analisi giuridica

Perché Dazn chiede 500 euro a chi ha il pezzotto, che si rischia



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Con quale base legale Dazn ha chiesto 500 euro di indennizzo forfaittario a utenti beccati con il pezzotto per vedere illegalmente le partite di calcio? E che si rischia se non si paga? Ecco l’analisi giuridica

Pubblicato il 10 ott 2025

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



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Dazn ha chiesto 500 euro di indennizzo forfaittario a utenti beccati con pezzotto per vedere illegalmente il calcio. Ma con quale base legale lo chiede? E che si rischia se non si paga?

La richiesta di risarcimento dei danni rivolta da DAZN[1] agli oltre duemiladuecento utenti dei servizi pirata con le lettere inviate il 26 settembre 2025 di cui è stata diffusa la notizia su molteplici testate è supportata dalle multe previste dall’art. 174-ter della Legge Autore[2] per euro 154,00 ciascuna, la cui irrogazione compete al Prefetto.

Dazn chiede 500 euro a chi ha il pezzotto: perché, le basi legali

Sul piano penale la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce coordina le indagini svolte sul caso da 183 Reparti Territoriali della Guardia di Finanza (sotto il coordinamento del “Nucleo Speciale Beni e Servizi”) operanti sul territorio italiano, che hanno permesso di identificare e sanzionare gli utenti che hanno utilizzato apparati di decodifica del segnale criptato degli eventi sportivi calcistici del Campionato di calcio di serie “A”[3].

Oltre alla sanzione amministrativa da 154 euro (5mila in caso di recidiva) prevista dalla legge, in base ai dati acquisiti attraverso il procedimento penale indicato nella comunicazione inviata da DAZN, i soggetti che sono stati identificati nei dati anagrafici, bancari e di localizzazione, sono tenuti a risarcire il danno patito dai gestori dei servizi di emissione del segnale televisivo per le perdite subite, i quali possono agire in giudizio per ottenerne il ristoro.

Che succede se non si pagano i 500 euro

Infatti, così come ha sottolineato DAZN nella propria missiva agli utenti coinvolti nel reato, ove essi non corrispondessero nei sette giorni dalla ricezione della diffida la somma di euro cinquecento, gli stessi sarebbero passibili di ulteriori sanzioni ed azioni legali da parte dei titolari dei diritti.

Secondo alcuni si applica l’articolo 171, interpretazione che non vede d’accordo il sottoscritto.

«È punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2.582 a 25.822 euro chiunque a fini fraudolenti produce, mette a disposizione, installa, modifica, utilizza o promuove apparecchi o elementi di decodificazione atti a consentire l’accesso ad un servizio ad accesso condizionato, in assenza di autorizzazione del fornitore del servizio stesso.» (Art. 171-octies, Legge 633/1941)

  • Reclusione da 6 mesi a 3 anni
  • Multe da 2.582 a 25.822 euro

Nella prassi giudiziaria, per gli utenti finali a differenza di chi sta dietro questo mercato illecito (lo organizza, gestisce, vende il pezzotto…) si tende tuttavia a non applicare pene detentive effettive, ma a sospendere il procedimento se risarciscono o collaborano (ad esempio appunto accettando la diffida come quella da 500 euro di DAZN).

Si può citare però la sentenza Cassazione Penale, Sez. III, n. 46443 del 2017.

Un utente privato aveva installato a casa propria un decoder non ufficiale (“pezzotto”), configurato per decodificare e visualizzare canali criptati di Sky senza abbonamento regolare. La Cassazione ha confermata la condanna a 4 mesi di reclusione e 2.000 euro di multa, oltre alla confisca del dispositivo.

E’ tuttavia un controsenso assimilare chi utilizza 174-ter a chi distribuisce gli apparati. Qui la Cassazione è scivolata nell’interpretazione della norma che è palesemente discriminatoria.

Insomma, ciò si può dire è che chi non corrisponde la somma può essere citato in giudizio da Dazn per essere condannato a pagare gli abbonamenti di tutti gli anni in cui ha fruito dell’accesso abusivo, oltre al risarcimento del danno.

Le sanzioni per chi organizza il sistema delle partite illegali e vende il pezzotto

Per quanto concerne i soggetti che hanno invece organizzato le attività di comunicazione al pubblico illegale dei servizi di trasmissione del segnale che distribuisce i programmi “live” degli eventi sportivi (e pure di altri programmi tutelati dalla legge), le sanzioni sono assai più gravi, in quanto regolate da un assetto normativo complesso e strutturato.

Sanzioni amministrative

C’è una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 5.164,57 a € 25.822,85 oltre al pagamento di una somma da € 51,65 a € 258,23 per ciascun dispositivo illecito. In ogni caso la sanzione amministrativa non può superare la somma complessiva di € 103.290,00.

In materia, vige anzitutto il D. Lgsl. 373/00, il quale prevede l’applicazione di pesanti sanzioni amministrative nei confronti delle violazioni afferenti ai servizi televisivi criptati o ad accesso condizionato[4].

Il testo di questa normativa discende dalla Direttiva 94/84/CE, la quale al “considerando 23”, statuisce che “le sanzioni e i mezzi di tutela previsti dalla presente direttiva lasciano impregiudicate le altre sanzioni o gli altri mezzi di tutela eventualmente previsti dal diritto interno”, dovendosi in ciò includere anche le norme della Legge 248/00 e successive integrazioni e modifiche[5], il cui testo originario dell’agosto del 2000, è anteriore rispetto al D. Lgs. 373 del 15 novembre 2000[6].

Quest’ultimo, come abbiamo visto disciplina in termini generali la materia dei servizi criptati avuto riguardo agli atti di immissione sul mercato di apparati abusivi di decodifica del segnale posti in commercio per scopo di lucro.

Questa normativa, all’Art. 4, vieta “l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio ovvero il possesso a fini commerciali di dispositivi” consistenti in apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del fornitore del servizio[7].

Di palmare evidenza, quindi, è il fatto che la sanzione di € 25.822,85 stabilita dal D. Lgs. 373/00, è rivolta solo ai distributori e reseller abusivi di apparati di decodificazione c.d. satellitari, e tale sanzione amministrativa si applica, come stabilito dalla Direttiva, in aggiunta alla sanzione penale prevista per le singole violazioni ascrivibili ai distributori abusivi[8].

RuoloNorma principalePene principaliNote
Utente finale (consapevole dell’illecito)Art. 171-octies L. 633/1941Reclusione fino a 3 anni + multa fino a 25.822 €Rileva la consapevolezza dell’illegalità
Venditore / distributoreArtt. 171-ter, 171-septies, 171-octiesReclusione fino a 3 anni + multe elevatePene massime se a fini di lucro
Organizzatore / admin del sistemaArtt. 171-ter + 416 c.p. (associazione)Reclusione fino a 7–8 anniPossibile cumulo con riciclaggio e evasione

Sanzione penale

La competenza a irrogare le sanzioni amministrative in questione, come la Corte di cassazione ha più volte statuito, è il giudice penale[9] come penali sono le disposizioni di contrasto alla pirateria c.d. “satellitare”, per le quali la giurisprudenza penale ha fornito indicazioni chiare circa la loro applicazione riferita ai servizi illeciti di decodificazione.

Avuto riguardo, in particolare, agli aspetti relativi alla normativa penale applicabile alle ipotesi di IPTV abusive e di decrittazione illecita del segnale delle emittenti satellitari, che sottraggono il segnale delle piattaforme legittime per il tramite dell’uso di programmi e di codici di accesso clonati oltre che per il tramite di set-top-box modificate (c.d. “pezzotti”) al fine di rendere accessibili abusivamente agli utenti i programmi delle emittenti e delle piattaforme digitali, osserviamo che le norme della Legge Autore che regolano appunto l’accesso ai segnali criptati sono contenute negli artt. 171-ter lett. e), lett. f), lett. f-bis) e 171-octies della Legge 633/1941.

Relativamente all’enforcement dell’art. 171-ter lett. e) della legge 633/1941, va ricordato quanto statuito in merito dal Tribunale di Siena[10] il quale ha dichiarato che sussiste eterogeneità fra la norma sopra richiamata e quella di cui al N. 4 del D. Lgs. 373/00: la prima mira, infatti, a reprimere la diffusione abusiva di un servizio criptato, mentre la seconda è intesa a sanzionare chi sprotegge detto sistema dalle misure tecnologiche di protezione (Art. 102-quater L.A.) tramite strumenti illeciti.

La differenza fra le due disposizioni è quindi sostanziale. Se prendiamo invece in esame l’Art. 171-ter lett. f) della Legge Autore osserviamo che tale disposizione si applica ai casi in cui il segnale, già decodificato, venga posto a disposizione dei terzi a scapito del titolare del servizio. Tale disposizione – se letta in coordinamento con la lett. e) dell’Art. 171-ter – prevede che la condotta illecita vietata non sia l’accesso a un servizio criptato, in sé e per sé, bensì: “la vendita o la distribuzione di dispositivi” che consentano detto accesso “senza il pagamento del canone dovuto”.

Anche in questo caso la distinzione è netta: si viola la norma in questione [cioè l’Art. 171-ter lett. f)] ogniqualvolta il segnale, già decodificato, venga posto a disposizione dei terzi a scapito del titolare del servizio.

Di contro, l’Art. 171-ter lett. e) vieta la ritrasmissione dei programmi, quindi un’azione di messa a disposizione del pubblico del segnale televisivo così come esso è mandato in onda, senza criptaggio[11].

Circa la differenza fra il portato dell’Art. 171-ter lett. f-bis) e la norma di cui All’art. 171-octies LDA, la Corte di cassazione è intervenuta sul punto con la Sentenza N. 46443/2017, Sez. III, del 30 gennaio 2017, Rel. Gualtiero D. In tale sentenza si legge: “Il raffronto fra le due norme rende palese che le condotte incriminate dall’art. 171-ter lett. f) (si intendeva f-bis) sono tra loro accomunate dalla finalità commerciale concretandosi l’illecito nella immissione sul mercato di prodotti o servizi atti ad eludere le misure tecnologiche di cui all’art. 102-quater, non essendo ivi compresa la condotta di chi invece utilizza i dispositivi che consentono l’accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del dovuto corrispettivo, condotta questa che è invece espressamente sanzionata dall’Art. 171-octies, indipendentemente dall’utilizzo pubblico o privato che venga fatto dell’apparecchio atto alla decodificazione di trasmissioni audiovisive”.

Ci troviamo quindi di fronte alla potenziale applicazione concorrente, nel caso che riguarda il furto del segnale satellitare tramite IPTV (decoder / set-top-box), delle seguenti norme penali della Legge Autore:

  • Art. 171-ter lett. e);
  • Art. 171-ter lett. f);
  • Art. 171-ter lett. f-bis);

e

  • Art. 171-octies.

Nell’ambito delle violazioni dei segnali IPTV, ove l’azione illecita riguardi la vendita di set-top-box (c.d. “pezzotti”) vanno prese in considerazione anche le norme in materia di ricettazione; infatti, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sent. n. 47164/05 del 20-23 dicembre 2005, Pres. Padapia, Marino) ha chiarito, fra l’altro che “l’applicazione del principio di specialità impone senza dubbio di ammettere il concorso tra le condotte di ricettazione (art. 648 c.p.) e quelle di immissione in circolazione (art. 171-ter L. 633/41), perché le fattispecie sono indiscutibilmente diverse dal punto di vista strutturale”.

Su tali basi, possiamo asserire che il dettato di cui agli Artt. 171-ter lett. e), f), f-bis), sopra illustrate sono applicabili, ciascuna nell’ambito sopra tratteggiato, alla messa in commercio di apparati di decodifica illecita e alla susseguente messa a disposizione del pubblico del segnale televisivo. Le stesse concorrono con le disposizioni di cui al D. Lgs. 373/00 ed anche con le norme sulla ricettazione.

Alla stregua di quanto sopra brevemente illustrato, l’avvio da parte delle Forze dell’Ordine di iniziative costanti e incisive, capaci di colpire in maniera efficace il segmento dei diritti d’autore nell’ambito dei servizi “live” può segnare un mutamento radicale nel modo con cui affrontare la piaga della pirateria audiovisiva, dando segnali confortanti all’intero ambito globale del fenomeno.

Note


[1] Analoga richiesta è stato annunciato sarà formulata dai titolari dei diritti di altre piattaforme digitali e di emittenti televisive criptate.

[2] Questa la norma: https://www.brocardi.it/legge-diritto-autore/titolo-iii/capo-iii/sezione-ii/art174ter.html

[3] La normativa di riferimento e il ruolo fondamentale svolto dall’Ag.com. sono stati evidenziati in questo brano: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/pirateria-digitale-italia-e-usa-uniti-nella-guerra-allo-streaming-illegale/

[4] Nel merito di tali disposizioni, preme rilevare che essa è frutto dell’attuazione della Legge Delega del 21 dicembre del 1999 n. 526 attraverso la quale il nostro Governo ha emanato le norme di attuazione della Direttiva 98/84/CE (del 20 novembre 1998).

Il testo della Direttiva 94/84 “Sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato”, chiarisce nei propri “considerando” che l’intento della normativa è quello di “fornire un’adeguata tutela giuridica contro l’immissione sul mercato, ai fini di profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito” (C. 13).

[5] Ci riferiamo alle variazioni inserite con la L. 93/2023 qui riprodotta: https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2023/07/26/LEGGE%2014%20luglio%202023.pdf

[6] Qui si trovano le disposizioni del decreto: https://leg13.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/00373dl.htm

[7] Il relativo testo è qui raggiungibile: “Attività illecite”

1. Sono vietate le seguenti attività:

a) la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio ovvero il possesso a fini commerciali di dispositivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g) (la norma si riferisce ai dispositivi illeciti così definiti: “apparecchiatura o programma per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del fornitore del servizio”);

b) l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g);

c) la diffusione con ogni mezzo di comunicazioni commerciali per promuovere la distribuzione e l’uso di dispositivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g)

Le sanzioni previste dal D. Lgsl. 373/00 sono riferite ai contraffattori e non agli utenti: Chiunque pone in essere una delle attività illecite di cui all’articolo 4 è assoggettato alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 5.164,57 a € 25.822,85 oltre al pagamento di una somma da € 51,65 a € 258,23 per ciascun dispositivo illecito. In ogni caso la sanzione amministrativa non può superare la somma complessiva di € 103.290,00.

2. Gli organi di cui all’articolo 5, comma 1, procedono al sequestro cautelare dei dispositivi illeciti.

3. I dispositivi oggetto di sequestro cautelare di cui al comma 2 sono confiscati a seguito dell’accertamento definitivo della loro illiceità.”

[8] Nell’applicazione della disposizione sopra indicata si dovrà tenere in dovuto conto il decisum della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso C‑733/23 pubblicato dalla Prima Sezione il 3 luglio 2025: https://dirittifondamentali.it/2025/07/25/la-corte-di-giustizia-si-pronuncia-in-tema-di-principio-del-ne-bis-in-idem-e-cumulo-di-sanzioni-penali-e-amministrative-per-una-stessa-infrazione-cgue-prima-sezione-3-luglio-2025-c%E2%80%91733-23/

[9]Ai sensi dell’art. 24 della legge n. 689 del 1981, la connessione obiettiva dell’illecito amministrativo con un reato rileva esclusivamente – determinando lo spostamento della competenza all’applicazione della sanzione dall’organo amministrativo al giudice penale – nel caso in cui l’accertamento del primo costituisca l’antecedente logico necessario per l’esistenza dell’altro, mentre, in difetto di tale rapporto di pregiudizialità, la pendenza del procedimento penale non fa venir meno detta competenza all’irrogazione della sanzione amministrativa” (Cass. Pen., Sez. 1, n. 4096 del 16.04.1991, Galasi, RV 741686), e ancora: “L’art. 24 … il quale devolve al giudice penale la cognizione di infrazioni amministrative obiettivamente connesse con un reato, si riferisce all’ipotesi in cui la condotta sia parzialmente comune ad un reato e a un illecito amministrativo …” (Cass. Civ. n. 9209 del 03.08.1992, Micheluz, RV 478417).

[10] La sentenza del 3 marzo 2003 è qui riportata con commento: https://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=67

[11] Quanto abbiamo brevemente illustrato è confermato dalla lettura di alcune sentenze rese dalla Corte Cassazione Penale in materia, di cui si riportano numero e massima.

Sent. 11 maggio 2010, Sez. III, n. 23765

La violazione di cui all’art. 171-ter, n. 1 lett. f-bis) della L. 633/1941 include tutti gli strumenti che sono diretti principalmente ad aggirare le misure tecnologiche di protezione inserite nei materiali protetti. Tale norma, infatti, integra la fattispecie di cui all’Art. 171-ter lett. f) vietando l’utilizzazione di apparati aventi “la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’art. 102-quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione di predette misure”. Si nota in tal senso la quasi sovrapponibilità delle due disposizioni.

Sent. 11 maggio 2010, Sez. III, n. 25385

La vendita o la promozione dello strumento “Splitter” o “Splitty” essendo parte di un sistema atto a decrittare programmi televisivi satellitari ad accesso condizionato, capace di replicare illecitamente le credenziali incluse in una smart-card del set-top-box, così da consentire che numerosi decoder mancanti della smart-card potessero ottenere le credenziali di accesso al segnale della televisione satellitare, è vietato dall’art. 171-octies della Legge 633/1941.

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