Ripresa economica

Carabetta (M5s): “Attrarre talenti, imprese e capitali, ecco la nostra proposta di legge”

Una proposta di legge per portare in Italia i cosiddetti “nomadi digitali”, ma non solo. Ecco tutto quello che serve e i temi che la politica deve affrontare, per favoreire il rimpatrio delle tante energie italiane che portano avanti le loro idee in ecosistemi più favorevoli

Pubblicato il 13 Apr 2021

Luca Carabetta

Consulente - innovazione 🇮🇹 Già Deputato XVIII Legislatura M5S

tour virtuali trasformazione digitale

L’uscita dalla crisi pandemica non sarà facile per l’Italia, purtroppo rimasta indietro in termini di PIL e di competitività del sistema Paese rispetto ai competitor europei già da molti anni.

Cruciale sarà l’impostazione della politica economica definita da questo Governo, non solo riguardo alla definizione dei progetti da finanziare grazie al piano “Next Generation EU” ma soprattutto rispetto allo sviluppo di ecosistemi favorevoli per la nascita di nuove opportunità di crescita e di creazione di posti di lavoro di qualità.

L’innovazione tecnologica è per definizione il settore più dinamico e favorevole allo scopo, e mai come in questo momento deve essere considerata per tutte le sue grandi potenzialità.

La missione del Governo dovrà essere quella di attrarre talenti, imprese e capitali dall’estero, favorendo inoltre il rimpatrio delle tante energie Italiane che portano avanti le loro idee in ecosistemi oggi più favorevoli.

Digital Nomads: un’opportunità da cogliere

Nelle prossime settimane presenterò una Proposta di Legge che affronterà ad ampio spettro il tema dell’attrazione dei “nomadi digitali” attraverso alcune iniziative ispirate da riferimenti internazionali. Diversi Paesi nel mondo e alcuni Stati europei hanno già politiche precise per l’attrazione di questa categoria di soggetti composta da talenti tecnici e professionali altamente qualificati che lavorano cambiando periodicamente luogo, grazie al digitale e Internet, a condizione che la destinazione sia un luogo piacevole e con accesso facilitato. Non possiamo perdere questo treno.

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Punto centrale dell’iniziativa sarà la creazione di un “Digital Nomad VISA”: un visto temporaneo di 12 mesi prorogabile, per imprenditori e freelancer esteri che intendono basarsi in Italia. Il visto potrà essere disposto anche per le rispettive famiglie.

La proposta prevede inoltre l’attivazione di una residenza digitale, strumento utile ad accedere ai servizi della pubblica amministrazione.

Fondamentale sarà garantire che tutto ciò avvenga senza ostacoli tra i diversi passaggi: dematerializzazione, facilità nell’accesso e velocità nell’ottenimento del visto e della residenza digitale.

Al fine di stimolare questo fenomeno si prevederanno inoltre incentivi per le società che collaboreranno con Nomadi Digitali o assumeranno talenti tecnologici stabilmente rimpatriati, e deduzioni fiscali per l’acquisto di beni strumentali o servizi tecnologici per i freelancer e le imprese oggetto della proposta.

Un intero ecosistema a favore dell’innovazione

Il complesso di misure attorno al “Digital Nomad Visa” e al “Talent Visa” costituirà una condizione necessaria ma non sufficiente per attrarre competenze che contribuiscano a recuperare un grande divario. L’Italia dovrà sviluppare adeguatamente l’intero ecosistema dell’innovazione, andando a investire su temi fondamentali, che incidono sulla scelta del Paese di destinazione da parte dei Nomadi Digitali: opportunità professionali o imprenditoriali, livello salariale, costo del lavoro, sostenibilità del costo della vita, accesso alla rete veloce, facendo infine leva sul proprio asset strategico che ne costituisce un vantaggio competitivo ineguagliabile, ma che non può più essere l’unico su cui contare: la bellezza del Paese e la qualità di vita che può offrire nelle sue città, borghi, coste, campagne, montagne.

Tutto ciò deve essere un di più rispetto a imprescindibili condizioni di base che siano alla pari con quelle di altri Paesi. La creazione di opportunità nei settori più innovativi, infatti, dipende principalmente da due fattori: politiche d’avanguardia e accesso ai capitali di rischio.

Investire in tecnologie strategiche

La strategia italiana per le startup ha sempre avuto un approccio “orizzontale” con attenzione esclusiva all’input rispetto all’ecosistema: dare a tutte le imprese gli strumenti e i riferimenti necessari per potere partire.

Oggi il Paese deve cambiare passo e spingere l’acceleratore nella direzione dell’output nel facilitare la creazione di nuove imprese tecnologiche di eccellenza a potenziale globale – i cosiddetti “unicorni” – tenendo sempre alta l’attenzione sui verticali tecnologici più strategici, anche considerando collaborazioni pubblico-privato per velocizzare ulteriormente il processo. Parlo in particolare di intelligenza artificiale e blockchain – per cui lo scorso Governo ha prodotto due strategie nazionali – Internet of Things, fino ad arrivare a tecnologie di frontiera come il super e quantum computing, ma tenendo sempre a mente che la frontiera avanza continuamente.

Fondamentale poi sarà investire in un asset importantissimo per il nostro Paese: l’agrifood-tech, settore d’eccellenza purtroppo solo sulla carta poiché nel 2020 è riuscito a intercettare solamente 21 milioni di euro di investimenti in venture capital, un’inezia considerando i 2 miliardi del Regno Unito.

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Sandbox e politiche d’avanguardia favorevoli, facendo attenzione a curare continuamente i nuovi settori strategici e più di frontiera, saranno quindi fondamentali per attrarre imprenditori e professionisti da tutto il Mondo.

Capitali di rischio per accelerare l’innovazione

Il tema degli investimenti è cruciale se si parla di innovazione. Le iniziative introdotte dai precedenti governi come CDP Venture CapitalFondo Italiano Innovazione ed Enea Tech stanno scaricando a terra i primi ottimi risultati ma molto ancora si può fare, anche e soprattutto potenziando questi stessi soggetti ed affinandone le missioni affinchè siano complementari e non sovrapponibili.

La Proposta di Legge che presenterò suggerisce al Governo diverse misure in questo campo tra cui l’istituzione di un nuovo veicolo di investimento focalizzato esclusivamente sull’attrazione di capitali di rischio esteri, e una cornice di riferimento semplificata per gli operatori: dematerializzazione, velocizzazione delle pratiche e riduzione degli oneri economici per le società di investimento ad i fondi regolamentati operanti in questo ambito, specie nella fascia pre-seed/seed che è quella che deve necessariamente svilupparsi nel Paese basandosi su cultura ed esperienza importate da ecosistemi più maturi.

Nell’ultimo decennio gli investimenti in startup in Italia sono cresciuti di 5 volte, in Francia di ben 50 volte. L’Italia può e deve cambiare passo sul fronte dei capitali di rischio, favorendo pluralirà e concorrenza degli operatori e guardando alle best practices internazionali, per diventare ecosistema ricco di opportunità per imprenditori e investitori.

Governance dell’innovazione

È solo la politica a poter gestire queste iniziative così importanti. Per poterlo fare ha necessità di governare con strumenti adeguati.

L’attuale Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale dovrà assumere un ruolo sempre più centrale e avere in capo più responsabilità, divenendo inoltre ministero con portafoglio. Il MiD dovrà coordinare attivamente le politiche del Governo ed essere riconosciuto nei fatti da tutti gli altri Ministeri, anche grazie al potenziamento del Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale.

Tutto ciò eviterebbe conflitti di competenze nella trasversalità intrinseca dell’innovazione, e l’avvio di iniziative autonome al di fuori della direzione principale intrapresa dal Governo.

Simili considerazioni per il Parlamento. Il futuro riassetto delle commissioni parlamentari permanenti – necessario a seguito del taglio dei parlamentari – non potrà che tenere conto dell’importanza delle diverse tematiche legate all’innovazione.

Una nuova “Commissione Innovazione e Telecomunicazioni” sarebbe fondamentale e avrebbe un ruolo centrale: guidare il Parlamento attraverso la transizione digitale e diventare strutturalmente capace di legiferare cavalcando le continue onde tecnologiche che cambiano economia e consumi e che oggi rincorriamo tardivamente.

Auspico convergenza bipartisan su questo tema, già affrontato con la proposta dei colleghi Invidia e Amitrano.

Negli ultimi anni l’Italia ha mosso passi importanti verso il futuro ma ha un divario pluridecennale da colmare rispetto ai principali Paesi europei con riferimento agli investimenti nell’ecosistema dell’innovazione. Questo oggi ci rende un paese meno competitivo ed è proprio investendo nei fattori di competitività che potremo tornare a giocare un ruolo importante sulla scena internazionale.

Abbiamo bisogno di una decisa iniziativa politica e di una politica coordinata nell’esecuzione.

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