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Documento di Gara Unico Europeo elettronico italiano, ricetta per un procurement più semplice

Accolto come l’innovazione più importante nel procurement, il DGUE punta a facilitare la partecipazione degli operatori alle gare pubbliche europee riducendo i tempi e la burocrazia e ambendo al principio Once only. Tuttavia non mancano criticità da affrontare, in primis le limitazioni di un Codice appalti incompleto

Pubblicato il 22 Feb 2019

public procurement

Snellire la burocrazia del procurement per facilitare la partecipazione degli operatori economici alle gare europee. È l’obiettivo che guida la realizzazione del DGUE – Documento di Gara Unico Europeo elettronico italiano, sulle cui regole tecniche l’Agid ha avviato a metà febbraio le consultazioni pubbliche.

Lo sviluppo del documento è un passo fondamentale per avvicinarsi all’applicazione del principio Once only, semplificare le verifiche e ridurre i tempi di gara. “È l’innovazione più importante rispetto alle stesse gare telematiche dove per anni, e ancora oggi, ci si limita a smaterializzare la gara senza modificare nulla, neanche un documento, rispetto alle gare tradizionali”, ha commentato ad agendadigitale.eu l’ingegnere esperto di e-procurement Francesco Porzio, di Porzio&Partners.

Un tassello nel mosaico della digitalizzazione degli appalti

Lo sviluppo del DGUE si pone nell’ambito di un più ampio progetto di digitalizzazione del mondo degli appalti: “L’e-procurement rappresenta una fondamentale leva per la crescita dell’economia, per la modernizzazione ed una maggiore efficienza dei processi amministrativi, per il controllo e la riduzione della spesa pubblica”, commenta ad agendadigitale.eu Adriana Agrimi, dirigente Area trasformazione digitale di Agid.

La redazione, a cura dell’agenzia, delle regole tecniche “per l’implementazione in formato elettronico del Documento di Gara Unico Europeo (DGUE) in ambito nazionale – aggiunge Agrimi – rientra nel più ampio percorso di accompagnamento e supporto a imprese e PA avviato dall’Agenzia per favorire la transizione verso un sistema di appalti pubblici intelligente, digitale e trasparente”.

Che cos’è e a cosa serve il DGUE – Documento di Gara Unico Europeo elettronico italiano

Ma, in pratica, che cos’è il DGUE? Si tratta di un’autodichiarazione nella quale l’operatore documenta di non incorrere nei motivi di esclusione enunciati all’art. 80 del Codice degli appalti e di soddisfare i punti stabiliti dalla stazione appaltante.

Gli scopi sono ridurre la burocrazia, diminuire i tempi di gara e velocizzare le procedure di verifica verso gli operatori economici, facilitando la loro partecipazione alle gare pubbliche nei Paesi dell’Unione Europea. Si punta anche all’applicazione del principio once only, che consente agli operatori economici di riusare i propri dati in più gare.

Il documento è stato realizzato nell’ambito del progetto finanziato dal programma CEF Telecom 2016-IT-IA-0038 European Single Procurement Document (ESPD), coordinato da AgID e partecipato da ANAC, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, CONSIP, UNIONCAMERE, IntercentER. Per presentare le proprie osservazioni alle regole tecniche, c’è tempo fino al 15 marzo. Le regole individuate serviranno per definire tecnicamente il modello dei dati e del documento, che sarà in formato XML come stabilito a livello europeo. Il progetto punta al rispetto degli standard prescritti dalle direttive UE in materia di procurement e interoperabilità. 

Le norme europee sull’ESPD

“La consultazione pubblica aperta è importante per definire, in ambito nazionale, le regole tecniche che gestiranno l’ESPD, cioè il documento di gara unico europeo”, commenta Daniele Tumietto, commercialista ed esperto di standard. L’origine normativa è da ricercare nella direttiva europea 24 del 2014, che tratta degli standard per la gestione dell’e-procurement regolando le comunicazioni elettroniche. Vengono contemplati:

  • ESPD: il Documento di gara unico europeo è una autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi.
  • e-Notification: i bandi e gli avvisi sono trasmessi all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea per via elettronica.
  • e-Access: le amministrazioni aggiudicatrici offrono accesso gratuito, illimitato e diretto, per via elettronica ai documenti di gara a decorrere dalla data di pubblicazione di un avviso o di un invito
  • e-CERTIS: un sistema elettronico messo a disposizione e gestito dalla Commissione europea, per agevolare lo scambio dei certificati e dei documenti probatori richiesti dalle amministrazioni aggiudicatrici.
  • Virtual Company dossier: agli operatori economici non è richiesto di presentare documenti complementari al DGUE, qualora l’amministrazione aggiudicatrice abbia la possibilità di ottenere i certificati e le informazioni accedendo a una banca dati nazionale che sia disponibile gratuitamente in qualunque Stato membro.

Le diverse procedure definite a livello europeo con ESPD “permettono di gestire l’interoperabilità delle comunicazioni, degli accessi e altri aspetti connessi alla gestione degli appalti e dei relativi documenti da presentare”, ha sottolineato Tumietto.

Le criticità da affrontare

Tra gli ostacoli che possono rendere lento il processo di messa a punto del DGUE,  c’è lo zoppicante Codice degli appalti. L’avvocato Paola Conio ricorda: “Il DGUE nasce dal Regolamento Europeo UE/2016/7 del 5 gennaio 2016 come strumento di semplificazione e riduzione degli oneri documentali della partecipazione alle gare e di standardizzazione delle dichiarazioni. È evidente che la funzione specifica del Documento di gara unico europeo potrà dirsi soddisfatta in quanto la generazione dello stesso in un formato elettronico sia possibile ed efficace e sia garantita anche un’effettiva interoperabilità“.

Tuttavia, “paradossalmente, a tutt’oggi il MIT non ha ancora provveduto ad aggiornare il modello di DGUE, approvato con la Circolare numero 3 del 6 dicembre 2016, alle modifiche apportate dal correttivo del Codice dei Contratti pubblici al d.lgs. 50/2016 – aggiunge Conio – ad esempio alle cause di esclusione, il che limita notevolmente la concreta utilità dello strumento visto che comunque devono essere prodotte dichiarazioni integrative“.

Agid, “nelle more dell’aggiornamento, ha comunque avviato la consultazione sulle regole tecniche che dovranno guidare i progettisti e chi realizza gli strumenti informatici per la generazione del DGUE elettronico (teoricamente obbligatorio fin da ottobre 2018) – sottolinea l’avvocato Conio -. Non si può che auspicare la pronta conclusione dell’intero processo in modo da consentire l’effettiva realizzazione degli obiettivi alla base dell’introduzione del DGUE”.

L’innovazione dei processi

Per Francesco Porzio, della società di consulenza Porzio&Partners, “il DGUE affronta non solo il tema della digitalizzazione, doveroso da almeno diciotto anni quando per la prima volta si istituì il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, ma ha il pregio di farlo innovando i processi e creando un’efficienza mai vista fino a ora. Infatti, non solo si standardizza il documento di dichiarazioni che fa risparmiare tantissimo tempo sia alle stazioni appaltanti sia agli operatori economici ma consente il riutilizzo delle dichiarazioni per gli operatori economici. E i benefici sono incredibilmente ampi”.

Il DGUE è digital per il digital: “Sembra scontato, che quando si digitalizza un processo bisogna prima ripensarlo e re-ingegnerizzarlo, ma non lo è affatto – precisa Porzio -. Se si vede l’home banking di primarie banche o i sistemi di e-procurement di gruppi industriali importanti, ancora si scopre con orrore che hanno informatizzato esattamente la procedura, o peggio la fantozziana pratica, senza cambiare neanche i nomi delle azioni tanto meno ripensare la procedura. Finalmente si ha l’impressione di qualcosa pensato da qualcuno che gestisce davvero gare anziché da chi passa il tempo in sale riunioni o nei congressi a raccontare strategie visionarie”.

Incrociare le dita è d’obbligo, “visto che alcuni degli stessi attori in gioco non sempre hanno brillato quando hanno informatizzato alcune fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici – conclude l’esperto -, ma siamo ottimisti perché se l’uomo saggio impara dagli errori altrui quello attento impara quanto meno dai propri”.

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