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Il futuro spaziale britannico: le strategie post-Brexit



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L’industria spaziale britannica affronta le sfide post-Brexit tra esclusione dai programmi UE e nuove opportunità. Il Piano Industriale 2024 punta su ricerca, talenti e collaborazioni internazionali per mantenere la competitività

Pubblicato il 7 feb 2025

Emma Bagnulo

Analista Digitale&ICT AWARE THINK TANK

Marco Passalacqua

Analista Area Digital & ICT AWARE



Spazio

L’industria spaziale è da sempre un motore di innovazione tecnologica, influenzando profondamente ricerca scientifica, competitività economica e sicurezza nazionale.

La traiettoria del settore spaziale britannico nel post-Brexit

Con gli effetti della Brexit, il Regno Unito, un tempo protagonista nelle principali iniziative spaziali europee, si trova oggi a dover affrontare sfide significative in un contesto globale sempre più competitivo e caratterizzato da complesse dinamiche politiche.

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Inoltre, il settore deve confrontarsi con un futuro incerto, segnato da potenziali cambiamenti nelle relazioni internazionali e nella leadership tecnologica.

Questo articolo analizza la traiettoria del settore spaziale britannico nel periodo post-Brexit, partendo dal ruolo storico del Paese nei progetti europei e dall’importanza strategica del settore per l’economia, la ricerca e la difesa del paese. Vengono approfonditi gli effetti della Brexit, tra cui l’esclusione dai programmi dell’UE, la riduzione dell’accesso a talenti qualificati e le difficoltà nel ridefinire strategie di finanziamento. Al contempo, si esaminano le opportunità emergenti e le sfide poste dai nuovi sviluppi industriali e geopolitici, che potrebbero riplasmare l’approccio del Regno Unito al settore spaziale.

Infine, la situazione del Regno Unito viene collocata in un quadro europeo e internazionale più ampio, con un focus sugli effetti della Brexit sull’industria spaziale italiana ed europea. Viene inoltre analizzato come l’UE possa affrontare le difficoltà di mantenere una collaborazione efficace con il Regno Unito, preservando al contempo la propria competitività globale in un settore strategico cruciale.

L’importanza dello spazio per il Regno Unito

Il Regno Unito ha storicamente contribuito ai principali programmi spaziali europei come Galileo, Copernicus e Horizon Europe, con un impatto significativo su settori chiave quali la crittografia satellitare e l’osservazione della Terra, in particolare per l’analisi dei dati e lo sviluppo di applicazioni per il soccorso in caso di catastrofi e il monitoraggio del clima. Le aziende e i ricercatori britannici hanno avuto un impatto determinante sulla progettazione dei satelliti, sulle tecnologie di crittografia e sull’infrastruttura di base. Il Regno Unito ha anche aiutato a dare forma all’agenda spaziale europea contribuendo a progetti come ExoMars e i satelliti Sentinel. Tuttavia, la Brexit ha avuto un impatto significativo, interrompendo l’accesso del Regno Unito ai sistemi satellitari europei.

Il settore spaziale britannico rappresenta un contributo significativo all’economia del Paese. Esso genera un valore aggiunto lordo di 7 miliardi di sterline direttamente, cifra che raggiunge i 17 miliardi considerando l’indotto. Inoltre, offre occupazione a 52.000 persone in maniera diretta, cui si aggiungono altri 76.000 posti di lavoro indiretti. La produttività del settore è notevolmente elevata, superando di oltre due volte la media nazionale e attestandosi su una media di 133.000 sterline per dipendente. Per quanto riguarda le esportazioni, il 31% della produzione del settore è destinato ai mercati internazionali, con l’Europa che rappresenta il principale sbocco, assorbendo il 42% delle esportazioni totali e contribuendo al 13% delle entrate complessive.

La National Space Strategy e lo Space Industrial Plan

Questi risultati sono frutto di strategie mirate, come la National Space Strategy e lo Space Industrial Plan, che sottolineano l’impegno del governo britannico per promuovere la crescita del settore. Rispetto ad altri settori tecnologici chiave, lo spazio si colloca tra le principali priorità del Regno Unito, con solo l’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning e il nucleare leggermente in vantaggio nei dibattiti parlamentari. I significativi investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) rafforzano ulteriormente questo impegno. Un totale di £8,85 miliardi è stato investito in 70 accordi che coinvolgono imprese spaziali con sede nel Regno Unito, con il capitale di rischio che rappresenta il 21% di queste acquisizioni.

L’impatto della Brexit

 Dopo il referendum del 2016, Londra si è trovata a dover negoziare con l’Unione Europea anche per l’accesso a strutture e programmi ai quali ha collaborato, tra cui il GNSS europeo. Nel 2018, il paese ha annunciato la volontà di rinunciare a Galileo, giustificando la scelta con l’impossibilità di essere coinvolto come in precedenza allo sviluppo del sistema e di utilizzare i segnali a scopo militare. Il governo ha dichiarato di voler costruire un proprio sistema GNSS, una sfida ambiziosa data l’importanza strategica dei sistemi di navigazione satellitare, che supportano oltre l’11% del PIL britannico. Inoltre la collaborazione con gli Stati Uniti, per quanto fondamentale, sarebbe un’arma a doppio taglio, dato che eventuali problemi ai GNSS (in tal caso, GPS) costerebbero un miliardo di sterline al giorno all’economia britannica.

Il Regno Unito possiede un solido know-how nel settore, vantando il 40% del mercato delle esportazioni per i piccoli satelliti. Inoltre, i fondi destinati all’Agenzia Spaziale britannica sono aumentati dai £270 milioni del 2018 ai £606 milioni previsti per il 2024, con l’obiettivo di creare 30.000 nuovi posti di lavoro nel settore entro il 2030 e lanciare il primo satellite completamente britannico nello stesso anno.

Tuttavia, la Brexit ha portato a importanti limitazioni. L’inasprimento dei controlli sulle tecnologie critiche, come i satelliti, i sensori e i semiconduttori, e le difficoltà fiscali rischiano di rivelarsi ostacoli insormontabili per una Gran Bretagna sempre più isolata. La perdita di Galileo ha privato molte aziende britanniche di contratti remunerativi, mentre l’instabilità politica ostacola la piena valorizzazione degli investimenti privati, i più alti d’Europa nel settore. Inoltre, le grandi aziende d’oltremare come la ViaSat stanno cannibalizzando i campioni inglesi, portando con sé i propri problemi gestionali e finanziari. Le imprese europee, invece, continuano o a continentalizzare le imprese britanniche, come ha fatto la francese Eutelsat con OneWeb, oppure le lasciano indietro per rapidità di crescita, tutto senza considerare come Airbus abbia preso il dominio della produzione spaziale britannica.

L’industria spaziale del Regno Unito soffre particolarmente la carenza di sostegno finanziario, anche dovuto all’inflazione e alle variazioni dei tassi d’interesse, nonché ai progressivi tagli alla ricerca a partire dagli anni ‘80. Le difficoltà sono amplificate dalla “fallacia del sistema chiuso”, che presuppone che ricerca e commercializzazione avvengano nello stesso Paese, ignorando la natura globale delle innovazioni contemporanee. Questa visione limita l’ingresso di scoperte estere nei laboratori britannici e ostacola il progresso tecnologico. Inoltre, politiche migratorie restrittive riducono l’attrattività del Regno Unito per i talenti internazionali, spingendoli verso mercati più aperti.

Le ricadute sull’ecosistema europeo ed italiano

La Brexit è stata un colpo anche per il vecchio continente. l’Unione Europea ha storicamente riconosciuto l’importanza del settore spaziale come motore di crescita economica e innovazione. Sebbene non siano disponibili dati certi sul valore dell’intera industria spaziale dell’UE, alcuni dati offrono una visione dell’impatto economico del settore. Ad esempio, nel 2023 l’industria spaziale europea ha registrato un fatturato totale di circa 8,5 miliardi di euro con 62.000 posti di lavoro diretti nel settore. La Brexit però ha intaccato la capacità innovativa dell’UE  e comportato significative riorganizzazioni all’interno della sua industria spaziale. La Commissione Europea infatti ha sottolineato l’importanza di ridurre la dipendenza da paesi non appartenenti all’UE per infrastrutture spaziali critiche, portando a una riallocazione dei contratti precedentemente detenuti da entità britanniche verso aziende con sede nell’UE.

La Brexit ha avuto ripercussioni anche sul settore spaziale italiano, influenzando sia le collaborazioni internazionali che le dinamiche industriali. L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha comportato una riorganizzazione dei consorzi e dei progetti comuni nei quali l’Italia ha storicamente avuto un ruolo di primo piano. La necessità di sostituire partner britannici a livello europeo ha offerto alle aziende italiane l’opportunità di assumere responsabilità maggiori. L’Italia ha quindi cercato di intensificare gli sforzi per rafforzare la propria posizione nel settore spaziale europeo, colmando i vuoti lasciati dal Regno Unito e consolidando la propria leadership in programmi strategici dell’UE.

Ma la Brexit ha anche introdotto complessità nelle catene di approvvigionamento e nelle normative, influenzando le operazioni di aziende italiane con interessi nel Regno Unito. Leonardo SpA, azienda italiana leader nei settori dell’aerospazio, difesa e sicurezza, ha dovuto rivedere le proprie strategie per mitigare gli impatti negativi sulle collaborazioni in ambito spaziale.

La nuova strategia britannica

Il Piano Industriale del 2024 punta a risolvere parte dei problemi britannici, concentrando gli investimenti spaziali su programmi chiave come la R&S per la Connettività in orbita terrestre bassa (C-LEO), con l’obiettivo di mantenere la leadership britannica nelle comunicazioni satellitari. La strategia si focalizza su cinque aree: migliorare la Space Domain Awareness, promuovere l’assistenza e la produzione in orbita e sviluppare nuove tecnologie per le comunicazioni satellitari.

Un obiettivo centrale è la creazione, entro il 2030, di una forza lavoro spaziale qualificata e diversificata, con l’incremento delle competenze, percorsi di carriera accessibili e formazione continua. Particolare attenzione è rivolta all’inclusione dei gruppi sottorappresentati e allo sviluppo di capacità innovative anche all’interno del governo. Il Piano d’Azione intergovernativo e la nuova Space Academy, con una fase iniziale prevista entro metà 2025, sosterranno queste iniziative.

Il piano mira inoltre a rafforzare l’export attraverso una strategia di “investimento per l’esportazione”, con sviluppo di tecnologie competitive, cooperazione con gli alleati e rafforzamento delle relazioni industriali per la difesa. Le iniziative del 2024 includeranno finanziamenti dedicati, campagne integrate e supporto alle imprese tramite l’Accademia per l’Esportazione Spaziale, promuovendo opportunità globali e aggiornamenti sulle licenze di export. In particolare, il Paese mira a investire con i membri della NATO bilateralmente, nonché a usufruire dei contatti con i 5 Eyes e l’Arabia Saudita.

Tuttavia, esistono diversi vincoli geopolitici alle aspirazioni inglesi. Sebbene il Regno Unito rimanga membro dell’ESA, la Brexit ha influito sulla sua partecipazione ad alcuni programmi spaziali finanziati dall’UE, e persistono preoccupazioni sull’ammissibilità delle aziende britanniche ai contratti ESA. Non solo: il Regno Unito è ora un attore solitario in un contesto in cui lo spazio diventa sempre più simile a un campo di battaglia e in cui attori enormi come Stati Uniti e Cina sono sempre più competitivi. Il Regno Unito è dipendente per i materiali da fonti estere, e non può più contare su accordi collettivi come quelli stretti dall’UE per garantirsi un approvvigionamento sicuro a prezzi vantaggiosi.

Le incognite nel futuro e le implicazioni per Europa e Italia

La domanda da porsi adesso è questa: è possibile per un Paese di medie dimensioni, dalle ampie risorse umane e tecnologiche, diventare una potenza nel settore spaziale con le proprie forze?

Il Regno Unito ha perso Galileo, ma è riuscito con successo a non perdere una fondamentale risorsa per l’osservazione terrestre e a utilizzare la cooperazione internazionale a proprio vantaggio. Il recente accordo che ripristina la partecipazione (dal 1° gennaio 2024) del Regno Unito a Copernicus come Paese associato garantisce la continuità, anche dopo le interruzioni causate dalla Brexit. Ciò consente alle imprese britanniche di partecipare alle gare d’appalto e di contribuire allo sviluppo delle tecnologie di osservazione della Terra. Un altro importante pilastro della cooperazione tra Regno Unito ed Europa è stato Horizon Europe, il principale programma di ricerca e innovazione dell’UE. Il Regno Unito è stato uno dei principali beneficiari prima della Brexit, sfruttando il suo forte ambiente di ricerca per promuovere iniziative innovative. Sebbene la breve esclusione del Regno Unito dopo la Brexit abbia presentato molte difficoltà, il suo rientro nel 2023 ha dato ai ricercatori britannici la possibilità di partecipare a progetti comuni e di ottenere finanziamenti dall’UE, ottenendo così accesso a fondi e risorse internazionali che rendono il piano industriale del 2024 più realistico.

A differenza delle iniziative specifiche dell’UE, il Regno Unito ha mantenuto la sua appartenenza all’ESA dopo la Brexit. La dedizione e volontà del Regno Unito alla cooperazione europea nell’esplorazione spaziale e nel progresso tecnologico è dimostrata anche da questa continuità.

L’apertura di queste porte non è solo un guadagno per la Gran Bretagna solitaria. Una più stretta collaborazione con gli inglesi e l’accesso alla loro expertise certamente non nuoce all’UE. Leonardo, che per ragioni storiche e di business ha molte sedi nel Paese, trae sicuramente vantaggio dalla cooperazione e coordinazione tra le agenzie spaziali UE e quella britannica. Mantenere gli scambi di conoscenze e le collaborazioni in Europa, indipendentemente dall’appartenenza o meno all’Unione Europea, potrebbe in futuro rivelarsi fondamentale per sopravvivere alla competizione e alle pressioni di Stati Uniti e Cina.

L’industria spaziale rappresenta uno dei settori più strategici e dinamici per l’innovazione tecnologica, la competitività economica e la sicurezza nazionale. Per il Regno Unito, la Brexit ha segnato un momento di discontinuità, imponendo sfide significative ma offrendo al contempo nuove opportunità per ridefinire il proprio ruolo in un contesto globale. Se da un lato l’uscita dall’UE ha causato la perdita di accesso a programmi chiave come Galileo e creato barriere per la cooperazione internazionale, dall’altro ha spinto il Paese a investire nella propria autonomia tecnologica e a rafforzare il rapporto con partner extraeuropei.

Nonostante le difficoltà, il Regno Unito ha dimostrato resilienza attraverso piani ambiziosi, come il National Space Strategy e il Piano Industriale 2024, che mirano a rilanciare il settore spaziale, puntando su ricerca, occupazione e export. Il recente reintegro in programmi come Copernicus e Horizon Europe segnala che, pur affrontando le complessità della Brexit, Londra riconosce il valore della cooperazione internazionale e della complementarità con i partner europei.

Nel frattempo, l’Unione Europea e i suoi Stati membri, tra cui l’Italia, hanno saputo reagire alle conseguenze della Brexit, colmando i vuoti lasciati dal Regno Unito e rafforzando la propria leadership nel settore spaziale. Questo equilibrio tra competizione e collaborazione potrebbe rappresentare un modello per il futuro delle relazioni tra Europa e Regno Unito, in cui entrambi i blocchi potrebbero beneficiare dalla condivisione di conoscenze, risorse e competenze in un panorama globale sempre più competitivo.

In definitiva, il successo del Regno Unito nel consolidarsi come potenza spaziale autonoma dipenderà dalla sua capacità di attrarre talenti, superare le sfide geopolitiche e fiscali e, soprattutto, mantenere un dialogo aperto con i partner europei e globali. In un mondo in cui lo spazio diventa sempre più centrale per le strategie tecnologiche e di sicurezza, solo una visione lungimirante e inclusiva potrà garantire una crescita sostenibile e una leadership duratura in questo settore cruciale.

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