Chi di noi, genitori di ogni età e grado, non ha mai desiderato — almeno per dieci minuti — quel raro e misterioso silenzio domestico, privo di richieste, notifiche umane o sonore, crisi sull’outfit del giorno, liti fraterne o lamentele di varia natura?
Magari avete ceduto alla tentazione: “Ecco il tablet, amore, guarda un cartone su Youtube così mamma e papà possono finalmente bere un caffè in pace…”.
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Dipendenza da schermo: che fare?
Nulla di tragico, capita anche ai migliori. E ammettiamolo: quei cinque minuti si sono trasformati in mezz’ora, poi in un’ora di quiete surreale in cui in casa regnava solo il bagliore blu dello schermo. Il problema? Adesso spegnere quel maledettissimo tablet.
Benvenuti nell’era della dipendenza da schermo. Non siete soli: ovunque, genitori stanchi accendono dispositivi sperando di spegnere i capricci, salvo poi accorgersi di aver acceso una piccola “droga digitale” in casa. E ad agosto, quando magari abbiamo più tempo da passare insieme in famiglia, questa dipendenza silenziosa diventa ancor più evidente: i bambini vogliono il tablet sotto l’ombrellone, il ragazzino di 12 anni non stacca gli occhi dallo smartphone nemmeno davanti al tramonto sul mare, e diciamolo, anche noi adulti sbirciamo le email di lavoro mentre dovremmo goderci il relax.
Che fare dunque? Bandire la tecnologia e trasferirci tutti in un eremo di montagna senza Wi-Fi? Oppure c’è una terza via più equilibrata per spegnere gli schermi e accendere il benessere digitale in famiglia?
La (vera) dipendenza da schermo: tra miti e realtà
Prima di tutto, chiariamo un punto: “dipendenza da schermo” non è solo un modo di dire drammatico. Gli esperti di neuropsichiatria ci avvertono che un uso eccessivo e incontrollato di smartphone e tablet può attivare nel cervello dei più giovani meccanismi simili a quelli delle dipendenze tradizionali. Sempre più studi stanno dimostrando che il circuito della dopamina [1]– lo stesso neurotrasmettitore legato alle sensazioni di piacere coinvolto nelle dipendenze da sostanze – entra in gioco anche con le ricompense digitali: notifiche, like, livelli di un videogioco sbloccati. In parole povere, ogni volta che nostro figlio fa “tap” sullo schermo e ottiene uno stimolo divertente, il suo cervello è come se ricevesse un piccolo premio, e ne vorrà sempre di più. Se vi sembra un film di fantascienza, pensate all’ultima volta che avete controllato compulsivamente WhatsApp, Instagram o Facebook… ecco, non colpevolizziamo troppo i ragazzi: siamo sulla stessa barca dopaminica!
Ma attenzione: demonizzare gli schermi come fossero il male assoluto non è la soluzione – su questo Jordan Shapiro ci insegna molto. Shapiro, esperto di pedagogia digitale, sottolinea che “la dicotomia è ridicola”: non ha senso contrapporre rigidamente la vita offline (alberi, giochi all’aperto) a quella online (schermi, videogiochi) come se fossero mondi incompatibili. I bambini possono (e devono) vivere una varietà di esperienze, digitali e non, trovando un equilibrio. In altre parole, non serve bandire del tutto la tecnologia, serve educare a usarla consapevolmente. La dipendenza dallo schermo spesso è sintomo di un malessere o di un vuoto: noia non gestita, mancanza di altre attività stimolanti, bisogno di attenzione o fuga da stress emotivi. Se attacchiamo solo lo strumento senza capirne le cause, rischiamo di curare il sintomo e non la malattia.
Detto ciò, la dipendenza da schermo in senso stretto esiste eccome e colpisce soprattutto gli adolescenti, ma inizia a gettare radici già da piccoli: “L’utilizzo sempre più precoce dei dispositivi tecnologici da parte dei bambini, soprattutto quando non condivisi con i genitori, pone le basi per instaurare… condizioni di dipendenza… con uso compulsivo e cronico” avverte un report pediatrico. E sapete qual è uno dei fattori di rischio maggiori? L’imitazione. I nostri figli ci osservano continuamente: se ci vedono incollati al telefono, tenderanno a fare lo stesso.
La probabilità che sviluppino dipendenza dallo schermo “aumenta sensibilmente quando i bambini imitano l’uso degli smartphone dei genitori”. In pratica: siamo noi i primi pusher di tecnologia ai nostri figli (fa male ammetterlo, lo so). Vi siete mai accorti di quella sottile ipocrisia per cui diciamo al bimbo “basta telefono” mentre noi per primi rispondiamo all’ennesimo messaggino di lavoro a tavola? I bambini lo notano eccome: capiscono che i grandi “stanno al telefono quando vogliono” e iniziano a pensare che diventare adulti significhi poter giocare a Angry Birds (o Roblox, nel 2025) tutto il giorno senza restrizioni. Ecco perché ogni tanto, per educare al silenzio digitale, dobbiamo partire da noi stessi.
Troppi schermi, pochi sogni: effetti reali sulla salute e sullo sviluppo
Ok, fin qui abbiamo scherzato (forse) e fatto auto-critica. Ma quali sono le evidenze scientifiche che dovrebbero spingerci a “staccare la spina” ogni tanto? Ce ne sono parecchie, e alcune fanno riflettere. Numerosi studi indicano che un eccesso di screen time ha un impatto negativo su vari aspetti della crescita: funzioni cognitive, benessere psicologico, performance scolastiche, oltre che sulla salute fisica. Ad esempio, una rassegna di ricerche recenti segnala che l’uso intensivo dello smartphone può influire sulle cosiddette funzioni esecutive (memoria operativa, attenzione, capacità di autocontrollo) nei bambini e adolescenti. Non è un caso se molti insegnanti si lamentano di studenti sempre più “distratti”: abituati alla stimolazione continua del digitale, fanno più fatica a mantenere la concentrazione su compiti noiosi.
Sul piano psicologico ed emotivo, l’abuso di schermi è stato collegato a maggior rischio di ansia e depressione giovanile. La Generation iGen (ragazzi nati dopo metà anni ’90) che è cresciuta con lo smartphone in mano mostra livelli più alti di insoddisfazione e fragilità emotiva in confronto alle generazioni precedenti. Certo, non diamo tutta la colpa ai telefoni – l’adolescenza è sempre un terremoto ormonale e identitario – ma l’onnipresenza di social media e notifiche non aiuta a trovare calma interiore. I pediatri poi ci mettono in guardia su effetti più concreti: troppe ore seduti davanti a TV, tablet e videogame significano meno attività fisica, e questo incide sul rischio obesità (in Italia già molto elevato tra i bambini). Già nel 2008 un’indagine nazionale (“OKkio alla SALUTE[2]”) rivelò che solo ~23% dei bambini italiani stava sotto le 2 ore al giorno di schermo, mentre circa metà superava le 3 ore e uno su tenere addirittura oltre 5 ore quotidiane davanti a TV o computer. Mezza giornata di bambino spesa immobile a fissare uno schermo – capite perché poi abbiamo piccoli zombie insonnoliti? Infatti l’uso serale di dispositivi è micidiale per il sonno: la luce blu degli schermi inibisce la melatonina e rende i bambini iper-svegli quando dovrebbero crollare. Non a caso, Pellai e Tamborini inseriscono l’interferenza col sonno tra i principali pericoli di uno smartphone dato troppo presto ai figli. E vogliamo parlare di vista e udito? Oftalmologi e otorini riportano un aumento di problemi visivi (miopie precoci) e uditivi nei giovani dovuti a ore su giochi elettronici e cuffiette ad alto volume. Insomma, “lo schermo è piccolo, ma i danni possono essere grandi”.
Attenzione però: elencare gli effetti negativi non significa alimentare il panico morale. Nessuno sta dicendo che se tuo figlio guarda i cartoni un’ora al giorno finirà in rovina. Il vero messaggio è: l’abuso di schermi, specie se non c’è controllo né qualità nei contenuti, può ostacolare una crescita sana. Ma allora, come fare? Bandire tutto e crescere piccoli eremiti analogici non è realistico (né desiderabile: viviamo pur sempre nel 2025, la competenza digitale è importante!). La chiave, dicono gli esperti, è dare regole chiare e buon esempio: in pratica impostare una “dieta digitale” equilibrata. La Società Italiana di Pediatria raccomanda zero schermi sotto i 2 anni, massimo 1 ora al giorno tra i 2 e i 5 anni (con contenuti di qualità e possibilmente condivisi con un adulto), e per i bambini dai 6 anni in su di stabilire limiti di tempo ben precisi, avendo cura che il tempo davanti allo schermo non tolga spazio ad altre attività essenziali come il gioco attivo, lo sport, lo studio e ovviamente il sonno. Inoltre, creare zone e momenti “media-free” in casa – ad esempio niente dispositivi a tavola, niente TV accesa durante i compiti, e niente smartphone almeno un’ora prima di dormire – può aiutare a disinnescare le abitudini malsane. Pensateci: se la cameretta dei bimbi rimane una “screen-free zone”, non avrete la tentazione di metterci la TV (incredibilmente, metà dei bambini italiani ne aveva una in camera già nel 2008!) e ridurrete il rischio di nottate in bianco a guardare YouTube di nascosto.
Il potere sottovalutato della noia (e del silenzio)
Arriviamo ora al cuore pedagogico della faccenda: perché dovremmo sforzarci di “educare al silenzio”, ovvero a stare senza schermi? Una risposta controintuitiva è: per riscoprire la noia. Sì, avete letto bene. Quella terribile frase “Mamma, mi annoio!” che di solito ci fa correre ai ripari (spesso porgendo un tablet come fosse una ciambella di salvataggio) in realtà andrebbe accolta con un sorriso zen. Studi psicologici recenti ci dicono che la noia è tutt’altro che inutile: è un innesco della creatività e dell’intraprendenza nei bambini. Se un bambino non ha nulla di strutturato da fare e nessuno schermo che gli bombarda il cervello di stimoli, all’inizio si lamenterà – certo – ma dopo un po’ inizierà a inventarsi qualcosa. Potrebbe tirar fuori i mattoncini Lego dimenticati, proporre un gioco di finzione, persino – udite udite – aprire un libro. Quando i bambini “devono trovare un modo per intrattenersi da soli, questo può aiutare a sviluppare creatività, indipendenza e immaginazione” spiega la psicologa Kate Eshleman. In fondo, pensate alla vostra infanzia (se siete abbastanza vintage da aver vissuto lunghi pomeriggi analogici): quanti giochi strampalati avete inventato con un niente? Quante capanne costruite con le coperte del letto nei momenti di noia? Ecco, diamo ai nostri figli la possibilità di fare lo stesso.
C’è anche un altro aspetto: imparare a tollerare la noia significa allenare la mente a non aver bisogno di una distrazione costante. Nella vita, anche da adulti, sapersi fermare in silenzio con i propri pensieri è fondamentale per la salute mentale. Al contrario, se ogni micro-secondo libero viene immediatamente riempito dallo scroll del telefono, rischiamo di crescere ragazzi incapaci di stare soli con sé stessi, sempre in fuga da qualcosa (anche solo dalla noia). Uno dei regali educativi più grandi che possiamo fare ai nostri figli è insegnare loro che va bene annoiarsi, anzi è desiderabile a tratti. La creatività di domani nasce dai momenti di quiete di oggi. E, dettaglio non trascurabile, la noia in famiglia può diventare tempo di qualità: perché invece di isolarsi ognuno dietro uno schermo, se tutti rinunciamo per un po’ ai device, magari finiremo con il tirare fuori il vecchio Monopoli o improvvisare una torta insieme. In altre parole, togliamo il rumore di fondo digitale e creiamo spazio per la connessione umana.
Naturalmente, passare da un estremo all’altro non è semplice. I primi minuti di “disintossicazione” saranno i più duri, sia per i bambini che per voi. Se siete abituati a tenere la TV accesa come sottofondo costante, il silenzio inizialmente vi sembrerà assordante. Resistete alla tentazione di riempirlo subito! Date tempo ai vostri figli di sprofondare un po’ nella noia: come una piscina fredda, all’inizio è scomoda, ma poi ci si abitua e si scopre che si può anche giocare nell’acqua non riscaldata. Un suggerimento utile della dottoressa Eshleman è di non sentirvi in colpa o responsabili di intrattenere sempre i bambini. Non siete degli animatori turistici, siete genitori: va benissimo organizzare qualche attività, ma va altrettanto bene dire “Inventati qualcosa, io intanto leggo un libro”. Anzi, questo modello insegna ai bimbi che anche gli adulti ogni tanto scelgono di fare attività tranquille, lente, come la lettura, invece di stare attaccati a uno schermo. E qui torniamo al ruolo cruciale del dare l’esempio. Se pretendiamo che nostro figlio non prenda il tablet quando è annoiato ma poi ci vede passare ogni secondo libero su Facebook, la nostra credibilità va a farsi benedire. Quindi, la prossima volta che volete imporre una giornata “offline” ai ragazzi, assicuratevi di essere disposti a praticare ciò che predicate: magari sfruttate quelle ore per riscoprire un hobby messo da parte, o semplicemente per guardarvi negli occhi e fare due chiacchiere in famiglia – all’inizio potrebbe sembrare strano, ma vedrete che vi ricorderete quanto è bello.
Consigli pratici per un detox digitale familiare
A questo punto, passiamo dalla teoria alla pratica. Come possiamo concretamente “staccare la spina” in famiglia, specialmente durante le vacanze estive? Ecco alcuni consigli, frutto di buonsenso, evidenze scientifiche e un pizzico di creatività pedagogica:
- Stabilite momenti fissi senza schermi: create un rituale quotidiano “schermo-OFF”. Ad esempio l’ora dei pasti è sacra: niente TV durante la cena e telefoni lontani dal tavolo. Oppure designate fasce orarie “digital free”, per esempio dalle 20:00 fino al mattino seguente. Sapere che c’è un confine chiaro aiuta tutti a rispettarlo (anche mamma e papà!).
- Create spazi della casa liberi da device: decidete che in camera da letto niente schermi – né dei bambini né vostri. Questo migliorerà il sonno di tutti e vi obbligherà a trovare routine diverse (un libro letto insieme prima di dormire, due chiacchiere sul letto… cose che non succedono se ognuno è isolato col proprio telefono).
- Proponete alternative divertenti: se togliamo lo schermo, dobbiamo accendere qualcos’altro. Organizzate piccole avventure familiari: una passeggiata in natura dove ognuno raccoglie qualcosa (foglie, sassolini) da mostrare agli altri, un picnic in giardino, una serata giochi da tavolo. All’inizio i figli storceranno il naso ma poi vedrete che si appassioneranno se anche voi vi mettete in gioco davvero.
- #ChallengeDigitalDetox: provate a lanciare una sfida di famiglia per il mese di agosto (o anche solo per una settimana): ogni membro deve scegliere una sera a settimana senza tecnologia per tutti. Lo trasformate in evento: “Il mercoledì del gioco in scatola” oppure “domenica, tutti in bici e telefoni a casa”. Segnate sul calendario e rispettate l’impegno come fosse un appuntamento importante. Alla fine del mese, premiatevi: fate una grigliata, un’escape room, un regalo o un’uscita speciale.
- Disconnettersi insieme aiuta: se i bambini percepiscono che non sono i soli a “patire” l’assenza di schermi, saranno più motivati. Quindi, niente “tu giochi fuori intanto che papà guarda Netflix”: piuttosto coinvolgetevi nelle stesse attività. In altre parole, create momenti di noia condivisa che possono trasformarsi in momenti di creatività condivisa. Se proprio dovete mandare una mail di lavoro, fatelo mentre i bimbi sono impegnati in qualcosa di autonomo (es. colorare) e poi tornate presenti. Far vedere ai figli che anche noi sappiamo farne a meno è la lezione più potente.
- Usate la tecnologia… per eliminarne l’abuso: sembra un paradosso, ma ci sono app e impostazioni che aiutano a limitare il tempo di utilizzo dei dispositivi (parental control, timer che bloccano certi contenuti dopo un tot). Potete coinvolgere i ragazzi più grandi nel decidere queste regole: “ok, due ore di videogame al giorno, poi scatta il blocco automatico”. Rende il limite meno negoziabile – non siete più voi “i cattivi” ma è il dispositivo stesso a dire stop. E per i piccoli, ricordatevi che la miglior app di controllo sono i genitori presenti: significa condividere con loro parte del tempo digitale (guardare insieme un cartone, giocare insieme a un videogioco educativo) e poi proporre qualcos’altro. Usare i media insieme ai figli – riducono paura e aggressività e aumentano l’apprendimento, come scoprì a suo tempo la Children’s Television Network con Sesame Street. Tradotto: se proprio c’è tempo di schermo, facciamo in modo che ogni tanto diventi tempo di relazione e dialogo, non un babysitter elettronico che isola.
Un ultimo consiglio bonus: affrontate questo “detox digitale” con ironia e positività, non come una punizione. Se dite ai ragazzi “Spegni subito che ti fa male!”, loro sentiranno solo il divieto. Se invece proponete “Facciamo una cosa pazza: stasera tutti senza telefoni, vediamo chi resiste di più!”, diventa quasi un gioco. Potreste persino tenere un tabellone dei “campioni di disconnessione” e inventare piccole ricompense non digitali (esempio: chi arriva a fine settimana avendo rispettato i tempi concordati si guadagna… colazione a letto servita da papà, oppure un bonus di mezz’ora in più di gioco all’aria aperta con la mamma). Insomma, metteteci creatività – dopotutto vogliamo insegnare ai nostri figli a essere creativi senza bisogno di uno schermo, no?
Il vero benessere digitale comincia col tasto “OFF”
In questo agosto (o qualunque sia il momento in cui leggete) proviamo tutti a fare un piccolo esperimento rivoluzionario: annoiamoci in famiglia. Stacchiamo la spina, letteralmente: lasciamo che le batterie dei tablet si scarichino mentre ricarichiamo le nostre batterie emotive di famiglia. Riscopriamo il piacere di quella chiacchierata dopo cena in cui nessuno ha in mano il telefono, di quel pomeriggio lento dove i bambini dipingono con gli acquerelli e i genitori finalmente leggono quel romanzo lasciato a metà. All’inizio potrà sembrare strano, quasi troppo silenzioso. Ma pian piano quel silenzio si riempirà di risate, di idee buffe, di sguardi. È il segnale che stiamo passando da un’connessione wifi a una connessione umana. E alla fine, quando settembre tornerà con la sua routine e inevitabilmente riaccenderemo gli schermi per mille ragioni, avremo costruito qualcosa di importante: la consapevolezza che si può vivere bene anche senza refresh continui, che la tecnologia è un magnifico strumento ma non deve diventare il padrone di casa.
Educare al silenzio digitale non significa essere anti-tecnologici, significa insegnare ai nostri figli (e ricordare a noi stessi) che possiamo scegliere di disconnetterci per riconnetterci con quello che conta davvero: la famiglia, la creatività, il tempo presente. Il vero benessere digitale parte da un gesto semplice e potentissimo: premere “OFF” ogni tanto. Buona noia a tutti, e buon agosto “unplugged”!
Bibliografia
- Anna Lembke, L’era della dopamina. Come mantenere l’equilibrio nella società del “tutto e subito”, ROI Edizioni, 2022.
- Veronica Barassi, I figli dell’algoritmo. Sorvegliati, tracciati, profilati dalla nascita, Luiss University Press, 2021.
- Alberto Pellai & Barbara Tamborini, Vietato ai minori di 14 anni: sai davvero quando è il momento giusto per dare lo smartphone ai tuoi figli?, De Agostini, 2021.
- Tanya Goodin, Digital detox per tutta la famiglia. Guida pratica per un uso consapevole di TV, smartphone e computer, Gribaudo, 2019.
- Cal Newport, Minimalismo digitale. Rimettere a fuoco la propria vita in un mondo pieno di distrazioni, ROI Edizioni, 2019.
- Jordan Shapiro, Il metodo per crescere i bambini in un mondo digitale, Newton Compton, 2019.
- Jean M. Twenge, Iperconnessi (trad. italiana di iGen), Einaudi, 2018.
- Catherine Price, Come disintossicarti dal tuo cellulare. Programma detox in 4 settimane, Mondadori, 2018.
- Sherry Turkle, Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, Codice Edizioni, 2012.
- Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi? Come la Rete sta cambiando il nostro cervello, Raffaello Cortina, 2011.
[1] Anna Lembke, L’era della dopamina. Come mantenere l’equilibrio nella società del “tutto e subito”, ROI Edizioni, 2022
[2] Che cos’è OKkio alla Salute? OKkio alla Salute è un progetto nazionale che attraverso un sistema di indagini capillari indaga le abitudini, i fattori di rischio e lo stato ponderale dei bambini delle scuole primarie (classi terze). Il campionamento viene effettuato dall’Istituto Superiore di Sanità a livello di Asl. https://www.epicentro.iss.it/okkioallasalute/










