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AI e tutela del diritto d’autore: perché le sanzioni alle big tech non bastano



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L’AI Act è stato concepito in modo da permettere il contrasto efficace degli usi non autorizzati di opere intellettuali, attraverso un complesso sistema di sanzioni. Ma sembra che per le big tech, le multe non siano altro che un male “necessario” per lo sviluppo dei sistemi di AI. Servono, dunque, nuove protezioni per i creatori di contenuti editoriali

Pubblicato il 3 apr 2024

Alfredo Esposito

Studio Legale Difesa d’Autore



IA intelligenza artificiale ai generativa e copyright

Il dibattito riguardante il diritto d’autore, insieme alle questioni campali relative alla privacy e all’effettività della libera concorrenza di mercato, costituisce uno dei principali campi di scontro tra l’approccio adottato dall’Europa nello sviluppo delle politiche normative e una visione più globale, incline a favorire, in particolare nel contesto dell’intelligenza artificiale, una politica di libero mercato minimamente regolamentata. Sebbene l’AI Act non sia ancora entrato in vigore, la legislazione europea in materia di diritto d’autore è stata concepita in maniera tale da permettere il contrasto efficace degli usi non autorizzati di opere intellettuali, attraverso un complesso sistema di sanzioni.

Diritto d’autore: le misure francesi e l’ostruzionismo di Google

La Francia ha avuto il ruolo di pioniere nell’adozione della Direttiva Europea 2019/790 sul copyright, un’iniziativa che ha incentivato, anche in altri Stati membri, un rafforzamento della protezione dei diritti connessi al diritto d’autore. Tale misura ha esteso i diritti degli editori e delle agenzie di stampa all’utilizzo online dei loro contenuti per un ulteriore periodo di due anni, mediante un meccanismo di retribuzione che prevede la negoziazione.

Google ha pertanto portato avanti le negoziazioni per concordare tale compenso con gli editori francesi, senza condurre a risultati concretamente apprezzabili.

Le sanzioni a Google

L’approccio negoziale adottato da Google, considerato ostruzionistico al fine di rimandare il raggiungimento di un accordo e la chiusura con termini più favorevoli, ha condotto alla comminazione di una prima sanzione amministrativa di 500 milioni di euro, somma corrisposta da Google al fine di proseguire il proprio percorso di espansione e consolidamento della propria posizione oligopolistica nel settore meta mediatico europeo.

La sanzione successiva, ammontante a 250 milioni di euro, è stata inflitta a seguito della gestione negligente con cui Google ha utilizzato contenuti protetti dai diritti d’autore per l’addestramento del modello di Intelligenza Artificiale Gemini, precedentemente noto come Bard. La sanzione è stata imposta in un lasso di tempo relativamente breve, considerato che la versione iniziale di Gemini è stata rilasciata il 21 marzo 2023, mentre la versione stabile è stata resa disponibile il 4 marzo 2024.

Il ruolo delle autorità di regolazione Ue nella tutela del diritto d’autore

La celerità e l’incisività dell’intervento dell’autorità francese forniscono un chiaro indicatore del posizionamento strategico dell’Europa in questa materia, in un contesto in cui le autorità di regolamentazione stanno emergendo come difensori contro l’avanzata di modelli di sviluppo che percepiscono le normative come ostacoli significativi.

In un’era diversa dalla nostra, caratterizzata dalla secolarizzazione giuridica, sarebbe stato forse possibile esplorare le basi funzionali di un approccio generale incentrato sulla costruzione di modelli di business che implicano violazioni massicce dei diritti altrui.

Tutela della proprietà intellettuale: le sfide poste dall’AI

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato francese ha effettivamente descritto l’utilizzo di contenuti altrui da parte di Google come un vero e proprio ‘saccheggio’, evidenziando non soltanto le questioni etiche sollevate dalle operazioni del gigante tecnologico, ma anche le persistenti sfide che la protezione (quasi utopica) della proprietà intellettuale affronta nell’era dell’intelligenza artificiale.
Nonostante le responsabilità gravanti sugli ISP (Internet Service Provider), che hanno incontrato difficoltà nell’implementare i sistemi di controllo prescritti dalla direttiva, e nonostante il fatto che piattaforme come TikTok facilitino la diffusione di contenuti di terzi senza adeguato riguardo per il rispetto dei termini e delle condizioni imposti dalla stessa TikTok, Google ha qualificato la sanzione ricevuta come ‘sproporzionata’, esprimendo il malcontento — condiviso dalle altre grandi tecnologie — verso il quadro regolamentare, che include il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA), rappresentando un ostacolo allo sviluppo tecnologico. Ciononostante, si continua a ignorare ‘l’elefante nella stanza’, ovvero il fatto che senza l’addestramento sui contenuti di proprietà altrui, né Gemini né altri modelli di intelligenza artificiale generativa sarebbero potuti essere sviluppati.

Sanzioni, un rimedio che non intacca i modi predatori delle big tech

Le grandi aziende tecnologiche, nell’ambito della loro espansione nel mercato europeo, hanno da tempo riconosciuto che tale sviluppo avrebbe inevitabilmente portato alla ricezione di sanzioni periodicamente ingenti, sebbene non sufficienti a minare la loro solidità economica. In questo contesto, l’ipotesi di uno sviluppo di tipo predatorio come avvenuto nell’ambito del training dei modelli di AI Generativa è diventato un modus operandi a cui va offerto un contraltare concreto.

Si rende pertanto imprescindibile l’adozione di un sistema generale di supporto ai creatori di contenuti editoriali che superi la tradizionale protezione offerta dal diritto d’autore, la cui efficacia si rivela ormai limitata e la cui applicazione risulta spesso inefficace. Ignorare questa necessità potrebbe tradursi, nel peggiore dei casi, in una rinuncia al ruolo dell’Unione Europea come baluardo globale nella difesa dei diritti.

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