le 4 azioni

Sanità, fare più prevenzione grazie al digitale: quali politiche

La necessità di rivedere i modelli e i principi del sistema sanitario non è solo legata all’evoluzione digitale, ma il digitale abilita nuove politiche della salute sul territorio. Serve però che tutte le istituzioni pubbliche e gli stessi cittadini facciano squadra. Ecco come cambiare paradigma

Pubblicato il 12 Lug 2018

Andrea Nicolini

Project Manager per TrentinoSalute4.0

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I principi sui quali si basa il modello attuale di sanità orientano la maggior parte delle attività alla cura e solo una minima parte sono orientate alla prevenzione, secondo stime approssimative si parla di una suddivisione dell’80-90% in attività di cura e solo di un 10-20% in attività di prevenzione.

Nuovo governo e digitale, tutte le incognite dei prossimi giorni

Questo sbilanciamento, unito alla curva demografica sempre più spinta verso l’alto, porta e porterà sempre più inevitabilmente ad un forte aumento della spesa sanitaria che rischia seriamente di non essere più sostenibile in pochi anni per il nostro paese, a meno di non cambiare il modello o quantomeno riequilibrare il rapporto fra prevenzione e cura.

La necessità di rivedere i modelli ed i principi del sistema sanitario non è solo legata all’evoluzione digitale, molti studi e ricerche evidenziano come sia possibile in alcuni casi, soprattutto con la popolazione anziana, agire in modi alternativi ai farmaci e alle cure sanitarie per garantire o migliorare le condizioni di salute, è il caso di tutto l’ambito dell’invecchiamento attivo e dei relativi modelli ormai riconosciuti anche a livello scientifico.

Sanità pubblica e dispositivi smart

La cura del benessere psicofisico, attraverso l’adozione di corretti stili di vita, sembra essere la chiave di volta di una nuova visione della sanità pubblica ed in questa logica si inserisce la rivoluzione abilitata dal digitale.

Rivoluzione perché bisogna coniugare l’attuale e per certi versi ottima sanità italiana che già utilizza ausili e soluzioni digitali tradizionali (PC, diagnostiche, FSE), che devono rimanere ed essere migliorati continuamente, con la disponibilità in costante aumento di strumenti e dispositivi digitali personali o familiari, si pensi ad esempio:

  • Ai sensori di rilevazione dei parametri principali dello stato di salute e dello stile di vita dei pazienti (tutti i wearable, dispositivi da indossare, come braccialetti, orologi, fasce, gli stessi smartphone, ecc.);
  • ai nuovi dispositivi medici smart (come cerotti capaci di rilevare e comunicare allo smartphone diversi parametri vitali per mesi o somministrare gradualmente farmaci);
  • agli assistenti vocali “intelligenti” (come Google home, echo di Amazon, ecc.), già ora capaci di garantire una interazione umana e di raccogliere una infinità di dati anche sanitari (ad esempio esaminando i colpi di tosse);
  • alla prossima diffusione dei robot di compagnia, capaci di comunicare con tutti i dispositivi precedenti, di interagire in modo evoluto attraverso la voce e non solo come gli assistenti vocali e dotati di capacità computazionali inimmaginabili fino a pochissimo tempo fa.

Nuovi modelli e politiche della salute sul territorio

Tutto questo abilita l’implementazione di nuovi modelli e nuove politiche della salute sul territorio. I nuovi modelli si basano inevitabilmente sulla raccolta riservata e sicura, del maggior numero di dati che rendono possibile ed attuabile un monitoraggio “intelligente”, effettuato attraverso strumenti e servizi di analisi dei big data, che può rivelare con largo anticipo diversi segnali preventivi di malessere o di possibile malattia, prima che la stessa si manifesti e raggiunga il livello patologico, o comunque evidenziare stili di vita che possano essere corretti per tempo riducendo drasticamente la spesa sanitaria (soprattutto farmaceutica) e riservando le strutture sanitarie alla cura delle vere patologie non solo acute.

Esistono diversi studi internazionali che negli ultimi anni concentrano l’attenzione sulla correlazione fra lo stato di salute e lo stile di vita, ma non esistono ad oggi veri piani implementati di rivisitazione del sistema sanitario alla luce delle nuove potenzialità disponibili e quindi dei nuovi modelli.

Prevenire è meglio che curare

Ma concretamente cosa significa ideare, definire e mettere in atto nella realtà un nuovo paradigma impostato secondo questi nuovi principi orientati a prevenire, piuttosto che a curare?

La risposta è una sola: fare squadra sul territorio con tutti gli attori che concorrono al nuovo modello, rompere quel muro che abitualmente circonda non solo fisicamente le strutture sanitarie ed annegarle, integrandole, nel tessuto sociale, perché gli stili di vita ed il benessere dipendono e sono correlati con tutti gli aspetti sociali della vita dei cittadini.

Per rimanere nell’ambito digitale e quindi dei sistemi informativi a supporto di questa rivoluzione, senza pretendere di fare un trattato socio-sanitario, si tratta di pensare come parte attiva dello sviluppo dei nuovi sistemi informativi sanitari, anche le altre istituzioni pubbliche (Regioni, Province, Comuni, Università, Centri ricerca, ecc.) in particolare nelle loro articolazioni o componenti legate all’assistenza ed al sociale e soprattutto gli stessi cittadini, non più solo pazienti, ma cittadini a tutto tondo che con il loro operare e con le loro scelte aiutano l’agire della sanità.

Sanità e territorio, i quattro aspetti fondamentali

Alcuni territori hanno già approcciato la materia ed hanno già individuato alcune soluzioni architetturali che meritano di essere condivise ed approfondite e se ritenute corrette estese ad altri territori, nel seguito lo facciamo affrontando quattro aspetti ritenuti fondamentali: il rapporto con il cittadino, la governance del sistema ed il rapporto con le altre istituzioni pubbliche, il ruolo degli operatori di mercato ed infine le azioni di supporto ed accompagnamento al cambiamento.

  • Il primo aspetto fondamentale riguarda il rapporto con il cittadino, sia per coinvolgerlo nel processo di definizione e di attivazione del nuovo modello (attraverso attività social, app, giochi o altro), sia per renderlo parte attiva e consapevole, fiduciosa dell’operare della sanità. Serve quindi creare una modalità il più possibile trasparente per raccogliere i tanti dati prodotti dai dispositivi che ogni cittadino possiede, la raccolta può essere mirata e richiesta dal sistema sanitario (ad esempio per i cronici) ed in tal caso vi deve essere un atto esplicito di richiesta o prescrizione del medico che quindi può e deve vedere i dati raccolti portando ove necessario le evidenze all’interno dei tradizionali sistemi sanitari (come FSE) oppure può essere generica per monitorare lo stato di salute o lo stile di vita ed in tal caso i dati ed i servizi automatici correlati (ad esempio le notifiche per valori fuori range o errati stili di vita da correggere) sono disponibili solo al cittadino che può decidere in autonomia e di volta in volta se renderli o meno disponibili per ricerche o per approfondimenti al sistema sanitario.
  • Il secondo aspetto riguarda la governance del nuovo sistema ed il rapporto con le altre istituzioni pubbliche, le aziende sanitarie rimangono il centro operativo del nuovo paradigma, ma devono essere rinforzati e molto più stretti i rapporti con le altre istituzioni pubbliche del territorio, non sono più sufficienti le conferenze territoriali, servono Team territoriali per la trasformazione digitale socio-sanitaria che sulla base di accordi strategici ed operativi fra le istituzioni coinvolte possano facilitare l’attuazione della trasformazione digitale e la transizione al nuovo paradigma. Il coinvolgimento ed il consenso devono essere i massimi possibili per poter avere successo, per questo anche le rappresentanze dei cittadini e delle associazioni devono essere coinvolte attivamente nella governance.
  • Il terzo aspetto riguarda il coinvolgimento degli operatori di mercato, il nuovo paradigma deve essere fondato sull’utilizzo del maggior numero di standard, internazionali e de facto possibile, per garantire che i servizi e le soluzioni siano facilmente integrabili da parte di tutti, pur nel rispetto del massimo livello di privacy e protezione del dato. Il cittadino sarà parte attiva solo se non gli sarà richiesto uno sforzo particolare, per questo l’integrazione con gli strumenti ed i dispositivi che già utilizza deve essere semplice e chiaro. Inoltre le medio-piccole realtà del territorio devono poter sviluppare facilmente nuovi servizi integrati sia nell’ambito più prettamente sanitario, sia nel più ampio ambito sociale. Inoltre essendo un settore in forte evoluzione è necessario favorire la ricerca e lo sviluppo di soluzioni e servizi innovativi, incentivando la collaborazione delle realtà territoriali pubbliche di studi e ricerca (Università , centri ricerche, ecc.) con le medio-piccole imprese.
  • Il quarto aspetto riguarda le azioni di accompagnamento al cambiamento, trattandosi di una rivoluzione non si può pensare venga attuata all’interno delle risorse e delle competenze in essere, serve un piano pluriennale di accompagnamento che attraverso azioni di formazione possa facilitare la gestione del cambiamento alle risorse ed alle competenze disponibili ed attraverso l’acquisizione di nuove competenze possa accelerare la trasformazione digitale. Le prime azioni sperimentali hanno ad esempio mostrato la necessità di nuove figure professionali che abbiano specifiche competenze nella gestione ed elaborazione di dati digitali, sappiano coniugare le conoscenze sanitarie con le capacità di leggere ed interpretare i dati raccolti dal sistema e supportare il cittadino nell’adottare le misure necessarie, figure che in questo caso si collocano fra l’infermiere ed il medico. Ma estendendo l’azione agli aspetti più pertinenti al benessere ed allo stile di vita, anche limitandosi agli aspetti digitali servono comunque, oltre alle competenze sanitarie ed infermieristiche, anche tante altre competenze come quelle di psicologia e sociologia (interfacce e robot) o di scienze motorie (interazione con i principali dispositivi).

È chiaro come si scriva sanità digitale, ma si legga “rivoluzione socio-territoriale”, del resto la sanità pubblica deve cambiare radicalmente paradigma sfruttando il digitale se vuole evitare che l’avvio di servizi di strutture private come SaluberMD, appena sbarcato in Italia, che garantiscono servizi di telemedicina in tempo reale, faccia perdere l’unitarietà ed universalità assistenziale che solo il pubblico può garantire.

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