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Amazon, ma quale prezzo equo: perché i merchant si sentono vessati



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Il Bundeskartellamt, l’Authority tedesca per la concorrenza del mercato, ha cominciato a dubitare della politica del prezzo equo del marketplace Amazon. Si conferma un timore dei merchant terze parti, che si sentono vessati dalla piattaforma

Pubblicato il 2 lug 2025

Alberto Caschili

Consulente Legale per il mondo Digitale



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Lo scorso 2 giugno il Bundeskartellamt, l’Authority tedesca per la concorrenza del mercato, ha emesso una valutazione giuridica preliminare nei confronti di Amazon ritenendo che i suoi meccanismi di determinazione dei prezzi potrebbero violare sia il diritto nazionale tedesco sulla competizione di mercato (§§19 e 19a del GWB) sia il diritto dell’UE (articolo 102 TFUE).

Prezzo equo Amazon o vessazione?

Una tale presa di posizione così netta solleva nuove preoccupazioni sulla posizione dominante di Amazon nella vendita al dettaglio online e sul carattere vessatorio della propria condotta. Al centro dell’indagine c’è infatti la politica del prezzo equo del marketplace, che si basa su limiti di prezzo dinamici e determinati algoritmicamente. Nel momento in cui i venditori superano tali limiti, Amazon può escludere i loro prodotti dalla Buy Box, ridurre la loro visibilità nei risultati di ricerca o rimuovere completamente le loro offerte dal marketplace.

Ma non solo: la situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che Amazon, non solo si pone come Provider e quindi come fornitore di servizio di intermediazione tra venditore e acquirente, ma partecipa direttamente con i marchi ad esso riconducibili, entrando in competizione diretta con i venditori terze parti.

La politica dei prezzi di Amazon: venditori liberi… o quasi

Per comprendere in che ambito si muovono le accuse del Bundeskartellamt, si deve ricordare che per la policy di Amazon ogni venditore è libero di decidere il prezzo a cui vendere i propri articoli, indipendentemente dal prezzo suggerito dal marketplace o da quello applicato dagli altri venditori, il problema è che ci sono dei limiti, soprattutto in eccesso, ai quali ogni seller deve fare molta attenzione.

Va infatti precisato che nella “policy di assegnazione del prezzo equo” Amazon chiarisce come il proprio obiettivo sia pur sempre quello di essere “l’azienda più attenta al cliente al mondo”, e che per questo si impegna a offrire ai clienti la più ampia selezione di prodotti al prezzo più basso, e la spedizione più veloce.

È evidente che per perseguire questo intento Amazon adotti un controllo costante e automatico sui prezzi delle offerte pubblicate. Nel momento in cui dovesse rilevare la presenza di pratiche di prezzo che “ledono la fiducia dei clienti”, può decidere di limitare la visibilità dell’offerta, ad esempio con la perdita della buy box, oppure decidere di sospenderla.

Amazon indica anche chiaramente quali siano le attività che portano alla violazione di questa policy come l’assegnazione di un prezzo di riferimento fuorviante per i clienti o di un prezzo che è notevolmente più elevato rispetto ai prezzi recentemente offerti sia su Amazon che su altri canali. L’elenco è dichiaratamente non esaustivo, lasciando così ampli margini di manovra al colosso di Seattle.

Si tratta dunque di una politica molto temuta dai venditori, che se da una parte sono liberi di applicare i propri prezzi, dall’altra sono in realtà soggetti a regole piuttosto stringenti per consentire ad Amazon di confermarsi come il marketplace con i prezzi più bassi.

Pertanto, se sulla base dei propri algoritmi di valutazione dei prezzi Amazon ritiene che il prezzo applicato da un venditore sia troppo alto, può limitare o rimuovere l’offerta in diversi modi, a cominciare dall’esclusione dalla già citata Buy Box (l’opzione di acquisto predefinita), fino ad arrivare all’eliminazione dai risultati di ricerca, dagli annunci di Amazon o dall’intera piattaforma.

Ebbene, secondo la ricostruzione effettuata dal Bundeskartellamt, queste azioni non sono neutre o automatiche. Sono invece determinate a discrezione di Amazon, senza soglie comunicate con chiarezza o giustificazioni coerenti.

Le tre categorie in cui Amazon classifica le offerte che conducono a diversi livelli di restrizione (errori di prezzo, prezzi significativamente alti, prezzi non competitivi), per l’Authority non sono governate da criteri verificabili o pubblicamente disponibili.

La condizione è particolarmente problematica, soprattutto dato il duplice ruolo di Amazon: operatore di mercato e concorrente diretto dei venditori. E così, i seller che non sono in grado di soddisfare le aspettative di determinazione dei prezzi di Amazon, specialmente quando tali aspettative non si basano su considerazioni oggettive di costo o di valore, potrebbero essere costretti a ridurre i loro margini in modo insostenibile o a uscire del tutto dal mercato.

La presa di posizione delle autorità tedesche sul prezzo equo Amazon

A questo punto ritengo utile ricordare come la valutazione preliminare del Bundeskartellamt si basa su due basi giuridiche complementari: da una parte il diritto nazionale tedesco che dispone di regole specifiche a tutela della concorrenza del Mercato (GWB), dall’altra parte il diritto della concorrenza dell’UE ai sensi dell’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Non è un caso che nel procedimento il Bundeskartellamt abbia lavorato in stretta collaborazione con la Commissione europea, responsabile, tra l’altro, dell’applicazione del regolamento UE sui mercati del settore digitale (Digital Markets Act).

Più nel dettaglio, la disposizione nazionale invocata è l’articolo 19a, paragrafo 2, della GWB, uno strumento che si applica alle aziende che hanno un “significato fondamentale per la concorrenza in tutti i mercati“. In tale status giuridico Amazon (dalla cui piattaforma transita circa il 60% delle vendite al dettaglio online in Germania) ricade ufficialmente da luglio 2022, con una designazione poi confermata dalla Corte federale di giustizia tedesca nell’aprile 2024.

Ebbene, sulla base di tale norma il Bundeskartellamt ha la facoltà di agire contro le pratiche che ritiene minaccino la concorrenza leale a causa della posizione dominante strutturale. La norma in questione è inoltre progettata per essere anticipatoria: permette così alle autorità di regolamentazione di intervenire prima che i danni si consolidino, soprattutto nei mercati digitali in rapida evoluzione, in cui l’applicazione convenzionale potrebbe essere in ritardo rispetto alla realtà tecnologica.

Passando invece alla normativa europea, l’articolo 102 del TFUE vieta l’abuso di posizione dominante che pregiudica il commercio tra Stati membri. L’uso di questo strumento giuridico, unitamente a quello nazionale, sottolinea la gravità delle accuse e segnala la volontà da parte delle autorità di regolamentazione di trattare l’applicazione degli algoritmi e la governance del mercato come potenziali strumenti di abuso, con una posizione che potrebbe ispirare anche altri ordinamenti.

Ricordo peraltro che nella sua attuale valutazione il Bundeskartellamt ha individuato alcuni aspetti di maggiore preoccupazione:

  1. l’interferenza di Amazon sulla visibilità delle offerte dei venditori. Per l’Authority, Amazon può modificare i massimali di prezzo fissati in modo discrezionale e limitare il processo competitivo sul marketplace. L’attuale valutazione ipotizza che queste restrizioni non siano basate su principi oggettivi e verificabili, né siano rese sufficientemente trasparenti nelle comunicazioni con i venditori terzi;
  2. i meccanismi di controllo dei prezzi di Amazon possono interferire anche con la libertà dei venditori di fissare i propri prezzi, conducendo a un livello più elevato di concentrazione sul marketplace. Massimali di prezzo troppo stringenti spesso costringono i venditori che non sono in grado di coprire i propri costi ad abbandonare la piattaforma;
  3. la pratica di Amazon di allinearsi sistematicamente al prezzo più basso trovato in altri negozi online potrebbe rappresentare un ostacolo significativo per i venditori di lasciare la piattaforma per operare in un marketplace differente e quindi trattenere i seller all’interno del proprio ecosistema.

Prezzo equo Amazon, come finirà la vicenda?

Prima di tutto, va ricordato che per il momento si tratta di una valutazione preliminare e che dinanzi alle considerazioni sopra sintetizzate Amazon ha già respinto ogni accusa, affermando che modificare l’attuale politica dei prezzi finirebbe con il danneggiare sia i clienti che i partner di vendita.

Occorre poi osservare come la tesi dell’Authority tedesca non si ponga come una sentenza senza possibilità d’appello ma mette in luce una situazione controversa, esprimendosi negativamente, in modo che ci sia un approfondimento sul tema.

Infatti sebbene esprima chiaramente le sue preoccupazioni per il doppio ruolo di Amazon, come provider e come venditore diretto, per via del potenziale conflitto di interessi che potrebbe comportare, non vi è alcuna accusa effettiva nei confronti della piattaforma di comportamenti che la avvantaggino rispetto ai venditori terze parti.

Vien da sé che, siffatta argomentazione, risente di mancanza di fondamento alla base, individuabile un comportamento lesivo della concorrenza, al momento solo potenziale e tutto da accertare.

Ci sono però situazioni inconfutabili individuate dall’Autorità come quella relativa all’abbandono della piattaforma da parte di chi è impossibilitato nel praticare i prezzi bassi indicati, situazione certamente attuale in diverse categorie di prodotto in cui diversi Seller ci hanno confermato di preferire non vendere più a causa dell’assenza di margini.

Infine è certamente rilevante il fatto che se Amazon impone di allinearsi ai prezzi più bassi trovati altrove, questo comporta una maggiore difficoltà per i Seller di abbandonare la piattaforma, magari perché sono in grado di offrire prodotti a prezzi inferiori, trattenendoli, seppur indirettamente, all’interno del suo ecosistema.

Anche questo è certamente un comportamento lesivo della concorrenza laddove impedisca, di fatto, di poter operare su diversi canali o comunque di scegliere di lasciare la piattaforma.

La pietra è però stata scagliata. E la questione è tutt’altro che di facile risoluzione. Non si tratta infatti di una mera disputa sui prezzi, ma di un faro che si accede sulla necessità che le piattaforme che influenzano i mercati non possano essere autorizzate a governare la concorrenza.

Gli algoritmi, se implementati da piattaforme dominanti, possono diventare strumenti di esclusione e controllo.

Si tratta di accertare se l’infrastruttura del commercio stesso venga utilizzata per consolidare il dominio e sopprimere la concorrenza fin dalla progettazione oppure per favorire il progresso e l’accesso al mercato a tutti a parità di regole e trattamento.

Certamente occorre un monitoraggio puntuale da parte delle Autorità a garanzia del mercato per evitare che, le derive negative, compreso quanto indicato sopra, diventino attuali e possano danneggiare il mercato e i suoi protagonisti, venditori ed acquirenti compresi.

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