L'ANALISI

Innovazione contro l’epidemia. Ma la burocrazia va semplificata

La Corea del Sud insegna: le nuove tecnologie aiutano ad affrontare e gestire la crisi con meno danni e meno morti. Servono però infrastrutture efficienti soprattutto nei settori dell’acqua, delle Tlc, della sanità. Per farlo occorrono strategie politiche in grado di superare arretratezze e chiusure

Pubblicato il 13 Mag 2020

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione

5G

Solo l’innovazione può fare da premessa a una reale ripartenza del Paese. Ma servono strategie almeno a medio termine che puntino a una semplificazione della macchina burocratica in grado di sbloccare il potenziale del Paese. E che sia orientata a investire su ricerca e sviluppo, infrastrutture digtali, Sanità digitale, scuola.

La “profezia” di Bill Gates

Dell’ormai celeberrima presentazione The next outbreak? We are not ready, tenuta nel 2015 da Bill Gates, ricordiamo le frasi più importanti: “Se qualcosa procurerà la morte di 10 milioni di persone nei prossimi decenni, quella cosa potrà essere un virus altamente infettivo, più che la guerra. Una della cause sarà che abbiamo investito gigantesche risorse in deterrenza nucleare, ma abbiamo investito ancor oggi ben poco per fermare un’epidemia… Potrà essere una malattia virale in cui le persone si sentono comunque abbastanza bene mentre in realtà sono già contagiose mentre salgono su un aereo o vanno al mercato”.

Di quella previsione così straordinariamente lucida e così utile, per chi avesse avuto l’umiltà di ascoltarla e di provvedere di conseguenza, merita anche ricordare l’invito ad utilizzare in modo intelligente le nuove tecnologie: i dati dei telefoni mobili con le informazioni sulle persone e sulle loro relazioni, la georeferenziazione che descrive i loro movimenti, i progressi della biologia. Gates vede queste risorse dedicate ad un sistema globale di tutela della salute. E vede istituzioni come l’esercito e la Nato al servizio di un progetto di prevenzione delle epidemie globali.

La Corea e la Cina hanno provato ad applicare le nuove tecnologie per strutturare una difesa più efficace della semplice quarantena. In questo hanno fatto tesoro sia della precedente esperienza in tema di epidemie (la Sars in particolare) sia della dotazione di reti avanzate e di connessioni evolute.

E poi c’è il tema della privacy, anche se esso, pure evocato nei dibattiti in corso nei paesi occidentali, in realtà non è stato neppure messo alla prova. Ovvero, nessuno ha proposto seriamente di utilizzare i nuovi strumenti di monitoraggio dell’epidemia, che le connessioni mobili consentono. Eppure alcune sperimentazioni, pure nella loro semplicità, avevano dimostrato la potenza di questi strumenti.

L’esperimento digitale di Venezia

Durante il Carnevale del 2019 e durante la Festa del Redentore a Venezia i movimenti dei turisti e della popolazione erano stati monitorati con l’utilizzo delle celle della rete mobile, tutelando la privacy. Si trattava di un campionamento limitato, ma da esso si poteva ricavare la mobilità prevalente in tutta la città, con possibili applicazioni utili per il monitoraggio dei flussi, per la protezione civile, la sanità, la sicurezza.

Il “tesoro” dei dati conservati dalle Tlc

In una recente intervista Luigi Gubitosi, AD di TIM, ha ripreso e sviluppato il tema posto da Bill Gates nel 2015. Senza tracotanza ha detto che le autorità possono decidere subito di utilizzare quei dati in tempo reale, da cui ricaverebbero un efficace monitoraggio dei movimenti e dai data base che i gestori devono conservare per un certo periodo a fini di indagine della magistratura. Da quei data base potrebbero ricostruire i movimenti dei soggetti infetti e i collegamenti che essi hanno avuto con altri soggetti nel corso di incontri singoli o collettivi.

Anche la Telemedicina, che in Italia era partita in anticipo rispetto ad altri paesi, può dare importanti strumenti per gestire l’emergenza dell’epidemia: di fatto i medici di base la stanno già applicando, sia pure in un modo assai rustico e fai da te, con e-mail, whatsapp, sms etc. strumenti utilissimi, ma fuori da un ordinato workflow che garantisca l’acquisizione di informazioni ordinate e standardizzate.

Invece, di rilevazioni ordinate e standardizzate c’è oggi un grande bisogno: tra le criticità nella gestione, non solo italiana, dell’epidemia, quella della significatività dei dati rilevati è una delle più gravi. Tali dati infatti, non essendo standardizzati nelle modalità e nei tempi di raccolta e non rispondendo a nessun criterio di corretta rilevazione statistica, forniscono evidenze del tutto fuorvianti.

Questo significa che le decisioni di intervento e la ricerca si basano solo su dati scarsamente significativi e poco attendibili.

Superare le arretratezze

Tra Cina e Corea la differenza nel controllo del coronavirus può essere ricondotta a questo: mentre la Cina ha implementato in modo ferreo le misure di quarantena generalizzata, sperimentando anche l’utilizzo delle nuove tecnologie, la Corea del Sud ha portato avanti un programma di controllo via test, con monitoraggio dei movimenti e dei contatti attraverso i dati di rete connessi alle sim, ai cellulari, alle transazioni delle carte di credito, alle telecamere di sorveglianza. La Corea ha fatto tesoro dell’esperienza della SARS e ha seguito l’indicazione di Bill Gates: usare le nuove tecnologie per rendere più intelligente tutto il sistema di risposta alla pandemia: indirizzando la ricerca degli infetti, indagando e ricostruendo i loro movimenti e i loro contatti, estendendo i test ai cerchi concentrici dei potenziali contagiati.

Uno degli strumenti usati in Corea è l’analisi dei movimenti tramite tracciamento delle transazioni effettuate con le carte di credito, essendo la Corea il paese al mondo in cui le transazioni con moneta elettronica sono più elevate. Questa sarebbe una sfida che il nostro Paese, sempre pronto a difendere il contante e i contantisti, avrebbe enormi difficoltà ad affrontare. Si tratta di un problema che ha radici profonde per recidere le quali occorre un governo con una visione di medio termine ed una determinazione ferrea.

Il grande ricatto del lavoro nero

Ma si tratta di un problema assai più rilevante della sola riduzione dell’evasione fiscale, come si vede dall’importanza del suo impatto sul monitoraggio del coronavirus. L’area del contante è infatti l’area del lavoro nero, dell’illegalità, dell’evasione. Un problema che, come vedremo nelle prossime settimane, renderà difficilmente gestibile e sommamente iniqua ogni forma di sostegno del reddito degli aventi bisogno. E’ l’area sociale, per intenderci, che per prima pone in atto ricatti contro le autorità e contro i decreti di quarantena da esse emanati, per ottenere in cambio deroghe, aiuti, sguardi che si rivolgano altrove per non sorvegliare le aree della illegalità che vogliono rimanere sfocate intorno all’economia sommersa.

Quell’area porrà in atto tutti i ricatti possibili per ottenere una parte dei futuri trasferimenti di risorse che dallo Stato andranno in direzione delle famiglie e delle imprese.

In Corea il 4G avanzato e il 5G sono molto diffusi: oltre 860.000 antenne coprono con grana fine il territorio, consentendo la georeferenziazione dei cellulari a grana molto fine. I cellulari hanno tutti l’abbinamento con il proprietario e questo consente di mappare i movimenti dei soggetti e non solo quelli dei terminali. Ciò aiuta a rendere selettivi ed efficaci i controlli tramite tampone della popolazione che può aver contratto il corona virus.

Infine nel paese, anche per lo sviluppo dei servizi 5G, vi sono 8 milioni di telecamere a circuito chiuso, che possono essere utilizzate dalle autorità per monitorare i movimenti delle persone.

A chi obietta che queste azioni sono tipiche di un paese non liberale, si può chiedere se sia più liberale chiudere le persone indiscriminatamente a casa per un periodo indeterminato di giorni, sulla base dello slogan “il virus è un nemico invisibile”.

La Corea ha cercato di renderlo più visibile, per combatterlo meglio e con meno costi e limitazioni della libertà della popolazione.

Semplificare per ripartire

L’innovazione richiede semplificazioni e snellimenti della macchina burocratica. Le risorse così risparmiate porteranno ad un guadagno di produttività e competitività del settore privato e ad uno sviluppo in cui lo Stato si dedica alle cose che gli competono: come predisporre una forza di intervento immediato contro le epidemie e come predisporre il contesto europeo. L’innovazione consente all’economia di ripartire prima, rendendo disponibili e meglio utilizzabili strutture e competenze del Servizio Sanitario Nazionale, rinunciando alle velleità dirigiste in materia di economia che, ahimè, subito si riaffacciano non appena lo Stato stesso, come nel caso del Ponte Morandi, dimostra tutta la sua inefficacia.

Ma torniamo alla Cina per un momento. Sembra proprio che alcuni osservatori, tra cui in primis il Presidente Trump, volesse cogliere l’occasione dell’epidemia per contrastare le ambizioni della Cina, accusandola di aver causato e non saputo gestire l’esplosione dell’epidemia. E’ molto probabile che la Cina stia uscendo rafforzata, in termini relativi, da questa vicenda. La capacità di risposta organizzativa e di utilizzo delle nuove tecnologie sta producendo un avanzamento ulteriore del Paese: nella teledidattica, nella telemedicina, nella gestione della sicurezza dei trasporti. Questo non per voler imitare gli aspetti illiberali del sistema politico e sociale cinese. Ma abbiamo visto che la Corea ha fatto cose simili se non migliori ed è uno stato democratico.

La democrazia liberale deve rivedere il ruolo dello Stato: da noi si discute se nazionalizzare aziende come Ilva, Alitalia etc, devastando risorse pubbliche per settori in cui i privati operano in tutto il mondo con successo. Le risorse pubbliche devono essere dedicate alla tutela dei nuovi beni pubblici, non dei privilegi di settore o di categoria o di area elettorale. Devono affrontare questioni a cui il privato non può rispondere: la tutela dell’ambiente, la preparazione e la prevenzione delle catastrofi naturali, la difesa attiva e intelligente dalle potenziali epidemie.

Possiamo restare 43° sui principali 50 paesi censiti per velocità delle connessioni internet? La società Cable ha pubblicato la graduatoria del 2019: la nostra media è di 15 Mbps contro i 60 di Singapore, i 46 della Svezia, i 39 della Romania, i 29 del Giappone, i 27 della Spagna, i 26 degli USA, i 24 della Francia e della Germania. Come abbiamo visto, anche la risposta alla pandemia passa per la capacità di queste reti e non solo dalle reti degli ospedali.

Occorre accelerare gli investimenti in ricerca e formazione, alleggerire la burocrazia statale e le procedure di controllo formale che bloccano le imprese rendono impossibile l’innovazione. Occorrono infrastrutture efficienti, soprattutto nei settori dell’acqua, delle TLC, e della sanità, mobilitando il capitale privato con una adeguata remunerazione degli investimenti. Lasciare lavorare le persone, lasciare rischiare e lasciare guadagnare gli imprenditori, lasciare fallire senza punire e senza bollare chi ha provato in modo onesto e non è riuscito. Solo così sarà premiata la voglia di ricostruzione e di innovazione di cui il paese ha sicuramente le capacità, ma di cui non può tardare a cogliere i frutti.

Dobbiamo cominciare a pensare da subito a come superare arretratezze e chiusure: l’innovazione aiuta ad affrontare e gestire questa crisi con meno danni e meno morti. L’innovazione aiuta a risparmiare costi e a contenere l’impatto distruttivo dell’epidemia. La semplificazione della burocrazia italiana è il prerequisito per avviare la ricostruzione.

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