STRATEGIE

Sanità digitale, niente rilancio senza un nuovo patto sociale con i cittadini

L’emergenza Covid-19 mette al centro la necessità di un sistema sanitario più efficiente. In grado di liberare il potenziale dell’innovazione per concentrarsi sull’empowerment della comunità. Cruciali la disponibilità di dati e la velocità del trasferimento tecnologico. La best practice Trento

Pubblicato il 25 Mag 2020

Andrea Nicolini

Project Manager per TrentinoSalute4.0

sanità ehealth

L’emergenza Covid-19 sta riducendo il confronto sulla sanità digitale ad un’analisi maniacale del rispetto della privacy dell’app nazionale di contact tracing, Immuni. Così facendo stiamo rinunciando a riflettere seriamente rispetto a quanto sta succedendo nella nostra società stravolta dall’emergenza. Una nuova Sanità è possibile e doverosa, anche attraverso il digitale: ma ricostruendo il patto sociale con i cittadini.

Questa è un po’ la filosofia che c’è dietro l’esperienza di Trento nella gestione dei pazienti covid-19.

Sanità digitale, l’esperienza di Trento

A Trento infatti si lavora da anni nello sviluppo di ecosistemi e di servizi orientati all’empowerment dei cittadini, che hanno portato a risultati già molto rilevanti, oltre 100 mila utenti (20% della popolazione) che sono registrati fra portale web ed app per l’accesso ai servizi digitali, oltre 500 mila sessioni per l’app Trecovid19 realizzata per l’emergenza a carattere informativo (con oltre 5000 users quotidiani ancora attivi al 9 di maggio) e con servizi di monitoraggio tramite chatbot integrato con le piattaforme gestionali aziendali per i pazienti positivi in isolamento a domicilio, alcune migliaia di televisite specialistiche effettuate nelle prime settimane di ripresa dell’attività ambulatoriale nella fase 2 dell’emergenza Covid19.

Tuttavia anche a Trento esiste ancora una grande distanza fra il potenziale e le attese nella sanità digitale e quanto è espresso concretamente in servizi fruiti dai cittadini, soprattutto dai cittadini cronici che più di altri hanno un forte bisogno di un’assistenza agile, smart e a misura dei bisogni. Per avere una idea di questa distanza è sufficiente accedere ai forum di discussione e ai siti web di associazioni o organizzazioni di pazienti, nel seguito di questo articolo per praticità concentreremo l’attenzione sul diabete, una delle patologie croniche in maggior crescita nel nostro paese.

Il diabete mellito si manifesta in diverse forme (tipo 1, tipo 2 e per le donne in gravidanza di tipo gestazionale o pre-gravidico), ma in tutti i casi richiede per essere tenuto sotto controllo un monitoraggio attento degli stili di vita, che devono essere sani e corretti, e di alcuni parametri (in primis la glicemia). Monitoraggio che comporta un grande sforzo da parte del paziente e spesso del sistema sanitario che però non ha risorse infinite.

La tecnologia ed il digitale possono fare molto, anche se non tutto, e purtroppo gli sviluppi innovativi e la loro diffusione sono spesso decisi e limitati dalle politiche commerciali delle grandi ditte farmaceutiche e biomedicali. Per questo i pazienti schiacciati fra i limiti del sistema sanitario ed i limiti dei monopoli delle grandi aziende, cercano soluzioni alternative e si auto organizzano in associazioni, arrivando a condividere le esperienze con soluzioni tecnologiche molto evolute rilasciate da comunità di pratica in open source.

Il successo del “pancreas artificiale”

Uno degli esempi più avanzati da questo punto di vista è senza dubbio l’adozione di soluzioni di “pancreas artificiale”, un vero e proprio sistema tecnologico che, semplificando, si può dire simula il funzionamento del pancreas, essendo capace di elaborare centinaia di valori al giorno dei livelli della glicemia, rilevati tramite opportuni device (cerotto), e comandare, tramite una app ed alcuni algoritmi, la pompa ad infusione che rilascia insulina nel corpo.

A parte gli aspetti tecnici della soluzione che si possono approfondire in diversi articoli dei siti delle associazioni (un articolo recente è questo), ciò che colpisce e fa riflettere molto, sono il livello di soddisfazione ed i risultati raggiunti da alcuni pazienti (un esempio è questo post) ed il giudizio netto di totale rifiuto da parte di alcuni medici (un esempio è questo post).

In questo articolo non si vuole entrare nel merito della soluzione, della sua eventuale pericolosità o efficacia, dell’essere o meno certificata o dimostrata scientificamente: è solo un esempio di quali sono le attese e le speranze dei cittadini. Ciò che interessa è capire la portata del fenomeno e soprattutto mettere in luce che l’innovazione nella sanità digitale del sistema pubblico dei prossimi anni si svilupperà se riuscirà a raccordarsi con questo incredibile potenziale.

Riconquistare la fiducia dei cittadini

L’emergenza Covid19 ci ha dimostrato che dobbiamo essere molto più rapidi ed efficaci, che i risultati della ricerca si devono trasferire rapidamente all’esercizio, che la conoscenza necessaria per la ricerca si acquisisce solo se si hanno tantissimi dati a disposizione nel rispetto della privacy e tutto questo porta alla necessità di un nuovo patto sociale per la sanità pubblica con i cittadini che devono essere partecipi e devono condividere e devono poter controllare l’uso che viene fatto dei loro dati, ma che devono altresì essere consapevoli che potranno ricevere servizi davvero innovativi e vicini ai loro bisogni solo se avranno fiducia e si sentiranno parte integrante del sistema sanitario pubblico.

Per anni abbiamo riempito i dibattiti sul digitale nella PA con le parole empowerment e partecipazione dei cittadini, convinti che i servizi digitali andassero ripensati in quella direzione, anche se poi all’atto pratico le progettualità che hanno davvero declinato quei paradigmi, soprattutto in ambito sanitario, sono state davvero poche, i più bravi hanno lavorato davvero tanto sulla sistematizzazione dei back office e sul fascicolo sanitario elettronico.

Ora che l’emergenza ci ha costretto al distanziamento sociale ed ha fornito una eccezionale spinta verso l’utilizzo del digitale per colmare le distanze, con un fortissimo bisogno di app, chat e video chat, ci siamo resi conto con evidenza che eravamo scarsamente dotati di strumenti semplici e diretti di interazione a distanza con i cittadini.

Urge guardare in modo più approfondito i veri bisogni di quei 60 milioni di cittadini verso i quali indirizziamo i nostri servizi, perché li conosciamo davvero poco e perché non li abbiamo mai veramente messi al centro del nostro ripensare la sanità pubblica. Al mio primo corso di management il docente mi chiese a bruciapelo quanti fossero i miei collaboratori ed io rapidamente risposi 14, a quel tempo in effetti dirigevo i sistemi informatici di un ente pubblico ed avevo quel numero di collaboratori, ma il docente mi fulminò e mi disse che lo stavo deludendo.

Istantaneamente capii che dovevo pensare in modo più ampio aprendo la mente e quindi dissi 400 il numero dei dipendenti dell’intero ente, il docente mi fissò di nuovo e disse che mi stavo avvicinando alla risposta giusta. Reagii ancora e dissi 6 miliardi, il numero di cittadini allora presenti sulla terra, il volto del docente si illuminò e si aprì in un grande sorriso mentre mi diceva che quella era la risposta giusta, perché dirigere i sistemi informatici di una PA voleva dire lavorare per e con tutti i cittadini possibili fruitori e possibili collaboratori della soluzione che si stava approntando, una lezione concentrata sul concetto di empowerment dei cittadini che più volte mi è tornata utile e che ho sempre cercato di tenere presente.

Nonostante Covid-19 è ora di stringersi le mani in un nuovo patto, che rilanci con forza la sanità pubblica e infonda fiducia nei cittadini, aiutandoli a ridurre le distanze fra le attese ed i servizi concreti disponibili.

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