L'analisi

PNRR, tra appalti e governance ecco come il project management può aiutare

La disciplina del project management potrebbe sostenere gli enti attuatori del PNRR in una virtuosa concretizzazione delle azioni da intraprendere, superando vincoli e rischi: vediamo in che modo è possibile

Pubblicato il 19 Nov 2021

Roberto Di Gioacchino

Comitato direttivo Assintel, Senior Partner P.R.S. (Planning Ricerche e Studi)

Franco Stolfi

Senior Partner P.R.S. (Planning Ricerche e Studi), Advisory Board ISIPM Professioni

Partenariato Pubblico Privato

Il PNRR è praticamente entrato nel vivo della sua attuazione e già a dicembre 2021 ci saranno le prime “milestone” da raggiungere. Molti sono i vincoli e i rischi che potrebbero avere un impatto negativo sugli obiettivi da raggiungere. Un utilizzo diffuso e sistematico della disciplina del Portfolio Program Project management probabilmente potrebbe fornire un aiuto agli enti attuatori e contribuire ad una efficace attuazione del PNRR.

PNRR, lo stato dell’arte

Il PNRR è uscito dalla fase del dibattito ed è entrato nel vivo della sua attuazione che, come si ricorderà, dovrà terminare necessariamente entro dicembre 2026. Non è intenzione di questo articolo entrare nell’analisi dei contenuti del Piano di Ripresa e Resilienza, che ben più illustri autori hanno effettuato con dovizia di particolari sia su questa rivista, sia su altri mezzi di informazione.

L’obiettivo di questo articolo è cercare di comprendere se, stante le caratteristiche del PNRR, la sua struttura, i vincoli imposti dalla Commissione Europea e i rischi intrinsechi associati alla sua realizzazione, un uso sistematico e diffuso delle tecniche e delle metodologie di Portfolio/Program/Project management possa rappresentare un fattore abilitante a supporto degli Organismi di Indirizzo e Controllo, degli Enti attuatori ed ovviamente anche ai fornitori assegnatari degli eventuali appalti chiamati a realizzare infrastrutture, prodotti e servizi, funzionali al raggiungimento degli obiettivi prefissati..

PNRR: struttura, vincoli e impatti

Sotto il profilo strutturale il PNRR si configura come un Portafoglio di iniziative progettuali. È articolato in 6 Missioni (M1. Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, M2. Rivoluzione verde e transizione ecologica, M3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile, M4. Istruzione e ricerca, M5. Inclusione e coesione e M6. Salute) raggruppate in 3 assi: Transizione al digitale, Transizione ecologica e Inclusione sociale. Le missioni sono strutturate in 16 Componenti le quali sono a loro volta articolate in 151 Investimenti (di cui 100 finanziati nel 2021).

Sotto il profilo finanziario il valore complessivo del PNRR ammonta a 235,1 Miliardi di euro di cui 191,5 relativi al Recovery Fund. Le missioni M1 (riguardante la transizione al digitale)

e M2 (relativa alla transizione ecologica) costituiscono le due missioni più corpose che, da sole, assorbono circa il 50% delle risorse dell’intero piano. Come noto, l’ingente massa di liquidità finanziaria è finalizzata a realizzare un ammodernamento della pubblica amministrazione e a generare, rispetto alla situazione pre-avvio del PNRR, positivi impatti sul PIL (+3,6%), sui Consumi privati (+1,9%), sugli Investimenti totali (+10,4%), sulle Importazioni (+4%) e sulle Esportazioni (+2,7%).

Ma quali sono i vincoli per l’attuazione del PNRR? Il piano si deve innanzitutto concludere entro il 2026, con fondi spesi e rendicontati; questo significa che tutte le iniziative progettuali devono completarsi abbondantemente prima di questo termine in modo da consentire agli Enti attuatori sia il completamento dell’iter di spesa che le relative attività di rendicontazione. Sono previsti inoltre traguardi e obiettivi intermedi correlati all’erogazione delle rate semestrali: la media delle rate è di circa € 19 Mld per semestre; le rate con il valore più alte (24 miliardi di euro) sono proprio le prime due (quella di dicembre 2021 e di luglio 2022).

Inoltre, sono previsti premi di accelerazione per ogni giorno di anticipo sul termine contrattuale e un sistema di penali dovute in caso di ritardi negli adempimenti: tra lo 0,6 per mille e l’1 per mille al giorno, sino ad un massimo 20% dell’ammontare.

La distribuzione e capacità di spesa

Un altro elemento da considerare è la distribuzione della spesa nel periodo di attuazione del PNRR; sulla base del cronoprogramma dei 151 investimenti (v. fonte italia.domani.gov.it), considerando una distribuzione lineare della spesa, emerge una spesa media mensile di circa € 2,3 miliardi; tuttavia, nel periodo da giugno 2022 a dicembre 2025 la spesa dovrebbe attestarsi in circa 3 miliardi al mese con una punta di3,1 Miliardi al mese nel periodo gennaio 2023 – giugno 2025 (vedi figura 1).

Se si considera che la capacità di spesa della pubblica amministrazione nel 2018 sia stata di circa € 60 miliardi/anno, la spesa aggiuntiva prevista dal PNRR potrebbe costituire una criticità rispetto alla capacità della PA di far fronte a tali volumi nel periodo considerato.

Figura 1

Tale criticità trova un fondamento anche tenendo conto della capacità di spesa delle Regioni che, si ricorda, rientrano tra gli Enti attuatori; in particolare nel periodo 2014-2020 si sono dimostrate in grado di spendere solo il 30% degli importi impegnati in corrispondenza dei fondi FSE e FESR.

Le fasi dei progetti

Nel complesso, i 151 investimenti genereranno una miriade di programmi e progetti che saranno realizzati dagli Enti attuatori (Ministeri, Regioni e Enti locali in genere). Sommariamente ogni iniziativa progettuale dovrà prevedere un ciclo di vita presumibilmente strutturato nelle seguenti fasi:

  1. Definizione del progetto e approvazione; le singole amministrazioni dovranno allineare il proprio portafoglio progetti agli investimenti previsti dal PNRR in termini di contenuti, di tempistiche, di risorse economiche, di benefici e di contribuzione agli impatti previsti dal PNRR. in particolare, le PA dovranno predisporre dei progetti che, se approvati, potranno essere finanziati nell’ambito del PNRR. E questo non è un aspetto trascurabile se si considera che ci sono stati recenti casi di progetti non approvati per un valore di oltre 400 milioni di euro.
  2. Approvvigionamento: poiché gli enti attuatori sono pubbliche amministrazioni, per la realizzazione dei progetti finanziati dovranno ricorrere anche a fornitori esterni; ciò comporterà l’indizione di procedure di gara e/o l’accesso a convenzioni/accordi quadro Consip e/o il ricorso a strumenti innovativi quali il Partenariato Pubblico Privato (PPP). Considerati i tempi medi di aggiudicazione degli appalti (circa 270 giorni) e la crescente litigiosità dinanzi a TAR regionali e Consiglio di Stato, sarà necessario gestire tale fase con molta attenzione, impostando ciascuna procedura di gara come un vero e proprio progetto. Inoltre, al fine di ridurre il rischio e ampliare la platea dei partecipanti, sarebbe utile strutturare le procedure di gare comprendendo anche lotti di piccole dimensioni per favorire la più ampia partecipazione di PMI e MPMI che, come sappiamo, rappresentano il 98% del tessuto industriale italiano. Anzi potrebbe essere opportuno inserire nei bandi di gara, come elemento premiante, la partecipazione agli RTI delle PMI/MPMI.
  3. Esecuzione del progetto: mentre le fasi precedenti rappresentano le pre-condizioni perché il progetto si possa attuare, la fase in esame è la più critica in quanto è chiamata a realizzare quanto approvato e finanziato. Sono importanti le modalità secondo le quali pianificare, condurre, controllare e rendicontare il progetto in modo da soddisfare i vincoli di tempo, di spesa ma anche realizzare i prodotti e servizi previsti in modo che il loro utilizzo sia in grado di generare i benefici attesi e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di impatto previsti nel Piano.
  4. Verifica ex-post: probabilmente questa fase, che normalmente viene attuata 6/12 mesi dopo la conclusione del programma/progetto, non è sempre evidente nelle iniziative progettuali; ma nelle logiche dei finanziamenti europei la verifica ex-post è finalizzata proprio a rilevare come i prodotti e servizi rilasciati dal progetto siano stati in grado di generare i benefici attesi e gli impatti indicati nel progetto approvato e finanziato. E la misurabilità dei benefici e degli impatti associati a ciascun progetto costituiscono il presupposto affinché possano essere posti a fattore comune e offrire un contributo agli obiettivi complessivi associati all’intero PNRR.

Come il Project Management supporta il PNRR

Come abbiamo visto il PNRR presenta delle caratteristiche sfidanti; affinché gli interventi possano essere finanziati dovranno:

  • Avere un ambito coerente rispetto agli ambiti di investimento del PNRR;
  • Prevedere tempistiche di realizzazione allineate con le milestone e le scadenze del PNRR;
  • Avere un piano dei costi coerenti con i budget del PNRR;
  • Garantire la qualità dei prodotti e dei servizi in modo che rispondano a quanto previsto nel progetto finanziato e consentano di conseguire i benefici attesi;
  • Gestire con attenzione i rischi per evitare impatti negativi sugli obiettivi.

Inoltre:

  • È probabile che gli interventi possano integrare più progetti tra loro correlati per realizzare gli obiettivi strategici;
  • Sarà necessario sincronizzare le fasi di progettazione, approvvigionamento, esecuzione e rendicontazione in modo da rispettare i vincoli di tempo e le scadenze prefissate.

Se ci facciamo caso, Ambito, Tempi, Costi, Qualità, Rischi e Integrazione di più progetti per raggiungere gli obiettivi strategici, sono proprio gli ingredienti base della disciplina del Portfolio/Program/Project management. Per poter migliorare l’efficacia delle iniziative progettuali del PNRR è necessario agire sull’intero ecosistema degli attori convolti nell’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza (Organismi di Indirizzo e Controllo, Enti attuatori, Fornitori e Program/Project manager professionisti). A tale scopo la disciplina del Project Management può mettere a disposizione:

  • Un approccio al Portfolio management::
    • Metodologie per allineare le iniziative progettuali alle strategie dell’Amministrazione e selezionare quelle che generano i migliori impatti;
  • Un approccio al Program management:
    • Capacità di integrare e gestire i progetti in modo sinergico al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi strategici;
  • Un approccio sistematico alla gestione dei progetti:
    • Integrando le tematiche di PM (costi, tempi, qualità, ecc,);
    • Focalizzando l’attenzione sulla gestione dei rischi al fine di prevenire negativi impatti sugli obiettivi;
    • Applicando in modo ordinato e sistematico i processi tipici del project management (Avvio, Pianificazione, Esecuzione, Controllo e Chiusura);
  • Un modello per la valutazione della Maturità organizzativa del PM:
    • Sia per gli Enti attuatori che per i Fornitori al fine di creare una cultura condivisa che riduca le incomprensioni e incrementi l’efficacia dei progetti;
  • Criteri per la valutazione delle figure professionali del Portfolio/Program/Project manager:
    • Al fine di selezionare le professionalità più idonee sulla base di conoscenze, abilità ed esperienze certificate;
  • Lesson learned:
    • Mutuando e valorizzando best practices applicate con successo in altri settori come, ad esempio, il Monitoraggio contratti in ambito ICT.

Sulla base di quanto testé enunciato ed al di là di quanto già meritoriamente previsto, si ritiene che la disciplina enunciata possa offrire dei significativi benefici l’integrazione della Governance del PNRR di ulteriori elementi quali:

  1. La costituzione di un PMO centrale da collocare al livello degli Organismi di Indirizzo e Controllo con il compito di fornire linee guida tecniche e metodologiche per la gestione dei programmi/progetti, predisporre e raccogliere secondo modalità standard gli indicatori di performance dei progetti e raccordare le azioni dei PMO degli Enti attuatori;
  2. La costituzione ed attivazione laddove assente (ovvero il consolidamento laddove già presenti ed operativi), di PMO a livello di Ente attuatore con il compito di favorire l’applicazione delle linee guida tecniche e metodologiche nella gestione dei progetti, supportare i RUP/DEC quali Program/Project manager delle Amministrazioni nell’attuazione delle iniziative progettuali, raccogliere gli indicatori di performance e scambiare informazioni e dati con il PMO centrale;
  3. L’attivazione, a supporto degli Enti attuatori, di strutture dedicate al Monitoraggio delle iniziative progettuali lungo l’intero ciclo di vita (Progettazione, Approvvigionamento, Esecuzione, Valutazione ex-post). Ciò considerando la complessità delle iniziative progettuali e potendo prevedere l’ingaggio in qualità di monitori di soggetti non necessariamente interni alle Amministrazioni. Ciò consentirebbe di mettere a disposizione degli Enti attuatori una esperienza ultraventennale maturata nel monitoraggio dei contratti ICT, di cui si riporta una brevissima descrizione.

Monitoraggio dei contratti ICT nella PA

Nel segmento dell’ICT e della digitalizzazione, il monitoraggio dei contratti non è un tema recente ma esistente ed applicato da quasi 30 anni, essendo stato istituito nel 1993 dal D.lgs. 39 che, tra le altre cose, introdusse anche il ruolo del “monitore dei contratti ICT” e il registro dei monitori qualificati allo svolgimento di tali attività. Nel 2016 l’art 14 bis, comma 2, lettera h) del CAD ha abolito il D.lgs. 39/1993, dando ad AgID il compito di disciplinare il monitoraggio dei contratti ICT. Nello stesso anno AgID ha pubblicato la circolare n. 4 del 2016 che poi è stata sostituita a gennaio 2021 dalla circolare n. 1/2021.

Il monitoraggio richiede terzietà e indipendenza da parte del soggetto «Monitore» rispetto ai fornitori titolari dei contratti oggetto di monitoraggio; in pratica è una funzione specialistica per supportare l’Amministrazione nella traduzione degli obiettivi strategici in risultati operativi e verificarne il raggiungimento degli obiettivi auspicati. Si applica a tutta la Pubblica Amministrazione (Centrale, Locale ed Autorità indipendenti) in relazione a contratti che hanno i seguenti valori:

  • contratti con valore >= 10M€ oppure >= 2,5M€ media annua (se pluriennali);
  • contratti quadro, convenzioni o altre procedure CONSIP con Piani di fabbisogni aventi un valore complessivo >= 10M€;
  • affidamenti in-house con valore complessivo degli affidamenti > 5M€ annui.

Ma si applica anche a contratti che:

  • Si riferiscano a servizi che interessino la sicurezza dello Stato, la difesa nazionale, l’ordine e la sicurezza pubblica, lo svolgimento di consultazioni elettorali nazionali ed europee, indipendentemente dalle dimensioni economiche sopra indicate;
  • Abbiano un rilevante impatto sotto il profilo organizzativo o dei benefici che si prefiggono di conseguire, indipendentemente dalle dimensioni economiche sopra indicate

Figura 2

Fonte: Rielaborazione delle fasi del ciclo di vita di un progetto informatico estratto dall’allegato 2 alla Circolare AgID N. 1 del 20/01/2021

Le caratteristiche del monitoraggio

I principali elementi che caratterizzano il monitoraggio dei contratti ICT riguardano:

  • un modello di monitoraggio improntato al Portfolio/Program/Project management e alla governance dei contratti IT ma largamente applicabile anche ad altre tipologie contrattuali;
  • un target delle attività di monitoraggio a copertura dell’intero ciclo di vita dei progetti dalla “Definizione” sino alla “Verifica ex-post” (v. figura 2);

con azione di supporto in favore dell’Amministrazione di riferimento:

  • nella analisi dei fabbisogni e nella definizione delle iniziative progettuali eventualmente da sottoporre ad approvazione per il finanziamento, come nel caso del PNRR (v. fase di “Definizione” in figura 2);
  • nella definizione “ex-ante” dei benefici attesi e nella gestione delle iniziative progettuali in ottica di Portfolio per individuare quelle che possano produrre i migliori risultati per l’Amministrazione e i suoi stakeholder;
  • nella redazione degli atti di gara e della documentazione contrattuale per supportare l’Amministrazione nella definizione delle procedure negoziali più adeguate (v. “Avvio in figura 2);
  • nel controllo della pianificazione e nell’avanzamento del programma/progetto, ivi comprese la verifica della qualità dei prodotti e servizi rilasciati nonché la valutazione delle eventuali varianti contrattuali al fine di prevenire impatti negativi sugli obiettivi contrattuali e sui benefici attesi;
  • nella verifica ex-post dell’effettivo raggiungimento dei benefici attesi e degli indicatori di impatto stabiliti.

L’ultradecennale esperienza del monitoraggio dei contratti ICT potrà ovviamente tornare utile per supportare le Amministrazioni nella gestione delle iniziative progettuali che ricadono nella Transizione al digitale (Missione 1); tuttavia, considerando che la digitalizzazione costituisca un aspetto trasversale a tutte le missioni del PNRR, si ritiene che l’approccio al monitoraggio secondo la circolare AgID n. 1/2021, con opportuni adeguamenti ed integrazioni, possa essere adottato anche in altri contesti.

Conclusioni

La complessità, i vincoli e le dimensioni del PNRR richiederebbero una gestione degli investimenti in ottica di Portfolio/Program/Project management per ridurre il rischio di impatti negativi sul raggiungimento degli obiettivi progettuali da cui conseguirebbe sia la perdita di finanziamenti a beneficio del Sistema Paese che l’opportunità di creare le innovazioni foriere di uno sviluppo stabile e sostenibile.

Sotto il profilo organizzativo, sarebbe opportuno creare/consolidare le funzioni di PMO nella PA Centrale e negli Enti attuatori (come peraltro già effettuato da AgID nell’ambito del Piano triennale per l’informatica nella PA 2019-2021) al fine di [i] sviluppare una cultura comune e condivisa, [ii] realizzare una sistematica applicazione dei principi, tecniche e metodologie di PM, [iii] definire un organico sistema di indicatori idoneo alla definizione e misurazione di benefici e impatti, elementi vitali per condurre e misurare l’efficacia delle iniziative progettuali.

La creazione di una cultura di Project management diffusa consentirebbe anche un incremento del livello di “maturità” delle organizzazioni pubbliche e private in tema di project management, il tutto a beneficio di una più efficace attuazione degli investimenti. Disporre di un indicatore di maturità di un’organizzazione, oggettivamente calcolato, potrebbe costituire un plus nella selezione dei fornitori che partecipano alle gare della PA; ma al contempo costituirebbe un plus anche per gli Enti attuatori, i quali avrebbero non solo consapevolezza del proprio livello di maturità nel PM, ma disporrebbero anche degli strumenti per pianificare un miglioramento ponderato da attuare in funzione della dimensione e criticità dei progetti rientranti nel loro ambito di interesse.

Considerato che la Transizione al digitale rappresenta circa un quarto del valore del PNRR e la digitalizzazione costituisce la base per la maggior parte degli investimenti rientranti nelle altre missioni, sarebbe utile (se non necessario) mettere a disposizione delle amministrazioni una best practice con una esperienza quasi trentennale, quale il monitoraggio dei contratti ICT secondo la circolare AgID; anzi si ritiene che, con le dovute cautele e i necessari adattamenti, possa esserne estesa la sua applicabilità anche al di fuori del contesto ICT. Il tutto per cercare di mettere in campo “whatever it takes” per cogliere nel migliore dei modi le irripetibili opportunità rappresentate dal PNRR.

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