Lo studio

Revisione della spesa pubblica per beni e servizi, un approccio innovativo

Le misure che attualmente vengono impiegate per ridurre la spesa pubblica per l’acquisto di beni e servizi puntano soprattutto alla centralizzazione, tuttavia questa soluzione potrebbe non più essere adeguata rispetto al passato. Vediamo perché e una possibile strada alternativa

Pubblicato il 13 Giu 2019

Luca Gastaldi

Direttore dell'Osservatorio Agenda Digitale e dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano

Pietro Paolo Trimarchi

Dirigente pubblico

procurement, procurement pubblico, appalti pubblici, consip convenzioni

L’approccio alla revisione della spesa pubblica per beni e servizi adottato negli ultimi anni – sostanzialmente fondato sull’aggregazione delle centrali di acquisto, al fine di ottenere economie di scala e un maggior controllo della spesa – può oggi essere integrato o addirittura sostituito con metodi e strumenti più moderni che permettono di realizzare meccanismi di mercato caratterizzati da elevati livelli concorrenza, trasparenza e fiducia tra gli operatori.

Questo articolo è la sintesi di uno studio, reperibile qui nella sua versione integrale, che si prefigge di illustrare come ciò sia possibile. 

Strumenti per la revisione della spesa pubblica

In primis, è bene ricordare che spending review indica il processo finalizzato ad aumentare i risparmi della spesa pubblica attraverso un sistematico esame della spesa esistente[1]. Come mostrato in Figura 1, è possibile distinguere le misure per il risparmio della spesa in due categorie:

  • risparmi funzionali, o di efficienza (efficiency savings), ottenuti attraverso una riorganizzazione dei processi di produzione dei servizi che consenta di ridurne i costi, mantenendone inalterate la quantità e la qualità;
  • risparmi strategici (strategic savings), ottenuti attraverso una riduzione della quantità o della qualità dei servizi resi, ovvero mediante minori trasferimenti alla collettività.

Figura 1 – Approcci alla spending review (rielaborazione da Gaudillat, 2014)

Ciò che qualifica un processo di spending review rispetto a generiche misure di riduzione della spesa è l’organicità dell’azione complessiva, che procede da un’analisi del problema per conseguire risparmi strategici (riduzione dei servizi) e di efficienza (riorganizzazione di processi) mediante un set coerente di interventi, frutto di un’adeguata valutazione del trade-off tra costi per la collettività e benefici in termini di finanza pubblica. Nell’esperienza italiana, il processo di spending review è stato incentrato principalmente:

  • sulla riduzione della spesa per retribuzioni e compensi, operata in misura prevalente diminuendo il numero dei percettori (dipendenti, consulenti, organi politici, eccetera);
  • sul contenimento degli esborsi per beni e servizi, ottenuto in genere stabilendo tetti di spesa e centralizzando le procedure di acquisto.

Il tema oggetto del presente documento è quello enunciato nel secondo punto, che si riferisce a voci di spesa la cui entità complessiva[2] costituisce il 15-20% del totale.

In particolare, la soluzione presentata s’inquadra nell’ambito della dimensione c.d. tattica, che si concretizza in azioni rivolte all’ottenimento di risparmi funzionali, mantenendo inalterati sia il livello dei servizi prestati, sia la sfera d’intervento del settore pubblico.

Il paradosso tecnologico della centralizzazione degli acquisti

Le misure oggi adottate (a volte, per la verità, solo suggerite) per ridurre la spesa per acquisti della pubblica amministrazione trovano, in gran parte, fondamento sull’assunzione che la frammentazione degli acquisti è inefficiente[3], pertanto occorre ridurre drasticamente[4] il numero delle stazioni appaltanti[5] e delle procedure di gara. La presunzione dell’efficacia di tale approccio deriva dall’assunto che – poiché le transazioni nel mercato dei beni e dei servizi avvengono in un contesto di concorrenza imperfetta[6] – la formazione dei prezzi sarebbe meno efficiente in mancanza di una regolamentazione centralizzata.

Quest’ultimo punto merita di essere approfondito, in quanto produce quello che può definirsi un paradosso tecnologico. Uno dei “difetti” che caratterizzano i mercati di concorrenza imperfetta è la c.d. asimmetria informativa dei soggetti che vi operano. In particolare, se gli acquirenti non sono perfettamente informati sui prezzi, le imprese possono praticare prezzi più elevati senza temere di perdere terreno rispetto ai concorrenti. L’informazione imperfetta, quindi, avvantaggia gli operatori sul lato dell’offerta e causa una generale riduzione dell’efficienza del mercato (c.d. adverse selection)[7].

Questa ed altre considerazioni hanno portato fin dagli anni Trenta del secolo scorso al superamento delle teorie fondate sulle ipotesi di concorrenza perfetta a favore di modelli tesi a studiare forme di mercato più aderenti alla realtà, come la concorrenza monopolistica[8], e dagli anni Settanta allo sviluppo della c.d. economia dell’informazione[9], arrivando a concludere che il decentramento dei mercati attraverso il meccanismo dei prezzi, per quanto possa essere efficiente, in mancanza di un intervento pubblico determina la fissazione di prezzi non ottimali[10]. Anche i moderni filoni della teoria economica, dunque, sembrerebbero confermare la correttezza di approcci basati sulla centralizzazione degli acquisti per ridurre sprechi ed efficienze negli approvvigionamenti della pubblica amministrazione. Tuttavia, il ragionamento fin qui svolto non tiene in debito conto un fattore che ha praticamente rivoluzionato il contesto in cui acquirenti e venditori si trovano a operare: l’evoluzione compiuta negli ultimi venti anni dalle tecnologie informatiche, che oggi sono in grado di ridurre significativamente le asimmetrie informative che hanno costituito il presupposto delle teorie dell’economia dell’informazione.

Nel mercato privato questa rivoluzione è già avvenuta, sia grazie al modello di disintermediazione realizzato attraverso i marketplace online[11] (come eBay, Amazon, Booking.com, ecc.), sia e soprattutto grazie al c.d. social commerce[12] e agli aggregatori[13] (come Skyscanner, Trivago, eccetera), attraverso cui gli acquirenti possono confrontare, in tempo reale, i prezzi e le altre condizioni a cui i beni e i servizi sono offerti dai diversi operatori, nonché commentare la qualità dei prodotti e degli eventuali servizi accessori (garanzie, assistenza pre e post vendita, eccetera)[14].

Il paradosso tecnologico a cui si è fatto cenno sopra sta appunto nel fatto che nel settore degli acquisti pubblici, l’approccio della concentrazione delle stazioni appaltanti e della determinazione accentrata dei fabbisogni e dei prezzi standard, che poteva essere ragionevole dieci o venti anni fa, oggi potrebbe rivelarsi una soluzione non più adeguata, dal momento che le odierne tecnologie informatiche hanno non solo ridotto le asimmetrie informative ma addirittura reso possibili le condizioni affinché si possa realizzare una situazione non lontana dalla concorrenza perfetta anelata dagli economisti classici e neoclassici[15]. Ne consegue che, pur rimanendo valide alcune delle considerazioni a favore della centralizzazione delle stazioni appaltanti (come il conseguimento di economie di scala e la maggior professionalità degli addetti al processo di selezione, alla stipula dei contratti, eccetera)[16], altre appaiono ora significativamente meno apprezzabili. Pertanto può essere opportuno indagare altre strade, se non in sostituzione quanto meno in aggiunta all’approccio fino ad oggi seguito ai fini della spending review.

Un approccio alternativo: la centralizzazione delle informazioni

Le considerazioni fin qui svolte mostrano che esiste un trade-off tra centralizzazione e decentramento, ma fino ad oggi le tesi a favore della prima hanno prevalso, in quanto le esigenze di trasparenza (nell’accezione più estesa del termine) sono state considerate prioritarie rispetto all’efficienza allocativa in senso paretiano[17], ottenibile quando domanda e offerta sono espresse da un numero di operatori il più elevato possibile[18]. È evidente, tuttavia, che ove la frammentazione dei mercati e le asimmetrie informative fossero eliminabili anche senza l’intervento di un soggetto regolatore (che nel caso di specie è rappresentato dalle centrali di committenza e dai soggetti aggregatori[19]), sarebbe preferibile che le transazioni avvenissero libere da intermediazioni e vincoli esogeni.

Affinché le predette condizioni abbiano luogo, occorrerebbe implementare e rendere obbligatorio un meccanismo di approvvigionamento delle pubbliche amministrazioni in cui, sebbene esse possano operare in completa indipendenza (pluralità degli operatori e dei mercati), sia comunque possibile tracciare tutte le transazioni, cosicché le informazioni rilevate siano disponibili tanto alle stesse amministrazioni pubbliche che effettuano gli acquisti, che possono utilizzarle come parametri di riferimento (trasparenza dei prezzi e dei prodotti), quanto alle istituzioni preposte al controllo della spesa, che possono appurare tempestivamente l’esistenza di comportamenti “fuori standard” e avviare, se opportuno, idonee iniziative di approfondimento e verifica (monitoraggio).

Una soluzione in grado di realizzare tale meccanismo consiste nel prevedere che, nelle transazioni tra i soggetti che intervengono nella compravendita, siano utilizzati esclusivamente documenti elettronici. E nell’imporre che gli scambi dei predetti documenti avvengano obbligatoriamente attraverso canali di trasmissione prestabiliti, che permettono di catturarne contenuti. In questo modo, le informazioni rilevate possono essere elaborate e rese disponibili senza ulteriori aggravi per gli operatori e, soprattutto, senza che essi siano vincolati a un mercato predeterminato. Il funzionamento del sistema proposto è schematizzato in Figura 2[20].

C:\Users\Trimarchi\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (122).bmp

Figura 2 – Schema di funzionamento della soluzione proposta

Il meccanismo ipotizzato può essere così sintetizzato:

  • durante le varie fasi del processo di approvvigionamento gli operatori (clienti, fornitori, banche, eccetera) si scambiano documenti (contratti, ordini di acquisto, fatture, mandati di pagamento, eccetera) in formato obbligatoriamente elettronico;
  • la trasmissione dei predetti documenti avviene attraverso un sistema di “nodi di smistamento” che, oltre a provvedere alla consegna al rispettivo destinatario, catturano le informazioni ivi contenute;
  • tramite un apposito sistema informatico, le informazioni “catturate” dai nodi di smistamento sono elaborate e rese disponibili agli operatori e alle istituzioni preposte al controllo della spesa, ciascuno per i propri fini.

Si noti che nella soluzione illustrata sono annoverati solo alcuni “tipi” di documento, che rappresentano il set minimo per poter rilevare le informazioni necessarie su prodotti, prezzi, quantità e tempi di pagamento, ma il modello è potenzialmente estendibile a ulteriori tipi (bandi di gara, documenti di trasporto, stati di avanzamento dei lavori, eccetera), così da poter acquisire informazioni più approfondite sul processo di approvvigionamento nel suo complesso. Inoltre, sia i nodi di smistamento sia il sistema di elaborazione dei dati sono dei componenti logici, pertanto il modello presentato è compatibile tanto con un’architettura centralizzata, in cui gli apparati fisici sono realizzati e gestiti, ad esempio, da un’istituzione pubblica (come già avviene in Italia per il sistema di fatturazione elettronica), quanto con un’architettura distribuita, in cui la realizzazione e la gestione dei componenti è demandata a più provider, che possono essere soggetti sia pubblici che privati.

Naturalmente, quella rappresentata è solo una delle possibili soluzioni. Ma, rispetto ad altri modelli applicabili, presenta alcune caratteristiche qualificanti:

  • le informazioni sono tratte automaticamente e in tempo reale dai documenti “originari”, perciò, oltre a non non esser necessaria alcuna ulteriore attività di trasmissione dei dati, è scongiurato il rischio che le informazioni rilevate siano difformi da quelle reali. Inoltre, il livello di dettaglio è il massimo possibile (eventuali aggregazioni possono essere decise in fase di elaborazione delle informazioni);
  • gli obblighi previsti riguardano solo i protocolli di comunicazione (formati dei file e canali di trasmissione), pertanto non viene in alcun modo alterata l’autonomia operativa dei soggetti coinvolti nel processo di approvvigionamento, né è richiesta la realizzazione di sistemi informatici particolarmente complessi da implementare e, soprattutto, da gestire (al contrario, è perlopiù sufficiente integrare sistemi già esistenti);
  • la struttura modulare del sistema informatico sotteso garantisce al modello una notevole flessibilità ove si renda necessario aumentare la potenza elaborativa (c.d. scalabilità) o apportare modifiche evolutive, anche di tipo architetturale.

Conclusioni

Grazie alle moderne tecnologie digitali, è possibile oggi implementare sistemi in grado di acquisire in tempo reale informazioni complete e di qualità sulle transazioni effettuate lungo l’Intero ciclo di approvvigionamento della pubblica amministrazione. Questo fatto, da un lato apre la strada a nuovi paradigmi di analisi della spesa, non più fondati su rilevazioni effettuate ex post su universi parziali di dati, dall’altro offre l’opportunità di eliminare le asimmetrie informative di cui soffrono i mercati imperfetti e, perciò, di poter conseguire l’efficienza e la flessibilità ottenibili grazie all’assenza dei vincoli e delle limitazioni connesse alla centralizzazione degli acquisti.

Come detto, ciò non significa che concentrare gli acquisti presso operatori specializzati sia necessariamente sfavorevole; al contrario in molte circostanze si rivela conveniente, perché permette di ottenere economie di scala e di avvalersi di migliori competenze professionali. Tuttavia l’opportunità di avvalersi o meno di soggetti aggregatori andrebbe stabilita non pregiudizialmente (o basandosi solo su parametri dimensionali[21]) ma valutando di volta in volta benefici e svantaggi. La soluzione presentata, infatti, evidenzia due caratteristiche che la rendono particolarmente attraente ai fini della spending review.

La prima concerne il fatto che tanto le amministrazioni quanto le centrali di committenza e gli altri soggetti aggregatori possono essere messe in grado di conoscere l’andamento del mercato aggiornato con dati reali e non presunti, sia in termini di prezzi che di prodotti. La seconda caratteristica è che, grazie alla mole di informazioni acquisibile, il livello e le prospettive di analisi della spesa pubblica migliorano sensibilmente (anche ai fini della lotta ai fenomeni di corruzione, malversazione, ecc.). In più, il sistema costituisce un potente strumento per misurare – attraverso la rilevazione dei prezzi d’acquisto, dei tempi di pagamento, eccetera – le performance delle procedure di selezione e spesa poste in essere dai singoli enti.

Infine, giova osservare che, sebbene la soluzione proposta s’inquadri nell’ambito della dimensione c.d. tattica delle misure di spending review, la quantità e la qualità delle informazioni disponibili consente un’analisi approfondita della spesa che può essere utilmente applicata anche ai fini di eventuali iniziative di revisione delle priorità e degli ambiti di intervento del settore pubblico e, in certa misura, per contribuire a dirimere la questione tra spesa utile e spesa inutile.

Bibliografia

Akerlof G.A., The market for “lemmons”: quality uncertainty and the market mechanism, 1970

Arrow K.J., Debreu G., Existence of an equilibrium for a competitive economy, 1954

Chamberlin E., Theory of monopolistic competition, 1933

Cottarelli C., La lista della spesa, 2015

Knight F.H., Risk, Uncertainty and Profit, 1921

OCSE, 3’th annual meeting of OECD senior budget officials spending reviews, 2013

Pareto V., Manuel d’economie politique, 1909

Robinson J., Economics of imperfect competition, 1933

Smith A., An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, 1776

Spence M., Job market signaling, 1973; STIGLITZ J.E., Incentives and risk sharing in sharecropping, 1974

Stiglitz J.E., Incentives and risk sarin in sharecropping, 1974

Stiglitz J.E., The contributions of the economics of information to twentieth century economics, 2000

Tella E., Virolainen V., Motives behind purchasing consortia, 2005

Walras M.E.L., Éléments d’économie politique pure, 1874

  1. Cfr. OCSE, 3’th annual meeting of OECD senior budget officials spending reviews, 2013.
  2. Ci si riferisce agli acquisti per beni e servizi senza distinzione tra consumi intermedi, spesa per investimenti e acquisti di prodotti da utilizzare per prestazioni.
  3. Cfr. Cottarelli C., La lista della spesa, 2015.
  4. V. art. 9, c. 5, del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 recante “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale” (c.d. “spending review 3”), conv. dalla l. 23 giugno 2014, n. 89; artt. 37 e 38 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recante “Codice dei contratti pubblici”.
  5. Oggi, potenzialmente, ogni amministrazione pubblica può effettuare acquisti autonomamente, per cui si suole affermare che le stazioni appaltanti sono 20-30 mila.
  6. Le condizioni necessarie alla concorrenza perfetta sono (cfr. Knight F.H., Risk, Uncertainty and Profit, 1921):numero infinito di venditori e compratori;mobilità totale delle risorse (affinché sia garantita l’equalizzazione del rendimento di ogni risorsa in ogni possibile uso);conoscenza e previsione perfette;infinità divisibilità dei beni.
  7. Cfr. Akerlof G.A., The market for “lemmons”: quality uncertainty and the market mechanism, 1970.
  8. Cfr. Chamberlin E., Theory of monopolistic competition, 1933; Robinson J., Economics of imperfect competition, 1933.
  9. Cfr. Akerlof G.A., ibidem; Spence M., Job market signaling, 1973; Stiglitz J.E., Incentives and risk sharing in sharecropping, 1974.
  10. Cfr. Stiglitz J.E., The contributions of the economics of information to twentieth century economics, 2000. Nel 2001, Akerlof, Spence e Stiglitz hanno ricevuto il premio Nobel per l’economia per il loro contributo all’economia dell’informazione.
  11. I marketplace online sono siti internet di intermediazione per la compravendita di beni e servizi.
  12. Il social commerce è l’evoluzione del commercio elettronico che consente una maggiore interattività e partecipazione da parte dei clienti anche la condivisione commenti sui prodotti e sui rivenditori.
  13. Gli aggregatori (metamotori di ricerca, comparatori di prezzi, eccetera) sono siti web che raccolgono dalla rete informazioni o contenuti per riproporli in forma aggregata per una migliore fruizione e comparazione.
  14. Il modello di funzionamento degli aggregatori (v. Nota 13) differisce da quello dei marketplace (v. Nota 11): entrambi sono una sorta di vetrina o di intermediario e, in genere, sono arricchiti con funzioni di social commerce (v. Nota 12), ma nel primo caso la transazione avviene sul negozio online del venditore, mentre nel secondo è lo stesso sito del marketplace a rendere disponibili i servizi di e-commerce.
  15. In altre parole, grazie alle odierne tecnologie di commercio elettronico, i modelli basati sulla mano invisibile di Smith e/o sul tatonnement di Walras (cfr. Smith A., An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, 1776; Walras M.E.L., Éléments d’économie politique pure, 1874) appaiono oggi molto meno lontani dalla realtà, così da ridurre l’esigenza di interventi pubblici finalizzati a costituire centrali d’acquisto e marketplace della pubblica amministrazione che fungano da “banditori” artificiali.
  16. Cfr. Tella E., Virolainen V., Motives behind purchasing consortia, 2005.
  17. La nozione di efficienza o ottimo paretiano si riferisce ad una situazione in cui una determinata allocazione delle risorse produttive corrisponde all’utilità (benessere) massima conseguibile complessivamente, ossia quando non sia possibile migliorare la situazione di almeno un individuo senza peggiorare quella di qualche altro (cfr. Pareto V., Manuel d’economie politique, 1909).
  18. Cfr. Arrow K.J., Debreu G., Existence of an equilibrium for a competitive economy, 1954.
  19. V. D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recante “Codice dei contratti pubblici”, art. 3, c. 1, lett. da i) a n), e art. 37.
  20. Per maggiori dettagli si rinvia al seguente link: http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/e_government/amministrazioni_pubbliche/acquisti_pubblici_in_rete_apir/.
  21. L’art. 37, c. 1, del d.lgs 18 aprile 2016, n. 50 recante “Codice dei contratti pubblici”, stabilisce che le amministrazioni pubbliche hanno la possibilità di procedere direttamente e autonomamente all’acquisizione di forniture e servizi di importo a inferiore a € 40.000 e di lavori di importo inferiore a € 150.000. Con la legge di bilancio 2019 è stato inoltre modificato l’art.1, comma 450 della legge n. 296 del 2006 innalzando la soglia che obbliga le amministrazioni pubbliche a ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione a € 5.000.

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Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
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Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
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Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
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Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
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