l'analisi

Scuole chiuse, il digitale per le lezioni a distanza: cosa ci insegna il coronavirus

L’emergenza coronavirus potrebbe far finalmente comprendere davvero e appieno quanto sia indispensabile che la scuola digitale sia semplicemente “la scuola”, per tutti e sempre. Vediamo quali sono le criticità da affrontare al più presto

Pubblicato il 27 Feb 2020

Daniela Di Donato

Docente di italiano (Liceo scientifico), PhD in Psicologia sociale, dello sviluppo e della Ricerca educativa presso Sapienza Università di Roma, esperta di metodologie didattiche, inclusione e uso delle tecnologie digitali a scuola.

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La decisione di sospendere le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle Università fino al 15 marzo, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, sull’intero territorio nazionale potrebbe finalmente far comprendere che la scuola digitale non si improvvisa dalla sera alla mattina e che, in simili frangenti e non solo, è l’unica scuola possibile.

Già prima di questa drastica decisione, quando la chiusura delle scuole riguardava quasi esclusivamente le aree della cosiddetta zona rossa, il Miur affermava di stare studiando soluzioni per lezioni a distanza, nonostante, come specificato dallo stesso ministro, molte scuole non fossero dotate strumentazione adatta. Scuola digitale nuova normalità, quindi?

Chissà. Facciamo un parallelo. In Cina, il Paese con il più alto numero di contagiati dal coronavirus, ci sono 180 milioni di studenti. Per garantire che tutti possano continuare a seguire le lezioni anche in questo momento, Pechino ha lanciato una piattaforma di apprendimento nazionale e ha iniziato a trasmettere lezioni.

Coronavirus, cosa ha fatto la Cina per la continuità didattica

Per comprendere la differenza di approccio alla scuola digitale, vediamo quanto fatto in Cina.

Gli strumenti variano in base all’età: le lezioni della scuola elementare sono trasmesse su uno dei canali televisivi statali cinesi. Gli studenti delle scuole medie e superiori possono utilizzare una piattaforma di apprendimento online, che prevede 169 lezioni: coprono dodici materie per la prima settimana, in base al curriculum nazionale. Gli insegnanti continueranno ad aggiornare la piattaforma con nuovi materiali, se necessario. Per garantire le connessioni, il governo ha arruolato i tre principali operatori di telecomunicazioni del Paese, società tech come Huawei, Baidu e Alibaba per il backup della piattaforma con 90 terabyte di larghezza di banda e 7.000 server, garantendo fino a 50 milioni di connessioni.

Per i 600.000 docenti è stato invece utilizzato un servizio di livestream chiamato Dingtalk, costruito da Alibaba, per condurre lezioni online.

La scuola digitale in Italia alla prova del Coronavirus

In Italia i positivi sono attualmente oltre 2700, gli studenti sono 8.400.000.

Ecco che d’improvviso la scuola digitale diventa “la scuola” perché è l’unica scuola possibile in questo momento. Le scuole che avevano già intrapreso percorsi di innovazione anche con le tecnologie digitali hanno rapidamente cominciato a organizzare lezioni online con gli studenti, sollecitando i docenti ad allinearsi e pianificando azioni condivise. Molte altre scuole si sono ritrovate impreparate e anche un po’ confuse.

Naturalmente chi frequentava il digitale già prima del Coronavirus, aveva predisposto il necessario: autorizzazioni per proporre attività agli studenti minorenni (e lo sono fino all’ultimo anno delle superiori), piattaforme adeguate alle esigenze dell’Istituto, formazione dei docenti per una didattica inclusiva e coerente con i percorsi d’innovazione, che incorporasse le tecnologie didattiche educative tra le attività quotidiane.

E tutti gli altri?

Il primo problema che si sta affrontando è il come, cioè quali strumenti utilizzare per essere un docente online e intercettare gli studenti in modalità sincrona, poi anche il che cosa fare: lezioni con presentazioni digitali? Lezioni interattive? Flipped Classroom, con video didattici e poi richiesta di feedback?

Il dove non è scontato: aprire un canale Youtube dove caricare i propri video? Utilizzare una piattaforma per creare classi virtuali e interagire in modo sicuro con tutti? Progettare in sito didattico?

Il Miur sembra stia predisponendo una serie di iniziative per scongiurare il rischio che milioni di studenti perdano settimane o mesi di scuola, ma quali siano ancora non lo sappiamo.

Per l’Università, già dotate di piattaforme Moodle, il dove è stato risolto. Per le scuole invece si fanno avanti operatori del settore che offrono assistenza e formazione online per superare rapidamente il gap.

Fioccano webinar, in cui vengono presentati alla velocità della luce strumenti digitali, classi interattive, applicazioni per registrare video e diversi dirigenti promuovono (come avevano fatto anche prima del Coronavirus) una scuola digitale per tutti, ma ora però sembrano molto più ascoltati. Forse occorrerebbe ricordare che per atterrare su quelle piattaforme quel manipolo di docenti, che erano digitali anche prima e da parecchio, hanno dovuto affrontare ore di formazione, anche in presenza, per familiarizzare con un mondo che sembrava estraneo alla didattica e incorporarlo lentamente nelle proprie prassi quotidiane.

Non ci si improvvisa docente 3.0 solo perché le scuole sono chiuse. In ogni caso alcuni consigli rapidi si possono diffondere. Le scuole che si erano già dotate di sistemi integrati come Google Classroom o Office 365, che necessitano di una richiesta formale da parte dell’Istituto, si sono ritrovate un pacchetto di strumenti già pronti e predisposti per la didattica in remoto: Meet, Hangout o Teams per fare videolezioni in modalità sincrona, con gli studenti presenti da casa; uno spazio virtuale dove pubblicare materiali e ricevere riscontri, anche interazioni rapide in chat collaborative. Tutti quelli che non avevano autorizzazioni già rilasciate stanno cercando applicazioni gratuite e con accessi sicuri e rapidi, che consentano comunque di lavorare.

Strumenti tech e educational che potrebbero tornare utili

Se volessimo fare un’incursione rapidissima, nel mondo tech e educational per la scuola, avremmo l’imbarazzo della scelta.

Per i più piccoli, Classdojo per esempio, consente di interagire con gli studenti per attività di disegno, scrittura, redazione testi e pubblicazioni immagini senza iscrizione. Viene mostrato un codice QrCode o un codice alfabetico, che fa entrare nell’attività e partecipare. Poi c’è Spiral, che permette di costruire lezioni online o pubblicare video, facendo interagire gli studenti con domande, sia sincrone che asincrone. Tutto il processo viene salvato in automatico. Basta collegarsi al link creato dal sistema ed erogato dal docente.

Il ramo educational del noto canale di video propone Ted-Ed, che consente di costruire percorsi con elaborazione di idee, domande, valutazione e sintesi a partire da uno dei video Ted pubblicati in piattaforma.

In italiano invece una soluzione simile la propone la Rai, ma naturalmente a partire da uno dei filmati nell’enorme archivio disponibile. Promette di farlo in tre semplici passi ed è vero.

La rapidità delle scelte diventa un valore importante, quando il tempo è una variabile significativa come in questo momento. Non siamo la Cina, ma nelle situazioni di emergenza una certa creatività e immediatezza possono aiutare, anche se il coordinamento delle iniziative per ora è eterogeneo e dettato dalle esigenze personali o tutt’al più, locali. Vediamo se si comprenderà davvero e appieno quanto sia indispensabile che la scuola digitale sia semplicemente “la scuola”, per tutti e sempre.

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