Comuni

L’Agenda digitale scende a livello cittadino: sei punti per una nuova fase

Le città, e in particolare i grandi centri delle aree metropolitane, investiti di un ruolo guida rispetto ai loro territori, non procedano in ordine sparso. Approcci comuni e un confronto continuo sono una necessità, sia per mantenere una ragionevole coerenza del sistema, sia per mettere a frutto le esperienze migliori. Ecco come

Pubblicato il 29 Mar 2016

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Il tema dell’Agenda digitale è particolarmente rilevante per le città e a loro volta le città sono determinanti per il successo dell’agenda digitale nazionale ed europea: sia perché le aree urbane sono il cuore dello sviluppo economico e sociale, sia perché le municipalità sono il principale nodo di erogazione di servizi, non solo per i cittadini residenti, ma per una più vasta platea di “city users”.

Nonostante lo storico ritardo del nostro Paese, e pur scontando le differenze profonde che sussistono tra diverse aree geografiche, anche in Italia si stanno finalmente mettendo in cantiere delle agende digitali di livello urbano, con progetti di ampio respiro. Il nuovo quadro di riferimento nazionale è sicuramente una condizione favorevole a tale sviluppo, così come la disponibilità, per la prima volta dopo anni di contrazione degli investimenti, di risorse importanti come quelle messe a disposizione delle grandi aree metropolitane dal PON Metro :140 milioni di Euro per l’Asse Agenda digitale metropolitana, distribuiti su tutte le città capoluogo, sia pure con intensità maggiore nelle regioni meno sviluppate. Nel rispondere a questa sfida le città italiane devono affrontare molti temi comuni, perché sono uguali le competenze e analoghe le domande di servizi in tutto il Paese.

Tuttavia questa congruenza di obiettivi deve fare i conti con condizioni di partenza profondamente diverse: alcune città possono vantare un impegno assai più che decennale nella digitalizzazione della PA e dei servizi, con investimenti significativi e risultati importanti; altri centri solo recentemente hanno iniziato a concepire l’ICT come uno strumento strategico di trasformazione dell’Amministrazione e della città stessa e non sempre hanno le capacità di bilancio necessarie per colmare i ritardi. Per tutte le amministrazioni, comunque, si pone il problema di come affrontare una stagione di forte innovazione senza poter disporre delle risorse umane necessarie: il blocco del turn-over non permette di reclutare nuovo personale e i vincoli amministrativi rendono difficile selezionare le competenze effettivamente utili e retribuirle in maniera competitiva rispetto al settore privato. Il ricorso a soggetti in house più o meno fortemente specializzati è stato a lungo un canale attraverso il quale alcune amministrazioni cittadine hanno potuto sopperire a questa impasse, creando un serbatoio di competenze a disposizione del sistema pubblico; tuttavia l’evoluzione del contesto normativo e il crescere dei vincoli di finanza pubblica (solo per fare degli esempi si pensi al nuovo Testo unico sulle partecipate e alle norme della legge di stabilità 2016 sulla spesa ICT) impongono un ripensamento complessivo anche di questo strumento. Sul tema di come dotare le amministrazioni comunali di competenze adeguate per affrontare la stagione delle agende digitali occorre certamente una riflessione approfondita, che vada al di là dell’istituzione di nuove e teoriche responsabilità in capo ad uffici dirigenziali

In questo contesto appare necessario che le città, e in particolare i grandi centri delle aree metropolitane, investiti di un ruolo guida rispetto ai loro territori, non procedano in ordine sparso: se è infatti vero che molte questioni vanno affrontare in maniera specifica a seconda delle realtà locali, approcci comuni e un confronto continuo sono una necessità, sia per mantenere una ragionevole coerenza del sistema, sia per mettere a frutto le esperienze migliori. In questo senso l’esigenza di un coordinamento è emersa con chiarezza nel confronto tra i capoluoghi di molte città metropolitane che abbiamo ospitato a Torino lo scorso 11 marzo: non per costruire un’altra delle molte sovrastrutture che appesantiscono la nostra burocrazia, ma per darci uno strumento di confronto operativo per la realizzazione delle agende digitali metropolitane.

Senza voler predeterminare i contenuti di una discussione ancora da fare, possiamo identificare un primo gruppo di sei temi che è opportuno affrontare congiuntamente:

  • l’identificazione dei bisogni comuni in termini di infrastrutture, piattaforme e servizi e delle corrispondenti strategie di sviluppo;
  • la definizione delle necessità in termini di innovazione amministrativa e normativa, e al tempo stesso la valutazione degli impatti e il confronto sulle modalità di attuazione delle molte innovazioni recentemente introdotte o in via di introduzione;
  • l’individuazione delle possibili cooperazioni su aspetti di interesse comune;
  • l’identificazione dei principali fattori di divario digitale tra le città e la concomitante riflessione sulle modalità per avviarne la riduzione, a partire dal trasferimento di esperienze, competenze e soluzioni, ove realisticamente possibile);
  • la definizione di regole comuni per la strutturazione e la condivisione dei dati tra le PP.AA., in modo da superare la compartimentalizzazione e favorire una interoperabilità effettiva;
  • il confronto sulle modalità di diffusione delle innovazioni e dei servizi sul territorio delle città metropolitane, al fine di identificare modelli di successo e di valutarne la possibile riproduzione in altri contesti.

Accanto al protagonismo delle città, ovviamente auspichiamo che a questo tavolo partecipino con un ruolo importante anche soggetti nazionali, capaci di dare una maggiore efficacia all’azione del coordinamento.

Pensiamo innanzi tutto all’ANCI, nel suo ruolo istituzionale di istanza di rappresentazione dei Comuni italiani, ma soprattutto per la sua conoscenza delle realtà territoriali e per la sua capacità di favorire la diffusione delle innovazioni e delle soluzioni; non meno determinante è la partecipazione di AgID, sia per la sua capacità di indirizzare la discussione verso scelte coerenti con la strategia nazionale, sia per la necessità di istituire un momento di confronto sistematico tra le necessità effettive delle città e il governo centrale.

Infine: perché partire proprio dai capoluoghi metropolitani? Perché, nel mosaico amministrativo in evoluzione, sono gli enti con la maggiore capacità progettuale ed esecutiva, e quindi sono in condizione, nonostante tutte le difficoltà, di fare da motori effettivi dello sviluppo digitale metropolitano: ma la questione del coinvolgimento e della partecipazione delle Città metropolitane e dei territori resta cruciale per il successo delle agende digitali metropolitane.

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