gli interventi

Coronavirus: se anche la neutralità della rete finisce in quarantena

Il tema della net neutrality entra nel contesto emergenziale da Covid-19 insieme ai molti i temi trasversali finiti sotto la lente: anche la rete, messa a dura prova dall’intenso traffico delle ultime settimane, deve accettare l’intervento di pratiche di traffic shaping a scapito del suo carattere neutrale

Pubblicato il 04 Apr 2020

Lorenzo Giannini

Consulente legale privacy e DPO

net-neutrality

A seguito del pericoloso quanto improvviso sovraffollamento delle infrastrutture digitali dovuto al coronavirus – che ha costretto molti lavoratori allo smart working e gli studenti alla didattica a distanza, senza contare l’uso del web a scopo ludico/intrattenimento – si è imposta l’urgenza di “mettere in quarantena” anche l’idea di una rete che possa dirsi totalmente neutrale, per evitare conseguenze che senza esagerazioni potremmo definire catastrofiche.

Vediamo perché si tratta di una necessità volta a garantire la stessa esistenza della rete e perché fin da ora occorre pianificare adeguati investimenti nelle infrastrutture di rete fissa e mobile attraverso l’implementazione del 5G e della tecnologia FTTH.

Dal lavoro agile all’eLearning, l’importanza della rete nell’emergenza

Mai come in questo particolare momento storico ci appare evidente l’importanza sempre maggiore della rete quale spazio nel quale esercitare i nostri diritti fondamentali, adempiere ai doveri e usufruire di infiniti servizi. Come il web abbia reso possibile il superamento delle distanze fisiche e dei confini territoriali delle sovranità nazionali, oltre a consentire, grazie anche al fenomeno della “convergenza tecnologica”, la fruizione di servizi multimediali avanzati.

La rete ha, di fatto, facilitato e velocizzato lo scambio di dati di ogni genere, ha dato vita a innovative tipologie di offerta di beni e servizi, ha permesso di ideare nuove strategie pubblicitarie e di marketing, nonché di dar la luce a nuove modalità operative, di studio e di ricerca, anche in campo medico.

I social network hanno modificato il nostro “essere comunità” e i rapporti interpersonali che viviamo quotidianamente; e con la dimensione individuale è cambiata anche quella collettiva.

Implicazioni ancora più dirompenti indotte dalla digitalizzazione possono essere colte sul piano delle relazioni industriali e commerciali, anche a livello di PMI, linfa produttiva del nostro Paese, se consideriamo quanto quest’ultima sia in grado di incidere sull’efficienza e, dunque, sulla competitività delle aziende.

Mai come ora, nel pieno dell’emergenza epidemiologica del coronavirus, è possibile toccare con mano l’essenza e le implicazioni di tutti questi molteplici aspetti: è infatti anche grazie alla rete che molte realtà, sia in ambito privato che pubblico, possono dare continuità operativa in modalità smart working – seppur talvolta solo parzialmente e con non poche difficoltà – alla propria attività lavorativa, oppure che molti studenti possono proseguire la loro attività didattica attraverso piattaforme eLearning.

È grazie alla rete che l’approvvigionamento di notizie viene reso più capillare e l’azione dei servizi sanitari più celere; è sempre grazie alla rete che è possibile mantenere i contatti sociali (magari attraverso una videochiamata) o fare la spesa restando comodamente seduti sul divano. Infine – aspetto secondario ma non trascurabile – è innegabile come i molteplici servizi della società dell’informazione di cui oggi possiamo godere vadano a “comprimere” le interminabili ore da trascorrere obbligatoriamente all’interno della propria abitazione.

Vantaggi e svantaggi della rete aperta

Occorre considerare come il carattere “aperto” della rete renda possibile a chiunque (o quasi, alla luce del problema del digital divide) accedervi per trasmettere e ricevere qualsiasi tipo di informazione. Ebbene, se questa apertura da un lato ha costituito un’importante concausa dei vantaggi più sopra descritti, ciò non di meno è stata certamente responsabile dell’introduzione di tecniche di controllo e gestione dei dati che, eccezion fatta per i casi in cui vadano a vantaggio del funzionamento della rete stessa (pensiamo, ad esempio, all’attività di gestione del traffico dei providers al fine di scongiurare eventuali collassi dovuti a un suo sovraccarico durante le cosiddette ore di picco ), presuppongono e agevolano un vaglio delle informazioni volto a favorire determinati contenuti rispetto ad altri. Ebbene, il peso di questi interventi va a riflettersi negativamente sulla libertà di comunicazione esercitata in rete e sulla sua natura “aperta”.

La neutralità della rete, cos’è e perché è importante

Alla definizione del termine net neutrality(o network neutrality”) e alla sua applicazione a internet ha contribuito per primo l’accademico americano Tim Wu, nel 2003, intendendolo come un “principio di progettazione” della rete che porti a trattare tutti i contenuti in essa veicolati allo stesso modo. In quest’ottica, gli Internet Service Providers (ISP) devono adottare un modello di gestione che non sia discriminatorio rispetto ai contenuti in base al loro tipo, volume, alla loro origine o destinazione.

Immaginiamo dunque internet come un’autostrada, l’autostrada dell’informazione. Immaginiamo ora che il gestore della rete abbia previsto delle corsie preferenziali riservate a una certa parte di utenza disposta a pagare un surplus per godere di migliori condizioni di utilizzo del servizio attraverso una “prioritarizzazione” dei dati rispetto ad altri (cosiddetta “prioritarization”), mentre l’altra venga instradata in “corsie lente” o“slow lanes” subendo un rallentamento della circolazione dei dati (cosiddetta degradation”) o il completo blocco di dati (“blocking”).

Per farlo vengono utilizzate le tecniche dette di deep packet inspection, attraverso le quali, come fossero impiegati del servizio postale, gli ISP “aprono” i pacchetti di dati al fine di verificarne il contenuto e, in base a quest’ultimo, decidono se e con quale priorità recapitare l’informazione.

Attraverso questo modello di broadband discrimination i providers da meri fornitori di accesso alla rete e gestori disinteressati del traffico telematico, agiscono attivamente con meccanismi discriminatori nei confronti degli stessi utenti abbonati. In senso diametralmente opposto, una rete “neutrale” affonda invece le radici nell’astensione da parte degli ISP dal filtraggio di dati ed applicazioni a discapito di altre, evitando quindi la realizzazione di una differenziazione nelle velocità di distribuzione all’interno della rete[1].

Chi paga il prezzo di una rete non “neutrale”

È evidente, dunque, come con ogni probabilità a far le spese maggiori di una rete non neutrale non sarebbero tanto i grandi operatori del mercato digitale (come ad esempio gli OTTOver The Top) quanto piuttosto gli utenti “normali”, che dovrebbero pagare un extra per essere inclusi nelle corsie preferenziali del traffico più veloce, o ancora le piccole imprese di e-commerce, alle quali sarebbe richiesto un oneroso compenso per svolgere la propria attività economica basata sul web.

Va sottolineato comunque, come accennato in apertura, che le pratiche di gestione della rete da parte degli operatori possono avere talvolta risvolti positivi – finanche necessari – o, quantomeno, è pacificamente ammesso un loro utilizzo in determinate situazioni.

Gestire il sovraccarico delle reti per evitarne il collasso

Così, un servizio come l’email per il quale la velocità trasmissiva non è un fattore determinante, può accogliere l’idea – con buona pace dei suoi utilizzatori – di un leggero ritardo temporale fra il momento dell’invio e quello della ricezione delle informazioni; viceversa, una conversazione tramite VoIP o un intervento di telemedicina non potranno prescindere da una connessione tempestiva e qualitativamente valida in grado di garantire un trasferimento dei dati in real time.

C’è però un’altra ipotesi in cui l’ingerenza degli ISP non solo è consentita ma è per di più auspicabile, ovvero quella di gestire le ipotesi di sovraccarico delle reti, scongiurandone il collasso. Proprio a seguito dell’emergenza da Covid-19, gli impatti positivi della rete sopra descritti si stanno ritorcendo contro la stessa come un boomerang: il cambiamento nello stile di vita non solo materiale ma anche digitale delle ultime settimane a livello globale[2], sta conducendo le infrastrutture sull’orlo del crash, rendendo pertanto necessario un intervento da parte delle istituzioni e delle autorità competenti.

Gli interventi sulla net neutrality in ambito Ue

Sull’onda della pandemia in corso, a livello europeo sono intervenuti l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) e la Commissione Europea che attraverso una dichiarazione congiunta del 20 marzo scorso[3], pur non abbandonando del tutto il principio dell’Open Internet Regulation (EU) 2015/2120[4] e confermando come la situazione sia ancora gestibile, hanno tuttavia colto i segnali allarmanti di una rete sempre più satura.

Pertanto, è stata ammessa una deroga che consenta agli operatori di rete di effettuare pratiche di traffic shaping qualora siano «ragionevoli, vale a dire trasparenti, non discriminatorie, proporzionate e basate su differenze oggettivamente tecniche di traffico». Inoltre, le misure non potranno riguardare categorie particolari e non potranno durare più dello stretto necessario.

Non solo. Il documento va anche a richiamare gli operatori Telco, fornitori di applicazioni e contenuti e gli stessi utenti, a un «uso responsabile» della rete durante la fase emergenziale. Un appello rilanciato da Thierry Breton, il commissario francese al Mercato Interno e alla promozione del Mercato Unico Digitale, che attraverso il suo canale Twitter, all’insegna dell’hashtag #SwitchToStandard, ha invocato il downgrade della qualità streaming dei contenuti in alta definizione.

La proposta, rivolta a tutte le maggiori piattaforme video, è stata accolta da Netflix, Youtube e Prime Video (solo per citarne alcuni), che hanno provveduto alla riduzione del bitrate di trasmissione dei propri contenuti, portando la qualità della definizione a livelli standard.

La situazione in italia

Anche in Italia, Alessandro Morelli (Lega), Presidente della Commissione Tlc alla Camera, ha sottolineato l’importanza di assicurare priorità del servizio internet per le finalità sanitarie e di sicurezza, così come «per tutti gli italiani che in questo momento lo utilizzano per il lavoro e l’istruzione da remoto».

Dal punto di vista normativo, nel nostro Paese è intervenuto il Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto “Cura Italia”) che, rivolgendosi agli operatori, ancorché con connotati generici ha posto le condizioni per l’adozione di misure e iniziative volte al potenziamento delle infrastrutture sull’intero territorio nazionale.

L’articolo 82, recante “Misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche”, prevede che dall’entrata in vigore del decreto e fino al prossimo 30 giugno 2020 le imprese che svolgono attività di fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche intraprendano misure e svolgano «ogni utile iniziativa atta a potenziare le infrastrutture e a garantire il funzionamento delle reti e l’operatività e continuità dei servizi», oltre ad adottare «tutte le misure necessarie per potenziare e garantire l’accesso ininterrotto ai servizi di emergenza». Devono infine essere in grado di soddisfare «qualsiasi richiesta ragionevole di miglioramento della capacità di rete della qualità del servizio da parte degli utenti, dando priorità alle richieste provenienti dalle strutture e dai settori ritenuti “prioritari” dall’unità di emergenza della PdC o dalle unità di crisi regionali».

Dando seguito a quanto previsto al sesto comma l’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom), attraverso la circolare del 20 marzo scorso, ha previsto la possibilità per gli operatori di proporre alla stessa Autorità «eventuali misure ragionevoli e temporanee di traffic management […] volte ad evitare la congestione e la saturazione delle reti fisse e mobili specie in particolari momenti della giornata, in coerenza con la normativa vigente e con le iniziative assunte in ambito Berec»[5].

Cosa fanno gli altri Paesi

Misure simili – qui difficilmente esauribili con spirito di esaustività – sono state intraprese in altri Paesi.

In Austria, ad esempio, la Rundfunk und Telekom Regulierungs-GmbH (RTR), ossia l’autorità di regolamentazione delle comunicazioni austriaca, ha autorizzato gli operatori a limitare alcuni servizi online come i flussi video in caso di emergenza, mentre viene mantenuta costante la velocità di servizi quali i portali di informazione del governo. Un intervento del genere, che a condizioni normali andrebbe a bypassare il concetto di neutralità della rete, viene ora accettato per impedire l’overload della stessa.

Anche sull’altra sponda dell’Atlantico, per quanto l’emergenza sia arrivata in un secondo momento, è intervenuta la Federal Communications Commission (FCC) che, se da un lato ha condotto gli ISP all’impegno di rinunciare alle ‘late fees’ dei clienti e a non interrompere i servizi in caso di mancati pagamenti causati dal contesto pandemico[6], dall’altro non ha convinto gli stessi a sospendere i cosiddetti ‘data caps’. Infatti, nonostante l’invito da parte del presidente della FCC Ajit Pai di allentare le politiche di limitazione dei dati in circostanze appropriate, l’impegno degli operatori di rete non ha incluso alcuna promessa in tal senso, eccezion fatta per l’apertura da parte di AT&T[7].

Conclusioni

L’emergenza da Covid-19 sta imponendo alla collettività globale di rispondere in tempi rapidi a enormi sfide, presenti e future, sotto il profilo sanitario ed economico. Sullo sfondo anche la rete, preziosa alleata nel fronteggiare l’emergenza, sta combattendo una delle battaglie più grandi dalla sua nascita.

Appare evidente come nell’attuale contesto emergenziale l’idea di una rete completamente neutrale possa essere messa momentaneamente in stand by, in un’ottica di contemperamento, per preservare un bene più importante: la rete stessa.

Lo stesso Ministro per l’Innovazione Digitale Paola Pisano ha ricordato come internet debba essere considerato «un bene prezioso come potrebbe essere l’acqua».

Così, come la libertà di circolazione prevista all’art. 16 della nostra Carta costituzionale è stata compressa e il diritto alla protezione dei dati personali può andare incontro a delle momentanee[8] limitazioni[9], anche la neutralità della rete si trova a dover scontare il prezzo della pandemia.

Infine, anche se può apparire prematuro, è già possibile scorgere un fondamentale monito per il futuro: l’importanza di continuare a investire nelle infrastrutture di rete fissa e mobile attraverso l’implementazione del 5G e della tecnologia FTTH per la realizzazione della Gigabit Society[10] e, prima ancora, per preservare e potenziare una delle più importanti tessere del grande mosaico dell’attuale epoca digitale.

  1. L’esigenza di una rete che rimanga indifferente, neutrale, circa l’origine e il contenuto dei pacchetti dati che deve trasportare ed instradare viene fatta discendere dal principio di progettazione delle reti c.d. “end-to-end”, per il quale tutte le operazioni specifiche nella elaborazione dei messaggi devono essere svolte dai terminali posti alle estremità della comunicazione, ossia quelli più vicini agli utenti (c.d. “end point”), e lasciare ai nodi interni alla rete (c.d. “intermediate node”) lo svolgimento di compiti più semplici come il mero trasporto e l’instradamento dei dati.
  2. Dopo le misure di contenimento adottate anche dall’India lo scorso 24 marzo, secondo AFP (Agence France-Presse) il numero delle persone confinate nella propria abitazione è salito a 2,6 miliardi in tutto il mondo.
  3. https://berec.europa.eu/eng/document_register/subject_matter/berec/others/9236-joint-statement-from-the-commission-and-the-body-of-european-regulators-for-electronic-communications-berec-on-coping-with-the-increased-demand-for-network-connectivity-due-to-the-covid-19-pandemic
  4. Regolamento “Telecom Single Market”, con cui è stato sancito formalmente il principio di neutralità della rete a livello comunitario.
  5. Cfr. punto 5 delle “Misure dirette a tutti gli operatori”.
  6. Cfr. “Keep Americans Connected Pledge”: https://docs.fcc.gov/public/attachments/DOC-363033A1.pdf.
  7. Cfr., sul punto, https://arstechnica.com/tech-policy/2020/03/at-comcast-keeps-charging-overage-fees/.
  8. Cfr. con l’intervista del presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9292565
  9. Cfr. art 14 D.L. 9 marzo 2020, n. 14.
  10. Connectivity for a Competitive Digital Single Market – Towards a European Gigabit Society: https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/communication-connectivity-competitive-digital-single-market-towards-european-gigabit-society

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