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UE, la grande resa agli USA. Ma quale sovranità politica e digitale



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Tra frasi accomodanti e dipendenze strategiche, l’Europa rischia di accettare come “normale” una relazione asimmetrica con Washington. Dal caso Merz ai doppi standard geopolitici, fino al lock-in digitale: il problema non è Trump, è l’impianto che dura da decenni

Pubblicato il 17 dic 2025

Walter Vannini

Data Protection Officer autore del podcast DataKnightmare – L'algoritmico è politico (https://www.spreaker.com/show/dataknightmare)



sovranità europea stati uniti

Non parlatemi di “sovranità europea”, sul digitale o altro, perché mi metto a ridere. L’Europa è in realtà, nei confronti degli Usa e di Trump, in preda a una sindrome di Stoccolma da manuale.

Qualche giorno fa il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha fatto una dichiarazione praticamente in ginocchio, rivelandosi per quello che è. Prima ha detto che “alcune parti” della nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale statunitense erano “inaccettabili dalla nostra prospettiva europea”.

Dato per scontato che l’idea che gli USA si impegnino per il regime change in Europa dovrebbe essere inaccettabile, sarei curioso di sapere quali parti, esattamente, sono accettabili per Merz: l’idea che “l’emisfero occidentale”, qualsiasi cosa significhi, debba essere una esclusiva zona di influenza USA? Che l’espansione economica della Cina nelle Americhe debba essere contrastata? E l’autodeterminazione, la concorrenza, dove finiscono?

Europa e Stati Uniti, ma quale sovranità

Ma questi sono dettagli, perché dopo l’affermazione gratuita cattura titoli, Merz ha detto due cose. Ecco la prima:

“America first” va bene, ma “America alone” non può essere nel vostro interesse.

America first va bene?

Ora, una sciocchezza è una sciocchezza indipendentemente da chi la dice, credo che su questo possiamo essere d’accordo.

Quindi, prendiamo un salvinoide qualsiasi che blatera “prima gli italiani”: di quali italiani parla? Perché, per esempio, Mahmood (il cantante) è italiano. Per nascita, quindi è italiano e basta, ma se proprio vogliamo seguire la cosiddetta logica dei salvinoidi possiamo dire che i due milioni di Mahmood sono italiani di seconda generazione. Poi ci sono persone nate all’estero ma naturalizzate italiane, e poi c’è gente che vive in Italia da magari quarant’anni ma non ha mai richiesto la cittadinanza. Quindi, esattamente, “prima” chi?

“Prima” in che senso? Se ci sono due italiani come faccio a scegliere?

È facile vedere che pretendere di decidere chi deve avere precedenza senza entrare nel caso specifico è una cazzata che serve solo a nascondere il proprio razzismo e la propria colossale ignoranza.

Ma se “prima gli italiani” è una cazzata razzista, perché dovrebbe “andare bene” America first, signor Cancelliere?

Quando “America first” diventa accettabile: il corto circuito della sovranità europea

Io, per dire, non sono affatto favorevole a che la Marina USA faccia i “pattugliamenti della libertà” nel Mar Cinese Meridionale. Dico: Mar Cinese Meridionale, cosa minchia ci fa la marina USA?

Quando nel 1962 l’Unione Sovietica cercò di piazzare missili nucleari a Cuba, a 140 km dalle coste statunitensi, Kennedy portò il mondo sull’orlo del conflitto nucleare.

Però, la Russia dovrebbe accettare l’Ucraina nella NATO (che occorre ricordarlo è un’alleanza militare il cui solo scopo è opporsi alla Russia), e la Cina dovrebbe fare finta di niente quando gruppi da battaglia della Marina statunitense attraversano tutto il Pacifico per farsi un giro a qualche centinaio di km dalle coste cinesi.

Questo sarebbe l’“ordine internazionale basato sulle regole” che ci è sempre andato bene fino a che pensavamo che riguardasse solo russi, cinesi, sudamericani e in generale tutti tranne che noi. Ci illudevamo che ventimila soldati USA in Italia non fossero una guarnigione imperiale, ma “preziosi alleati”.

Di Trump dicono che è scandalosamente transazionale. Ossia, è amico di chi fa qualcosa per lui, fino a che continua a farla. Io preferisco vederla al contrario: Trump non è ipocrita.

Con lui l’America sta facendo esattamente quello che ha sempre fatto, e cioè comandare a destra e a sinistra, con una differenza: non finge più di farlo nell’interesse di qualcuno che non sia l’America di Trump.

E nonostante questo il leader di uno dei principali Paesi europei se ne esce non solo con “America first va bene”, ma continua dicendo:

“Avete bisogno di partner nel mondo, e uno di questi partner può essere l’Europa. E se non potete avvalervi dell’Europa, allora almeno fate della Germania il vostro partner”, ha affermato Merz.

Quale mollusco politico, quale servo nato può concepire un’uscita del genere? Un partner è un pari. L’Europa può essere un partner degli Stati Uniti.

La Germania, o l’Italia, o qualsiasi altro Paese europeo preso singolarmente, può al massimo essere uno Stato cliente.

Europa e Stati Uniti nell’ordine “basato sulle regole”: i doppi standard

L’Europa non può continuare a essere nelle mani di molluschi come Merz, né di nevrotici che vogliono vincere la Guerra Fredda trent’anni dopo che è finita, come Kaja Kallas, che dall’alto del rappresentare un Paese che ha gli abitanti di Milano, arriva a dire in una riunione dell’OCSE che, nelle trattative per la pace in Ucraina:

“tutti hanno bisogno di garanzie di sicurezza, tranne la Russia”.

Tantomeno un Paese europeo può essere in mano a degli azzerbinati come Meloni e compagnia, sempre a sbavare per un briciolo di attenzione.

Se l’America di Trump vuole fare il bullo, la cosa peggiore è essere accondiscendenti. Come diceva Pertini, “a brigante, brigante e mezzo”. America first? Benissimo: allora l’Europa revochi immediatamente tutta la legislazione anticirconvenzione che impedisce, per esempio, di creare un ad blocker per le app sul cellulare, di leggere i dati delle centraline elettroniche delle auto con apparecchi non indicati dal produttore, e che mette di fatto i compratori europei nelle mani dei venditori statunitensi che possono disabilitare qualunque prodotto, o servizio, con un clic. Citofonare Corte Penale Internazionale.

Le misure anticirconvenzione sono state approvate a inizio anni Duemila sotto la nemmeno tanto velata minaccia del rappresentante USA per il commercio: approvatele per difendere la proprietà intellettuale americana, o rischiate sanzioni commerciali.

Quando si dice il caso: arriva Trump e le sanzioni arrivano lo stesso. Questo è quello che si ottiene quando si tratta con un bullo.

Lock-in digitale e leggi anticirconvenzione: la leva del mercato

Quindi, visto che Von der Leyen ha trattato sanzioni di “solo” il 15%, l’Europa ha tutto il diritto, in risposta, a mandare al macero tutte le leggi anticirconvenzione approvate per compiacere gli USA, e di avviare una massiccia campagna di interoperabilità antagonista: jailbreak su tutto, e sviluppo di alternative europee, a codice aperto, per garantire che l’uscita dal lock-in sia definitiva.

Le leggi anticirconvenzione e l’effetto sul consumatore

Se una norma impedisce di fare un ad blocker su mobile o di leggere i dati dell’auto senza l’apparato “giusto”, non è tutela del mercato: è rendita. E se un venditore può disabilitare un prodotto “con un clic”, la dipendenza non è solo tecnica: è politica.

Interoperabilità antagonista e alternative europee

La proposta è brutale e lineare: jailbreak su tutto, strumenti aperti, e una strategia che trasformi l’uscita dal lock-in in un fatto irreversibile. Non per ideologia, ma per autodifesa.

Europa e Stati Uniti e la guerra in Ucraina: il conto per l’economia

Altro punto: l’Europa negli ultimi quattro anni si è svenata per sostenere l’Ucraina, la più recente guerra per procura statunitense. Abbiamo rinunciato al nostro principale fornitore di gas e primo partner commerciale, la Russia, perché occorreva dimostrarsi fidati alleati.

Beh, Trump ha capito che far crollare la Russia non è semplice come tutti pensavano, e che in fondo non gli interessa nemmeno tanto. Lui e Putin vanno d’accordissimo. E tutti e due vedrebbero di buon occhio un’Europa in mano ai singoli Paesi, ridotta a un nano economico.

A questo punto, a chi serve continuare a giocare a quelli più lealisti del Re? A cosa servono imbecilli in uniforme e no che cianciano di attacchi preventivi verso la Russia (Cavo Dragone) come ritorsione per la “guerra ibrida” che la Russia starebbe facendo a noi? O di essere pronti a “spazzare via Kaliningrad” (generale Gromadziński), o che blaterano di ritorno alla leva obbligatoria sognando eserciti di milioni?

Dal gas e commercio alla spesa militare

Fino a prova contraria la sola azione di guerra, vera e non ibrida, contro l’Unione è stata la distruzione del Nord Stream, un’infrastruttura costata miliardi, da parte degli ucraini.

I poveri ucraini di cui prima gli Stati Uniti hanno fomentato la russofobia fino alla soglia della guerra civile e di cui poi, quando Putin li ha invasi per ribadire che l’Ucraina nella NATO sarebbe come i missili a Cuba, i bravi alleati europei hanno sostenuto le spese militari. Con soldi propri e armi acquistate dagli Stati Uniti, perché quando uno è astuto, è astuto.

Quando Washington tratta altrove

E mentre l’Europa paga il conto della guerra ucraina dissanguando la propria economia, Trump tratta in privato con Putin la resa di Zelensky.

Che senso ha per l’Europa continuare in una politica che gli stessi Stati Uniti non hanno più intenzione di continuare?

Lentamente si muovono i ghiacciai e altrettanto lentamente qualcuno in Europa sta iniziando ad aprire gli occhi.

DORA e migrazione cloud: l’autonomia che manca

Qualche giorno fa, il presidente della banca centrale olandese ha dichiarato che il “ristretto numero di fornitori” che garantiscono servizi digitali a un gran numero di aziende finanziarie europee può rappresentare un rischio da concentrazione.

Eh, dieci anni in ritardo, ma adesso cammina svelto. Vabbè: ogni passo è almeno un passo.

Lo scorso gennaio è diventato pienamente operativo il regolamento DORA sulla resilienza digitale del settore finanziario. Fra i vari obblighi, c’è quello di poter garantire la migrazione di emergenza da un fornitore cloud a un altro. In pratica, se Amazon Web Services ha un qualsiasi problema, l’azienda finanziaria deve migrare i propri servizi verso un altro fornitore, e farlo in un tempo predefinito.

Perché non basta passare da AWS a Google o Azure

Alla luce della Strategia di Sicurezza Nazionale, è palese che questo non può voler dire poter migrare fra Amazon, Google e Azure, ma che occorre poter migrare verso fornitori europei.

E non basta. Gli Stati Uniti hanno apertamente dichiarato la propria ostilità all’Europa come soggetto politico, e Trump ha già dimostrato che i giganti del digitale sono soltanto il prolungamento della pressione politica.

Se gli Stati Uniti rivendicano apertamente un ruolo imperiale, qualunque dipendenza strategica nei loro confronti è inaccettabile. Lo era anche prima, perché pensavamo che fossero imperialisti soltanto con gli altri.

Per esempio, c’è chi si è stupito per le nuove misure di controllo all’ingresso. Per ottenere il visto di ingresso occorrerà dichiarare i propri identificativi degli ultimi cinque anni sui vari social, che verranno esaminati alla ricerca di contenuti “antiamericani” (qualunque cosa questo significhi); occorrerà fornire nomi e recapiti di tutti i propri familiari, e probabilmente perfino depositare un campione di materiale genetico.

Qualche anima bella, come il direttore del Post, ha detto che non c’è da preoccuparsi perché in fondo si tratta “solo di condividere i propri identificativi online”. Beata innocenza. Non c’è nessuno al Post che abbia accesso programmatico a un social qualsiasi e faccia vedere cosa si può fare “solo con il codice identificativo”? Poi magari al buon direttore gli ricordiamo le immortali parole del Generale Michael Hayden, ex direttore di CIA e NSA: “Noi coi metadati ci ammazziamo la gente”.

Ovviamente l’analisi dei social per poter ottenere il visto è in vigore dai tempi di Biden, ma all’epoca andava bene perché Biden non era Trump. Un mio amico, riguardo al recente inasprimento delle misure per il rilascio dei visti, mi ha detto: “ma secondo te cosa hanno sempre fatto a chi chiedeva un visto da un paese africano?”

Ecco: se di tutto quello che Trump fa è naturale vergognarsi per lui, aver dovuto aspettare che gli USA ci trattassero come africani per capire come vengono trattati tutti “gli altri” da sempre, è qualcosa di cui dovremmo vergognarci noi. E questa vergogna deve essere una ragione in più per sganciarci dall’Impero e cominciare davvero a sostenere i “valori” che sembriamo tirare fuori solo quando ci conviene.

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