Campus Party

Lavoro in Industry 4.0? Per i giovani è smart e condiviso

I giovani, 20 e 30enni, che lavorano nel digitale sono fiduciosi nell’innovazione, spesso la producono, non temono di vedersi sostituire dalle macchine, propongono modelli organizzativi basati su condivisione, lavoro di squadra, smart working. La nostra indagine

Pubblicato il 06 Ago 2018

servizio civile digitale

Il filo conduttore delle risposte dei giovani su come sarà il lavoro 4.0 ha certamente a che fare con il concetto di smart working: è flessibile, richiede diverse modalità di collaborazione, la parole chiave indicata da molti è condivisione.

Abbiamo posto la domanda a quelli che iniziano ad essere, o saranno, i protagonisti del mondo lavoro 4.0, ovvero i giovani che studiano le Stem o si occupano già di digitale, intervistati fra i partecipanti a Campus Party 2018, l’evento itinerante che raccoglie giovani di tutto il mondo per “costruire il Codice sorgente del mondo del futuro” e ha fatto tappa in Italia nello scorso mese di luglio.

L’Industria 4.0 viene vista come occasione di digitalizzazione e di sviluppo, i giovani ingegneri 30enni illustrano le prospettive dell’auto del futuro, ma anche di diverse modalità di organizzazione del lavoro (per esempio, in termini di efficienza del cambio di turno negli ospedali). Ci sono anche stereotipi che si ripropongono: studi ingegneristici e professioni del digitale molto al maschile, con le donne che invece tendono a scegliere i campi più creativi della rivoluzione digitale.

Lavoro a distanza

Ci sono anche considerazioni amare, come quella di Giovanni, ingegnere aeronautico di 24 anni: «nel mondo del lavoro di oggi conta maggiormente la nomea piuttosto che le reali competenze, e penso che non sia una cosa che nel futuro cambierà molto». Positiva però la vision del contributo delle tecnologie, che consentiranno di ottimizzare il modo di lavorare, ad esempio consentendo la formazione di team che lavorano anche a grande distanza. Davide, ingegnere meccanico, 26 anni, ritiene che «il mondo del lavoro del futuro dipenda da tanti fattori. L’avanzamento tecnologico è molto rapido, da qui a pochi anni avremo un’industria molto diversa da oggi». Significa anche spazio all’innovazione. Nel campo dei motori, il settore deve abbandonare gli standard attuali, puntando su motori alternativi, ibridi. I motori elettrici li vedo ancora un po’ lontano, ma è certo che entro pochi anni vedremo grandi cambiamenti nel settore».

Organizzazione del lavoro del futuro

Sara, 22 anni, infermiera, si sofferma istintivamente sulle prospettive organizzative. «La tecnologia può implementare l’assistenza, lasciare più spazio alla componente personale del rapporto con il paziente o con l’equipe di lavoro. E può incidere su fattori organizzativi. Per esempio, in ospedale le consegne, ovvero il cambio di turno fra diverse equipe o persone, diventeranno più veloci ed efficaci. Oggi abbiamo ancora fogli di carta, che si perdono, informazioni tralasciate. Con un database nel quale ognuno inserisce i suoi dati si risolve il problema e si ottimizzano i tempi».

Per Mirco, 35 anni, attivo nel settore Fintech, «il lavoro 4.0 è senza nessun capo se non te stesso. Bisogna scegliere un settore, e scegliere delle partnership, lavorando tutti insieme su vari business». Alessandro, 30 anni, condivide: «la chiave del lavoro del futuro è la condivisione. Il mondo consente connessioni a chilometri di distanza, di conoscere continuamente persone». Questo meccanismo porta alla continua formazione in un mercato che vede nascere rapidamente figure professionali. Pensiamo a Facebook, propone Alessandro, 23 anni, «pochi anni fa offriva una sola possibilità di lavoro, il Facebook marketer. Oggi c’è bisogno del community manager, dell’adv, di chi analizza i numeri. Ci sono almeno quattro o cinque professionalità diverse. La collaborazione porta a focalizzarsi su qualcosa, con condivisione di menti e di lavoro».

Massimiliano, 27 anni, individua il nesso fra condivisione e innovazione: «non siamo più nell’era dell’industrializzazione, ma del futurismo, delle invenzioni, delle creazioni. Il concetto chiave, è la condivisione».

La formazione

Salendo con l’età, è passando dai 20enni ai 30enni, cambia il sentimento nei confronti del mondo del lavoro. Meno visionari, più giovani preoccupati per il futuro. Silvia, 30 anni, si occupa di formazione finanziaria, teme che «il mondo cambi troppo velocemente. Io non sono una millennial, appartengo a una generazione di passaggio, che deve imparare tanto, aggiornando già oggi le competenze professionali appena acquisite. Io sento proprio l’esigenza di fermarmi per imparare dei passaggi che mi mancano».

Giorgio, 38 anni, è fatalista: «ho imparato ad andare avanti giorno per giorno. Dieci anni fa ho aperto la partita iva immaginando che dooo 10 anni avrei avuto un studio grafico avviato, invece sono ancora free lance». Eleonora, 40 anni, vede il lavoro del futuro «più agile, rimodulabile, modellabile. Molto diverso dal lavoro dei nostri genitori». Chiara 35 anni, lo immagina «più mobile, dinamico, scalabile e creativo».

Tutti d’accordo nell’individuare le macchine, e il digitale, come occasione di innovazione, non come fonte di proeccupazione per la sostituzione uomo-macchina. «Molte delle professioni attuali verranno a mancare, proprio nell’industria 4,0, ma anche nel digitale in generale, i lavori subiscono trasformazioni o spariscono», sottolinea Cecilia, 28 anni, la cui risposta consiste nell’avere lo scatto mentale di capire cosa sta succedendo. «Comunque il cambiamento non mi preoccupa, perchè mi occupo già di digitale».

Argomentata la vision di Alessandro, 28 anni: «Il lavoro del futuro sarà diverso, più connesso. Meno stabile, nel senso che non faremo un lavoro per tutta la vita. Dobbiamo quindi avere specializzazioni che consentano di variare. Si sceglie un ambito professionale, non un lavoro, e in quell’ambito bisogna crearsi diverse specializzazioni». Arianna, 26 anni, ritiene urgente la formazione per ridurre il gap generazionale: «è importante che non ci sia gente che rimane indietro, ci vuole una filo conduttore fra generazioni, in modo tale che le nuove competenze si sviluppino nel modo più omogeneo possibile». Carmine, 30 anni, condivide: «per il lavoro del futuro ci manca tanta formazione, e non parlo solo del sistema scolastico. Pensando proprio al 4.0, c’è un gap fra il livello delle tecnologie e il loro utilizzo, ad esempio in agricoltura, o nell’artigianato italiano».

In sintesi

Come si vede, emergono diverse vision, molto spesso orientate a descrivere organizzazioni del lavoro innovative.

Una generale domanda di formazione, a cui le imprese dovrebbero guardare con interesse in ottica di investimenti in capitale umano 4.0. Si tratta, in entrambi i casi, di tematiche che sono al centro della “nuova contrattazione” in chiave 4.0, con un’organizzazione del lavoro più snella, modelli di smart working, gli incentivi alla formazione inseriti nell’ultima legge di Bilancio aggiungendo un tassello al Piano Impresa 4.0. Una generale propensione alla condivisione di obiettivi, e al lavoro di squadra.

Il contratto di lavoro in Industry 4.0: tutti i nodi da affrontare

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