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Sanità digitale e cronicità: il FSE al centro del Piano regionale della Puglia

L’attuazione di progetti e processi di innovazione digitale in ambito sanitario presenta notevoli criticità. Serve una governance chiara e incisiva, da declinare a livello regionale. Ecco in che modo la regione Puglia sta attuando la riorganizzazione della sanità, mettendo al centro il fascicolo sanitario elettronico

Pubblicato il 06 Mag 2019

Vito Bavaro

Dirigente della Sezione Trasformazione Digitale - Dipartimento dello Sviluppo Economico –Regione Puglia

Giancarlo Ruscitti

Direttore del Dipartimento Promozione della Salute, del Benessere Sociale e dello Sport per Tutti, Regione Puglia

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Il nuovo Patto per la Salute 2019-2021 potrebbe essere occasione per porre le basi di una governance coordinata ed incisiva della innovazione digitale in ambito sanitario, la cui esecuzione è stata inseguita con diversi progetti – dal Piano triennale per l’informatizzazione della PA al precedente Patto per la Sanità Digitale o alla rinnovata Cabina di Regia NSIS – ma di fatto manca ancora di strumenti realmente operativi.

La finanziaria 2019, vedremo perché, sembra aprire degli spiragli. Manca però nel testo – e questa è una criticità da superare per non vanificare anche questa occasione – il riferimento alle tecnologie digitali quali strumenti finalizzati al miglioramento della qualità dell’assistenza e dell’accesso alle cure e non soltanto al controllo dei livello di assistenza.

Prima di entrare nel merito delle criticità e delle prospettive della digitalizzazione della Sanità a livello nazionale, vediamo gli interventi di riorganizzazione sanitaria in chiave digitale avviati dalla Regione Puglia, che mette al centro del piano regionale fascicolo sanitario elettronico anche per l’attuazione del progetto Care Puglia 3.0, nell’ambito del Piano delle Cronicità.

Il Piano triennale di sanità digitale 2018/2020 della Regione Puglia

Il “Patto per la sanità digitale” (Intesa Stato-Regioni del 7/7/2016, rep. in atti 123/CSR) si proponeva il conseguimento degli obiettivi di efficienza, trasparenza, e sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso l’impiego sistematico dell’innovazione digitale in sanità, così come contemplato dall’art. 15, comma 1 del Patto per la Salute per gli anni 2014-2016.

Il presupposto del Patto partiva dalla consapevolezza che in un contesto in rapida e continua crescita, l’innovazione digitale può svolgere un ruolo chiave nell’evoluzione dei modelli organizzativi di erogazione dei servizi sanitari e sociosanitari nei vari “setting” assistenziali, come fattore abilitante e in taluni casi determinante per la loro realizzazione, compatibilmente con i vincoli di bilancio e di sostenibilità dell’intero sistema. Con un’importante avvertenza in premessa, assolutamente condivisibile: non è l’innovazione tecnologica di per sé stessa a generare efficienza ed economia di gestione, essendo un mero strumento (probabilmente il principale) attraverso il quale può essere profondamente ridisegnato un modello organizzativo di sanità pubblica.

Sebbene alla approvazione del “Patto”, per motivi che qui non analizzeremo, non siano seguite le azioni previste e sia di fatto rimasto un programma sulla carta, le premesse e gli obiettivi sopra richiamati sono stati comunque di riferimento per la programmazione pugliese in materia di sanità digitale.

La Puglia, nell’ambito del Piano Operativo di Riqualificazione del Servizio Sanitario Regionale per il triennio 2016/2018, ha intrapreso una serie di interventi volti alla riorganizzazione della rete ospedaliera e della emergenza-urgenza, alla rivisitazione delle reti di specialità, al potenziamento delle attività di prevenzione, alla revisione della rete laboratoristica, alla riqualificazione dei servizi distrettuali (con particolare riferimento ai Presidi Territoriali di Assistenza), ad un maggiore controllo della spesa farmaceutico

In tale contesto è stato redatto il “Piano triennale di sanità digitale 2018/2020 del Servizio Sanitario Pugliese”, approvato con la deliberazione della Giunta regionale n. 1803/2018, con lo scopo di:

  • descrivere il “modello strategico di evoluzione” della sanità digitale in Puglia;
  • fornire alle Aziende pubbliche indicazioni volte a garantire che i processi di acquisizione, sviluppo ed evoluzione dei sistemi informativi siano in linea con la programmazione sanitaria nazionale e regionale in materia, soddisfino la coerenza architetturale del disegno complessivo e garantiscano i requisiti minimi necessari per assicurare l’integrazione e la cooperazione con i sistemi regionali e nazionali;
  • definire un “modello di governance” a supporto di sistema di management condiviso, coordinato ed armonizzato con l’importante “coinvolgimento strutturale” degli “stakeholders” istituzionali.

Il fascicolo sanitario elettronico al centro del piano regionale

Il nuovo piano regionale ha l’obiettivo di passare da una progettazione per sistemi (necessaria ed inevitabile negli anni passati in cui dovevano essere realizzate alcune piattaforme abilitanti) ad una progettazione per processi, che possa supportare i nuovi modelli assistenziali.

Gli ambiti di intervento descritti nel piano fanno parte di un disegno complessivo dell’ecosistema “sanità Puglia” che prevede, nel lungo periodo, la costituzione di una rete di collaborazione tra tutti gli operatori del SSR, nonché l’empowerment del paziente. L’obiettivo è, quindi, quello di realizzare un modello che richiede l’adozione di piattaforme e soluzioni capaci di supportare un innovativo servizio sanitario basato sui pilastri della continuità assistenziale, del care management, della deospedalizzazione e della presa in carico integrata dell’assistito.

In un tale scenario non può che essere centrale il ruolo della infrastruttura di fascicolo sanitario elettronico. Rispetto a quanto delineato nel Piano triennale per l’informatica nella PA 2017/2019, che descrive il FSE, nell’ambito dell’ecosistema sanità, come “lo strumento attraverso il quale il cittadino può tracciare, consultare e condividere la propria storia sanitaria”, connotandolo prioritariamente come un servizio per il cittadino, il piano regionale attribuisce prioritariamente al FSE la funzione di assicurare la messa in rete e la cooperazione tra i professionisti sanitari e sociosanitari (medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali ed ospedalieri, farmacisti, operatori dei servizi di emergenza-urgenza, ecc.), che, seppur operando in strutture sanitarie diverse ed in momenti differenti, possono condividere le informazioni di un assistito, migliorando la qualità delle cure. Il FSE non è solo un servizio al cittadino, ma deve diventare soprattutto uno strumento di supporto quotidiano all’attività dei professionisti e degli operatori sanitari.

La deliberazione di approvazione del piano conferma, infatti, “il ruolo centrale del progetto regionale di fascicolo sanitario elettronico, quale piattaforma principale in grado di assicurare la presa in carico e la continuità dell’assistenza attraverso la condivisione delle informazioni, a cui fare riferimento prioritariamente nella implementazione delle iniziative regionali di attuazione del piano nazionale delle cronicità, di definizione dei percorsi diagnostici terapeutici e di creazione delle reti delle patologie”.

Il FSE è “uno strumento a disposizione dell’assistito che può consentirne l’accesso ai soggetti del SSN e de servizi socio-sanitari regionali che lo prendono in cura…” (art. 13 del DPCM 178/2015) e quindi lo strumento principale, previsto dal legislatore nazionale, attraverso il quale, nel pieno rispetto della normativa in materia di tutela dei dati personali e sensibili, è possibile rilasciare il consenso libero ed informato alla condivisione di informazioni sanitarie fra medici e strutture diverse, quale fattore abilitante:

  • nella effettiva implementazione dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA);
  • nella implementazioni delle reti cliniche sovraziendali, secondo il cosiddetto modello HUB & SPOKE;
  • nella presa in carico integrata dei pazienti cronici.

L’attuazione del Piano delle Cronicità in Puglia: Care Puglia 3.0

Con riferimento all’ultimo punto, il Piano Nazionale della Cronicità richiama la necessità e l’urgenza di ripensare le modalità di gestione ed erogazione dei servizi per la cronicità, avvalendosi delle opportunità offerte dallo sviluppo di soluzioni ICT. Le patologie croniche sono in progressiva crescita e, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata oltre ad una forte integrazione con i servizi sociali, impegnano gran parte delle risorse del SSR.

I dati elaborati dalla Agenzia Regionale per la Salute ed il Sociale (AReSS), che ha realizzato la banca dati assistibili (BDA) della Puglia incrociando i dati dei flussi amministrativi di cui dispone il Dipartimento Salute (schede di dimissione ospedaliere, prescrizioni specialistiche, prescrizioni farmaceutiche, accessi al pronto soccorso, ecc.), dimostrano che la prevalenza dei soggetti cronici in Puglia nel 2015 si attesta intorno al 40% della popolazione, assorbendo circa l’80% del valore tariffario delle prestazioni sanitarie erogate. Il confronto con il resto d’Italia (dati ISTAT 2015) mette in evidenza come la Puglia sia una delle regioni con i più alti carichi di malattia cronica sia per quanto concerne i soggetti con almeno una cronicità grave che i soggetti con tre o più cronicità gravi.

Un primo passo importante nella attuazione del Piano delle Cronicità in Puglia è stata l’adozione della deliberazione della Giunta regionale n. 1935/2018 con la quale è stato approvato il “Modello di gestione del paziente cronico “Care Puglia 3.0” da parte dei medici di Assistenza Primaria (Governo della domanda e presa in carico dei pazienti)”. Care Puglia 3.0 intende dare risposta mediante una proposta di presa in carico del paziente cronico (valutazione del bisogno di ciascun assistito e relativa offerta di servizi) da parte dei medici di medicina generale, ai quali viene attribuito un ruolo fondamentale per l’attuazione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici (PDT) di riferimento per le varie patologie, che possono essere personalizzati in piani di assistenza individuali.

Anche per l’attuazione del progetto Care Puglia 3.0, il FSE rappresenta il perno su cui costruire il modello, così come confermato dal dispositivo della citata DGR 1935/2018 che stabilisce che “la piattaforma per la gestione della presa in carico sarà costituita dal fascicolo sanitario elettronico”.

Cruciale è anche il ruolo che potrà svolgere il dossier farmaceutico, quale documento del FSE, una volta che ne saranno stabiliti definitivamente i contenuti a livello nazionale, sebbene già oggi le informazioni derivanti dal conferimento delle prescrizioni dematerializzate farmaceutiche e delle relative erogazioni, nonché la prossima evoluzione prevista a livello regionale di conferimento nel FSE dei dati essenziali dei piani terapeutici, possono fornire ai farmacisti, coinvolti nei programmi sperimentali di incremento dell’aderenza terapeutica dei pazienti cronici, un rilevante bagaglio di informazioni. Non a caso con la deliberazione della Giunta regionale n. 2032/2016, di istituzione della “Commissione Permanente Regionale per la Farmacia dei Servizi”, si dà mandato alla stessa Commissione di definire “modalità, anche mediante l’utilizzo degli tecnologie della informazione e della comunicazione con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, che consentano alle farmacie, configurandosi come “presidio sanitario territoriali” di supportare un sistematico monitoraggio sull’uso corretto dei farmaci attraverso una particolare presa in carico del paziente cronico.”

Porre al centro del piano di sanità digitale il FSE, che in Puglia coincide con il sistema di accoglienza regionale (SAR) per la ricetta dematerializzata in un’ottica di convergenza di tutti gli operatori su una unica piattaforma, consente di valorizzare gli investimenti fatti e quelli in corso di attuazione con le risorse comunitarie del Programma Operativo Regionale 2014-2020 (POR Puglia FESR-FSE 2014/2020), nonché del Patto per la Puglia (Fondo Sviluppo e Coesione 2014/2020). Il Patto per la Sanità Digitale da cui siamo partiti annovera, tra le fonti per il finanziamento, “i fondi strutturali, con particolare riferimento alle Regioni Convergenza”, come la Puglia, che in assenza di fondi ad hoc stanziati dallo Stato per l’innovazione digitale in sanità, sta impiegando non solo le risorse dell’obiettivo tematico 2 del POR (“Migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché il loro utilizzo e qualità”), ma anche quelle del 9 (“Promuovere l’inclusione sociale e lottare contro la povertà e qualsiasi discriminazione”), avendo destinato risorse importanti per finanziare gli interventi di “riorganizzazione e potenziamento dei servizi territoriali socio-sanitari e sanitari territoriali a titolarità pubblica” (azione 9.12) nel cui ambito sono ammissibili a finanziamento progetti, proposti dalle Aziende pubbliche del SSR, per il potenziamento delle prestazioni erogate con l’ausilio della telemedicina nell’ambito di percorsi domiciliari sanitari e sociosanitari. Tra i progetti più importanti finanziati vi è la realizzazione di un sistema integrato di diagnostica per immagini a livello sovrazianedale che vede coinvolte quattro delle sei Aziende Sanitarie Locali e le due Aziende Ospedaliero Universitarie, unico a livello nazionale per la sua estensione, che consentirà anche di supportare processi di telefertazione e teleconsulenza.

Progetti di innovazione in sanità: le criticità nazionali

I progetti ed i processi di innovazione sopra descritti non sono semplici e presentano notevoli criticità nella loro attuazione, non solo in Puglia ma in tutta l’Italia.

In primo luogo, sono ancora limitate le competenze digitali tra i professionisti e gli operatori delle strutture sanitarie e sociosanitarie, e soprattutto manca la consapevolezza diffusa dell’utilità dei nuovi strumenti digitali in termini di ritorno informativo, il cui utilizzo è troppo spesso percepito ancora come obbligo amministrativo. Così come si avverte la necessità di programmi di formazione specifici da attuarsi sia nell’ambito dei corso di studi universitari sia all’interno della Educazione Continua in Medicina (ECM).

In secondo luogo, dal punto di vista tecnologico, sembra mancare ancora un chiaro disegno architetturale dell’ecosistema di sanità digitale a livello complessivo di nazione e soprattutto un soggetto unico, riconosciuto da tutti gli attori del sistema e dal mercato, che, dotato delle necessarie competenze, governi tale disegno di sistema fornendo specifiche e linee guida a garanzia dell’interoperabilità delle soluzioni.

Se torniamo, ad esempio, al fascicolo sanitario elettronico, sono state ad oggi definite e condivise, nonostante il lavoro congiunto delle Regioni con le Amministrazioni centrali, solo le specifiche di un nucleo ristretto di documenti come i referti di laboratorio, i verbali di pronto soccorso, le lettere di dimissione e le prescrizioni. Ma se facciamo riferimento all’elenco dei documenti previsti all’art. 2 comma 3 del DPCM 178/2015, la maggior parte di questi sono ancora privi di standardizzazione e di specifiche condivise e si riferiscono ad ambiti fondamentali per potenziamento dei servizi territoriali, quali l’assistenza domiciliare, l’assistenza residenziale e semiresidenziale, la protesica, i piani diagnostici-terapeutici.

Ma se non c’è standardizzazione, non c’è interoperabilità, e se non c’è interoperabilità non c’è integrazione e cooperazione. Se è vero che l’alimentazione di tali documenti è rimandata dal DPCM a “scelte regionali in materia di politica sanitaria e del livello di maturazione del processo di digitalizzazione”, forse non è più attuale né tantomeno sostenibile che le Regioni continuino a sviluppare proprie soluzioni senza un incisivo coordinamento nazionale, anche al fine di fornire al mercato riferimenti certi sui quali sviluppare, promuovere e proporre innovazione.

Una governance per la sanità digitale nazionale

In un momento in cui si discute di attuazione di “regionalismo differenziato” ed alcune Regioni stanno richiedendo maggiore autonomia anche in materia di sanità, non si propone qui certo una nuova forma di “centralismo decisionale”, ma di sicuro si rappresenta l’esigenza di una “governance” coordinata ed incisiva di questi temi, che è nelle intenzioni di tutti ma che è forse priva ancora di strumenti adeguati ed effettivamente operativi. Di certo non lo è stato e non lo è il Piano triennale per l’informatizzazione della PA che per l’ecosistema sanità fornisce indicazioni di massima; di certo, come detto, non lo è stato il Patto per la Sanità Digitale, così sembra non esserlo la rinnovata Cabina di Regia NSIS, di cui all’art. 16 del Patto per la Salute 2014/2016.

Potrà essere il nuovo Patto per la Salute 2019/2021 il momento in cui porre finalmente le basi per la costruzione di questo percorso? La finanziaria 2019, che all’art.1 comma 515 subordina l’accesso delle regioni all’incremento del livello di finanziamento del fondo sanitario alla stipula di tale Patto che contempli misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi, sembra aprire degli spiragli.

Tra queste misure il successivo comma 516 prevede “l’implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del Servizio sanitario nazionale che consentano di tracciare il percorso seguito dal paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali del territorio nazionale tenendo conto delle infrastrutture già disponibili nell’ambito del Sistema tessera sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico.”

Il testo della norma, tuttavia, fa intravedere anche un rischio: quello che ancora una volta il focus sia soprattutto sul “tracciare il percorso seguito dal paziente” nel senso di “monitorare”, “controllare” e che quindi i sistemi informativi sanitari (e più in generale le nuove tecnologie digitali) siano visti dal livello centrale principalmente come strumenti per “finalità di governo e controllo dei livelli di assistenza”, e non come strumenti prioritariamente per “finalità di cura” e, pertanto, finalizzati al miglioramento della qualità dell’assistenza e dell’accesso alle cure. Se dopo il verbo “tracciare” ci fossero stati anche i verbi “supportare e migliorare” saremmo stati sicuramente più tranquilli che la strada imbroccata sia finalmente quella giusta.

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