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Come cambia il lavoro informatico in Sanità, le nuove attività dell’ingegnere clinico

Si va verso una convergenza tra ingegneria clinica e ICT, con nuovi approcci alla manutenzione, alla gestione di software medicali e alla connettività sicura. Ecco il quadro

Pubblicato il 10 Apr 2018

Umberto Nocco

direttore ingegneria clinica, Azienda Socio Sanitaria Territoriale dei Sette Laghi

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L’ingegnere clinico, negli ultimi 10/15 ha aumentato il proprio ambito di azione all’interno degli ospedali acquisendo nuove competenze e responsabilità che vanno oltre il ruolo storico di manutenzione della tecnologia (che è di fatto solo un pezzetto della gestione nel suo complesso), senza perdere comunque il legame con essa.

Ingegnere clinico e tecnologia informatica

Tra queste “nuove attività” è certamente compresa l’Information Technology (ICT) che ha pervaso la nostra vita e i nostri ospedali. L’Ingegnere Clinico in realtà è stata forse una delle prime figure di estrazione tecnica all’interno degli ospedali ad avere a che fare con la tecnologia informatica. L’utilizzo dei “calcolatori” e delle reti di apparecchiature è decisamente precedente alla diffusione massiva dei computer nell’attività lavorativa. Pensiamo ad esempio alla distanza temporale intercorsa tra l’introduzione delle prime TAC in radiologia (con i loro sistemi computazionali) e il PACS come sistema evoluto di connettività e condivisione delle immagini. La complessità intrinseca di quella strumentazione però ha fatto sì che, a causa delle ridotte competenze e del numero limitato di personale a disposizione, il livello di conoscenza tecnica all’interno delle Strutture Sanitarie fosse mediamente basso e l’attività pratica spesso demandata a terzi. Questo ha in parte rallentato un processo che poteva essere innescato con 10 anni di anticipo.

Negli ultimi anni invece siamo stati letteralmente travolti dalla tecnologia informatica tanto che, volente o nolente, anche l’IC ha dovuto iniziare a occuparsi di ICT. Le direttrici sono molto numerose, tanto che la stessa Associazione Italiana Ingegneri Clinici nel 2013 ha dedicato il proprio convegno nazionale ai DM (“Medical Device e Information technology” il titolo dell’evento), riproponendo poi nei convegni successivi l’argomento dedicandovi sessioni, corsi e altri approfondimenti.

Le tre novità nel lavoro informatico in Sanità

Almeno tre sono gli ambiti di azione più in evidenza:

  • la modifica dell’approccio alla manutenzione: le apparecchiature sono sempre più “PC based” e in generale legate alla tecnologia informatica. Fino a qualche anno fa, la manutenzione “al componente” era la normalità, sia per i tecnici IC che per i tecnici delle aziende produttrici. In tempi più recenti si è passati alla sostituzione di parti più o meno grandi delle apparecchiature (schede elettroniche, ecc.) e si è assistito ad una sempre maggiore necessità di dispositivi informatici per procedere alla programmazione e alla diagnostica profonda delle apparecchiature stesse. L’ultima frontiera – non ancora del tutto sviluppata, ma certamente attuale – è una logica che si potrebbe definire ibrida tra i modelli tipici dell’ICT e la logica dei prodotti consumer (la cui riparazione ha quasi sempre un costo superiore alla sostituzione). In questo caso il manutentore tramite un accesso in rete interagisce con l’apparecchiatura, verifica la tipologia di guasto e effettua un primo intervento da remoto. Qualora tale intervento non fosse risolutivo, non viene inviato un tecnico in loco, ma viene inviata direttamente un nuovo sistema. Certamente questo approccio riduce la professionalità e le competenze ma promette risparmi per chi eroga manutenzione. L’efficacia di questa azione nelle nostre strutture sanitarie non è probabilmente una conseguenza ovvia, ma si potrebbe comunque avere un vantaggio da questo tipo di approccio al problema. Come accennato serve connettività…
  • la connettività delle apparecchiature: la connettività delle apparecchiature è da un lato un’opportunità e dall’altro un problema. È opportunità, perché consente un accesso continuo ai device che possono essere monitorati in termini di guasto, troubleshooting e eventuale rimessa in funzione, possono essere monitorati in termini di funzionamento (inteso come ore di lavoro effettuate, tema di estremo interesse ma mai compiutamente affrontato). Possono essere creati cruscotti funzionali (ad esempio con la logica dei semafori) sullo stato di alcune apparecchiature molto critiche (si pensi ad esempio ai vantaggi operativi e organizzativi derivanti da un cruscotto che monitori in tempo reale la funzionalità o il guasto delle apparecchiature di una sala operatoria, sia per il personale di sala sia per chi si occupa di manutenzione). Da ultimo, la connettività delle apparecchiature può consentire di acquisire dati dal parco macchine, effettuare analisi statistiche (con le stesse logiche applicate ai big data) e addivenire ad una logica di “manutenzione predittiva”, ovvero la capacità di prevedere il guasto su apparecchiature strategiche e minimizzare così il fermo macchina. Ma la connettività è certamente un problema perché introduce una serie di temi che l’IC deve imparare ad affrontare. Tra questi citiamo, con estrema semplificazione del problema, la sicurezza informatica interna ed esterna delle apparecchiature, del loro funzionamento e della quantità di dati sensibili in esse contenuti. In una parola (molto di moda) parliamo di Cyber security, anche per le apparecchiature elettromedicali, compresa la possibilità di utilizzare i propri dispositivi portatili (quella che negli USA viene definito approccio BYOD – Bring Your Own Device). Anche di questo tema, molto attuale, si discuterà al prossimo Convegno Nazionale AIIC che si svolgerà a Roma dal 10 al 12 maggio prossimi (approfondisci il tema cybersecurity in Sanità);
  • I software medicali: i software medicali ormai son estremamente diffusi, ma forse non è ancora intervenuta del tutto la traslazione delle logiche applicate da anni nella gestione e manutenzione dei device. Essendo i software medicali a tutti gli effetti dispositivi medici richiedono quel livello di attenzione e l’applicazione di protocolli e modalità operative familiari all’IC (e molto meno ai CIO, non me ne vogliano!) che ne fanno il potenziale gestore principale. Potenziale, perché all’interno delle nostre strutture ci si ferma ancora troppo spesso alla prima parola, software, dimenticando anche per comodità la seconda.

Si parla perciò di “convergenza tra IC e ICT” – gli americani nel parlano almeno da 15 anni! – che non ha come esito necessariamente la definizione di una gerarchia, ma che significa di fatto la necessità di un cambio di approccio da parte degli IC che devono “imparare alcune cose” dai colleghi che si occupano di ICT e applicarle al loro mondo. Senza dimenticare che l’attività di un IC è Life critical e deve porre il paziente al centro.

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