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Confindustria: “Il digitale volano per la ripresa competitiva del Paese, ecco le nostre priorità”

L’Italia sembra aver finalmente intrapreso la strada giusta ma deve aumentare il proprio livello di digitalizzazione per colmare il divario che ci separa dai principali competitors a livello europeo e mondiale. Gli obiettivi di Confindustria

Pubblicato il 05 Gen 2023

Agostino Santoni

VP Confindustria con delega al Digitale

digitalizzazione - webfare

La Delega per il Digitale che il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha voluto nel suo programma di Presidenza, rappresenta per Confindustria nazionale un deciso segno di svolta rispetto al passato, prima volta di una Vicepresidenza per il Digitale, a testimoniare le potenzialità della digitalizzazione come volano per la ripresa competitiva del Paese e per accompagnare le nostre imprese nel processo di transizione digitale e sostenibile.

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Le priorità per la modernizzazione del Paese

Per svolgere al meglio il mio compito, ho individuato alcune priorità che ritengo necessario sviluppare nel corso di questo mio mandato, in quanto abilitanti al processo di modernizzazione del Paese.

Promuovere lo sviluppo e la diffusione delle Competenze Digitali

Anzitutto promuovere lo sviluppo e la diffusione delle Competenze Digitali, per favorire l’adozione delle tecnologie digitali da parte di imprese, cittadini e Pubblica Amministrazione. Il nostro Paese sconta ad oggi un forte gap nei confronti dei principali competitors europei in termini di capitale umano. Rispetto alla media UE, l’Italia registra infatti livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi, collocandosi al 24º posto su 27 tra i paesi UE. (Fonte: UE – DESI 2022)

Anche riguardo alla disponibilità di specialisti digitali nell’ambito del mondo del lavoro il nostro paese si posiziona al di sotto della media UE, a causa dei modesti tassi di iscrizioni e di laureati nei percorsi STEM, in particolare del settore ICT.

Per consentire all’Europa di raggiungere gli obiettivi sulle competenze digitali previsti nel “Percorso per il decennio digitale” per il 2030, è necessario che il nostro Paese attui un deciso cambio di passo, attivando percorsi qualificati di formazione, riqualificazione e aggiornamento professionale e dando concreta attuazione alle misure previste dalla Strategia Nazionale per le competenze digitali

Lo sviluppo dell’Economia dei Dati nazionale

La seconda priorità è contribuire allo sviluppo dell’Economia dei Dati nazionale, in coerenza con gli obiettivi della più ampia Strategia europea dei Dati e con il lavoro svolto da Confindustria in questi 2 anni, favorendo la progettualità e lo sviluppo di servizi digitali evoluti per valorizzare il patrimonio informativo delle nostre organizzazioni.

È più che mai opportuno promuovere la partecipazione delle nostre organizzazioni a progetti che abbiano lo scopo di facilitare gli scambi di dati tra il mondo delle imprese, della ricerca e delle istituzioni, nel rispetto dei principi europei, in particolare, della privacy e della proprietà sui dati, come ad esempio il progetto Gaia-X.

Gaia-X ha l’obiettivo di creare un ambiente aperto, trasparente e sicuro, in cui dati e servizi possono essere resi disponibili, raccolti e condivisi in un ambiente di fiducia che permetta alle aziende di sviluppare progettualità per la valorizzazione del patrimonio informativo e di mantenere il controllo sui propri dati.

Abbiamo costituito il Regional Hub italiano su mandato dell’ex MISE, del MITD e del MUR con l’obiettivo di favorire la creazione di “data space” nazionali a livello di filiera e sviluppare progettualità per valorizzare il patrimonio informativo del Paese.

Per rendere pienamente operativo il Regional Hub italiano è tuttavia necessario che le istituzioni diano seguito a quanto definito nella lettera di mandato a Confindustria, provvedendo a stanziare cospicue risorse per finanziare i bandi per promuovere la progettualità a supporto della data economy e per supportare l’attività del Regional Hub italiano.

Digitalizzazione delle Infrastrutture nazionali

Un’altra priorità è favorire il processo di Digitalizzazione delle Infrastrutture nazionali, in particolare le cosiddette infrastrutture critiche, il cui funzionamento è necessario ad assicurare l’erogazione dei servizi essenziali per garantire l’operatività di imprese, pubbliche amministrazione e cittadini.

Non solo quindi investimenti per le infrastrutture digitali di rete, Fibra, 5G , FWA, ma anche risorse per digitalizzare le infrastrutture essenziali nazionali, come le reti elettriche, gasdotti e oleodotti, il sistema idrico, i trasporti e la viabilità, per assicurare lo sviluppo di servizi digitali più evoluti e un efficientamento dei costi pubblici e privati, con conseguente miglioramento della produttività del Paese.

Il recente impegno preso in sede di G7 dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e dagli altri leader dei paesi occidentali, di uno stanziamento iniziale di 600 miliardi di dollari entro in 2027 per lo sviluppo e il potenziamento delle infrastrutture globali attraverso il programma “Partnership for Global Infrastructure and Investment”, è un segnale inequivocabile della valenza strategica che il processo di digitalizzazione delle infrastrutture rivestirà nel corso del prossimo quinquennio.

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La Cybersecurity al centro del processo di trasformazione digitale

Se i benefici del processo di transizione digitale in atto sono sempre più evidenti, sia in termini di produttività che di efficientamento dei processi, è allo stesso tempo necessario mettere in evidenza i rischi connessi alla diffusione e all’utilizzo delle tecnologie digitali.

Il processo di digitalizzazione in atto e la diffusione massiva di oggetti connessi e interconnessi, dai devices ai sensori IoT, dai macchinari 4.0 ai sistemi di telemonitoraggio, comporta una progressiva estensione della superficie soggetta a possibili attacchi informatici in grado di compromettere l’erogazione dei servizi essenziali al Paese e di causare ingenti danni al nostro sistema produttivo.

È assolutamente prioritario mettere la Cybersecurity al centro del processo di trasformazione digitale, per la protezione delle infrastrutture critiche nazionali (energia, trasporti, sanità, oleodotti, reti digitali), dei sistemi produttivi e delle informazioni strategiche, guardando alla cybersicurezza non come un costo bensì come un investimento.

La sfida è creare un Sistema Paese resiliente, capace di prevenire il maggior numero possibile di attacchi informatici e di limitare limitando gli effetti negativi di quelli che colpiscono l’obiettivo. La protezione delle infrastrutture critiche nazionali, spesso gestite da soggetti privati, diventa una componente essenziale della strategia nazionale di cybersecurity.

È necessario sviluppare e promuovere iniziative per la diffusione della cultura e la pratica della cybersecurity tra le nostre imprese, in larghissima parte PMI che per natura e dimensioni incontrano difficoltà nell’approcciare i temi della transizione digitale e, nello specifico, il tema della sicurezza ad essa collegato.

La Cybersecurity richiede inoltre disponibilità di competenze e figure professionali qualificate, percorsi di formazione specifici in grado di formare e aggiornare chi opera in azienda e nelle pubbliche amministrazioni, per limitare al minimo i comportamenti e le azioni che possano comprometterne la sicurezza.

Le tecnologie digitali per la Sostenibilità e l’economia Circolare

Da ultimo, ma sicuramente non meno importante, lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie digitali per la Sostenibilità e l’economia Circolare.

È fondamentale investire in infrastrutture resilienti ai cambiamenti climatici, in tecnologie per nuove forme di energy e in supply chain basate su energia pulita e rinnovabile, investire in infrastrutture per il trasporto a basse emissioni, in batterie per le auto elettriche, in tecnologie scalabili e innovative per siti che non hanno accesso all’energia pulita.

Piano Transizione 4.0 e prime fasi di attuazione del Pnrr: stato dell’arte e criticità

Il Piano Transizione 4.0 è un pilastro del PNRR, è lo strumento chiave per la modernizzazione delle imprese ed è fondamentale garantirne l’efficacia e la sua capacità di orientare e accompagnare le imprese nel processo di transizione verso un modello produttivo digitalizzato e sostenibile.

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Secondo i primi dati disponibili sull’accesso alle misure del Piano, risulta che le imprese abbiano ampiamente utilizzato le agevolazioni fiscali soprattutto per l’acquisto di macchinari 4.0, per le attività di formazione sull’utilizzo delle tecnologie digitali e per l’attività di ricerca e innovazione. Il Piano quindi si è dimostrato efficace nell’attivare nuovi investimenti e nell’orientare le imprese. Ma c’è ancora molto da fare. Diversi report che analizzano il livello di digitalizzazione delle imprese ci dicono che è stata fatta molta strada ma che restano ancora dei gap da colmare, soprattutto nelle imprese di dimensione più piccola, dove per la maggior parte la digitalizzazione resta ad un livello di base. È quindi necessario continuare a supportare le imprese con misure adeguate e insistere sulle competenze: la priorità per moltissime imprese, soprattutto quelle di dimensioni più piccole, è la conoscenza.

Ci auguriamo quindi che anche per il 2023 si possano mantenere le attuali aliquote del credito d’imposta per gli investimenti 4.0, per la formazione e per l’attività di ricerca e sviluppo. Sappiamo che il governo sta lavorando in questo senso e che l’intenzione è di utilizzare le risorse del PNRR assegnate al Piano e ancora disponibili. In assenza di interventi, dal 2023 il Piano sarà fortemente ridimensionato per gli investimenti e non ci sarà alcun supporto per la formazione, aspetto non trascurabile visto il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e la difficoltà delle imprese nel trovare profili professionali coerenti con le esigenze di innovazione digitale.

Il rischio è un blocco degli investimenti soprattutto nelle PMI, che si trovano ad affrontare problemi enormi, con il prezzo dell’energia ai massimi storici, la crescita dell’inflazione, il rialzo dei tassi di interesse e le conseguenti difficoltà di accesso al credito, la carenza e i costi delle materie prime .

In questo scenario, quindi, è essenziale garantire un adeguato supporto per la transizione digitale e il PNRR resta un’occasione unica per l’Italia, un intervento di politica fiscale e industriale senza precedenti.

Ad oggi l’Italia è sostanzialmente in linea con gli obiettivi fissati, avendo rispettato l’impegno a conseguire tutti i 45 traguardi e obiettivi del primo semestre 2022 e inviato alla Commissione Europea la richiesta relativa al pagamento della seconda rata, pari a 24,1 miliardi di euro.

Lo stato dell’arte

Sono state completate le attività per l’avvio dei lavori per la realizzazione dei progetti di connettività per la banda ultra larga: tutte le gare sono state aggiudicate tra aprile e giugno e sono stati firmati i relativi contratti di assegnazione delle risorse. Siamo entrati nella fase attuativa del processo che porterà il Paese a raggiungere gli obiettivi della Gigabit society entro il 2026, ovvero la copertura integrale del Paese con una connettività almeno pari a 300 Mbit in download.

Sono stati avviati i lavori per la realizzazione del Polo Strategico Nazionale (PSN), e i fondi per la digitalizzazione delle PA centrali e locali sono stati in larga parte assegnati.

Dobbiamo concentrarci sulla fase di execution, è l’urgenza a scandire i tempi di attuazione delle misure previste dal PNRR: dobbiamo fare in fretta e fare bene.

Le risorse a nostra disposizione devono essere indirizzate in modo chiaro e rigoroso, serve un’accurata azione di monitoraggio che possa permettere di intervenire tempestivamente durante la fase esecutiva qualora le misure adottate non siano in linea con gli obiettivi fissati.

Rifinire le modalità attuative del PNRR

Una radicale “rivisitazione” del PNRR, di cui si sente parlare molto in questi giorni, seppur alla luce dei pesanti effetti negativi per l’Europa dovuti al conflitto Russo-Ucraino attualmente in corso, aumento del costo dell’energia e delle materie prime, rischierebbe di condizionare il raggiungimento degli obiettivi del Piano stesso, vanificando gli sforzi fatti e i risultati sin qui conseguiti.

Nel preservare la macro struttura del PNRR, obiettivi e missioni, sarebbe però auspicabile rifinire le modalità attuative, agevolando il più possibile la fase di execution e rimuovendo potenziali vincoli e impedimenti che possano in qualche modo ostacolarla, accelerando ad esempio sull’adozione dei decreti attuativi ad oggi pendenti, semplificando gli adempimenti burocratici a carico delle imprese, rimuovendo gli ostacoli amministrativi a livello di amministrazioni locali per dare corretta attuazione a norme a tutt’oggi in vigore ma che trovano applicazione sono in ordine sparso a livello territoriale.

È necessario velocizzare e indirizzare le risorse a nostra disposizione verso gli obiettivi da raggiungere: anche un recente studio SDA dell’Università Bocconi e Intesa Sanpaolo ha messo purtroppo in evidenza la necessità di accelerar stimando ad oggi un impatto cumulato del Piano di ripresa e resilienza al 2026 al 2,5% del PIL, un valore al di sotto del DEF 2021 (+3,6%) e 2022 (+3,2%). Questo significa che occorrerà accelerare negli investimenti e centrare tutti gli obiettivi previsti, senza finire ostaggio dei vincoli della burocrazia.

I nuovi modelli dell’innovazione dalle start up innovative ai Competence Center

I nuovi modelli per la diffusione della conoscenza e delle competenze, dai Competence Center ai Digital Innovation Hub, sono degli strumenti straordinari che devono essere anzitutto valorizzati, sostenuti, adeguatamente promossi nel nostro tessuto industriale, messi a sistema attraverso un piano nazionale che ne determina gli ambiti di azione e ne assicura il coordinamento.

Dobbiamo promuovere questi strumenti e portarli a conoscenza delle nostre imprese, mettere in collegamento diretto offerta e domanda di competenze e soluzioni tecnologiche per favorire lo sviluppo competitivo del Paese. In questo senso Confindustria sta facendo un lavoro importante con i suoi Digital Innovation Hub. Si sta cercando di fare rete con i Competence center, promuovendo l’incontro tra domanda e offerta di innovazione. I DIH accompagnano le imprese nella valutazione della propria maturità digitale, indicano una possibile roadmap e poi le orientano verso i Competence center dove possono trovare supporto su specifici progetti di innovazione e vedere esempi concreti di tecnologie digitali applicate ai processi produttivi.

Quanto al contributo delle Startup innovative allo sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie digitali è a mio avviso fondamentale, di straordinaria importanza. Anello di congiunzione tra il mondo della ricerca e il complesso sistema economico, potendo contare su professionalità altamente qualificate e su un marcato spirito imprenditoriale costantemente orientato al futuro, vanno opportunamente supportate e tutelate lungo tutto il ciclo di vita, sia attraverso incentivi mirati sia mettendo loro a disposizione strumentazione e infrastrutture abilitanti in cui poter concretizzare le loro idee progettuali.

Conclusioni

L’Italia sembra aver finalmente intrapreso la strada giusta ma deve aumentare il proprio livello di digitalizzazione per colmare il divario che ci separa dai principali competitors a livello europeo e mondiale.

Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale attivare campagne di sensibilizzazione sul territorio e coinvolgere nel processo le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale del tessuto produttivo del nostro Paese, prevedendo azioni mirate di accompagnamento nel percorso di transizione al digitale sia a livello di competenze digitali che di progettualità.

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