L'analisi

Processo tributario telematico, come va: tutti i problemi e le innovazioni

Il Processo tributario telematico è il primo rito per cui è obbligatorio usare strumenti digitali, senza opzioni analogiche: un esempio nello scenario della giustizia digitale, che ha portato innovazione e vantaggi, Tuttavia, permangono alcuni problemi che si possono superare con le giuste strategie

Pubblicato il 23 Ago 2019

Giuseppe Vitrani

avvocato, Centro Studi Processo Telematico

Giustizia digitale

Da circa un mese il processo tributario telematico ha subito una radicale svolta in senso digitale, tant’è che si tratta del primo rito processuale per il quale si prevede l’obbligo dell’utilizzo di strumenti digitali senza alcuna possibilità di scelta facoltativa dei mezzi analogici, come avviene invece nel processo civile telematico e nel processo amministrativo telematico, nei quali vige un regime di facoltatività con riguardo agli atti introduttivi del giudizio.

Certamente, sussistono alcune soluzioni strategiche che indubbiamente ne rendono farraginosa la gestione ma anche la consapevolezza che alcune delle soluzioni adottate sono davvero innovative.

Le criticità del processo tributario digitale

Iniziamo dalle criticità, che sono note ma anche facilmente risolvibili.

  • certamente occorre risolvere il problema dell’allegazione dei file attestanti la regolarità della notificazione del ricorso a mezzo PEC, stante che ancora oggi, se ne prevede la sola registrazione ma non la conservazione; le specifiche tecniche del 4 agosto 2015 non indicano il formato .eml tra quelli ammessi per il deposito telematico e per i quali è prevista la conservazione. Detto formato è invece previsto dal manuale di gestione, cosicché è possibile effettuare il deposito dell’oggetto digitale ma, appunto, non ne viene garantita la conservazione.

La soluzione non appare logica ed è foriera di rischi per la gestione dell’intero processo, stante che il formato citato (.eml) è uno di quelli indicati dalle regole tecniche per la conservazione dei documenti informatici;

  • dovrà certamente essere ampliata la dimensione massima dei file depositabili, oggi di soli 10 MB e dunque certamente esigua a fronte di documenti corposi quali possono ad esempio le perizie tecniche. Allo stato attuale, ove le dimensioni superino quelle consentite, occorre provvedere ad uno “spezzettamento” dei documenti con conseguente dilatazione dei tempi di deposito per il professionista; altra criticità sul punto concerne il fatto che il peso complessivo di un singolo deposito non possa superare i 50 MB e che il numeri di allegati depositabili non possa essere superiore a 50;
  • ancora, sarebbe opportuno eliminare l’obbligo di apposizione della firma digitale su ogni documento prodotto. L’obbligo in questione certamente non può essere giustificato con l’esigenza di rispettare le regole tecniche sulla conservazione; a tal fine è sufficiente considerare come sia del tutto inutile la firma del professionista in calce a documenti da lui non formati (quali appunto le produzioni documentali propriamente dette). Semmai, si potrebbe porre un problema di attestazione di conformità al momento della presa in carico del fascicolo da parte dell’archivio informatico, ma si tratterebbe comunque di una fase successiva non gestita dal professionista.

È evidente che tali interventi renderebbero molto più semplice e completo l’utilizzo dei servizi del PTT.

Le soluzioni innovative

Ma, come si diceva in apertura, il sistema presenta diverse soluzioni innovative che potrebbero essere adottate anche dagli altri processi in un’ottica di unitarietà del rito digitale. Si pensi:

  • al fatto che si tratta del primo rito processuale che prescinde dal deposito degli atti mediante l’utilizzo della PEC – posta elettronica certificata e che si basa esclusivamente su un meccanismo di upload;
  • al fatto che l’accesso alla piattaforma è consentito mediante il sistema pubblico dell’identità digitale (SPID);
  • al fatto che si prevede, per gli atti processuali, l’utilizzo del formato PDF/A (PDF for Archiving), ovvero del subset del noto formato sviluppato da Acrobat (ma ormai standard ISO) pensato proprio per l’archiviazione a lungo termine dei documenti.

Ma, oltre a tali aspetti, si possono intravvedere sullo sfondo grandi possibilità di sviluppo del sistema, che potrebbero rendere questo processo davvero una delle piattaforme informatiche più agevoli da utilizzare nell’ambito della gestione del contenzioso. Si pensi alla possibilità che, riformando radicalmente il meccanismo di avvio del contenzioso, non si preveda più la previa notificazione e la successiva iscrizione a ruolo ma si invertano i fattori e si preveda l’iscrizione a ruolo e la successiva notificazione.

Conseguentemente, quantomeno in primo grado, la notificazione del ricorso (e del decreto di fissazione dell’udienza) potrebbero essere effettuate alla controparte attraverso il sistema pubblico di connettività o altri strumenti elettronici, ma soprattutto potrebbero essere effettuati in via completamente automatizzata e a cura dell’Ufficio (del resto già oggi l’art. 16 bis del d. lgs. 546 del 1992 prevede che le comunicazioni di segreteria per le pubbliche amministrazioni vengono effettuate, appunto, attraverso il sistema pubblico di connettività, sicché si tratterebbe semplicemente di estendere tale funzionalità). Posto che nel processo tributario le parti resistenti sono quasi sempre pubbliche amministrazioni, o comunque dotate di PEC, ben si potrebbe realizzare un sistema del genere, eliminando tutte le problematiche connesse alla regolare instaurazione del contraddittorio e dando così la possibilità alle parti e ai magistrati di esaminare più celermente le questioni nel merito.

L’utilizzo di SPID

Altra possibilità, che potrebbe essere data dall’utilizzo di SPID, poggia le basi normative sul disposto dell’art. 20, comma 1 bis, del codice dell’amministrazione digitale, ai sensi del quale “il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”.

Ebbene, se ci si pensa, una volta effettuato l’accesso alla piattaforma di deposito attraverso le credenziali SPID si effettua una vera e propria identificazione informatica certamente in grado di garantire la riconducibilità del documento all’autore; inoltre una volta che il documento viene caricato nella piattaforma può agevolmente acquisire caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità anche prescindendo dalla sua firma. Da ciò consegue che in sistema siffatto si potrebbe pensare di abbandonare l’utilizzo (oggi invero smodato) della firma digitale in favore dell’identificazione via SPID.

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