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AI, il piano Trump per il dominio mondiale è una super sveglia per l’UE



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Essere leader nell’innovazione sull’AI, con le infrastrutture necessarie, ed esercitare una leadership nella diplomazia e sicurezza internazionale. Sono i pilastri del Piano d’azione IA degli USA, pubblicato a luglio. Così Donald Trump mette all’angolo l’Europa. Per noi è una sveglia drammatica

Pubblicato il 25 lug 2025

Stefano da Empoli

presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com)



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Foto Tomas Ragina

Accelerare l’innovazione, costruire le infrastrutture necessarie per l’intelligenza artificiale (IA) ed esercitare una leadership nella diplomazia e sicurezza internazionale.

Sono questi i tre pilastri del Piano d’azione AI degli USA, pubblicato lo scorso 23 luglio, con lo scopo di “ottenere il predominio mondiale” nella tecnologia più trasformativa dell’attuale fase storica.

Il Piano d’Azione USA di Trump per l’AI

Il Piano, che contiene 103 raccomandazioni specifiche, è accompagnato da tre ordini esecutivi, rispettivamente su “Promuovere l’export dello stack tecnologico AI americano”, “Accelerare il processo autorizzativo delle infrastrutture relative ai data center” e “Prevenire l’IA woke nel governo federale”.

La dimensione geopolitica e di sicurezza

Il fatto che a intestarsi il Piano non siano solo Michael J. Kratsios, assistente del presidente per la scienza e la tecnologia, e David O. Sacks, il consigliere speciale per l’IA e le criptovalute, ma anche Marco Rubio, nelle sue funzioni di consigliere per la sicurezza nazionale, la dice lunga su quanto sia rilevante la dimensione di sicurezza nazionale. Gran parte dei rischi evocati nelle ventitré pagine si riferiscono infatti alla sfera della sicurezza e della difesa e fin dalle prime frasi è evocata sullo sfondo la competizione tecnologica con la Cina.

D’altronde, il documento sembra esprimere appieno la visione geopolitica dell’amministrazione Trump.

  • Gli avversari (leggi soprattutto la superpotenza asiatica) vanno contenuti e contrastati il più possibile, dai consessi multilaterali fino a nuove e più rigorose forme di controllo alle esportazioni.
  • Gli alleati, invece, non solo possono ma devono essere spinti a comprare la tecnologia americana, diventando (o rimanendo) clientes dell’intera catena del valore dell’IA statunitense, dall’hardware al software, dai semiconduttori (rigorosamente prodotti negli USA, beninteso) e data center ai modelli IA di frontiera.

Sotto questo profilo, l’ordine esecutivo che punta a promuovere l’export dell’intero stack tecnologico statunitense dell’IA sembra rivelatore. Di fatto, l’amministrazione Trump pensa a veri e propri pacchetti tecnologici chiavi in mano da vendere in giro per il mondo, promuovendo la nascita di consorzi privati, dietro call pubblica, da includere nel programma.

E visti i negoziati commerciali di questi mesi è probabile che il pensiero strategico dietro questo approccio sia quello di includere la vendita di questi pacchetti come possibile moneta di scambio per trattamenti di maggior favore. E per indorare la pillola, l’ordine esecutivo cita esplicitamente la necessità di “supportare i Paesi partner nel favorire ambienti regolatori, di dati e infrastrutture pro-innovativi propizi al dispiegamento di sistemi IA americani”. Ma attenzione: se non seguono le regole decise da Washington, ad esempio sulla vendita di certi prodotti in determinati mercati, questi stessi paesi e le loro rispettive aziende potranno essere sanzionati, attraverso la Foreign Direct Product Rule, che estende i controlli all’export statunitensi anche a beni non prodotti negli USA, e tariffe secondarie.

Primo punto, deregolamentazione su AI. Build baby build

Al primo punto delle azioni elencate nel Piano c’è una semplificazione della regolamentazione. Non tanto quella diretta che come noto negli USA è assente (e quel poco che l’amministrazione Biden aveva potuto introdurre con i suoi ordini esecutivi è stato cancellato da Trump nei primi giorni del suo secondo mandato).

Bensì quella che indirettamente, secondo le imprese e i cittadini, sollecitati da una richiesta pubblica di informazioni promossa dall’Ufficio per la scienza e le politiche tecnologiche della Casa Bianca, potrebbe porre ostacoli all’innovazione e all’adozione dell’IA. Interessante a questo proposito l’atteggiamento verso gli stati USA che hanno legiferato o stanno immaginando di legiferare su materie inerenti l’IA.

Il Piano chiede di azzerare i fondi federali legati all’IA per gli stati che introducono paletti all’innovazione perché non saprebbero utilizzare al meglio il budget a propria disposizione mentre potranno essere tollerati quegli interventi normativi che non freneranno lo sviluppo tecnologico. Ricordiamo che su questo punto Trump aveva provato a inserire nel cosiddetto Big Beautiful Bill recentemente approvato dal Congresso una moratoria di dieci anni della legislazione statale sull’IA, poi bocciata nel testo finale. Uscita la proposta dalla porta (anche perché di dubbia costituzionalità) viene dunque fatta rientrare dalla finestra, sempre con lo scopo di massimizzare la proiezione egemonica statunitense.

La deregulation è un tratto distintivo soprattutto della seconda parte del Piano, quella dedicata alle infrastrutture al servizio dell’IA. Non si tratta solo di facilitare direttamente la costruzione di data center ma anche di adeguare rapidamente il sistema energetico, sia nelle reti che nella generazione.

Per quest’ultima si vuole ad esempio prevenire il decommissioning prematuro di capacità critica (leggi soprattutto carbone e nucleare), oltre a favorire nuove forme di geotermico e nucleare. Nell’ordine esecutivo che intende accelerare il sistema autorizzativo dei data center e delle infrastrutture connesse (a cominciare dalle reti elettriche), si definiscono i progetti che hanno diritto a questo regime derogatorio. Da quelli che includono investimenti per almeno 500 milioni di dollari a quelli che aggiungono un carico elettrico di almeno 100 MW. Ma possono qualificarsi anche le iniziative destinate alla sicurezza nazionale o che semplicemente il Segretario alla Difesa, quello al Commercio, all’Interno o all’Energia ritengono che abbiano le caratteristiche richieste. Insomma, in pieno stile Trump, un bel po’ di discrezionalità in mano alla politica.

Piano d’azione AI di Trump: il focus sulle competenze e sull’adozione dell’IA

A testimoniare che con il Piano sull’IA gli Stati Uniti fanno sul serio, grande enfasi viene data alle competenze, a tutti i livelli, dalla pubblica amministrazione al settore privato. In una logica dual use, con grande enfasi sul settore della difesa fin dalla capacità di attrarre e formare talenti.

Si immagina, dunque, di stabilire sandbox regolamentari o centri di eccellenza in tutto il paese dove ricercatori, startup e imprese tradizionali possano dispiegare e testare rapidamente tool IA impegnandosi a condividere dati e risultati. Ma anche di monitorare il livello di adozione dell’IA da parte degli apparati di sicurezza di paesi avversari e competitor per capire se accelerare e in quale direzione i programmi statunitensi.

Vengono inoltre caldeggiati sgravi fiscali per i datori di lavoro che offrono corsi di formazione e fanno investimenti in upskilling e reskilling, mantenendo i livelli occupazionali. Ci sono anche aiuti indiretti importanti, dalla capacità computazionale offerta ai laboratori di ricerca alla promozione di dataset di alta qualità liberamente accessibili (al contempo proteggendo adeguatamente dati confidenziali).

Molto spazio ovviamente viene riservato all’adozione dell’IA nel governo e come detto nella difesa in particolare. Si chiede di istituire un Consiglio dei responsabili IA (CAIOC) con lo scopo di coordinare l’azione, di creare un programma che consenta alle singole amministrazioni di trovare personale adatto alle loro esigenze, di promuovere l’accesso, con la formazione necessaria, di tutti i dipendenti pubblici che potrebbero beneficiarne ai tool di IA. Lato difesa, si prevede, tra le altre misure, di promuovere un reshuffle del curriculum accademico nei college militari, per insegnare competenze IA di base a tutti i cadetti.

Il controllo dei rischi derivanti dall’IA

Se il piano d’azione è chiaramente indirizzato a cogliere le tante opportunità dell’IA, non vengono disconosciuti i potenziali rischi.

Il primo, e quello più caro all’attuale amministrazione, è la promozione di ideologie woke che nel documento e nell’ordine esecutivo vengono chiamate a più riprese “agende di ingegneria sociale” e che lederebbero la libertà di parola. Si chiede quindi di riscrivere l’AI Risk Management Framework promosso dal National Institute of Standards and Technology per rimuovere ogni riferimento alla misinformazione, al DEI (Diversity, Equity and Inclusion) e al cambiamento climatico.

Ma soprattutto, ed è questo lo scopo principale del terzo e ultimo ordine esecutivo che accompagna il Piano e ne attua già alcune sue parti, vorrebbe assicurare che i sistemi IA acquistati dall’amministrazione federale siano “oggettivi e liberi da bias ideologici top-down”. Che cosa poi significhi tutto questo in pratica non è molto chiaro, vista la difficoltà di determinare una realtà oggettiva e la scarsa trasparenza nonché la naturale tendenza alle allucinazioni dei modelli IA.

Tra l’altro quest’ultimo aspetto è menzionato esplicitamente nel Piano laddove si denunciano i limiti attuali degli impieghi di IA nei campi dove vite umane sono in gioco, come la difesa e la sicurezza nazionali. Si propone quindi il lancio di un programma tecnologico ambizioso da parte del DARPA, l’agenzia del Pentagono alla base di sviluppi tecnologici decisivi, per avanzare l’interpretabilità, i sistemi di controllo e la robustezza dei modelli.

Gli altri rischi evocati nel Piano attengono in particolare la cybersecurity, rispetto alla quale si prevede la creazione di un Centro per lo scambio e l’analisi di informazioni relative a vulnerabilità e a minacce informatiche relative alle infrastrutture critiche. Si intendono promuovere, inoltre, tecnologie e applicazioni IA usate dal governo federale sicure by design, adeguando codici e standard.

Infine, si prevedono accorgimenti per contrastare l’uso di deepfake non consensuali e sessualmente espliciti. Un po’ paradossale considerato l’uso sfacciato che, proprio nei giorni precedenti la pubblicazione del piano, Trump ha fatto di un video creato dall’IA per simulare l’arresto di Obama seduto accanto a lui nello studio ovale con relativo ghigno di soddisfazione.

Piano d’azione USA su AI: quali conseguenze sull’Europa

Senza mai citare l’AI Act (anche perché il piano non sembra scommettere su un ruolo nella partita dell’Europa, se non al più come alleata-vassalla della potenza egemone), è però significativo che il Piano si apra, quasi a mo’ di contrappasso dell’approccio UE, invocando interventi di semplificazione della regolamentazione che anche solo indirettamente potrebbe limitare l’innovazione nel settore.

D’altronde, se la tentazione da questa parte dell’Atlantico fosse quella di alzare le spalle, deridendo gli stolti americani sotto la guida di un Presidente che utilizza l’IA per denigrare i suoi avversari o per creare meme da divulgare sui social, la reazione sarebbe del tutto sbagliata e fuori obiettivo.

Il Piano IA di Trump suona la sveglia non solo per gli Stati Uniti ma anche, e per certi versi soprattutto, per chi come l’Europa li ha inseguiti in questi anni senza mai riuscire ad accorciare le distanze. Il cambio di passo che il Piano per l’IA invoca per gli USA, per allontanare l’inseguitore cinese, impone anche a noi una rapida riconsiderazione delle nostre priorità.

In vista del prossimo Quadro finanziario pluriennale, che però parte solo dal 2028, ma più a scadenza ravvicinata dalla capacità degli Stati membri o da una coalizione di volenterosi di fare massa critica intorno alle iniziative promosse dalla Commissione europea nell’AI Continent Plan.

Sempre se aspiriamo a qualcosa di meglio del ruolo di alleati-vassalli che vorrebbe riservarci il piano americano.

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