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AI, la causa Anthropic è uno smacco per il diritto d’autore e l’UE



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Anthropic ha transato, in una causa americana, per l’uso di opere pirata per il training dell’AI Claude. Adesso anche altre cause verranno transate e tutto il materiale pirata rimarrà ai gestori dei modelli di AI. Un brutto colpo per i titolari di diritto d’autore e per l’Europa, che ancora ci crede, in isolata minoranza

Pubblicato il 27 ago 2025

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



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E’ molto significativa la notizia di questi giorni secondo cui Anthropic ha transato, in una causa americana, per l’uso di opere pirata per il training dell’AI Claude.

Non si conoscono i termini dell’accordo, ma negli atti della causa, che abbiamo letto, si chiede il rinvio delle udienze sia di fronte allo US District che al Nono Circuito in appello. Adesso anche altre cause verranno transate e tutto il materiale pirata rimarrà ai gestori dei modelli di AI. Un brutto scacco non solo per il diritto d’autore ma anche per l’Europa, che, in crescente minoranza geopolitica, continua a sostenere valori come la privacy e sulla legittima provenienza dei materiali utilizzati per addestrare i modelli di AI.

Per capire la rilevanza di quanto sta avvenendo dobbiamo partire da un documento: il comunicato-stampa divulgato dal Senatore Repubblicano del Missouri, Josh Hawley[1], il 16 luglio 2025 in occasione di una riunione della sottocommissione Giustizia da lui presieduta.

Il training dell’AI ha sdoganato la pirateria

Si incentra sul pericolo costituito dagli atti di violazione dei contenuti protetti da diritto d’autore compiuti da alcune imprese del settore Big Tech statunitensi per alimentare i modelli di intelligenza artificiale (IA) delle loro aziende[2].

Seppure il rimprovero più severo, fatto in tale contesto politico dal Sen. Hawley, riguardi l’operato del gruppo Meta, i dati che emergono dagli atti giudiziari di altre cause, provano che esistano anche altri gestori di sistemi di IA, i quali – ai fini dell’addestramento dei loro Foundation Models – hanno fatto un uso spregiudicato di fonti che, per le leggi vigenti negli U.S.A., sono da considerare vietate.

Si tratta di un problema, quello trattato dal Repubblicano Josh Hawley, che ripropone una delle principali preoccupazioni del governo degli Stati Uniti, il quale ne ha fatto da decenni un obiettivo primario della propria politica interna ed estera, quello della lotta alla pirateria delle opere dell’ingegno.[3]

In Italia, la presenza della pirateria, quella audiovisiva in particolare, ha generato per anni gravose perdite all’intero comparto delle imprese di produzione e di distribuzione delle opere tutelate[4].

Nonostante gli sforzi condotti dalle istituzioni per combattere questo crimine e per quanto l’evoluzione tecnologica abbia portato, da un lato, a un mutamento progressivo della fruizione dei contenuti[5] e, dall’altro, all’adozione di misure tecnologiche di protezione delle opere, tutto ciò non risulta sufficiente per sradicare un illecito che è, per una sua parte significativa, riconducibile alle organizzazioni criminali, come certificato nel nostro Paese, oltre che dai rapporti della DDA (“Direzione Distrettuale Antimafia”), anche dalle stesse sentenze della Corte di cassazione[6].

Se, quindi, il contrasto alle violazioni del diritto d’autore è un obiettivo centrale del Governo statunitense, le preoccupazioni del Senatore Hawley, sostenute dalle testimonianze degli autori di opere creative che hanno reso le loro deposizioni di fronte alla Commissione, sono ulteriormente aggravate dai dati che emergono dai procedimenti civili in corso negli U.S.A. nei confronti dei gestori dei sistemi di intelligenza artificiale.

La causa su Anthropic

In tal senso, va ricordato che, in data 17 luglio 2025, nella causa avviata da alcuni autori, capeggiati dallo scrittore Andrea Bartz, nei confronti di Anthropic PCB, di cui abbiamo dato notizia su questa testata,[7] il giudice del Northern District of California, ha emesso un “Order on Class Certification” con il quale ha affermato che la convenuta ha commesso violazioni del diritto d’autore “ponendo in essere il downloading di milioni di opere con lo stile di Napster[8].

Lo stesso giudice ha stabilito che Anthropic avrebbe scaricato, nell’anno 2021, 196.640 copie di libri da una biblioteca pirata denominata “Book3” e nel mese di giugno 2021 avrebbe utilizzato il protocollo “Bit Torrent” per copiare attraverso il peer-to-peer un’altra biblioteca pirata, la “Library Genesis”, più nota come LibGen, da cui l’azienda di San Francisco avrebbe incamerato circa cinque milioni di copie di opere protette.

Nel mese di luglio dell’anno 2022, Anthropic avrebbe aggiunto altri due milioni di opere letterarie provenienti da un sito “specchio” della biblioteca on-line “Z-Library”, cioè da una copia della stessa ospitata da un diverso server, denominato “Pirate Library Mirror” o PiLiMi.

Questi siti web pirata, che offrono l’accesso a milioni di opere letterarie e di articoli di giornali e di altre pubblicazioni, ha osservato il giudice William Alsup, rappresentano fonti illegali che non potrebbero essere utilizzate ai fini dell’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale[9].

Gli argomenti che afferiscono al tema delle fonti del materiale protetto che viene utilizzato dalle imprese che cavalcano, senza accordi o alleanze con i titolari dei diritti, l’evoluzione tecnologica, conducono a riflessioni che coinvolgono tesi già ampiamente disattese dalla giurisprudenza dell’Unione Europea e anche italiana: tra queste vi è l’affermazione di taluni secondo cui vi sarebbe un sorta di “diritto” di offrire al pubblico la libera conoscenza dei contenuti attraverso piattaforme digitali che consentano lo scambio abusivo di opere tutelate.

Tali illazioni, anche ove fossero genuinamente motivate da altruismo e non fossero dovute alla precipua finalità di non corrispondere quanto dovuto per i diritti altrui, cozzano contro i principi vigenti nell’ordinamento giuridico comunitario e nel nostro paese, i cui legislatori hanno posto al centro del proprio dettato prescrittivo la “salvaguardia di un elevato livello di protezione del diritto d’autore per lo sviluppo della creatività degli autori, degli interpreti-esecutori, dei produttori e dei consumatori, nonché della cultura, dell’industria e del pubblico in generale[10].”

Risulta invero pacifico, in base a una linea di giurisprudenza comunitaria europea e interna italiana costante, che la libertà di espressione e di accesso alla conoscenza non può sacrificare i diritti di proprietà intellettuale[11]: anche il diritto di manifestazione del pensiero deve potere essere limitato ove esso confligga con i principi che l’ordinamento giuridico consideri di pari valore[12].

Riprendendo il fil-rouge della pirateria che ha alimentato alcuni sistemi di intelligenza artificiale attualmente in uso a livello globale, non sembra ragionevole pensare che, qualora nell’interpretazione giudiziaria statunitense si consolidasse l’applicazione della dottrina del fair-use per i modelli di IA che utilizzano dataset formati da opere tutelate la cui provenienza sia illecita, si possano superare le regole che presiedono al diritto di proprietà intellettuale e le norme sul diritto d’autore, di cui gli Stati Uniti sono stati sempre gelosi custodi e sui quali ancora oggi maturano un ingente giro d’affari.

Perché la transazioni Anthropic è un “liberi tutti” per la pirateria AI

Di tal guisa, si può ritenere sin d’ora probabile che talune delle cause pendenti in materia di opere protette dal diritto d’autore utilizzate per addestrare i modelli di intelligenza artificiale debbano essere portate all’esame della Corte Suprema statunitense per ottenere indicazioni precise su ciò che è lecito e ciò che non lo è.

Questo esame di fronte al giudice di ultima istanza dovrebbe riguardare, ove venisse accolta dalla Corte Suprema la domanda di certiorari[13], non solo l’origine lecita o illecita dei contenuti incamerati ma anche circa i limiti del fair-use, per la cui applicazione non potranno essere trascurati i dettati della sentenza “Warhol” il principale arresto che ha posto le basi per l’applicazione dell’uso trasformativo delle opere protette[14].

Nel mentre le controversie che vedono coinvolti i titolari dei diritti e le Big Tech si sviluppano attraverso strategie processuali opposte fra le parti, le quali cercano di massimizzare a proprio vantaggio i principi enucleati dalle due decisioni interinali di cui vi è contezza, i tribunali statunitensi assumono decisioni su ulteriori aspetti peculiari delle molte controversie pendenti sulla materia del diritto d’autore e dell’intelligenza artificiale.

Evoluzioni nel senso sopra indicato emergono dalla causa in discussione di fronte alla Corte del Southern District di New York, ove essa era stata radicata nel mese di settembre 2023 dall’Authors’ Guild of America e da alcuni autori (fra cui David Baldacci) contro OPEN AI e Microsoft.

Anche in questa vicenda gli autori e la loro associazione più rappresentativa lamentano la violazione dei diritti d’autore sulle loro opere che sarebbero state copiate per addestrare Chat GPT attraverso un furto massivo dei relativi contenuti.

Nell’ambito di questo procedimento, il 14 luglio 2025, con due separate memorie depositate in atti, Open AI e Microsoft hanno chiesto al giudice di rigettare in toto le domande nuove contenute nel Consolidated Class Complaint presentato dai ricorrenti ad integrazione del precedente atto introduttivo.

Osservano infatti i convenuti che le domande nuove formulate in giudizio, come pure le ulteriori violazioni contestate, eccedono i limiti imposti dal giudice, il quale avrebbe autorizzato solamente l’integrazione delle rivendicazioni degli attori in riferimento agli specifici modelli di IA verso ai quali i ricorrenti avevano agito inizialmente in giudizio.

Introducendo fatti precedentemente non sollevati, estendendo le rivendicazioni ad ulteriori modelli di IA e formulando domande nuove, gli attori starebbero quindi dilatando la durata del processo tanto da rendere necessario lo svolgimento di nuove consulenze tecniche d’ufficio.

Secondo quanto asseriscono le difese dei convenuti, gli autori avrebbero inizialmente mosso alle controparti contestazioni incentrate sulla violazione delle loro opere nella fase del loro input nei modelli di IA indicati in ricorso, limitandosi a tale rivendicazione, mentre ora gli stessi avrebbero formulato istanze volte a dimostrare che le violazioni commesse da Open AI non consistono solo all’immissione dei file nel dataset dei foundation models, ma affermano che pure l’output dato ai prompt dimostrerebbe che essi violano i loro diritti d’autore.

Di conseguenza, vi sarebbe un’inosservanza delle regole che vietano l’ultra petitum, fatto che comprometterebbe anche una rapida decisione della Corte sull’eccezione di fair-use fatta valere dalla difesa delle parti resistenti.

Questo specifico argomento mette in luce il ragionamento fatto dai legali dei convenuti, i quali sono ben consapevoli che – alla luce del Summary Judgment reso nella causa Kadrey v. Meta – la fase di input dei contenuti protetti rientrerebbe nell’uso trasformativo lecito attuato da parte dei gestori dei sistemi di IA, dovendosi opinare diversamente nel caso in cui l’output dimostrasse che vi è un “rigurgito” o una presenza di contenuti simili agli originali in grado di concorrere con lo sfruttamento delle opere letterarie originali in base al quarto fattore di giudizio applicato dai giudici sulla sussistenza o meno del fair-use.

Invero, a chiusura del Memorandum of Law in Support of Open AI, i convenuti sollevano proprio la questione della substantial similarity fra le opere in entrata ed in uscita dai modelli di IA, quale condizione per la potenziale sussistenza di un utilizzo trasformativo illecito delle opere altrui in seno ai modelli in questione.

Ha scritto in proposito la difesa di Open AI negli atti della causa avviata dall’Authors’ Guild of America: “I tribunali hanno rigettato domande che presentino deficienze simili (a quelle evidenziate dagli autori ricorrenti) in altri casi che riguardano l’intelligenza artificiale generativa”, soggiungendo che nel caso Kadrey v. Meta[15] i ricorrenti avevano asserito che ogni output dei modelli di intelligenza artificiale avrebbe dovuto essere considerato alla stregua di una violazione – diretta o vicaria – dei diritti d’autore, mentre il giudice nella sua decisione interlocutoria ha notato che il ricorso presentato dagli autori non conteneva alcuna evidenza dei contenuti degli output derivanti dai modelli di intelligenza artificiale, neppure una prova da cui si potesse desumere che vi fosse stata una modifica, una trasformazione o un adattamento dei libri degli autori che hanno agito in giudizio.

Alla luce di questi fatti, si comincia quindi a delineare uno scenario più nitido di quelli che sono i temi centrali dei contenziosi presenti e futuri – almeno finché non si giunga quantomeno ad una sentenza di appello – nei rapporti fra titolari dei diritti e sviluppatori dei modelli di intelligenza artificiale, avuto riguardo alla difesa del diritto d’autore.

I primi, per fare valere efficacemente i propri diritti di fronte ai giudici, dovranno portare in causa evidenze che non siano circoscritte all’acquisizione fatta dalle controparti dei contenuti di loro proprietà, ma dovranno corroborare gli atti con evidenze di sostanziale somiglianza[16] fra le opere utilizzate per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale e l’output che ne deriva dai modelli, in maniera tale che non vi siano dubbi su una almeno potenziale concorrenza fra il contenuto originale e quello trasformato.

I secondi, cioè i gestori dei Foundation Models, dovranno pervenire alla decisione di non utilizzare senza licenza i dataset fatti di opere protette, evitando in ogni caso di alimentare i loro algoritmi con materiale pirata.

Queste nitide prescrizioni derivanti dall’esame comparato delle decisioni emesse dai giudici nel corso delle cause Andrea Barz c. Anthropic PCB e in quella Kadrey v. Meta, fra le molte cause tuttora pendenti negli U.S.A. in materia di intelligenza artificiale e di diritto d’autore,trovano i loro primi riflessi nella notizia diffusa il 26 agosto 2025 con cui si annuncia che Anthropic AI e gli autori ricorrenti hanno raggiunto un accordo transattivo a definizione del loro contenzioso[17].

Dagli atti emerge che le parti, in data 19 agosto 2025 e nei giorni successivi, hanno svolto una mediazione volontaria in buona fede, avvalendosi di un mediator di reciproca fiducia, e che esse intendono siglare un accordo transattivo in forma estesa che rifletta gli intendimenti raggiunti entro il 3 settembre 2025, per poi dare atto di tale accordo stragiudiziale in corso di causa, facendone istanza alla Corte nella settimana dell’8 settembre 2025.

Che succede ora

L’importanza di questo accordo è rilevante non solo per le parti in causa, ma anche per il prosieguo degli altri giudizi pendenti in quanto, pur non rappresentando esso un precedente vincolante, limitando i propri effetti al caso di specie, il medesimo potrebbe indurre altri contendenti a definire le proprie pretese su basi analoghe, ad esempio riconoscendo che le opere tutelate dei ricorrenti siano state oggetto di un uso trasformativo legittimo (fair-use), aggiungendo che le stesse erano state acquisite ed inserite nei dataset in modo illecito dai gestori dei modelli di intelligenza artificiale.

Se questa ipotesi fosse realistica, oltre a trovare sempre maggiore spazio l’applicazione della dottrina del fair-use con non pochi riflessi sulle posizioni dei titolari dei diritti che pretendono – almeno in seno all’Unione Europea – la tutela delle loro opere utilizzate nei modelli di IA stabilita dalle norme dell’AI Act[18], si potrebbe profilare il rischio di legittimare i grandi dataset delle Big Tech che riproducono milioni di contenuti tratti da fonti non certificate, danneggiando in tal modo anche i soggetti terzi alle cause transatte.

A tali enti estranei ai giudizi definiti in via transattiva non rimarrebbe altra strada, per impedire l’utilizzo abusivo delle loro opere, che un’ardua e complessa azione giudiziaria munita di prove di difficile, se non impossibile, collazione.

Su questa materia la presa di posizione della Casa Bianca è di palmare evidenza: il dominio statunitense nel settore deve essere preservato e non possono essere frapposti ostacoli al suo consolidamento[19].

Note


[1] La biografia sintetica dell’avvocato ed ex procuratore federale Josh Hawley si può leggere qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Josh_Hawley

[2] Il Sen. Hawley ha affermato, fra l’altro: “L’udienza di oggi riguarda il più grande furto di proprietà intellettuale nella storia americana… Le aziende di IA stanno addestrando i loro modelli su materiale rubato, punto e basta… E non stiamo parlando di aziende che si limitano a scandagliare Internet alla ricerca di ciò che è pubblicamente disponibile. Stiamo parlando di pirateria“.

[3] La tutela della proprietà intellettuale nei rapporti con gli Stati terzi è affidata a livello governativo negli Stati Uniti allo U.S.T.R. (United State Trade Representative), l’ufficio che monitora a livello globale la conformità, da parte degli stati firmatari che siano partner commerciali degli Stati Uniti, del loro comportamento agli Accordi TRIPs (Trade Related Intellectual Property Rights) approvati, a seguito dell’Uruguay Round, a Marrakech in Marocco il 15 aprile 1994 (Qui il testo: 1994https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/27-trips_01_e.htm).

Detto Ufficio si occupa di redigere un rapporto annuale, denominato “Special 301”, in cui ciascuno Stato che ha rapporti commerciali con gli Stati Uniti d’America viene classificato in base al proprio livello di compliance alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale che abbia effetti negativi o positivi sul commercio internazionale con gli U.S.A.

Con l’emissione del Rapporto globale viene chiesto a ciascuno Stato di porre rimedio entro termini prestabiliti ad eventuali violazioni persistenti alle norme di tutela dei suddetti diritti.

Le finalità della “Special 301” sono illustrate qui: https://ustr.gov/issue-areas/intellectual-property/special-301

Circa la posizione di Italia e Stati Uniti nella rigorosa tutela dei diritti d’autore si può leggere questo contributo: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/pirateria-digitale-italia-e-usa-uniti-nella-guerra-allo-streaming-illegale/

[4] La pirateria dei film inizia nelle sale cinematografiche e porta ad effetti perniciosi per l’intero comparto. Da questo brano si possono comprendere le modalità e gli effetti delle violazioni commesse in tale ambito: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/film-pirata-nuove-regole-contro-il-camcording-ma-ancora-non-basta/

[5] La “pirateria”, per effetto della digitalizzazione dei contenuti, colpisce attualmente qualsiasi forma espressiva conosciuta: possiamo dire che essa è contraddistinta da ogni sfruttamento di un’opera tutelata effettuato a scopo di lucro o di profitto, da parte di chiunque non sia titolare dei diritti sulla stessa o non abbia ottenuto espressamente e legittimamente il consenso a tale utilizzazione. Si tratta di un crimine in costante evoluzione, legato indissolubilmente agli incessanti sviluppi del settore tecnologico, dell’entertainment, dei media e della comunicazione in generale. Una definizione di “pirateria” è offerta dagli articoli 144 – 146 del C.P.I. (D. lgs. 30/2005), secondo cui essa si risolverebbe in un atto “sistematico” realizzato “deliberatamente” tramite la contraffazione o l’usurpazione dei diritti di proprietà industriale: tale definizione non convince in quanto anche un singolo atto di violazione dei diritti altrui può configurare un atto di pirateria, come rilevato dai giudici sia italiani che statunitensi, non essendo necessaria la sistematicità del comportamento.

[6] Si ricorda in proposito la sentenza della Corte di cassazione penale n. 55009 del 18 luglio 2018, la quale, nel confermare la decisione della Corte di Appello di Napoli, ha posto fine a una fra le più pericolose attività della camorra, per la commissione dei reati di cui all’art. 171-ter Legge Autore in concorso con l’art. 416 del C.P.

[7] La sintesi del contenuto della controversia si trova in questi brani:

[8] Il richiamo, chiaramente evocativo, fatto dal magistrato statunitense ci riporta al sistema di scambio abusivo dei contenuti che fu oggetto di una nota sentenza del Nono Circuito delle U.S. Court of Appeals statunitense, la quale pose fine alle violazioni dei diritti sulle opere protette che venivano messe a disposizione del pubblico attraverso l’omonima piattaforma centralizzata, che creava il collegamento fra il nodo centrale e un numero indeterminato di PC che svolgevano la funzione di nodi (“peer”, appunto) per la condivisione di file tramite la loro immissione in rete (“upload”) e il loro scaricamento (“download”). Qui la decisione in commento: https://law.justia.com/cases/federal/appellate-courts/F3/239/1004/636120/

[9] Il sito web Z-Library, che offriva oltre 10 milioni di e-Book pirata, è stato sequestrato il 4 novembre 2022 dal Federal Bureau of Investigation statunitense. Tale biblioteca illegale era stata lanciata nell’anno 2009, godendo di circa quattro milioni di visitatori, secondo le stime dall’Authors’ Guild of America.

Il sito web LibGen – sviluppato da individui di origine russa al pari degli amministratori di Z-Library i quali ultimi sono stati pure arrestati in Argentina e giudicati dal tribunale di New York – è stato oggetto di una serie di azioni legali avviate dagli editori per farne cessare l’attività. Nel mese di dicembre 2024, la maggiore parte dei nomi di dominio gestiti da Library Genesis sono stati sequestrati o disabilitati a seguito di un’azione legale condotta negli Stati Uniti da un gruppo di editori guidati da Pearson Education.

[10] Le Direttive Infosoc e DSM emanate in tempi successivi ma distanti fra loro dall’Unione Europea (si tratta rispettivamente della Direttiva 2001/29/CE e di quella EU/790/2019) hanno confermato nei loro “considerando” e nella parte dispositiva del testo il fatto che la protezione dei diritti d’autore rappresenta un punto di riferimento per il legislatore dei paesi membri. Anche il legislatore italiano ha ribadito tali concetti, sia attraverso un’adeguata implementazione di tali principi in seno alla Legge 633/1941 che nelle norme del TUSMA (Testo Unico dei Media Audiovisivi) e in quelle regolamentari dell’Ag.Com. in materia.

Il tribunale di Milano (Sentenza n. 7066/2022 del 12 settembre 2022, Sezione Specializzata Imprese, presidente Cons. Claudio Marangoni), in un caso che molto ricorda le fattispecie dello scaricamento illecito delle opere librarie ricordate dal giudice Alsup nel caso Bartz et al v. Anthropic, ha accertato, da parte del gestore della piattaforma di file-sharing oggetto della causa, la violazione degli articoli 16 e 78-ter, lett. d) LDA, oltre che il concorso nella violazione di cui agli articoli 13 e 78-ter, lett. a) della stessa Legge Autore, ordinando la rimozione, dalla piattaforma in questione, dei file torrent e delle schede bibliografiche relativi alle opere pubblicate dagli editori, produttori e distributori in giudizio, con inibitoria all’ulteriore ripetizione dell’illecito e con l’applicazione di una penale per ogni inadempimento dell’ordine impartito, oltre al riconoscimento del risarcimento del danno ai titolari dei diritti da liquidarsi in separato giudizio.

[11] Sul tema si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 24 novembre 2011, nel caso C-70/10, Scarlet Extended SA c. SABAM, in cui la CGUE ha implicitamente stabilito che i diritti di proprietà intellettuale, seppure non assoluti, debbano trovare un bilanciamento con gli altri diritti primari dell’individuo, incluso quello alla libertà di pensiero e di conoscenza. Si riporta un passaggio significativo della decisione: “Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dall’art. 17, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (…), non può desumersi né da tale disposizione né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto. Come emerge, infatti, dai punti 62 – 68 della sentenza 29 gennaio 2008, causa C 275/06, Promusicae (Racc. pag. I 271), la tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui fanno parte i diritti di proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali”.

[12] Si ricorda in proposito la sentenza della Corte di cassazione Penale N. 37581 del 3 ottobre 2008 in cui si legge, fra l’altro: “(…) Il principio costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero, di cui all’art. 21 Cost., non ha valore assoluto, ma deve essere coordinato con altri valori costituzionali di pari rango. In particolare, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero incontra il limite derivante dall’art. 3 Cost. che consacra solennemente la pari dignità e la eguaglianza di tutte le persone senza discriminazioni di razza, e in tal modo legittima ogni legge ordinaria che vieti e sanzioni anche penalmente, nel rispetto dei principi di tipicità e di offensività, la diffusione e la propaganda di teorie antirazziste, basate sulla superiorità di una razza e giustificatrici dell’odio e della discriminazione razziale”.

Segnaliamo sul punto il seguente articolo che affronta con maggiore profondità lo stesso tema.

Odio online, basta impunità: servono nuove norme e responsabilità collettiva

[13] La richiesta alla Corte Suprema di emettere una decisione su un punto di diritto di grande rilevanza e complessità per una causa decisa in gradi di appello avviene attraverso la consegna dei fascicoli di causa per consentire alla Corte Suprema, ove essa giudichi la questione di grande rilevanza, di riesaminare la decisione della corte inferiore. L’acquisizione degli atti da parte della Corte Suprema avviene per il tramite dell’emissione di un “Grant for Certiorari” sulla base del voto favorevole di almeno quattro dei suoi nove giudici (denominati “Justice”).

[14] L’argomento viene tratteggiato in questo articolo di Agenda Digitale: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/fair-use-diritto-dautore-e-ia-gli-effetti-della-sentenza-warhol-goldsmith/

[15] Di questa controversia vi è una sintesi nel presente articolo in nota N. 7

[16] Sul significato giuridico di questo termine si può leggere questo articolo: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/diritto-dautore-il-caso-apple-gregorini-e-la-complessa-analisi-giuridica-plagio/

[17] Con un atto depositato il 26 agosto 2025, i legali di Anthropic PCB hanno chiesto di sospendere l’esame dell’appello interlocutorio dalla stessa presentato ai giudici del Ninth Circuit nei confronti del capo della decisione del giudice Alsup circa le violazioni dei diritti d’autore alla stessa da questo ascritti. Ciò è avvenuto a mezzo di una “Consent Motion to Hold Appeal, Including All Pending Motions, In Abeyance”.

Lo stesso incombente è stato eseguito dagli autori ricorrenti, i quali, per il tramite dei loro avvocati, ad uno con quelli della controparte, hanno chiesto al giudice del Southern District della California (lo stesso William H. Alsup) ove era pendente il giudizio interinale, di sospendere il procedimento, depositando a tale scopo una “Notice of Settlement, Joint Stipulation For Stay, and [Proposed] Order”.

[18] Sul punto si può leggere questo contributo: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/codice-gpai-come-leuropa-tutela-il-copyright-nellera-dellia/

[19] Questo il documento pubblicato il 23 gennaio 2025 dal Presidente Donald J. Trump in cui si esplicita che la riduzione degli oneri imposti per legge agli sviluppatori di sistemi di IA è necessaria, ponendosi tale principio in netto contrasto con l’approccio dell’UE: https://www.whitehouse.gov/presidential-actions/2025/01/removing-barriers-to-american-leadership-in-artificial-intelligence/

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