Il nuovo Piano triennale AgID fa perfettamente centro sui due ambiti più importanti: le piattaforme di eprocurement e gli appalti innovativi. Da evidenziare infatti come la trasformazione digitale del Paese abbia sempre più bisogno degli indirizzi strategici forniti dal Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione, oltretutto al passare degli anni aumentano le aspettative dell’utenza e la complessità del gioco.
Il rischio maggiore in Italia è ancora quello di seguire gli slogan e di spendere tempo e risorse per iniziative non armonizzate.
La strada tracciata dall’Europa
La Commissione Europea con la Direttiva Appalti 2014 raccomandava di “utilizzare gli appalti pubblici nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione”, un gran passo avanti rispetto alla raccomandazione di acquistare beni e servizi innovativi ormai logora e abusata. Oggi è impossibile non acquistare qualcosa di innovativo perché tutto è innovativo, anche la macchina per fare il caffè. Innovare è nella natura dell’uomo fin dalle proprie origini, quindi acquistare beni e servizi innovativi è troppo copo e non è abbastanza per innovare il Paese.
Le direttive più recenti di Strasburgo individuano i settori specifici in cui il cambiamento può fare la differenza, impegnandosi a sostenere il cambiamento della cultura degli appalti pubblici e individuando le barriere che ostacolano gli appalti per l’innovazione. In Italia non ci facciamo mancare nulla e gli ostacoli li abbiamo tutti: non sono disponibili dati chiari e consolidati sugli appalti, la trasformazione digitale degli appalti pubblici è lenta, le amministrazioni aggiudicatrici raramente acquistano in modo aggregato, le procedure d’appalto sono troppo complesse e hanno oneri amministrativi eccessivi.
Le priorità strategiche
Il Piano triennale AgID affrontando il tema dell’eprocurement recepisce tutte le priorità strategiche individuate dalla Commissione Europea:
- ampia diffusione degli appalti pubblici strategici
- professionalizzare gli acquirenti pubblici
- migliorare l’accesso ai mercati degli appalti
- aumentare trasparenza, integrità e qualità dei dati sugli appalti
- promuovere la trasformazione digitale degli appalti
- cooperare negli appalti.
C’è così tanto che si fa prima a dire quali linee evolutive auspichiamo in quel piano, ossia ciò che dovremmo aspettarci nella prossima revisione. Basta mettersi nei panni delle oltre 120.000 imprese o delle migliaia di Enti che usano la piattaforma a più ampia diffusione nazionale, ossia la piattaforma “Acquisti in Rete” di Consip.
Che cosa deve fare una impresa ogni giorno per partecipare ai processi pubblici di e-procurement? Deve cercare le gare di proprio interesse su decine di piattaforme di e-procurement nazionali, dalla Valle d’Aosta fino alla Puglia. E questo è già una criticità in termini di tempo, efficienza e spesa, perché le piattaforme sono tante, perché la Legge obbliga chi non vuole usare la piattaforma di e-procurement Consip a realizzarne una regionale nonostante la condivisione di una piattaforma unica avrebbe consensito risparmi senza limitare in alcun modo l’autonomia di acquisto degli Enti.
Un modello collaborativo di eprocurement
Sin dal 2002 si sarebbe potuto realizzare un modello collaborativo dell’eprocurement dove la piattaforma è unica, fornita da Consip, e le Regioni la riutilizzano disciplinando ed assistendo Enti e Imprese del territorio, ma tanti anni fa si scelse di non consentire tale possibilità. Oggi non è mai troppo tardi per cambiare rotta e pensare un sistema collaborativo che valorizzi la piattaforma Consip coinvolgendo più stakeholders.
Siamo molto indietro su questa strada, non solo non abbiamo un modello collaborativo di eporcurement basato sull’utilizzo condiviso di una piattaforma ma abbiamo decine di piattaforme che parlano ligue completamente diverse. Ogni piattaforma può anche consentire l’accesso tramite le credenziali uniche SPID ma ciascuna organizza e aggrega le gare secondo proprie categorie merceologiche, ciascuna organizza l’accesso alle informazioni sulle gare secondo proprie logiche, utilizzando interfacce e procedure anch’esse differenti. E il dispendio di tempo per l’utenza è enorme al punto che oltre il 90% delle Imprese italiane ha rinunciato al public eprocurement.
Ma la Babele non finisce qui. Se ampliamo l’osservazione delle piattaforme dalla semplice ricerca alla partecipazione alle gare, scopriamo che anche la logica di funzionamento degli strumenti operativi con cui sono realizzate le gare sono profondamente differenti a seconda della piattaforma. Addirittura due strumenti di negoziazione diversi gestiti da una stessa Centrale di Acquisto (MePa e Sistema Dinamico di Acquisizione) seguono logiche differenti laddove avrebbero potuto uniformarsi a beneficio della semplicità d’uso.
Da ultimo, fin anche la disciplina delle piattaforme, ossia le regole giuridiche e tecniche redatte e pubblicate dall’Ente che gestisce la piattaforma sono differenti tra una Centrale di Acquisto e un’altra. Il risultato è che ogni impresa deve abilitarsi su decine di piattaforme con regole diverse, deve imparare ad utilizzare decine di piattaforme con funzionalità e logiche diverse, e ogni giorno deve dedicare ore di tempo per cercare le gare di proprio interesse sulle varie piattaforme. Qual è per una impresa l’alternativa più comune a gestire decine di piattaforme? Scegliere le sole poche piattaforme da monitorare e concentrarsi su queste, con buona pace dell’efficienza, dell’accessibilità, della cooperazione e della competitività dell’eprocurement. La stessa criticità si presenta per gli Enti, con l’attenuante che a differenza di un Fornitore che potenzialmente ha interesse ad usare tutte le piattaforma nazionali, un Ente tipicamente utilizza solo la piattaforma Consip e quella della propria Regione.
Cosa aspettarci dal futuro
Le strategie per uscire da questa situazione in cui molteplici piattaforme, pur con autenticazione unica e qualche sorta di interoperabilità, restano profondamente diverse in tutti gli aspetti organizzativi e operativi ci sono:
- raccomandare la standardizzazione della disciplina, delle procedure e delle logiche di funzionamento delle piattaforme, magari utilizzando quella Consip come modello a cui uniformarsi;
- raccomandare l’uso degli open data non solo per fornire statistiche aggregate sul procurement nella piattaforma come fa Consip ma per agevolare l’uso quotidiano, ad esempio per accedere alle informazioni sulle procedure di gara in corso;
- raccomandare uno standard comune per realizzare un repository comune aperto, anche distribuito, ove siano pubblicati gli avvisi di gare e indagini di mercato.
L’unico soggetto che ha il potere e le competenze per farlo è AgID, da cui ci aspettiamo dunque un altro passo avanti importante.