orientamento precoce

Italia senza specialisti ICT: la partita comincia alle elementari



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Nei prossimi cinque anni le imprese italiane avranno bisogno di milioni di diplomati e laureati tecnici. Senza un orientamento precoce il divario tra domanda e offerta di competenze rischia di ampliarsi, con effetti pesanti su lavoro e competitività

Pubblicato il 7 ott 2025

Rossella Rizzatto

Dirigente Scolastico Liceo Artistico "G. Sello" di Udine Coordinatore I.T.S. Academy Istituto Tecnico Superiore Legno e Arredo navale e nautico – Sostenibilità del prodotto, eco design di Udine



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Nei prossimi cinque anni le imprese italiane saranno alla ricerca di un vero e proprio esercito di competenze: tra i 2,3 e i 2,6 milioni di laureati e diplomati tecnici, con particolare attenzione ai settori scientifici, tecnologici, digitali e green. Lo rivela l’ultimo rapporto elaborato dal Sistema informativo Excelsior, che fotografa la domanda di lavoro del quinquennio 2025–2029.

Il fabbisogno di competenze tecniche del quinquennio 2025-2029

Un fabbisogno imponente, che non è affatto semplice da soddisfare. L’Italia, infatti, continua a scontare un mismatch strutturale tra domanda e offerta di lavoro: mancano giovani con background tecnico-scientifico, mentre continuano a crescere le iscrizioni a percorsi che non dialogano con le esigenze produttive del Paese.

Dove mancano i profili? I numeri parlano chiaro, ogni anno si registrerà un deficit tra:

9.000 e 18.000 laureati STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), con particolare scarsità in ingegneria, fisica, matematica e informatica;

12.000 e 17.000 laureati in discipline economico-statistiche, figure cruciali per l’analisi dei dati e la gestione dei processi aziendali;

6.000 e 32.000 diplomati tecnici nei settori meccanico, meccatronico, energia, marketing, edilizia e logistica;

oltre 50.000 qualificati professionali IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) all’anno, con un’offerta che coprirà soltanto metà della domanda.

A ciò si aggiunge la richiesta di 2,4 milioni di lavoratori con competenze green e 2,2 milioni con skill digitali avanzate. Una rivoluzione, quella digitale ed ecologica, che procede molto più velocemente della capacità del sistema educativo di formare figure adeguate.

Quando iniziare davvero l’orientamento scolastico

Il dibattito pubblico si concentra sempre sulla riforma dei percorsi universitari o sulla necessità di rafforzare gli ITS Academy che sono certamente temi centrali, ma non risolutivi se non ci si decide ad affrontare il problema a monte e, cioè, quando e come avviare l’orientamento scolastico.

L’Italia tende a collocare l’orientamento solo in prossimità delle scelte “cruciali”: alla fine della scuola media o nel passaggio all’università, limitandosi, ancor oggi, a considerare solo marginalmente i percorsi post-diploma. Alla fine della scuola secondaria superiore molte inclinazioni sono già consolidate, spesso, senza essere state osservate o valorizzate. Infatti, molti studenti scelgono i licei o i corsi universitari “per esclusione”, senza una reale consapevolezza delle proprie attitudini.

Educazione alla scoperta fin dalla scuola primaria

Gli esperti, invece, i sottolineano la necessità di anticipare il percorso di orientamento fin dalla scuola primaria. Non significa chiedere a un bambino di dieci anni di decidere se vorrà fare l’ingegnere o il tecnico informatico, ma offrirgli contesti e stimoli che gli permettano di scoprire sé stesso frequentando i laboratori scientifici, le attività creative, addestrando all’educazione digitale e al lavoro di squadra.

Perché poter partire dalle scuole primarie significa poter coltivare fin da subito la curiosità come risorsa. Un bambino che sperimenta la robotica educativa, il coding o il problem solving matematico, potrà sviluppare una naturale inclinazione verso le discipline STEM.

Allo stesso modo, le attività di progettazione pratica, le esperienze artigianali o quelle cooperative, potranno stimolare sia le attitudini tecniche sia quelle professionali che, se intercettate per tempo, veicoleranno gli alunni a scelte scolastiche più coerenti.

Orientamento precoce come antidoto alla dispersione scolastica

L’orientamento precoce è anche un forte antidoto alla dispersione scolastica poiché chi trova un senso nello studio e intravede un legame tra ciò che impara e il proprio futuro sarà molto più motivato a proseguire negli studi. Non è, infatti, un caso che nei Paesi del Nord Europa dove i programmi di educazione alla carriera partono già dalle classi della scuola primaria, i tassi di abbandono siano inferiori alla media europea.

Competenze effettive oltre i titoli sulla carta

Il fabbisogno di 2,3 milioni di diplomati e laureati tecnici non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità. Le imprese (di ogni settore) non cercano un titolo sulla carta, ma competenze effettive, chiedono di saper utilizzare gli strumenti digitali, di saper leggere i dati complessi, di adottare pratiche sostenibili nei processi produttivi, praticamente di poter colmare il divario tra la domanda e l’offerta.

Se l’orientamento parte tardi, ci si trova alla presenza di giovani che arrivano all’università o agli ITS Academy senza aver mai sperimentato davvero cosa significhi lavorare con la matematica, la tecnologia, la programmazione e, di conseguenza, giovani che scelgono percorsi poco adatti, abbandonandoli in corsa o approdando al mercato del lavoro senza le competenze richieste.

Dati europei, confronto con l’Italia e ruolo dei percorsi tecnici

  • Domanda di specialisti ICT. L’UE ha fissato l’obiettivo 20 milioni di specialisti ICT entro il 2030 (Programma “Digital Decade”). Ma nel 2024 gli specialisti ICT nell’UE sono circa 10,3 milioni (5% dell’occupazione totale): il ritmo attuale non basta a centrare il targetIn Italia la quota di specialisti ICT è inferiore alla media UE (circa 4,0–4,1% dell’occupazione nel 2024-2025) e con una composizione più anziana: oltre 7 su 10 hanno 35 anni e più, il valore più alto in UE. Questo indica pipeline di competenze non abbastanza ampia tra i giovani.
  • Professioni in carenza. L’Autorità europea del lavoro (EURES) rileva carenze diffuse in quasi tutti i Paesi: tecnici e operai specializzati (saldatori), professioni sanitarie (infermieri), cuochi, elettricisti, nonché ingegneri e professioni ICT. È un quadro strutturale, non congiunturale.
  • Transizione gemella (digitale + verde). Le previsioni Cedefop a orizzonte 2035 indicano crescita dell’occupazione per profili ad alta qualificazione, in particolare ICT e ingegneria, trainata dalle due transizioni e dall’invecchiamento demografico.
  • Vocational Education & Training (VET). In UE, circa metà degli studenti della secondaria superiore è iscritta a percorsi professionali/tecnici (49,1% nel 2023), con forte presenza di sistemi duali nei Paesi dove il mismatch è più contenuto. L’Italia resta sotto la media UE su vari indicatori di digital skills e con performance disomogenee nella VET.

Le conseguenze del ritardo italiano nelle competenze specialistiche

Che cosa significa per il nostro Paese? Significa che la domanda europea di competenze digitali e tecnico-scientifiche cresce più in fretta dell’offerta; l’Italia parte da una base più bassa e più anziana di specialisti ICT, i percorsi VET e ITS Academy sono cruciali, ma non possono essere “innestati” tardi, a scelte già fatte.

Dunque, anticipare l’orientamento significa preparare i ragazzi a scegliere consapevolmente e a colmare quel divario che oggi penalizza tanto le imprese quanto gli stessi giovani, costretti a cercare lavoro in settori saturi mentre i comparti tecnici restano scoperti.

Investire in capitale umano per il futuro del paese

Dietro la questione dei 2,3 milioni di laureati e diplomati tecnici non c’è solo un problema di imprese che non trovano personale, c’è il futuro stesso dell’Italia. Un Paese incapace di formare le competenze necessarie rischia di perdere competitività, di rallentare l’innovazione e di lasciare i giovani senza opportunità adeguate. Per questo motivo, investire in un orientamento precoce significa investire in capitale umano.

Non si tratta di “spingere” i ragazzi verso un settore piuttosto che un altro, ma di aprire loro possibilità, mostrare prospettive, aiutare ciascuno a scoprire il proprio talento e a svilupparlo in coerenza con le sfide del mondo del lavoro, soprattutto, in un’epoca segnata da trasformazioni radicali – digitali, ecologiche, demografiche – la risposta non può essere solo normativa o emergenziale. Occorre una visione educativa di lungo periodo, capace di partire dai banchi delle elementari per costruire il tessuto professionale e culturale dell’Italia di domani. Perché chi comincia presto ad ascoltare sé stesso, finisce per costruire meglio il proprio futuro e quello dell’Italia.

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