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Telco-TV, la convergenza difficile: ecco la partita delle Authority

Fusione delle torri telco, accordi sui contenuti tra operatori tlc e tv, ingresso di pay-tv nel broadband. E intanto due provvedimenti di AgCom e AGCM confermano che il wireless renderà obsolete le attuali piattaforme trasmissive. Ora la sfida è una legislazione che non rallenti la naturale evoluzione del mercato

Pubblicato il 02 Set 2019

Federico Marini Balestra

Avvocato, Bird & Bird

telco tv

Una girandola di annunci di mercato e due recenti provvedimenti dell’Autorità di garanzie nelle comunicazioni (AgCom) e dell’antitrust (AGCM) confermano che il sogno della convergenza tra le varie piattaforme trasmissive (rete fissa, mobile, satellitare, tv, ecc.) si sta avverando, anche in ragione dell’evoluzione tecnologica, in particolare, di quella relativa alle tecnologie wireless che, in prospettiva, possono rendere obsolete le attuali piattaforme trasmissive internet e televisive.

La creazione di un mercato onnicomprensivo delle comunicazioni in cui le differenze tra le varie piattaforme tecnologiche e i diversi “mestieri” dei soggetti economici ivi presenti (gestori telefonici, emittenti tv, fornitore di rete o editore di contenuti) spariranno o si attenueranno notevolmente per consentire agli utenti di poter indifferentemente soddisfare i propri bisogni a condizioni sempre più vantaggiose, è stata del resto preconizzata da oltre 20 anni anche nei documenti ufficiali della Commissione europea (ad esempio, questo Green Paper è del 1997).

Ma, a che punto siamo?

L’evoluzione del mercato

Negli ultimi giorni il settore delle comunicazioni ha visto una serie di annunci al mercato, che si prestano a diverse letture.

Da un lato, la fusione delle torri di Vodafone e Telecom Italia che, nelle intenzioni delle parti, dovrebbe accelerare la copertura del 5G; dall’altra l’accordo tra Telecom Italia e Sky per la diffusione dei contenuti della seconda sulla piattaforma internet della prima, che si accompagna alla notizia secondo cui la stessa Sky starebbe entrando nel settore broadband in collaborazione con Open Fiber.

La prima notizia (co-investimento Vodafone/Telecom Italia) rappresenta una breccia nella tradizionale infrastrutturazione proprietaria dei gestori mobili che, in virtù dell’accordo in esame, condivideranno parte delle loro infrastrutture. Del resto, già nel mondo fisso, l’Autorità antitrust (AGCM) aveva approvato l’anno scorso la costituzione di FlashFiber, joint venture tra Fastweb e Telecom Italia per la realizzazione in comune della rete FTTH nelle aree più densamente popolate del territorio. Questi accordi sembrerebbero dimostrare la commodification delle reti, che i gestori, in passato, tenevano gelosamente segregate, per puntare tutta la concorrenza sulla differenza dei servizi erogati.

Nello stesso senso, può essere letto l’accordo con Sky che consente a Telecom Italia di arricchire il bouquet dei contenuti forniti agli abbonati. In controtendenza (o forse di spirito difensivo), l’intenzione di Sky di farsi gestore broadband per controllare l’accesso dei propri abbonati ai propri contenuti, differenziandosi così dagli altri player on-line del tipo OTT (come Netflix o DAZN).

I provvedimenti di Agcom e Antitrust

In parallelo, due recentissimi provvedimenti di AgCom e dell’AGCM confermano che le tecnologie wireless, in prospettiva, possono rendere obsolete le attuali piattaforme trasmissive internet e televisive.

Agcom lo scorso mese di giugno ha notificato alla Commissione europea il proprio schema di regolazione dei servizi di accesso all’ingrosso di rete fissa per il prossimo triennio, come modificato all’esito della consultazione nazionale con gli interessati.

Anche in questo schema di analisi di mercato, come già nel precedente (Delibera AgCom n. 623/15/CONS), Agcom include all’interno del medesimo mercato del prodotto, che comprende i servizi offerti su reti in rame e in fibra ottica, anche quelli a banda ultra larga in tecnologia wireless (come il fixed wireless access o FWA). Ciò anche in ragione del sviluppo delle tecnologie FWA che raggiungono ormai oltre 1 milione di utenti, con prestazioni “paragonabili … a quelle dei sistemi misti rame-fibra FTTC“.

Ciò rende ancora più  interessante l’accordo Vodafone/Telecom Italia per le torri perché esso avrà una valenza non limitata al solo mondo mobile ma, in prospettiva, potrà anche facilitare la copertura FWA e, quindi, accelerare la sostituzione delle connessioni wireless a quelle fisse, almeno nelle zone dove la domanda non è esigente o dove non è economicamente sostenibile stendere reti fisse in architettura FTTx.

L’accordo Telecom Italia/Sky e la stessa decisione di quest’ultima di entrare nel mondo delle connessioni broadband potrebbero rappresentare una risposta competitiva all’esplosione delle piattaforme che trasmettono contenuti audiovisivi online (come Amazon Prime, Netflix, DAZN, ecc.). A tale riguardo, nella decisione di fine maggio relativa alla concentrazione Sky/Mediaset Premium (caso C12207), l’AGCM ha accertato che gli OTT costituiscono, almeno nella pay-tv, uno strumento di pressione competitiva nei confronti delle piattaforme trasmissive più tradizionali (come il digitale terrestre e il satellite).

Possibili scenari futuri

Probabilmente vedremo la tv o eseguiremo le nostre conversazioni telefoniche senza nemmeno più sapere come e con quale piattaforma lo stiamo facendo. Il che metterà in competizione tra loro tutti gli attuali player del mondo delle comunicazioni (ad esempio, i gestori telefonici tradizionali che investiranno in contenuti; le emittenti tv che lanceranno proprie offerte di connettività internet; i soggetti OTT che tenderanno a strutturarsi con proprie reti per assumere un certo controllo sulla qualità dei servizi erogati), con sicuro beneficio, in termini di libertà di scelta, per gli utenti.

Questo dovrebbe spingere il legislatore nazionale che a breve sarà chiamato a recepire all’interno del nostro ordinamento i due nuovi pilastri della regolamentazione di settore (a fine 2018 sono, infatti, state adottate dal legislatore UE due direttive recanti, da un lato, il codice europeo delle comunicazioni elettroniche che sostituirà il regulatory framework del 2002 e, dall’altro, l’aggiornamento della direttiva sui servizi di media audiovisivi) a pensare “in modo trasversale” al fine di evitare che una regolamentazione “a comparti stagni”, che separa ancora il mondo delle comunicazioni elettroniche da quello dell’audiovisivo (con i soggetti OTT che sfuggono a entrambi), rallenti la naturale evoluzione del mercato.

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