Negli ultimi anni abbiamo assistito a una trasformazione rapida, profonda e spesso poco discussa delle esperienze emotive dei bambini: la tecnologia — utile, potente, a volte salvifica — è entrata così presto e con tale intensità nelle loro vite che ha cominciato a definire anche il modo in cui provano e gestiscono le emozioni.
Tra le nuove manifestazioni di disagio che osserviamo c’è la nomofobia, ovvero l’ansia da separazione dal device o dalla connessione, una forma moderna di ansia che non è un capriccio: è una reazione emotiva con segnali fisici, cognitivi, comportamentali ed emotivi reali, e si osserva sempre più spesso anche nei più piccoli.
Capire cosa sia la nomofobia nei bambini, come si manifesta, perché sia collegata a un’alterazione delle esperienze emotive reali e cosa possiamo fare concretamente come famiglie, scuole e caregiver, diventa importante per prevenire e accompagnare chi la sta sperimentando.
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Nomofobia nei bambini: che cos’è e come si manifesta
La nomofobia è la sensazione di grave disagio provocata dall’allontanamento forzato dai device tecnologici o dalla connessione — dall’inglese NO MObile PHone phOBIA.
Nei bambini si traduce spesso con segnali riconoscibili e ricorrenti. Li possiamo raggruppare in quattro macrocategorie:
- Fisici: mal di testa, difficoltà ad addormentarsi, affaticamento generale.
- Emotivi: irritabilità, tristezza, frustrazione, esplosioni emotive che sembrano sproporzionate rispetto all’evento scatenante.
- Cognitivi: difficoltà a concentrarsi, pensieri ripetitivi legati alla perdita di accesso al device, ruminazione sul “che cosa mi sono perso”.
- Comportamentali: pianti, gesti compulsivi per riavere il dispositivo, ribellione quando si impongono limiti.
In questi comportamenti non c’è solo “maleducazione” o capriccio, ma la traccia di un’ansia reale, che chiede di essere osservata e compresa.
Quando gli schermi sostituiscono la vita reale dei bambini
Ridurre il problema a una frase moralistica — “tolti i device tutto si sistema” — non aiuta.
La questione è più sottile: la tecnologia sta invadendo le nostre vite e, introdotta sempre più precocemente o usata eccessivamente come misura di compagnia e intrattenimento, altera il modo in cui i bambini fanno esperienza del mondo.
Quante volte andando al ristorante vedete bambini sul seggiolone intenti a utilizzare in modo esperto il loro device?
In questi contesti, lo schermo rischia di sostituire l’interazione, la noia creativa, il confronto con le emozioni difficili che fanno parte della crescita.
I dati sull’utilizzo della tecnologia di “The Common Sense Census: Media Use by Kids Age Zero to Eight” del 2025, denunciano in modo chiaro e preoccupante l’abuso della tecnologia da parte dei più piccoli.
I bambini tra 0 e 2 anni utilizzano in media 1,03 ore al giorno gli screen media, mentre i bambini tra 3 e 5 anni la utilizzano il doppio.
Questi dati, che possono non sembrare così drammatici, rappresentano però una media e quindi, se è vero che ci sono bambini che non hanno l’accesso allo screen media per impostazione e volontà della famiglia, ci sono bambini che già in tenera età ne abusano, passando interi pomeriggi di fronte alla TV o ai videogiochi.
La situazione peggiora ulteriormente con l’avanzare dell’età: i bambini tra i 6 e gli 8 anni passano in media 3,28 ore al giorno a utilizzare i device.
Linee guida su schermi e salute per prevenire la nomofobia nei bambini
Questa è la realtà dei fatti, in netto contrasto con le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, avallate dall’APA, Associazione di Pediatria Americana.
Queste raccomandano che, per i bambini di età inferiore ai 2 anni, non si debba concedere l’utilizzo di screen media, in quanto è ormai dimostrato che il loro utilizzo abbia per lo più effetti negativi, soprattutto per lo sviluppo del linguaggio e delle funzioni esecutive.
Sempre secondo queste due importanti istituzioni, per i bambini in età prescolare dovrebbe essere concessa al massimo un’ora di utilizzo al giorno, sempre rispettando la logica del “less is more” e a patto che i contenuti proposti siano di alta qualità e utilizzati con la supervisione di un adulto.
L’obiettivo non è demonizzare gli schermi, ma inserire la tecnologia in un quadro di regole chiare e tutelanti.
Effetti cognitivi ed emotivi di un uso eccessivo degli schermi
Teniamo conto che tutte le ore che i bambini passano di fronte a un device le sottraggono alla vita vera, alle esperienze multisensoriali che plasmano direttamente il loro cervello, ancora molto plastico in quella fascia d’età.
Non è un caso che i bambini manifestino sempre più difficoltà cognitive: in primis il ritardo del linguaggio e la compromissione delle funzioni cognitive e, in particolar modo, delle funzioni esecutive, ovvero quelle abilità che consentono di regolare, monitorare e controllare i pensieri e le azioni (programmazione mentale, flessibilità cognitiva, memoria di lavoro, abilità di decisione e problem solving).
Da non sottovalutare anche l’impatto sulla salute emotivo-comportamentale: soprattutto nei primissimi anni di vita il rischio di un eccessivo utilizzo di screen media si associa a un ridotto coinvolgimento nella relazione genitore-bambino.
La sostituzione delle interazioni e relazioni con i pari o con adulti con screen time e relazioni digitali impatta direttamente sulla capacità dell’individuo di costruire relazioni sane e durature, che sono alla base di una vita piena e ricca di soddisfazioni.
Dipendenza digitale, sistema di ricompensa e ansia da separazione
Daniela Lucangeli, ordinario di psicologia dello sviluppo all’Università di Padova, denuncia gli screen media e, pur riconoscendone le potenzialità come strumenti didattici, pone un forte accento sui rischi legati all’abuso e alla dipendenza, specialmente nei bambini e negli adolescenti.
In particolare ha evidenziato come l’uso eccessivo di smartphone e tablet possa portare a una vera e propria dipendenza, legata a un sistema di rinforzo dopaminergico che si attiva ogni volta che arriva una notifica o un messaggio.
Questa dipendenza può causare reazioni simili a crisi di astinenza se il dispositivo viene tolto.
Molti bambini e adolescenti oggi vivono prevalentemente di emozioni mediate: le ricompense digitali (attenzione, like, notifiche) sono rapide, imprevedibili e spesso dissociate dalla responsabilità relazionale reale.
Così il dispositivo diventa un rifugio sicuro, che ci mantiene in uno stato di comfort, senza noia e frustrazione, ed è facile che la perdita o l’impossibilità di accedervi scateni ansia.
Qui la nomofobia nei bambini diventa il segnale di un rapporto con gli schermi che non è più equilibrato.
Contesto sociale, solitudine e aumento della nomofobia nei bambini
Non si può parlare di nomofobia senza guardare al mutato contesto sociale: i bambini hanno meno occasioni di gioco libero, vedono ristretti i propri spazi di autonomia.
Anche la struttura della famiglia incide molto: la presenza sempre maggiore di figli unici e il fatto che mamma e papà lavorino a tempo pieno e a volte con orari anche lunghi possono aumentare i momenti di solitudine in cui i piccoli cercano rifugio in uno screen media, dal cartone in TV al videogioco preferito.
A questo si somma la centralità dei device nella vita quotidiana, che ormai non sono più utilizzati solo per comunicare, ma come principale strumento di connessione sociale e intrattenimento.
Il risultato è che le occasioni di confronto diretto con l’altro, di sbagliare e poi ricostruire la relazione, si sono ridotte, lasciando spazio a una crescita più isolata e mediata dagli schermi.
Come prevenire la nomofobia nei bambini: regole, routine e alternative
È in famiglia, prima che in qualsiasi altro contesto, che è necessario avere la consapevolezza delle conseguenze dell’uso e dell’abuso di questi strumenti.
Ecco qualche consiglio pratico che i genitori possono adottare nella vita quotidiana per gestire al meglio l’utilizzo della tecnologia in modo consapevole con i propri bambini:
- Regole chiare e condivise. È importante stabilire la durata di utilizzo e in quali momenti deve essere vietato l’uso dei dispositivi (il momento del pasto, le ore prima dell’addormentamento, i momenti di gioco e interazione adulto-bambino). È inoltre fondamentale spiegare al bambino in modo semplice e chiaro perché è necessario fissare le regole e quali sono gli effetti negativi sulla persona legati a un eccessivo uso dei dispositivi.
- Limitare l’accesso diretto. Evitare dispositivi nella cameretta dei più piccoli, separando spazi e tempi in cui si può utilizzare o no la tecnologia. Non si tratta di una punizione, ma di una tutela per garantire un buon sonno ai piccoli.
- Dare il buon esempio. È importante che gli adulti in primis osservino le regole condivise, riducendo il tempo speso davanti a schermi e sui social da parte dei genitori stessi. Il modello dei grandi è una delle forme più potenti di educazione implicita.
- Definire routine della giornata. Aiutare il bambino a definire una routine che lo accompagni nel percorso di crescita, sviluppando la capacità, l’autonomia e la responsabilità nell’autoregolazione dell’utilizzo di tali dispositivi.
- Proporre alternative concrete. Attività come la lettura condivisa, le pratiche artistiche, il gioco simbolico, lo sport e il divertimento all’aperto rappresentano alcuni dei migliori alleati degli adulti per garantire una crescita sana ed equilibrata.
- Controllare alla giusta distanza che il bambino stia effettivamente seguendo le regole condivise; a questo proposito sono molto utili le tecnologie di parental control legate al controllo di quanto e come si utilizzano gli screen media.
La nomofobia è un campanello d’allarme: ci dice che la relazione tra bambini e device non è equilibrata.
La risposta non può essere né la pura proibizione, né il panico.
Adottando queste strategie nella realtà quotidiana è possibile rimettere al centro l’allenamento di tutte le intelligenze dei nostri figli, in primis di quella emotiva.
E contemporaneamente, insegnare loro a usare la tecnologia come strumento, non come mondo di esperienza totale.











