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Sanità, ecco le tre innovazioni che la cambieranno quest’anno

Sistemi di AI per ridurre i tempi di messa in commercio di nuovi farmaci, chat per aiutare i pazienti con Alzheimer o i malati di cancro, pillole in grado di monitorare il paziente e decidere la somministrazione dei farmaci. Sono queste le tendenze da cui partire per capire che anno sarà per la sanità digitale

Pubblicato il 20 Feb 2019

Eugenio Santoro

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

Smart-pills

Intelligenza artificiale a supporto della ricerca medica, assistenti virtuali, pillole intelligenti: sono queste le tre tendenze (spesso corroborate da evidenze scientifiche) che si sono manifestate nel corso del 2018 e che sicuramente presenteranno importanti sviluppi nei mesi e negli anni a venire.

Da queste tendenze si può partire, senza avere la pretesa di prevedere quali iniziative nel campo della sanità digitale saranno di successo nel prossimo futuro (operazione terribilmente complicata e spesso fallimentare), per fare un quadro dei prossimi sviluppi della sanità digitale.

L’intelligenza artificiale a supporto della ricerca medica

La ricerca medica è il campo nel quale lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale potrà dare un grande contributo. La disponibilità di fonti di informazione eterogenee, strutturate (fascicoli sanitari elettronici, cartelle cliniche informatizzate, Medline, database di Linee guida, database di genomica) e non strutturate (dati raccolti da app, wearables e sensori, comunicazione sui social media) rende più che mai necessario l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale capaci di interpretare e identificare possibili associazioni.

Molte sono le aspettative nell’area del drug discovery e delle sperimentazioni cliniche grazie all’adozione di sistemi in grado di rendere più mirata la ricerca su una data molecola e più veloce il processo di sperimentazione riducendo così i tempi per la messa in commercio di nuovi farmaci. In quest’area già oggi sono oltre 20 le multinazionali del farmaco che hanno stretto rapporti non solo con i giganti dell’informatica (Google con DeepMind e IBM con Watson for Drug Discovery) ma anche con un centinaio di startup (operanti soprattutto negli Stati Uniti) nate in anni recenti per ottimizzare le varie fasi delle sperimentazioni cliniche: dalla generazione di ipotesi da testare in una nuova sperimentazione clinica all’interpretazione dei meccanismi d’azione delle malattie per le quali proporre un nuovo farmaco, dalla identificazione di nuove indicazioni per farmaci esistenti a quella di sottoinsiemi di pazienti che potrebbero rispondere favorevolmente a un farmaco esistente, dalla identificazione di possibili candidati a entrare in una sperimentazione clinica partendo dai suoi dati clinici o genetici alla attivazione di sistemi in grado di ridurre (attraverso specifiche tecniche di comunicazione) l’abbandono di pazienti arruolati in una sperimentazione. Non mancano infine le premesse per lo sviluppo di sistemi in grado di velocizzare il processo di selezione delle molecole che hanno una maggiore probabilità di successo di diventare un farmaco così come dimostrato in un recente articolo pubblicato su Nature.

Gli assistenti virtuali a supporto dei pazienti

Sebbene si tratti di un argomento controverso, nel 2019 continuerà lo sviluppo di assistenti virtuali basati sull’intelligenza artificiale. A dare linfa a questa linea di strumenti non sono solo le iniziative per migliore l’attività cognitiva di certe categorie di utenti (come per esempio la pluripremiata “Chat Yourself”, l’app basata su un chatbot nato da un’idea di Y&R col patrocinio di Italia Longeva per aiutare la vita dei pazienti con Alzheimer) o quelle intraprese dalle associazioni di pazienti (come il recente lancio da parte della Associazione Italiana Malati di Cancro di “Filos” , un assistente virtuale dotato di intelligenza artificiale e in grado di fornire delle risposte alle domande più comuni dei pazienti oncologici) o dalle società scientifiche (come il lancio nel corso della seconda parte del 2018 da parte della Società Italiana di Nefrologia di un chatbot nato per fornire ai medici nefrologi uno strumento per l’esplorazione e l’identificazione delle informazioni più aggiornate sulla letteratura scientifica relativa ai farmaci calcio mimetici), ma hanno un certo peso le iniziative istituzionali, come quelle intraprese dal National Health Service inglese. Nel corso del 2018 ha fatto molto parlare di sé Babylon App , un’applicazione che, attraverso un sistema di intelligenza artificiale, fornisce una consulenza basata sull’anamnesi personale, sui sintomi indicati verbalmente dal cittadino, e sulle conoscenze prodotte dalle principali linee guida mediche inglesi.

Il National Health Service inglese lo ha scelto come strumento di “triage” e lo sta sperimentando su un gruppo di 26.000 cittadini che vivono a nord di Londra. Se da un lato i dati sembrano essere incoraggianti (sono state condotte finora 300 mila visite virtuali, il 50% delle quali si è risolta con una visita diretta o in videoconferenza, via smartphone, da parte di un medico), dall’altra il sistema sembra non aver ricevuto il gradimento dei medici inglesi, i quali hanno sollevato dubbi sulla affidabilità del sistema e sulla metodologia usata dalla società produttrice per valutarla. Nonostante queste incertezze, c’è chi immagina che in futuro i pazienti potranno condividere con i loro assistenti virtuali i dati raccolti tramite l’utilizzo di applicazioni o dispositivi wearable, o quelli presenti nelle loro cartelle cliniche informatizzate, rendendo più accurate e precise le indicazioni sulle quali il sistema dovrà prendere delle decisioni.

Le pillole intelligenti a supporto della cura dei pazienti

Le terapie digitali (o digital therapeutics) hanno avuto molto spazio nel corso del 2018. E molti successi si prevede avranno nel corso del 2019. Merito senza dubbio di progetti di ricerca che hanno dimostrato l’efficacia (clinica oltre che tecnologica) di questa tipologia di terapie.

Nuovi impulsi arriveranno in particolare dalle pillole intelligenti sulle quali molti gruppi di ricerca stanno lavorando. E’ recente lo sviluppo da parte di un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e del Brigham and Women’s Hospital di Boston che ha messo a punto una pillola dotata di specifici sensori in grado di monitorare il paziente e di decidere la somministrazione dei farmaci in base ai dati raccolti. La pillola, stampata in 3D è in grado di raccogliere dati dallo stomaco per almeno un mese e può rilasciare gradualmente il farmaco che contiene. Attraverso i sensori e il collegamento bluetooth di cui è dotata, un’app installata sullo smartphone può essere usata per modificare la quantità di farmaco che la pillola intelligente deve rilasciare. Attraverso questo sistema, per ora sperimentato solo nel maiale ma che presto sarà testato sull’uomo, sarà possibile curare tempestivamente pazienti ai quali sia stata rilevata una determinata patologia. Per esempio, nei pazienti ad alto rischio di infezione, come quelli immunodepressi o in trattamento chemioterapico, questa pillola potrebbe rilevare la presenza dell’infezione e inviare subito l’antibiotico necessario.

La Food And Drug Administration (FDA) aveva già concesso l’autorizzazione alla vendita di una pillola digitale che includeva, oltre al farmaco, un sensore assimilabile dal corpo umano in grado di segnalare se la pillola era stata o meno ingerita. Ed è proprio alla nuova strada tracciata dalla FDA nel cercare percorsi più veloci per certificare e autorizzare al commercio dispositivi medici basati sulle terapie digitali che i produttori di queste tecnologie, insieme ai big dell’informatica, guardano con favore e speranza per il prossimo 2019.

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