articolo 4 del Decreto Legislativo 127/2015, che inizierà con l’invio da parte dell’Agenzia delle Entrate di una bozza dei registri IVA acquisti e vendite ai contribuenti che dovrebbero confermarne il contenuto ovvero integrarlo con le informazioni necessarie alla corretta liquidazione dell’IVA e rimandarlo all’amministrazione fiscale. Questa procedura punta a esonerare i contribuenti dalla tenuta dei predetti registri. Identico ragionamento verrà adottato per le liquidazioni periodiche e per la dichiarazione IVA.

I più romantici di noi avevano immaginato che il percorso di digitalizzazione avviato ci avrebbe offerto semplificazioni reali, che non fossero ostentate come una “concessione” del legislatore, ma la naturale conseguenza del processo tecnologico applicato alla materia fiscale e contabile: la digitalizzazione dei processi di fatturazione elettronica ha richiesto notevoli investimenti in infrastrutture ed in formazione, frutto di un chiaro percorso progettuale del legislatore che non preveda ritorni al passato e che produca semplificazioni reali e non di facciata.

Sentire parlare di “registri precompilati” mi è parso un tradimento delle attese, che va in direzione opposta a quella auspicata e che addirittura potrebbe tradursi in aggravi e maggiori oneri per i contribuenti e per i professionisti. L’attività di “precompilazione” mi sembra uno spreco inutile di energie per tutti, per l’Agenzia e per i contribuenti, considerato che i dati che l’Agenzia dovrebbe elaborare ed inviare ai contribuenti altro non sono che quelli che il contribuente ha già trasmesso e ricevuto tramite il Sistema di Interscambio, e che sono già a sua disposizione anche nell’area riservata, ed i dati che il contribuente dovrebbe integrare sono quelli che ha già predisposto nelle sue scritture contabili.

L’evoluzione del framework normativo

L‘articolo 9 della Legge del 11/03/2014 n. 23 attribuì al Governo la delega per adottare un provvedimento normativo finalizzato a realizzare “… un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”, e, in particolare ad “incentivare, mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti, l’utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché di adeguati meccanismi di riscontro tra la documentazione in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) e le transazioni effettuate, potenziando i relativi sistemi di tracciabilità dei pagamenti”.

La delega trovò attuazione col Decreto Legislativo 127/ 2015, con cui il Governo affidò all’articolo 4 (intitolato “Riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili per specifiche categorie di soggetti”) il compito di introdurre le semplificazioni auspicate dalla Legge delega, prevedendo una “Riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili … per specifiche categorie di soggetti passivi IVA di minori dimensioni”, e, in particolare, di attuare “… un programma di assistenza, differenziato per categoria di soggetti, con cui sono messi a disposizione, in via telematica, gli elementi informativi necessari per le liquidazioni periodiche e per la dichiarazione annuale dell’IVA e vengono meno: a) l’obbligo di registrazione di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; b) l’obbligo di apposizione del visto di conformità o la sottoscrizione alternativa e la garanzia previsti dall’articolo 38-bis del predetto decreto n. 633, del 1972”.

Le modifiche per semplificare

Con la legge Finanziaria per l’anno 2018[1] il legislatore modificò il predetto articolo 4, re-intitolandolo “Semplificazioni amministrative e contabili” e specificando al comma 1 che l’ambito applicativo dovesse riguardare i soggetti in contabilità semplificata, e modificando le semplificazioni da “esoneri” a “messa a disposizione”:

  • degli elementi informativi necessari per la predisposizione dei prospetti di liquidazione periodica dell’IVA;
  • di una bozza di dichiarazione annuale dell’IVA e di dichiarazione dei redditi, con i relativi prospetti riepilogativi dei calcoli effettuati;
  • delle bozze dei modelli F24 di versamento recanti gli ammontari delle imposte da versare, compensare o richiedere a rimborso.

Con successivo provvedimento[2] è stata estesa la platea dei soggetti destinatari delle semplificazioni a “tutti i soggetti passivi dell’IVA residenti e stabiliti in Italia” e ulteriormente modificato l’oggetto della “semplificazione” nella messa a disposizione delle bozze, a partire dall’anno d’imposta 2020[3].

  • dei registri di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
  • della liquidazione periodica dell’IVA;
  • della dichiarazione annuale dell’IVA.

Per i soggetti passivi IVA che, anche per il tramite di intermediari, avessero convalidato ovvero integrato i dati proposti nelle bozze prodotte dall’Agenzia, sarebbe venuto meno l’obbligo di tenuta dei registri di cui agli articoli 23 e 25 del DPR 633/1972, fatta salva la tenuta del registro di cui all’articolo 18, comma 2, del DPR 600/1973. L’obbligo di tenuta dei registri ai fini dell’IVA era mantenuto per i soggetti che avessero optato per la tenuta dei registri secondo le modalità di cui all’articolo 18, comma 5, del DPR 600/1973[4].

Con la Legge di bilancio 2018, il legislatore è intervenuto modificando anche l’articolo 1 del Decreto legislativo 127 del 2015, introducendo, con decorrenza 1/1/2019 (ossia l’anno della estensione della fatturazione elettronica ai privati), il comma 3-bis e prevedendo che “I soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ai sensi del comma 3 del presente articolo…” fossero “…esonerati dall’obbligo di annotazione in apposito registro, di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. L’odierno contesto normativo è quindi caratterizzato dalla presenza nel Decreto Legislativo 127/2015:

  • dell’articolo 4 che prevede una attività di “assistenza” che consiste nella predisposizione della bozza dei registri acquisti e vendite, che il contribuente può, previa convalida o integrazione, restituire all’Agenzia delle Entrate trasformandoli in registri definitivi, beneficiando così dell’esonero della predisposizione dei registri, delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale IVA;
  • del comma 3-ter dell’articolo 1 del Decreto legislativo 127/2015 che dispone un esonero dalla tenuta dei registri previsti dagli articoli 23 e 25 del DPR 633/1972 in favore dei soggetti che trasmettono e ricevono i dati (le fatture elettroniche contengono i predetti dati) tramite il Sistema di Interscambio.

Come le due disposizioni siano integrate o compatibili è da verificare.

Il rapporto con la fattura elettronica

Per poter valutare appieno la portata della “semplificazione[5]” vediamo di illustrare sinteticamente quali sono le informazioni che devono essere riportate sui registri IVA, e verifichiamo quali tra queste sono contenute nelle fatture elettroniche. Con l’entrata in vigore delle codifiche introdotte a partire dal primo gennaio 2021, si può vedere che esiste una sufficiente idoneità della fattura elettronica ad esprimere e soddisfare le richieste previste dalla normativa in materia di annotazioni sui libri e registri di cui agli articoli 23 e 25 del DPR 633/1972. Ma anche se così non fosse, sarebbe semplice realizzare, con provvedimenti Direttoriali ADE, una perfetta coerenza e compatibilità.

Possiamo quindi affermare che l’insieme delle fatture elettroniche relative ad determinato periodo di imposta soddisfa pienamente le caratteristiche tecniche e giuridiche per essere considerato, nella sostanza, un registro IVA unico, col vantaggio, rispetto ai tradizionali registri analogici, della standardizzazione della struttura e della semplicità di accesso ed estrazione di dati, le cui funzionalità e gestione non sono neppure lontanamente comparabili con quelle esperibili con i tradizionali registri analogici, anche se in formato “pdf”. Ovviamente per il registro IVA vendite si pongono pochi problemi riguardo la determinazione dell’imposta dovuta, essendovi generalmente perfetta coincidenza tra l’IVA esposta nelle fatture e l’IVA dovuta, mentre per le fatture di acquisto tale corrispondenza deve passare dalla applicazione delle norme che limitano il diritto di detrazione.

In cosa consiste allora la “semplificazione” ?

Alla luce di quanto sopra esposto, non si riesce ad apprezzare l’effettiva utilità delle predette norme esonerative o semplificative recate dall’articolo 4 del decreto legislativo 127/2015. Il primo interrogativo che le aziende e i professionisti si pongono è valutarne la compatibilità con le procedure di contabilizzazione delle fatture attive e passive. Uno dei grandi vantaggi di cui le imprese e i professionisti hanno beneficiato con l’introduzione della fatturazione elettronica risiede nella immediata disponibilità delle fatture emesse e ricevute, o tramite l’accesso all’area riservata presso l’Agenzia delle Entrate, o tramite l’accesso al canale telematico predefinito di cui eventualmente si avvale il contribuente.

Quindi è diventata buona prassi effettuare periodicamente (se non giornalmente, quanto meno settimanalmente) la contabilizzazione delle fatture, integrando i dati della fattura elettronica con tutte le altre informazioni necessarie a consentire la corretta imputazione sia ai fini IVA che ai fini delle Imposte Dirette e contabili. Si generano così una o più registrazioni che vanno a “popolare” i dati da cui verranno successivamente generati i registri IVA, il libro giornale, il libro cespiti, gli adempimenti dei sostituti di imposta e, più in generale, tutto ciò che è necessario per il corretto instradamento delle informazioni necessarie per i dichiarativi, le comunicazioni, il bilancio e i prospetti richiesti dalle varie normative di riferimento.

I fronti critici

Nel superiore contesto che, sia pure con differenze e sfumature dovute ad esigenze organizzative specifiche, possiamo definire generale e standard per tutti i contribuenti, non si comprende dove e come collocare l’aiuto che viene dato alle imprese sotto forma di messa a disposizione delle bozze dei registri o dei dichiarativi nel processo sopra descritto. Infatti, la “messa a disposizione” della bozza dei registri IVA e delle bozze dei dichiarativi:

  • altro non è che un semplice report dei dati già in possesso del contribuente, rilevati dalle fatture elettroniche transitate dal sistema di interscambio e già contabilizzate (quindi integrate con i dati aggiuntivi) dal contribuente; non si comprende quindi in cosa consiste il “quid pluris” offerto dalla norma;
  • interviene in un momento il cui il contribuente mediamente diligente ha già contabilizzato le fatture attive e passive, e non avrebbe potuto fare diversamente perché aspettare la bozza prodotta dall’Agenzia provocherebbe disagi nella gestione degli incassi e dei pagamenti e dei rapporti con le Banche e, più in generale, nella contabilità aziendale;
  • non tiene nella adeguata considerazione che al contribuente viene molto più semplice produrre “in proprio” i registri IVA piuttosto che integrare analiticamente le bozze prodotte dall’Agenzia delle Entrate, considerato che per far ciò dovrebbe porre in essere una ulteriore attività. Quindi, a meno che non mi sfugga qualcosa, non riesco a comprendere quali siano i vantaggi reali che il contribuente ricaverebbe dall’accettare il programma di “assistenza” offerto dall’Agenzia delle Entrate previsto dal citato articolo 4.

Ma l’intervento legislativo pone anche all’ordine del giorno anche un problema “etico”: che senso ha riproporre la tenuta dei registri IVA nel momento in cui è stata avviata la fatturazione elettronica e i dati previsti nei tracciati sono standardizzati e strutturati in maniera tale che il “registro IVA” sia un semplice report e la liquidazione IVA una altrettanto semplice operazione di query, con particolari filtri e totalizzazioni, sui dati a disposizione?

Una proposta per la semplificazione

Resta un mistero il coordinamento tra il comma 3-ter dell’articolo 1, e l’articolo 4 del decreto Legislativo 127/2015, considerato che l’articolo 4 “semplifica” ciò di cui l’articolo 1, comma 1-ter ha già disposto l’esonero. Mi sento di condividere senza riserva la esigenza dell’Agenzia delle Entrate di poter disporre tutte le informazioni sui dati IVA definitivi e sulle relative liquidazioni[6], ma l’obiettivo si potrebbe raggiungere più semplicemente prevedendo che la c.d. integrazione contabile che viene posta in essere al momento della registrazione delle fatture altro non sia che un dato informatico (un record) strutturato, da “agganciare” in maniera univoca alla fattura elettronica, e che potrebbe essere generato automaticamente dagli applicativi software utilizzati.

A questo punto avremmo un database popolato da due tipologie di record: un record principale, la fattura elettronica, ed un record aggiuntivo eventuale, quello che contiene tutti i dati e le informazioni necessarie alla corretta liquidazione dell’IVA e alla compilazione della dichiarazione annuale[7]. Il database altro non è che il registro IVA Unico. Trasmettendo i records integrativi all’Agenzia delle Entrate, avremmo reso inutile sia la tenuta dei registri IVA che la trasmissione delle liquidazioni IVA e della dichiarazione annuale.

Conclusione

Purtroppo la realtà deve fare i conti anche con argomentazioni di ordine politico, che vedono contrapposte esigenze di far apparire semplice ciò che non lo è (e purtroppo sembra questo l’orientamento assunto dal legislatore dell’articolo 4) e di far apparire complesso ciò che è semplice[8]. Le due posizioni estreme sopra rappresentate, da me volutamente esasperate, certamente non aiutano le imprese e, soprattutto, precludono alla nostra Nazione di poter sfruttare l’enorme vantaggio in termini di innovazione e di “genialità” che ci pone sempre tra i primi nel progettare le soluzioni e tra gli ultimi nel trarne i giusti vantaggi.

Auspico quindi una armonizzazione delle norme sopra citate e, soprattutto, un “ritorno” agli operatori economici e ai professionisti che sia coerente con l’impegno che tutti abbiamo messo e mettiamo nel produrre e trasmettere dati in maniera sempre più puntuale e precisa alla Pubblica Amministrazione: a trarne vantaggio sarebbe il sistema Paese molto più che i singoli.

_

Note

  1. Commi 909 e 916, legge 205 del 27/12/2017
  2. Decreto legge del 23/10/2018 n. 119 articolo 15
  3. Progressivamente prorogato all’anno 2021
  4. Regime di cassa per le imprese in contabilità semplificata
  5. Utilizzerò le virgolette sin quando non avremo verificato che il nomen è rappresentativo della realtà sottostante
  6. Incidenter tantum dico anche che non mi sento di unirmi al coro di chi grida allo scandalo perché la Agenzia delle Entrate abbia il possesso di tutti i dati relative alle fatture elettroniche, considerato che ha comunque l’obbligo di trattarli nel rispetto delle norme poste a tutela di dati personali e che comunque le fatture e tutti i documenti, in caso di accessi, ispezioni e verifiche, dovrebbero essere comunque esibiti.
  7. E visto che fantasticare è lecito, io aggiungerei anche dei campi idonei a consentire la corretta contabilizzazione dei dati anche ai fini delle imposte dirette (per esempio, esercizio di competenza del costo/ricavo, conto di contabilità, centro di costo/ricavo, etc.etc.).
  8. Questa sembra l’esigenza di qualche professionista che vuole a tutti i costi mantenere diritto di cittadinanza nell’economia nazionale, rivendicando un ruolo di autore privilegiato degli adempimenti formali senza proporre soluzioni adeguate al progresso tecnologico raggiunto e che potrebbero elevare il livello qualitativo delle prestazioni erogate alle imprese

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