L'APPROFONDIMENTO

Stupefacenti online, fa discutere il decreto sul dark web: efficace o obsoleto?

La misura contenuta nel Dl Sicurezza punta ad arginare il fenomeno perseguendo non solo gli spacciatori, ma anche i provider che non inibiranno gli accessi alle piattaforme indicate nelle “black list”. Ma c’è chi attacca la norma definendo “superate” le procedure previste: facciamo il punto

Pubblicato il 15 Gen 2021

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

dark pattern

Il traffico di droga sul dark web al centro di un nuovo dispositivo di legge. L’articolo 13 del Decreto-legge 130 del 2020 prevede infatti “ulteriori modalità per il contrasto al traffico di stupefacenti via internet” ed è finalizzato al contrasto delle “piazze” di spaccio virtuali. Lo strumento individuato è analogo a quello per il contrasto alla pedopornografia online, ossia l’oscuramento dei siti inseriti in un’apposita lista, rendendoli inaccessibili. Sono previste sanzioni amministrative molto pesanti per i provider che non ottemperino nei tempi e nelle modalità previste. Un’analisi dei passaggi: vantaggi e punti critici.

Sicurezza digitale: precedenti normativi

In principio c’era la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, tuttora vigente. All’articolo 14 si prevede che “l’organo del Ministero dell’interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione svolge, su richiesta dell’autorità giudiziaria, motivata a pena di nullità, le attività occorrenti per il contrasto dei delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, commi primo, secondo e terzo, e 600-quinquies del codice penale commessi mediante l’impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico”.

Per svolgere queste attività è prevista la possibilità, per gli agenti coinvolti nelle indagini, di agire “sotto copertura”.

Cosa prevede il Dl 130 del 2020

La Direzione centrale per i servizi antidroga, articolazione del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, fornisce all’organo del Ministero dell’interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione l’elenco dei siti di cui viene chiesta l’inibizione all’accesso. Questo organo del Ministero dell’interno, nato per il contrasto allo sfruttamento della prostituzione ed alla pedopornografia online, viene onerato di notificare agli internet provider l’elenco dei siti da oscurare.

I fornitori di connettività alla rete internet (ISP) devono impedire l’accesso ai siti segnalati entro sette giorni dal ricevimento della notifica del Ministero, “avvalendosi degli strumenti di filtraggio e delle relative soluzioni tecnologiche”. Questi ultimi sono previsti nel Decreto del Ministro delle comunicazioni 8 gennaio 2007, in materia di “Requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio che i fornitori di connettività alla rete Internet devono utilizzare, al fine di impedire, con le modalità previste dalle leggi vigenti, l’accesso ai siti segnalati dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia”.

A quanto ammontano le sanzioni

Gli internet provider che non ottemperino all’ordine di inibizione all’accesso dei siti individuati dalla Direzione centrale per i servizi antidroga entro i sette giorni dalla notificazione prescritti dall’articolo 13 del Decreto-legge 130 del 2020 incorreranno in una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000. E’ previsto che detta sanzione non si applichi se il fatto costituisce reato, ad esempio concorso nell’attività illecita svolta da sito di cui viene ordinato l’oscuramento.

L’accertamento della violazione amministrativa conseguente alla mancata ottemperanza alla prescrizione di inibizione di accesso ai siti è di competenza dell’Organo del Ministero dell’interno per la sicurezza delle telecomunicazioni, mentre saranno gli Ispettorati territoriali del Ministero dello sviluppo economico ad irrogare materialmente la sanzione. Per rendere le sanzioni amministrative pecuniarie effettivamente rilevanti per i fornitori di connettività alla rete internet, è espressamente esclusa la possibilità di chiedere il pagamento in misura ridotta previsto dall’articolo 16, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Le somme derivanti dalle sanzioni amministrative eventualmente comminate e riscosse saranno destinate al finanziamento delle spese connesse all’acquisizione dei beni e servizi necessari per lo svolgimento delle attività di indagine e monitoraggio del dark web.

Aver previsto sanzioni “esemplari” e, contemporaneamente, incentivare gli organismi di controllo ad essere efficaci nella propria attività ispettiva può determinare diverse conseguenze:

  • In primo luogo, il deterrente della sanzione amministrativa è un mezzo serio per far attivare gli ISP nei tempi e nei modi previsti dalla legge.
  • In secondo luogo, può determinare un eccesso di formalismo nelle contestazioni, che si può registrare nei casi in cui la P.A. accertatrice è anche “beneficiaria” delle somme incassate con le sanzioni irrogate.

L’effetto finale, in ogni caso, sarà una compliance rafforzata, sul punto, per gli internet provider.

Stupefacenti, un mercato dinamico

Il testo del decreto, sin dalle prime bozze, è stato criticato perché prevede l’impiego di procedure già impostate nel 1998 e, quindi, obsolete. Per quanto datate, tuttavia, non si può dire che le misure previste dalla legge 3 agosto 1998, n. 269 non siano efficaci; si può quindi dire che, semmai, il decreto pone un rimedio tardivo ad una situazione di fatto già consolidata nel tempo in via di fatto.

In altre parole, non si tratta né di uno strumento normativo o tecnico inidoneo perché obsoleto, né di una scelta al ribasso: si può dire, piuttosto e con ragionevole certezza, che la previsione dell’ottobre 2020 poteva essere adottata già anni fa. Il mercato delle sostanze stupefacenti è, per sua natura, estremamente dinamico e caratterizzato, da quando vengono utilizzati i telefoni, dal primo, rudimentale, strumento di crittografia che si conosca: il linguaggio cosiddetto “criptico”, ossia quello in cui si usano metafore per comunicare all’interlocutore, luoghi, quantità, prezzi et similia della “transazione”. E’ quindi del tutto evidente che “le piazze di spaccio virtuali”, contro cui è stato posto questo presidio, si evolveranno di conseguenza.

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