dopo l'emergenza

Un modello per la Sanità digitale post covid-19: i cinque punti chiave

Passata l’emergenza coronavirus, che sta mostrando tutti i limiti della sanità tradizionale, non potrà mancare una chiara scelta verso il digitale e una regia nazionale per costruire un sistema predittivo, partecipativo, personalizzato e preventivo. Ecco le cinque azioni per una sanità post Covid-19

Pubblicato il 26 Mar 2020

Demetrio Naccari Carlizzi

P4C – Prepare for Change

Agata Quattrone

PhD in Ingegneria dei Trasporti e della Logistica

Enforcement del Garante privacy in sanità negli ultimi anni: spunti di riflessione

Per la Sanità italiana esiste ormai un prima e un dopo il Covid-19: se fino ad oggi, pur nella consapevolezza che il digitale fosse un autentico “salvavita” per il sistema, erano le iniziative dei singoli (operatori o istituti) a contaminare il modello assistenziale tradizionale, da domani, finita l’emergenza, sarà impossibile non ripensare il modello strutturalmente ed a mente fredda.

Per questo serve fin da ora una strategia digitale per la Sanità post Covid-19: cinque – come vedremo – i punti essenziali che dovranno essere sviluppati dal Ministero della Salute in tandem con il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione per evitare che, superata l’emergenza, di ritrovarci con lo stesso sistema sanitario (solo puntellato in alcuni reparti), che stava già scivolando progressivamente da principale infrastruttura sociale a sistema in crisi, sotto finanziato, diseguale geograficamente, senza programmazione delle risorse umane e non in grado di prevedere e gestire le emergenze di un mondo globalizzato.

Il digitale per riprogrammare il modello assistenziale

Partiamo da una riflessione, amara: finora, la sanità italiana, ante Covid-19, non aveva fornito segnali evidenti di un cambio di approccio verso una convinta adesione alle nuove tecnologie digitali ancora oggi, pur in emergenza, non si intravedono segnali di un cambiamento.

Lo sforzo del Governo di questi giorni, con il Decreto che dispone 25 miliardi di euro per l’emergenza, destina 3,5 miliardi alla Sanità e alla Protezione Civile. Prevede l’istituzione di un Gruppo di supporto digitale alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l’attuazione delle misure di contrasto all’emergenza COVID-19. Tuttavia, visto che ci troviamo a fronteggiare l’emergenza, per il digitale nel comparto sanitario nessun provvedimento specifico.

Permangono poi anche le remore riguardo la necessità di usare le tecnologie digitali per tracciare gli spostamenti e rendere effettive le misure di contenimento e non solo per le evidenti differenze dei sistemi di governo (Democrazia Parlamentare vs Stato Socialista a Partito unico). Si potrebbe dire -per approssimazione- che siamo incoscientemente disponibili a cedere tutti i nostri dati per fini commerciali, farci profilare, spiare dagli assistenti vocali e sorvegliare dai trojan stranieri ma guai invece a utilizzare le informazioni sugli spostamenti per scongiurare la diffusione del Covid-19.

Già, perché prima che stupirsi delle previsioni del TedTalk di Bill Gates del 2015 sui virus bastava aver ascoltato il giornalista Rai Luce che commentando l’asiatica del 1969 citava un proverbio che per ironia della sorte è inglese: “Quando Mao starnutisce il mondo si ammala”!

Ma un sistema come il nostro, che spende il 37% in meno rispetto agli altri Paesi dell’Europa Occidentale, può rinunciare a riprogrammare il modello assistenziale con la logica del digitale? Il Governo britannico che noi giustamente tanto critichiamo per le scelte morali sul Covid-19 ha stanziato, ante Covid-19 e nel solo 2019, 6,2 miliardi di sterline (450 dei quali dedicati alle tecnologie AI) nel quadro di un aumento programmato di 33,9 miliardi sino al 2024, nel mentre noi rispondevamo con la schizofrenia di chi approva Quota 100, poi richiama i pensionati e schiera (di fatto ormai da anni) gli specializzandi, abilitando la laurea con un DPCM.

Non è quindi un compito facile quello del Ministro Speranza, cui va certamente il merito già con l’ultima legge di Stabilità di avere invertito la tendenza a fare cassa tagliando in Sanità.

Quale modello di sanità digitale?

Se la premessa è che il modello assistenziale tradizionale negli ultimi dieci anni ha avuto un deficit manutentivo, è mancata ancora di più la costruzione di una transizione ad un modello di sanità digitale. Ciò avrebbe fornito nuovi strumenti per assicurare le prestazioni richieste, contribuendo a colmare l’attuale ritardo dei territori più svantaggiati e garantire più uniformemente i Livelli Essenziali di Assistenza. Non averlo fatto ha ridotto la sostenibilità nel tempo del SSN e ha relegato ad esperienze frammentarie le innovazioni introdotte dal basso che avevano invece bisogno di essere strutturate come sistema. Dalla necessaria modifica di tutte le fasi della presa in carico del paziente, ai nuovi modelli di prevenzione data based, dalla cura fino al post-ricovero, attraverso strumenti come i sistemi di prenotazione e pagamento online delle prestazioni sanitarie, la cartella clinica elettronica e il fascicolo sanitario elettronico, l’utilizzo della telemedicina, l’uso di App e dispositivi wearable, la diffusione di soluzioni di intelligenza artificiale e di machine learning.

Il panorama nazionale si è poi naturalmente caratterizzato per la disomogeneità geografica dell’innovazione, la mancanza di interoperabilità dei sistemi e in generale per una latente e insufficiente consapevolezza delle opportunità da parte della media degli operatori sanitari e dei cittadini.

L’emergenza covid-19 e i limiti del modello tradizionale di Sanità

Oggi, spalle al muro per il Covid-19, il modello tradizionale mostra i suoi limiti, messi a nudo dagli sforzi enormi degli operatori e addirittura da atti di eroismo. Ma l’emergenza sta imponendo un debito sanitario che si accumula pericolosamente verso le patologie non urgenti, mentre senza le tecnologie digitali fatichiamo a garantire persino un contatto con i pazienti cronici e con i pazienti oncologici contattati con modalità tradizionali dai medici che con enorme responsabilità non li abbandonano pur nell’emergenza.

Emblematiche sono le comunicazioni di reparti di Diabetologia che in questi giorni affidano ai siti di informazione il messaggio per i pazienti diabetici cui viene chiesto di inviare via e-mail analisi o richieste. Eppure, non mancano studi, sperimentazioni e servizi con piattaforme web per la fornitura di servizi di Telemedicina ai pazienti diabetici per risolvere problemi legati alla mobilità (distanza dal luogo di cura), all’allontanamento dal posto di lavoro (per il paziente o per i familiari).

Dopo l’emergenza nel nostro Paese non potrà mancare quindi una chiara scelta verso il digitale e una regia nazionale per costruire una sanità predittiva, partecipativa, personalizzata e preventiva. Quell’ “atto di volontà”, teorizzato da Joseph Shumpeter come strumento del salto innovativo e generatore di valore. Per disegnare, come era già successo nelle riforme sanitarie del 1978 (istitutiva del SSN) del 1992 (aziendalizzazione) e del 1999 (introduzione dei LEA) il nuovo processo produttivo.

Anche sul piano normativo l’Italia dovrà innovare. Mentre Regno Unito, Francia e di recente anche la Germania hanno approvato una legislazione specifica in materia di sanità digitale, in Italia permane un vuoto legislativo.

Lo stesso processo di Deospedalizzazione eseguito negli ultimi 20 anni può ricevere dalla trasformazione digitale una implementazione/adeguamento. Infatti la riduzione dell’accesso alle strutture ospedaliere (Rapporto SDO 2018) è funzione di un rapporto costante di monitoraggio dei parametri specialistici per i pazienti cronici, di un diverso modello di presa in carico anche virtuale per molte patologie. È proprio la necessaria ricerca di efficienza e la crisi demografica con il conseguente invecchiamento della popolazione a suggerire una convinta opzione verso le tecnologie digitali per ripensare i modelli assistenziali e la presa in carico dei pazienti.

Nel mondo del dopo Covid-19 speriamo di potere guardare come al passato la lentezza dei vecchi programmi. Emblematica l’infografica seguente che fotografa lo stato di attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), istituito nel 2015 e ad oggi adottato soltanto da dodici regioni.

Fonte: Elaborazione P4C su dati Agenzia per l’Italia Digitale (https://www.fascicolosanitario.gov.it/)

Così come i buchi temporali riguardo le scelte strategiche in materia di adozione dell’intelligenza artificiale per il comparto sanitario dove si attendono ancora (da fine marzo 2019) le risultanze del lavoro della Task Force AI dei 30 esperti nominata dal Ministero dello Sviluppo Economico che dovrà indirizzare la spesa del Fondo nazionale innovazione (FNI) peraltro affidato ad una governance controversa e con in dote solo una piccola porzione dei fondi inizialmente promessi. Per il perdurare dell’assenza di strategia nazionale e le limitate risorse disponibili ad oggi la spesa in ambito AI in sanità è ancora marginale.

Il SSN non avrà la possibilità di mantenere uno standard adeguato e un modello universalistico così impegnativo senza liberarsi da quello che è un vero approccio di diffidenza o di resistenza verso il Management dell’innovazione, assente dalla cultura di molte aziende sanitarie specie del Sud, che meriterebbe invece un piano per un ridisegno organizzativo dei servizi.

Un nuovo sistema di monitoraggio indifferente alla sanità digitale

Un esempio lampante di strumenti da aggiornare è proprio in questa logica il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) per il monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza, che da quest’anno dovrà sostituire la Griglia LEA, da sempre oggetto di critiche.

Nel NSG gli indicatori individuati sono diventati 88, peraltro appropriati, (16 per la prevenzione collettiva e sanità pubblica; 33 per l’assistenza distrettuale; 24 per l’assistenza ospedaliera; 4 indicatori di contesto per la stima del bisogno sanitario; 1 indicatore di equità sociale; 10 indicatori per il monitoraggio e la valutazione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali – PDTA), tuttavia ci si sarebbe aspettati di trovare un set specifico di indicatori per monitorare la transizione al digitale. Invece neppure in questo caso si è colta l’opportunità di definire dei criteri per valutare il livello di digitalizzazione dei sistemi regionali. Il nuovo sistema di monitoraggio nasce quindi indifferente alla sanità digitale e di conseguenza il decisore politico non avrà uno strumento per capire dove stia andando il sistema sanitario e quali eventuali ritardi stia accumulando.

Le linee guida OMS e le raccomandazioni EMA

Eppure già nel 2019 l’OMS aveva editato nuove linee guida raccomandando l’uso della sanità digitale in diversi ambiti:

  • come supporto al decision-making degli operatori sanitari;
  • per rafforzare i servizi di telemedicina e assicurare una diversa presa in carico mobile first dei pazienti target;
  • per garantire la tracciabilità digitale dello stato di salute e dei servizi al cliente (digital tracking);
  • per fluidificare le comunicazioni con i pazienti;
  • per promuovere la formazione mobile learning degli operatori sanitari.

Di recente la task force sui big data dell’Ema (European Medicines Agency) e i vertici delle agenzie farmaceutiche hanno proposto dieci azioni prioritarie per la rete europea di regolamentazione dei medicinali al fine di utilizzare al meglio i big data per sostenere l’innovazione e la salute pubblica. ll rapporto formula diverse raccomandazioni, di cui dieci sono considerate prioritarie. La più ambiziosa di queste è l’istituzione di una piattaforma UE per accedere e analizzare i dati sanitari provenienti da tutta l’Unione europea.

Cinque azioni per una sanità post Covid-19

E in Italia? Nella fase della ricostruzione ci attendiamo dal Ministero della Salute in tandem con il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione -anche su questo- un segno di discontinuità sfruttando tutte le potenzialità della medicina Digitale. Citiamo cinque azioni che fra le tante possibili possono contribuire a scrivere una strategia digitale per la Sanità post Covid-19:

  1. Un programma della transizione digitale che identifichi obiettivi, target e strategie compliant con le linee guida dell’OMS e soprattutto che ridisegni l’organizzazione e la governance del sistema in chiave digitale mettendo il cittadino al centro dei processi di prevenzione e cura e consentendo un migliore e più rapido e sicuro accesso alle informazioni e ai servizi sanitari.
  2. Un adeguamento della normativa nazionale con la emanazione di leggi che regolamentino l’adozione della Telemedicina e l’applicazione di soluzioni di Intelligenza Artificiale.
  3. Una declinazione specifica della strategia nazionale AI, una guida chiara su possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario che identifichi opportunità, metodi, rischi, implicazioni e responsabilità superando gli attuali limiti legati ad aspetti di sicurezza, privacy, maturità tecnologica e competenze.
  4. Un piano nazionale di diffusione delle esperienze innovative nei sistemi regionali che consenta alle tante Aziende Sanitarie (specie del Mezzogiorno) di accedere alle best practice a supporto della costruzione di veri piani di riqualificazione dei servizi sanitari, di seconda generazione e non solo finanziari.
  5. Un sistema di monitoraggio standard del livello di attuazione della digitalizzazione con indicatori specifici dedicati alla transizione che integri il nuovo sistema di valutazione dei LEA e faccia percepire la considerazione strategica di cui gode la trasformazione digitale nell’azione di impulso del Governo Nazionale.

Lo scenario cui si è assistito sino a prima del Covid-19 è quello di una sanità in trincea che è schiacciata dall’emergenza tanto da non avere un piano per recitare un ruolo nella sanità dei Big Data che rimane invece affidata agli investimenti di grandi player privati che già si cimentano in soluzioni di frontiera come l’uso dei social a scopo di prevenzione.

Se il ruolo pubblico nella sanità digitale rimarrà quello ante Covid-19 senza una scelta convinta e la costruzione di una visione strategica pubblica, sarà come affermare che i servizi sanitari non saranno più l’infrastruttura di cittadinanza unificante del Paese. Ma ciò non è più né pensabile né possibile.

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